mercoledì 12 aprile 2017

Lorenzo Guerini, l’idolo di noi tutti. - Andrea Scanzi

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Se non avete sentito niente, vuol dire quasi sempre che ha appena parlato Guerini: Lorenzo Guerini. 
Il suo nome dirà poco a molti, ed è una fortuna per quei “molti”, eppure questo bel personaggetto coi capelli da Zanda minore è uno che conta. 
O almeno così gli han fatto credere. Guerini è addirittura il portavoce del Pd, ed è anche per questo che quando parla non dice quasi mai niente. 
Per questo e per quel carisma nascosto. Molto nascosto. Praticamente inesistente. Con l’avvento di Renzi al soglio pontificio del partito di presunta sinistra, Guerini è diventato anche vicepresidente del Pd in coabitazione con Debora Serracchiani: parafrasando sadicamente Gaber, “due miserie in due corpi soli”. 
Guerini è tornato a parlare pochi giorni fa. 
Il povero Michele Emiliano, che da quando ha deciso (assurdamente) di non abbandonare il Pd ha più sfiga di Giuseppe Rossi, si è rotto il tendine d’Achille. 
Qualcuno dei suoi, tipo l’ineffabile Francesco Boccia, ha chiesto – pare all’insaputa dello stesso Emiliano – di procrastinare la data delle Primarie. Orlando, il Jack Pisapia che non è uscito dal gruppo (cioè dal partito), si è detto subito d’accordo. Un gesto di sportività e correttezza: per questo il gesto meno indicato per un tipino goffo e vendicativo come Renzi. 

Così Guerini, che del Pacioccone Mannaro è propaggine ligia e fedelissima, ha dispensato il Sacro Diniego al vile volgo: “Facciamo tanti auguri a Michele, ma la macchina è ormai in moto“. 
E’ del tutto evidente che definire il Pd “una macchina in moto” è come asserire che Adinolfi è un recordman filiforme nei 100 metri, o che Facci è un giornalista bravo e pure figo, ma nel Pd tutto è dadaismo. 
E infatti Guerini, lì dentro, ci sta benissimo. La sua storia non è granché divertente, però a suo modo emblematica. Il trionfo grigio del burocrate nato, dell’uomo che senza talenti evidenti vive la politica come un continuo barcamenarsi. 
Come un eterno compromesso, va da sé al ribasso. Sempre Gaber, in Io se fossi Dio, se la prendeva con i “grigi compagni del PCI” e con “gli untuosi democristiani”. Verrebbe quasi da pensare che, di tali baldanzose e iconoclaste definizioni, Guerini costituisca una sorta di crasi umana. 
Un po’ grigio e un po’ democristiano. Nato a Lodi nel ’66 (1966: non 1866), comincia la sua carriera nella Democrazia Cristiana. Due volte consigliere comunale a Lodi, poi assessore, quindi coordinatore locale dello sfavillante Partito Popolare. A neanche 29 anni, nel 1995, è eletto Presidente di Provincia: il più giovane in Italia. 
Fa il bis nel 1999. Nel frattempo aderisce alla Margherita. Nell’aprile 2005 è eletto sindaco, anticipando a Lodi il percorso che il suo futuro dux Renzi farà nella povera Firenze (povera perché non si meritava Renzi, come non si merita Nardella). 
Ancora sindaco di Lodi nel 2010, lascia il mandato per farsi eleggere alla Camera nel 2013 tra le file del Pd. Con Bersani non ha posizioni di primissimo piano, ma con Renzi gli ex Margherita prendono il potere (va be’) e Guerini si unisce all’allegro carrozzone. Ogni volta che c’è da giustificare istituzionalmente l’impossibile, spunta lui. Butta là due frasi fatte, dà la sensazione di crederci pure e poi se ne va. Fiero di aver ricordato una volta di più al mondo che la politica può essere una cosa bella e addirittura sognante, ma molto più spesso no. 
(Il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2017, rubrica Identikit)

http://www.andreascanzi.it/?p=4852

E adesso quali sono i piani americani per la Siria ?




Cosa vuole fare l’amministrazione U.S.A. in Siria?
Lo si è capito pochi giorni fa. Vuole creare un’enclave curda ad est, da occupare poi con l’aiuto di mercenari. Ne farebbe leva per portare ad un regime change nella Siria ovest. Israele invece occuperebbe un altro pezzo del Golan.
La nuova strategia è ben congegnata, ma si rivelerebbe inefficace nel lungo termine. Le forze statunitensi ad est sarebbero circondate da avversari, lontani dal mare e sotto costante attacco di varie forze contrapposte:

Come vari militari  hanno dichiarato, la nuova strategia impone di intervenire solo in caso di utilizzo di armi chimiche o se venissero uccisi civili innocenti . Si spingerà per la cacciata di Assad – in caso, lo si farà dopo aver sconfitto lo Stato Islamico. L’interesse ufficiale americano in Siria è quello di combattere il terrorismo. O per alleviare la crisi umanitaria. O per ripristinare la stabilità.

Non ha senso. Non c’è alcun pro per Trump, rischia solo di perdere i propri sostenitori.
Ricattato dal Russiagate,  si è arreso ai neocons., che ora improvvisamente lo elogiano. Vogliono il caos, ma il caos non è un piano.
Washington non può dividere la Siria dai suoi alleati, Hezbollah, Iran e Russia. Quest’ultima è sì sotto pressione a Kaliningrad ed in Crimea e Siria, ma ha vissuto situazioni ben peggiori e queste hanno sempre aumentato la sua determinazione. Non si capisce perché dovrebbe piegarsi ora.
Trump ha usato una strategia intelligente contro la Clinton, sa senza dubbio sfruttare i propri punti di forza. Ha però pochi vantaggi nelle scelte per il Medio Oriente. Usare la forza militare bruta? Non è una strategia, è solo un gioco tattico. Se distrugge la Siria, poi anche Libano e Giordania cadranno in mano degli estremisti. Altri paesi seguiranno. L’Iraq caccerebbe nuovamente le truppe americane.
Perché gli U.S.A., o Israele, dovrebbero volerlo?
Trump non è uno sprovveduto, deve avere qualche piano. O almeno si spera. 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

Agenzia delle Entrate, la difesa disperata del direttore: «Mazzette? No, è lo stipendio...»




Genova - Sulle prime ha provato a negare, non sapendo bene quali prove avessero in mano i finanzieri, aggrappandosi d’istinto a una giustificazione che con il senno di poi fa quasi sorridere: «Ma quali mazzette signori, questo è il mio stipendio...». Walter Pardini, 65 anni, «dirigente di seconda fascia», lavorava a Genova da un anno, come direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate.
Un toscano di Livorno che faceva la spola fra la sua casa a Lucca, una base a Camogli e l’ufficio di via Fiume, e del quale tutti parlano bene: «Una persona deliziosa e non sto scherzando», ribadisce un’impiegata mentre i finanzieri del nucleo di polizia tributaria finiscono di perquisire il suo ufficio. «Non avremmo mai immaginato un fatto tanto grave - aggiunge un collega - il direttore sembrava il ritratto del rigore e dell’onestà».
Mentre lasciano il palazzo per la pausa pranzo, escono anche i militari e con loro portano documenti e il pc di Pardini. Fino all’inizio del 2016 era stato in servizio a Livorno e qui potrebbe essere entrato in contatto con alcuni esponenti della Securpol, l’azienda di sicurezza privata per la quale agli occhi dei pm si stava prodigando in cambio di mazzette.
Il suo stipendio lordo, facilmente desumibile dal sito dell’ente per cui lavora, è stato di 106 mila euro nel 2016 e di 120 mila nel 2015 (netti sono fra i 5.500 e i 6.000 al mese). Gli inquirenti sospettano che Walter Pardini avesse già avuto abboccamenti con i commensali dell’ultima sera, sebbene al momento dell’arresto abbia provato a far finta di nulla. Poi gli hanno spiegato che l’intera serata alla “Manuelina” di Recco era stata registrata e filmata.
L’accusa nei suoi confronti è di corruzione e insieme a lui finiscono in manette tre consulenti della medesima Securpol, pure loro sotto inchiesta per corruzione: Luigi Pelella, 58 anni, avvocato con un passato da funzionario proprio all’Agenzia delle entrate, esponente di Forza Italia già candidato alle Regionali in Campania (nel 2015 prese 3.046 voti e non fu eletto); Francesco Canzano, 65 anni, commercialista di Caserta; Massimo Alfano, 48 anni, commercialista di Napoli.
All’incontro era presente anche il commercialista genovese Stefano Quaglia, indagato per concorso in corruzione, che non è stato fermato dalla Guardia di Finanza, e l’affaire Securpol avrebbe doveva essere discusso formalmente all’Agenzia delle entrate questa mattina. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e dal sostituto Massimo Terrile, va avanti da mesi e parte dal trasferimento dell’azienda, avvenuto nel pieno delle grane con l’erario.
Per quale motivo, si chiedono gli inquirenti, spostare la sede fiscale nel capoluogo ligure dove la ditta non ha neppure una licenza? E c’è un ulteriore elemento che rende l’intera operazione sospetta: all’indirizzo di via Assarotti 10, che in teoria avrebbe dovuto ospitate gli uffici, non c’è nulla riconducibile alla Securpol.
Secondo le Fiamme gialle la Liguria è stata quindi scelta per ottenere una transazione favorevole e trattare personalmente con Pardini, nominato capo dell’ufficio provinciale delle entrate l’anno scorso, ruolo che gli avrebbe consentito un’ampia discrezionalità nel chiudere compromessi come quello richiesto dalla Securpol. Il trait d’union con il funzionario, secondo le Fiamme Gialle, sarebbe Pelella, grazie al suo passato nell’ente. Quaglia, sempre secondo i pubblici ministeri, sarebbe stato una sorta di facilitatore dell’accordo.
http://ilsecoloxix.it/p/genova/2017/04/12/ASESk1wG-direttore_disperata_stipendio.shtml

Cartella esattoriale Equitalia: entro quanto tempo deve esse notificata?

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Entro quanto deve essere notificata una cartella esattoriale prima di decadere?

Quali sono i termini entro i quali Equitalia deve notificare la cartella esattoriale per evitare la decadenza della stessa? La legge prevede dei termini di decadenza che variano in base al tipo di credito da riscuotere: Equitalia, quindi, deve notificare la cartella esattoriale entro tale termine per poter effettuare la riscossione mediante il ruolo.
Decadenza e prescrizione, però, non sono la medesima cosa: la prescrizione interviene quando dopo un certo pediodo l’ente non notifica alcun atto che vada ad interrompere la prescrizione a cui, appunto, consegue la impossibilità di pretendere il pagamento. La decadenza, invece, è la sanzione che si paga per non aver esercitato le azioni necessarie ad esercitare il diritto di riscossione: Equitalia, appunto, decade qualora non notifica atti entro determinati termini.

Decadenza cartella esattoriale: ecco i termini

Per quel che riguarda Iva, Irpef e altri tributi erariali, la cartella esattoriale deve essere notificata, pena la decadenza, entro il 31 dicembre:
  • del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o a quello di scadenza del versamento dell’unica (o dell’ultima) rata se il termine per il versamento scade oltre il 31 dicembre
  • del quarto anno successivo a quelli di presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta
Per Ici, Imu, Tosap, Tari, Tarsu e altri tributi locali la cartella esattoriale deve essere sempre preceduta da avviso di accertamento. La decadenza interviene in maniera diversa per tributi posteriori o successivi al 2007.
Dal 1 gennaio 2007, infatti, vige l’obbligo di notifica dell’accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento dovevano essere effettuati. Per i tributi precedenti al 2007, invece, entro il 31 dicembre del terzo anno successido a quello di presentazione della denuncia ed entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la denuncia doveva essere presentata in caso di omessa dichiarazione.
Per quel che riguarda, invece, le multe per le violazioni del codice della strada la notifica della cartella deve avvenire entro 2 anni dalla data di consegna del ruolo da parte del Comune ad Equitalia.