Il figlio di don Vito riesce a far rinviare la distruzione delle intercettazioni Napolitano-Mancino.
Non possiamo che accogliere con soddisfazione la decisione del Gip di Palermo Riccardo Ricciardi che ha rinviato la distruzione delle intercettazioni tra l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino e il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
Una decisione presa, in “zona Cesarini”, grazie al coraggio di uno degli imputati al processo sulla trattativa Stato-mafia, Massimo Ciancimino. I suoi legali, Roberto D'Agostino e Francesca Russo, hanno presentato ricorso in Cassazione contro la negazione della loro richiesta di ascoltare le 4 telefonate, nelle quali ci potrebbero essere elementi difensivi rilevanti per il loro assistito. Un atto che ha colto nel segno il giudice palermitano che è tornato sui propri passi decidendo di attendere il pronunciamento della Suprema Corte. Una scelta opportuna dopo che la sentenza della Corte Costituzionale e la prima decisione del giudice Ricciardi, rappresentavano un atto illegale ed anticostituzionale.
Di Massimo Ciancimino tutto si può dire meno che non abbia la volontà di lottare per portare avanti la propria verità. Di tutti gli imputati solo Ciancimino ha deciso di opporsi alla distruzione delle telefonate. Forse che il contenuto delle stesse possa complicare ulteriormente la posizione di alcuni? Staremo a vedere come si concluderà questa vicenda. Quel che è certo è che, nonostante le polemiche suscitate dal Ciancimino per la sua collaborazione con la giustizia, in cui non sono mancate contraddizioni dello stesso, se oggi si sta celebrando un'udienza preliminare sulla trattativa è anche grazie alle rivelazioni del figlio di don Vito. Infatti è stato Massimo Ciancimino a far “recuperare la memoria” ai tanti smemorati dello Stato. E' stato sempre Ciancimino a dimostrare, portando documenti la cui attendibilità è stata riscontrata dai pm di Palermo, l'esistenza della trattativa tra Stato e mafia. Trattativa della quale il pentito Giovanni Brusca ne aveva rivelato l'esistenza al compianto pm Gabriele Chelazzi nel 1998 al processo di Firenze sulle stragi del 1993. Durante il proprio percorso di testimonianza con la giustizia Ciancimino ha fatto anche degli errori che gli sono costati l'arresto per calunnia aggravata, richiesto e ottenuto dai pm di Palermo. Ma resta agli atti della storia che se ancora c'è una speranza che il popolo italiano un giorno possa ascoltare le telefonate tra Mancino e Napolitano, ciò si deve al coraggio del figlio di un mafioso e dei suoi avvoccati difensori che hanno esercitato il diritto alla difesa, mentre lo “Stato-mafia”, ancora una volta ha risposto con il silenzio dell'omertà.