venerdì 19 ottobre 2018

Roma, evasione fiscale da oltre 140 milioni: arrestato imprenditore.

Roma, evasione fiscale da oltre 140 milioni: arrestato imprenditore

Gianluca De Cubellis, 43 anni, era lʼamministratore di fatto di più di 20 società.


Come amministratore di fatto di oltre 20 società che operavano in diversi settori, ha evaso tasse e imposte per oltre 140 milioni di euro. E' l'accusa nei confronti di Gianluca De Cubellis, un imprenditore romano di 44 anni arrestato dalla guardia di finanza per una serie di frodi fiscali, truffe ai danni dello Stato e falso in bilancio. Nel maggio 2017 l'uomo era già stato colpito da un sequestro per oltre 80 milioni.

Questa somma (80 milioni di euro) corrispondeva ai profitti derivanti dalla commissione di plurimi reati tributari, riciclaggio, autoriciclaggio e truffa.

De Cubellis ha continuato a lavorare utilizzando come schermo una società intestata ad un prestanome e sottraendo al fisco ulteriori 60 milioni. La società, che nel tempo ha operato in vari comparti (in prevalenza commercio di prodotti elettronici, informatici e petroliferi), attraverso l'emissione di fatture fittizie e la simulazione di esportazioni mai avvenute, ha indebitamente fruito di crediti Iva inesistenti per compensare oltre 5 milioni di debiti tributari ed evadere, complessivamente, imposte.

Il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di De Cubellis, l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali per un anno.

Fonte: tgcom24.mediaset del 19/10/2018

MANONA E CONDONONE - Marco Travaglio

Risultati immagini per imbroglioni

Quando due partiti governano insieme, per un’alleanza politica o per un “contratto” di programma, devono potersi fidare l’uno dell’altro.
Se cercano di fregarsi a vicenda, non vanno lontano e a rimetterci non sono soltanto loro, ma i cittadini.
Finora l’accordo fra due soggetti umanamente e politicamente diversissimi come Di Maio e Salvini, era parso forte e solido, anche per via di un buon rapporto personale e “generazionale”. “Salvini è di parola”, aveva detto Di Maio (e anche Grillo) dopo l’elezione dei presidenti delle Camere e ben prima del governo. “Di Maio è l’alleato ideale, governeremo 5 anni”, aveva ripetuto Salvini. Anche se entrambi sapevano che la loro non è un’alleanza strategica, ma una convivenza obbligata dalla totale assenza di alternative.
Ieri, all’improvviso, s’è scoperto che le cose non stanno così.
Le due versioni opposte e inconciliabili sulla manina tecnica o manona politica che ha infilato nella manovra 3 norme scandalose (depenalizzazione del riciclaggio e della frode, scudo fiscale per capitali all’estero, tetto di 100 mila euro annui moltiplicato per ogni imposta evasa) per trasformare il condonino in condonone, mandano in frantumi non tanto l’identità di vedute fra 5Stelle e Lega, che sulla sanatoria fiscale non c’è mai stata (i 5Stelle, se governassero da soli o con altri alleati, non la farebbero mai) quanto su quel minimo sindacale di lealtà che è necessario per governare insieme.
Il procedimento legislativo italiano, non da oggi, è farraginoso ai limiti del demenziale, e se qualcuno vuole fregare qualcun altro ha mille spazi e occasioni per farlo. Fabrizio d’Esposito racconta tutte le volte in cui singoli ministri o interi governi finirono gabbati da norme sbucate dal nulla e rimaste figlie di padre ignoto. O di padre noto, come il decreto Biondi imposto nel ’94 da B. ai riottosi Bossi e Fini per salvare i tangentari (anche di casa sua) e i mafiosi. Un caso molto simile al condonone voluto dalla Lega e messo nero su bianco dai tecnici del Tesoro all’insaputa del M5S. Ma con una differenza fondamentale.
Il 13 luglio ’94 il decreto Salvaladri fu discusso nei dettagli in Consiglio dei ministri, dove Maroni disse di aver chiesto al Guardasigilli Biondi se sarebbero stati scarcerati indagati di Tangentopoli e di averlo votato solo dinanzi alla sua risposta negativa. Poi, quando uscirono centinaia di tangentisti, se ne dissociò e, con Bossi e Fini, costrinse B. a ritirarlo. 

Il 15 ottobre 2018 il Cdm, iniziato alle 19,31 (con due ore di ritardo e con la fretta di dover chiudere tutto entro la mezzanotte), non doveva approvare un decreto di pochi articoli.
Ma l’intera manovra, una legge lunga chilometri. E i ministri l’hanno approvata senza tornare sui singoli dettagli tecnici, già concordati nei giorni precedenti in vari incontri politici fra gli sherpa, i ministri e i sottosegretari giallo-verdi, l’ultimo dei quali si era svolto dalle 15 alle 19 e aveva affrontato proprio i temi del condono. Lì i 5Stelle avevano ribadito la linea Maginot del contratto di governo: “pace fiscale” fino a 100 mila euro annui per chi ha dichiarato i suoi redditi ma non ha potuto pagare l’imposta negli anni della crisi; niente scudi fiscali, né sanatorie penali, né sforamenti della soglia. A quel punto i tecnici del Mef, incaricati di mettere in bella copia il contenuto dell’accordo politico, hanno prima prodotto un foglietto sintetico, poi una bozza “ufficiosa” che hanno girato all’ufficio legislativo del Quirinale per un’analisi preliminare. Ora i leghisti parlano di “testo approvato anche dai 5Stelle”, che non l’avrebbero letto (o capito) e Repubblica s’inventa che “Di Maio e i grillini non si sono accorti di aver firmato un condono”. La verità è che nessuno ha firmato niente e dal Cdm non è uscito alcun “testo” della manovra, a parte appunto foglietti volanti che dovevano recepire l’accordo politico stipulato nel vertice di 4 ore, in attesa della stesura definitiva dell’articolato. È qui che il condonino è diventato condonone, in cui i tecnici – non si sa se per fare un regalo alla Lega, o per fare uno sgambetto al M5S, o su input diretto di qualche ministro o sottosegretario leghista – hanno inserito le norme chieste dal Carroccio, bocciate dal M5S e infine cancellate con l’accordo verbale di entrambi gli alleati.
Chi ha giocato sporco fino a un attimo prima che la bozza giungesse al Quirinale, al momento non si sa. Si sa soltanto che Tria dava per scontato un condono “small” modello 5Stelle, altrimenti avrebbe previsto un gettito di miliardi, non di appena 180 milioni (compatibile solo col condonino). L’altro ieri i tecnici del Colle hanno cassato la sanatoria penale e restituito la bozza corretta al governo. E quella provvidenziale cancellatura ha aperto gli occhi a Di Maio. Il quale, fidandosi degli alleati, era rimasto all’accordo politico di lunedì con la Lega, poi avallato da tutto il Cdm. Invece ha scoperto il raggiro, fortunatamente in tempo per rimediare: senza il veto quirinalizio, per come vanno le cose nell’iter legislativo all’italiana, a quest’ora il condonone poteva essere già stato firmato da Mattarella e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Per la gioia di grandi evasori, frodatori, riciclatori e mafiosi, e dei loro protettori politici. Che un tempo sedevano in FI e in qualche anfratto del centrosinistra, ma ora han trovato usbergo nella Lega pigliatutto. Quella Lega che, mandante o beneficiaria che sia della truffa, ora rivendica spudoratamente tutte le norme contestate, tradendo il contratto di governo, l’accordo politico di lunedì e persino le censure del Colle. Si spera che il premier Conte, a norma di contratto, cancelli le 3 norme della vergogna. Se poi la Lega le preferirà alla sopravvivenza del governo e lo farà cadere, i cittadini onesti sapranno da che parte stare.


Fonte: ilfattoquotidiano del 19/10/2018

Concorsi truccati, generale Luigi Masiello agli arresti domiciliari.



Sono 15 le misure cautelari notificate dagli uomini delle Fiamme Gialle di Napoli, tra queste quella per il generale, oggi in pensione, titolare di una scuola di formazione.

Concorsi truccati per entrare nelle forze di polizia, questa l'ipotesi mossa dalla procura. Tra gli indagati spicca il nome di Luigi Masiello generale dell'esercito, oggi in pensione. Gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Napoli hanno eseguito 15 misure cautelari, una delle quali in carcere. L'operazione nasce da un'indagine sui concorsi truccati per il Volontario in Ferma Prefissata di 4 anni (VFP4) che consentono di accedere alle forze armate e di polizia. Tra i destinatari delle misure cautelari, ai domiciliari, figura anche Masiello, titolare di una scuola di formazione coinvolta nell'inchiesta.

L'ex generale, nel 2016, decise di scendere in campo per supportare la coalizione di centrosinistra, capeggiata da Valeria Valente, con la lista 'Napoli Popolare'. Prese 323 preferenze senza risultare eletto. 

Il momento della notifica a Masiello.

Quando i finanzieri sono arrivati presso l'abitazione di Masiello, nel quartiere Vomero di Napoli, per notificare all'ex generale dell'esercito la misura cautelare degli arresti domiciliari, l'uomo ha lanciato il proprio cellulare dalla finestra. Per gli inquirenti si sarebbe trattato di un tentativo di nascondere le prove. Masiello risulta coinvolto in una indagine sui concorsi truccati per accedere alle forze armate e dell'ordine. I militari sono comunque riusciti a recuperare il telefono.

Masiello sospeso dall'Ordine dei giornalisti.
È arrivata anche la sospensione dall’Ordine dei giornalisti per Luigi Masiello. Il presidente dell’Ordine della Campania, Ottavio Lucarelli, ha sospeso ad horas dall’Albo il generale dell’Esercito, ora in pensione, che è anche un giornalista pubblicista.

Fonte: tg24.sky del 17/10/2018

Caos condono, cosa c'è nel testo 'manipolato'.

Caos condono, cosa c'è nel testo 'manipolato'


Tetto dell'imponibile più alto, sanatoria dell'Iva e colpo di spugna su reati tributari e penali. Sono alcuni dei punti che sarebbero stati inseriti nella bozza del decreto fiscale collegato alla manovra, finito al centro delle polemiche dopo le accuse di manipolazione da parte di Luigi Di Maio
Un testo ritoccato da una 'manina', stando alle dichiarazioni del vicepremier, dove il condono si allarga fino a diventare 'tombale'. Non solo Irpef, Irap e contributi previdenziali, ma anche Iva e attività detenute all'estero. 
Il tetto di 100 mila dell'imponibile, da complessivo, si sposta su ogni singola imposta, mentre spunta uno scudo penale relativo a dichiarazione fraudolenta e riciclaggio di denaro.

TETTO IMPONIBILE - Nella bozza del dl fiscale, che secondo il vicepremier sarebbe stata 'manomessa', il tetto massimo di 100 mila euro dell'imponibile viene alzato in quanto non riferito all'intera somma delle imposte condonate ma alla singola imposta con conseguente effetto moltiplicativo. Nella bozza del decreto fiscale collegato alla manovra, infatti, si legge che ''l'integrazione degli imponibili è ammessa nel limite massimo di 100.000 euro per singola imposta e per periodo d'imposta''. In questo modo, ovvero applicando il tetto di 100mila euro per ogni singola imposta, cioè 5, e per ogni anno d'imposta, per un totale di 5 anni, si arriverebbe ad un totale di 2,5 milioni di euro.

SANATORIA ESTESA - La bozza del decreto prevede una sanatoria estesa ai contributi previdenziali, alle imposte sostitutive e anche all'Iva. In particolare, sul massimo imponibile ''si applica, senza sanzioni, interessi o altri oneri accessori un'imposta sostitutiva del 20% ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dei contributi previdenziali, dell'imposta sul valore degli immobili all'estero, dell'imposta sul valore delle attività finanziarie all'estero e dell'imposta regionale sulle attività produttive".
Per quanto riguarda l'Iva la sanatoria è possibile pagando un'aliquota media, altrimenti quella ordinaria del 22%. In un paragrafo del dl infatti si spiega che sull'Iva sarà applicata ''l'aliquota media per l'imposta sul valore aggiunto, risultante dal rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d'affari dichiarato, tenendo conto dell'esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali. Nei casi in cui non è possibile determinare l'aliquota media, si applica l'aliquota ordinaria'', ovvero il 22%.

SCUDO PENALE - Nella bozza del decreto è inoltre stato inserito uno scudo penale. Nel testo infatti si specifica che non sono puniti i reati relativi a: 
  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; 
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici; 
  • dichiarazione infedele; 
  • omesso versamento di ritenute dovute o certificate; 
  • omesso versamento di Iva. 

Per questi casi viene esclusa anche la punibilità delle condotte relative al riciclaggio e dell'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita se riferite ai reati precedenti.

Fonte: adnkronos del 18/10/2018

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La subdola tattica di infilare all'ultimo momento leggine pro domo sua è un modus operandi ormai consolidato dai nostri, ahimè, rappresentanti in parlamento, non è una novità e Salvini, degno emulo dei suoi mentori, la conosce bene e la usa all'occorrenza. Oltretutto, deve pure tenersi caro il suo alleato alle elezioni, quel tale Berlusca condannato in via definitiva, guarda caso, proprio per reati fiscali contro lo Stato.
Cetta.