Era giusto l’8 aprile scorso quando Matteo Salvini ci aveva regalato questa “perla” : “… non è il momento di mandare inchieste sugli ospedali lombardi, lasciamo che medici e dirigenti lavorino. Anzi onore a chi è in trincea, io più che un’inchiesta dei Nas o un fascicolo della procura avrei mandato medaglie”.
Il suo è lo stesso giochetto sporco che sta facendo in queste ore la premiata ditta leghista Fontana&Co. Anzi lui è il loro maestro. La stanno buttano in caciara contando sulla commozione che sta suscitando in queste ore l’abnegazione e il senso di sacrificio di tutto il personale medico e infermieristico lombardo, per nascondere le loro vergognose mancanze, le loro scelte scellerate. Come è stata quella di riaprire, il 23 febbraio scorso, dopo averlo chiuso per neanche 4 ore, il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo, senza nessuna sanificazione, appena scoperto che ci erano passati 2 casi Covid. Chi volesse una chiave di lettura dei numeri agghiaccianti di vittime dell’epidemia nel bresciano e nella bergamasca è servito.
Alle 14,00 la direzione dell’Ospedale sceglie di chiudere, riporta “L’eco di Bergamo”. “lo volevamo chiuso”, testimonia un primario, “poi telefonarono da Milano” (Leggi Pirellone). Ora la Procura di Bergamo ha aperto un inchiesta. Ed è solo una delle tante che si stanno apprendo in queste ore su molte strutture sanitarie lombarde. Quelle che Salvini, appunto, non vuole. Non è il momento, dice lui.
E stamattina sempre il Cazzaro Verde ha rincarato la dose. A Coffee Break su La7 (ormai è ufficiale, Cairo è uno dei suoi sponsor), non contento, ha dettato la sua ricetta per la ricostruzione post epidemia : “Condono è una brutta parola” – ha sentenziato – ma in tempo di guerra ci vogliono pace fiscale, pace edilizia, blocco del codice degli appalti”. E perchè no il rutto libero di fantozziana memoria? E ancora: “Io dalla task force (ndr, quella per la ricostruzione voluta da Conte), mi aspetto questo. Tutto quello che non è vietato è permesso, se non ho risposta dall’ente pubblico, faccio, parto”.
Sembra che dopo questo discorso, il “comitato” a tutela degli evasori di tutta Italia gli voglia intestare una piazza mentre i capi di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Corona Unita si dice si siano riuniti e abbiano deciso di dedicargli un monumento. Ovviamente ricorro ai paradossi così, tanto per sdrammatizzare, che di incazzature ce ne prendiamo già abbastanza. Ma come non incazzarsi, anzi indignarsi, davanti a tanta irresponsabilità, tanta superficialità? Non sarà con la ricetta dell’ennesimo condono che l’Italia potrà ripartire. Quello che non gli riuscì nel 2018 col Conte Uno, quando Luigi Di Maio gli fece tana quando scopri che nel testo del dl fiscale qualcuno aveva inserito lo scudo per i capitali mafiosi e la non punibilità per chi evade, Salvini forse vuole riproporlo adesso? Contando su un opinione pubblica resa claustrofobica dalla lunga quarantena e in grande misura pressata da problemi economici? Roba da sciacalli.
E il condono edilizio? Che c’azzecca con la ripresa post – epidemia, direbbe Di Pietro. All’Italia, per ripartire, servono investimenti in infrastrutture. Sia materiali, come gli Ospedali pubblici, le scuole antisismiche, e la manutenzione, quella vera, non quella targata Benetton, delle nostre Autostrade, che immateriali, come la banda larga. Serve ritornare ad investire nell’istruzione, in un corpo insegnante efficiente e preparato. Da qui bisogna iniziare, e serviranno tanti, tanti soldi, se l’Europa non sarà miope, per risollevare l’azienda Italia e tutto il resto del vecchio continente. Altro che l’ennesimo condono edilizio targato Salvini/Berlusconi /Meloni!
E poi il peggio del peggio, l’affondo finale del leghista: “bloccare il codice degli appalti”. Non ripensarlo, semplificarlo, renderlo più a misura del piccolo e medio imprenditore (che quelli grossi c’ hanno barba di tecnici a supportarli). No. Bloccarlo! Nel nostro Paese equivarrebbe a dire alle mafie: prego, accomodatevi, ecco le chiavi di casa, I’Italia è vostra.
Come se già non lo fosse abbastanza.