giovedì 5 aprile 2012

Senza titolo.



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Reddito di cittadinanza, il modello sociale europeo che l’Italia ignora. - di Giovanni Perazzoli.




La trasmissione sullo stato sociale di Michele Santoro è stata un’altra occasione persa per parlare dello stato sociale. 
Per me che vivo in Olanda appare assolutamente incomprensibile che non si ponga in Italia alcuna attenzione ai sussidi di disoccupazione europei.

I giornali parlano di un “modello tedesco” che è frutto più di fantasia che di realtà. Tanto più, allora, perché non informare l’opinione pubblica italiana che in Germania (come in tutta Europa) non sono, attenzione, coloro che sono stati licenziati ad avere dallo stato l’affitto dell’alloggio e un sussidio illimitato, ma tutte le persone maggiorenni disoccupate, indipendentemente dal fatto che abbiamo o meno mai lavorato? Il sussidio termina, in mancanza di un’occupazione, con la pensione. Non è assolutamente vero quello che scrivono i giornali italiani che sia a tempo determinato. Confondono per ignoranza o in modo intenzionale l’indennità di disoccupazione e il sussidio di disoccupazione. 

Come si fa a ignorare in Italia un aspetto così importante della vita di ogni cittadino europeo? Non me ne capacito. In Italia non si sa neanche che chi in Europa (Francia, Germania, Gran Bretagna e non solo Danimarca, Svezia…) non guadagna abbastanza ottiene un’integrazione del reddito, e anche chi lavora part time ottiene un’integrazione del reddito. Poi si scopre che in Italia il reddito medio è da miseria. E tutti si sorprendono. Ma veramente in Italia si ignora l’abc dello stato sociale? Mi pare strano da credere.

L’esistenza di quello che di fatto è un reddito di cittadinanza in Europa spiega molte cose che in Italia vengono riproposte, lasciatemi dire, in modo del tutto assurdo. Spiega la flessibilità europea (peraltro di gran lunga minore che in Italia), spiega l’assenza di lavoro nero, spiega l’assenza delle massicce raccomandazioni, spiega anche il fatto che le persone competenti occupino in genere il posto che compete loro (mentre così non è in Italia). Non capisco perché nonostante l'Europa raccomandi dal lontano 1992 all’Italia di introdurre un reddito di cittadinanza questo non succede neanche con la crisi. E soprattutto è incomprensibile che a sinistra nessuno ne parli chiaramente. A chi giova? Evidentemente a qualcuno gioverà.

Certo non giova agli operai che si danno fuoco, alle famiglie che resteranno senza un reddito, e senza una casa di cui Santoro mostra ogni volta il dramma. Ma senza mostrare le soluzioni che in altri paesi hanno adottato da decenni, la denuncia mi pare parziale e anche un po’ ambigua. Non mi pare che sia uno scoop scoprire quello che per diversi milioni di persone è assolutamente normale. La Francia è stata l'ultimo paese in Europa ad adottare una forma di sussidio che di fatto è un reddito di cittadinanza ben venti anni fa. La rivista “Esprit” dedicò un numero speciale all'evento. Possibile che in Italia nessuno ne sappia nulla?

Le persone giudicano per paragoni e confronti. Se il confronto con gli altri paesi viene loro negato non ci si può lamentare che non cambi nulla. La primavera araba è iniziata con la possibilità di guardare con la televisione e con internet fuori del recinto nazionale. Lo stesso avvenne nei paesi dell’Est. 

Forse non si vuole la democrazia europea e si guarda ad altro? In ogni caso, per scegliere bisognerebbe conoscere. Sapere che un’altra società non solo è possibile, ma già esiste da diversi decenni, impegnerebbe diversamente le forze politiche, e i sindacati. Questo sarebbe "rivoluzionario", e sarebbe europeo. L'unico che in Italia sta ponendo con coerenza il problema del reddito di cittadinanza sul modello europeo è Maurizio Landini; temo però sia un outsider, una scheggia impazzita del sistema.

Ichino ha detto in trasmissione che l’indennità di disoccupazione che vorrebbe introdurre il governo Monti è di qualche mese più lunga dell’indennità di disoccupazione tedesca (12 o 18 mesi). Ma non ha spiegato bene (anche perché nessuno glielo ha chiesto) che dopo l’indennità di disoccupazione in Germania (e in tutta Europa) c’è un altro sussidio, meno “ricco”, per modo dire, ma che èillimitato (ovvero limitato solo dalla pensione e, ovviamente, da una nuova eventuale occupazione) e che copre anche l’affitto dell’alloggio. Vi pare poca cosa? Vi sembra un dettaglio trascurabile? Una donna sola e disoccupata con figli ha in Germania dallo stato più di 1800 euro mensili. Non mi fermo qui sulle cifre e sulla tipologia dei benefici che hanno le persone che non lavorano nei paesi europei e in particolare in Germania: l’ho fatto nel numero in uscita su MicroMega. 

Io mi chiedo sgomento: come è possibile dedicare un’intera trasmissione sullo stato sociale, far iniziare la Fornero con la sua proposta di riforma degli "ammortizzatori sociali", e non parlare dei sussidi di disoccupazione che esistono in Europa? Possibile che nessuno ritenga importante ricordare che è dal 1992 che l’Europa raccomanda all’Italia di adottare il reddito di cittadinanza? Possibile che nessuno abbia notato che anche nella famosa lettera della Bce (sic!) si rinnova al governo italiano l’invito a introdurre i sussidi di disoccupazione sul modello europeo e che la stessa cosa viene ripetuta nelle famose domande di chiarimento dell’Europa?

Una breve ricerca su internet: ecco una parte del testo della raccomandazione 92/441 CEE pubblicato anche sulla Gazzetta ufficiale. Leggo:

Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente.
Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.


Poi leggo:

(12) … il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l'introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri; 

O anche 

il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 12 luglio 1989 in merito alla povertà (6), ha anch'esso raccomandato l'introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale

E dunque l’Europa raccomanda a tutti gli stati membri: 

di riconoscere, nell'ambito d'un dispositivo globale e coerente di lotta all'emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana e di adeguare di conseguenza, se e per quanto occorra, i propri sistemi di protezione sociale ai principi e agli orientamenti esposti in appresso.
E questo significa che al reddito minimo garantito si può avere accesso 

senza limiti di durata, purché il titolare resti in possesso dei requisiti prescritti e nell'intesa che, in concreto, il diritto può essere previsto per periodi limitati, ma rinnovabili
(http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31992H0441:IT:HTML)

In tutti i Paesi dell’Europa questo è realtà. Non in Italia, in Grecia e in Ungheria.

Possibile che nessuno abbia capito che quello che manca in Italia è quella sicurezza economica che viene dalla rete dei sussidi che permette alle persone di cambiare lavoro con relativa tranquillità soprattutto da giovani? Un mio giovane amico olandese ha fatto un’infinità di mestieri; è stato, tra le altre cose, maestro di sci, ha aperto una scuola di windsurf, ha aperto un Hotel, poi lo ha chiuso e aperto una ditta di costruzioni. È questo che si chiama “flessibilità”, non la macelleria sociale che hanno in mente in Italia destra e sinistra. 

Possibile che non si capisca il significato di apertura del mercato e della protezione sociale? Non significa licenziare in massa la gente, significa fare in modo che i giovani possano sperimentare le loro possibilità e le loro idee in un mercato aperto e non controllato dalla corporazioni e dalle varie rendite (vera potenza italiana). È per questo che l’Europa chiede le liberalizzazioni, non certo per perseguitare i tassisti (una delle cose, non so se più ridicole o drammatiche, è stata la farsa sui tassisti, come se da loro dipendesse lo spread. Magari si voleva solo alzare un gran polverone e mandare tutto il resto in caciara?). 

Liberalizzare significa aprire l’accesso alle professioni senza doversi fare un tessera di partito, pagare tangenti, essere parte di un sistema di potere, di una lobby famigliare, politica, religiosa ecc. Significa che in Italia uno che vuole fare il giornalista o il notaio non debba essere figlio di un giornalista o di un notaio, significa che se vuole aprire un negozio si viene aiutati (come avviene in tutta Europa) e non ostacolati. È così difficile da capire? Aprire il mercato significa andare un po’ a vedere come si fa carriera nella televisione di stato, alla Rai. Significa andare a vedere quanti sono i figli di papà dentro le università. Magari dei papà “riformisti”. Ma veramente nessuno capisce che una cosa è la precarietà con la certezza del reddito e dell’alloggio, e un’altra è la precarietà con il niente?
Ho capito che il reddito minimo garantito è come un punto archimedeo: sembra piccolo, ma in realtà è il punto d’appoggio di due concezioni della società completamente diverse.



http://temi.repubblica.it/micromega-online/reddito-di-cittadinanza-il-modello-sociale-europeo-che-l%E2%80%99italia-ignora/

Cassaforte Belsito, tre le carte scoperte una cartella intestata a "The family"

Cassaforte Belsito, tre le carte scoperte una cartella intestata a "The family"
Renzo Bossi e Francesco Belsito


Prime rivelazioni sui documenti rinvenuti nell'ufficio dell'ex tesoriere della Lega. Oggi si riunisce il consiglio federale del partito per nominare il nuovo segretario amministrativo.


NAPOLI - Nella cassaforte del tesoriere della Lega Francesco Belsito tra la documentazione contabile sequestrata ieri dai carabinieri del Noe e dalla Guardia di Finanza vi è anche una cartella con l'intestazione "The family'.  L'ipotesi degli investigatori è che i documenti siano relativi alle elargizioni ai familiari del leader del Caroccio Umberto Bossi. Gli atti sono all'esame dei pubblici ministeri di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock.

La notizia, se confermata, è destinata a creare ulteriore scompiglio in un partito già alle prese con lo schock delle prime rivelazioni sul contenuto delle inchieste giudiziarie aperte da diverse procure sull'utilizzo improprio dei rimborsi elettorali da parte della Lega. Il Consiglio federale del partito si riunisce oggi in via Bellerio per nominare il nuovo tesoriere che prenderà il posto di Francesco Belsito e dovrà fare chiarezza sui conti del movimento. A confermarlo è stato lo stesso Umberto Bossi che in mattinata ha spiegato ai suoi che l'ordine del giorno è questo, quasi a voler smentire le voci che davano per imminente le sue dimissioni. "Oggi decido la nomina del nuovo segretario amministrativo della Lega, il consiglio federale si riunisce per questo".

In ambienti vicini alla Lega tuttavia si lasciano aperte tutte le ipotesi e tra queste, appunto, a sorpresa anche un possibile passo indietro del Senatur. Quanto alla segreteria politica riunitasi ieri, sempre secondo alcune voci. Di fatto non avrebbe espresso alcun candidato.

SUICIDIO DI MASSA. - di Marco Travaglio



Le carte dell’inchiesta sulla Lega suscita, in 
chiunque sia dotato di un milligrammo di
materia grigia, una domanda su tutte: com’è che
siamo arrivati a questo punto? È la stessa
domanda che sgorgava spontanea dalle carte dei casi
Lusi, P3, P4, Enav-Finmeccanica, Cricca,
Monnezzopoli campana, furbetti del quartierino,
Mastella’s, Telecom-Tavaroli, Sismi-Pollari, Tarantini,
Lavitola, Tedesco, Milanese, casa Scajola, casa
Tremonti, casa Lunardi, Malinconico Tours, Regione
Lombardia, giù giù fino a Calciopoli, al
calcioscommesse alle mazzette ai vigili di Roma. Visti
tutti insieme – e chissà quanti ne abbiamo dimenticati
– gli scandali degli ultimi anni fanno impallidire
Tangentopoli, per qualità dei personaggi coinvolti e
per quantità di soldi pubblici rubati. Solo che sono
spalmati nello spazio e nel tempo, dunque vengono
rapidamente dimenticati: chiodo scaccia chiodo, anzi
ladro scaccia ladro. Ma basta alzare lo sguardo e
osservarli dall’alto per avere il quadro di paese di ladri i
quali, diversamente dagli altri paesi, appartengono
tutti alle classi dirigenti e rubano sempre e solo denaro
pubblico. Per ogni appalto truccato, favore indebito,
fondo nero, bilancio truccato, tassa evasa, collusione
malavitosa, cricca o lobby o loggia dedita alla
grassazione, ci sono decine e centinaia di complici,
favoreggiatori e pali che sanno, vedono, aiutano,
tacciono e coprono. Il risultato è un sistema illegale di
massa che coinvolge milioni di italiani e che nessuna
riforma della giustizia o delle carceri, nessun aumento
d’organico di tribunali e forze dell’ordine potrà mai
scoperchiare e punire per intero. Basta aprire un
cassetto per trovare una mazzetta, grattare un
intonaco per scoprire un bilancio falso, sollevare un
sasso per veder sciamare orde di parassiti grassi e
puzzolenti. Per capire lo scandalo Lega non occorre
addentrarsi nelle accuse penali, che spetta ai giudici
valutare: basta e avanza il curriculum di Belsito.
Condannato per guida senza patente, dunque autista
del ministro della Giustizia Biondi, buttafuori da
discoteca, entrato nel cuore dell’Umberto portandogli
le focacce, coinvolto in due crac, titolare di società
private più un diploma fantasma e due lauree per
corrispondenza da Malta e da Londra, dunque
vicetesoriere del partito, deputato, sottosegretario,
membro del Cda Fincantieri, infine tesoriere al posto
di Balocchi che in punto di morte gli passò i segreti dei
“rimborsi elettorali” (41 milioni in 10 anni per
campagne costate 3,5). Il potere di ricatto dei
tesorieri, elisir di eterna vita politica, spiega perché, da
quel ruolo, si esce solo coi piedi in avanti. Quando
Bossi dice “denuncerò chi ha utilizzato i soldi della
Lega per sistemare la mia casa”, la prima tentazione è
farsi una risata e iscriverlo al Partito dell’Insaputa, in
compagnia di Scajola, Malinconico, Fede, Lusi, Rutelli
& C. Ma il guaio è che, viste le pratiche dei partiti e le
condizioni del Senatur, è persino possibile che il
famelico “cerchio magico” di familiari e famigli agisse
alle sue spalle. Se siamo a questo punto è grazie ai
politici (quasi tutti) che hanno smantellato l’a buso
d’ufficio, il falso in bilancio, l’uso di fatture false,
dimezzato la prescrizione, evitato leggi anti-tangenti e
conflitti d’interessi o per la responsabilità giuridica dei
partiti, quadruplicato i “rimbor si”, legalizzato i fondi
neri fino a 50 mila euro l’anno pro capite. Ma anche
grazie al tradimento dei chierici che, dinanzi a
un’emergenza nazionale da 200 miliardi l’anno (tra
evasione e corruzione), raccontano da vent’anni la
favola del “g iustizialismo” e della “guerra tra politica e
ma gistratura”. Intanto il presidente della Commissione
Trasparenza alza le mani in segno di resa. La Severino è
costretta a “consultazioni” con gli sherpa dei partiti
per partorire una legge che esiste da 20 anni in
tutt’Europa. I partiti si fan le pippe su una legge
elettorale che fa rimpiangere il Porcellum. Il capo
dello Stato esala un inutile “monito” al giorno. E il
governo “tecnico” perde tre mesi per l’articolo 18. In
attesa della retata finale.



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