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venerdì 5 marzo 2021

Australia: 'l'Ue riveda il bando all'export', la richiesta dopo lo stop all'esportazione dei vaccini Astrazeneca.

 

BRUXELLES - L'Italia è il primo Paese dell'Unione europea a rifiutare l'export delle dosi di vaccini anti Covid -19 di AstraZeneca. È stata notificata ieri la decisione di bloccare l'export di 250 mila dosi della casa farmaceutica in Australia. Canberra minimizza l'impatto della decisione dell'Italia di bloccare l'esportazione. "Si tratta di un lotto da un un Paese", ha detto un portavoce del ministero della salute australiano all'Afp e la spedizione del vaccino AstraZeneca dall'Italia "non è stata presa in considerazione nel nostro piano di distribuzione per le prossime settimane". L'Australia ha già ricevuto 300.000 dosi AstraZeneca e la prima di esse dovrebbe essere somministrata oggi. Il lotto, insieme alle forniture Pfizer, dovrebbe durare fino a quando la produzione interna di AstraZeneca non sarà aumentata.

"In Italia, le persone muoiono al ritmo di 300 al giorno. E quindi posso certamente capire l'alto livello di ansia in Italia e in molti Paesi in tutta Europa. Sono in una situazione di crisi senza freni. Questa non è la situazione in Australia": lo ha detto il primo ministro australiano Scott Morrison, in merito alla decisione dell'Italia di bloccare l'esportazione di 250.000 dosi di vaccino Covid-19. "Questa particolare spedizione non era quella su cui avevamo fatto affidamento per il lancio della campagna vaccinale, e quindi continueremo senza sosta", ha ribadito Morrison come già sottolineato dal suo ministero della Salute.

L'Australia ha chiesto alla Commissione Europea di riesaminare la decisione dell'Italia di bloccare una spedizione del vaccino Covid-19 di AstraZeneca, pur sottolineando che le dosi mancanti non influenzerebbero il programma di inoculazione australiano. "L'Australia ha sollevato la questione con la Commissione europea attraverso più canali, e in particolare abbiamo chiesto alla Commissione europea di rivedere questa decisione", ha detto ai giornalisti a Melbourne il ministro della Salute australiano Greg Hunt, secondo quanto riporta l'agenzia Reuters sul proprio sito web.

La decisione sul blocco dell'export di 250mila dosi di AstraZeneca all'Australia è stata presa e in Ue non c'è intenzione di tornarci sopra. La compagnia farmaceutica può comunque avanzare una nuova richiesta per la fornitura a Canberra, che verrà analizzata sulla base del meccanismo sul controllo e la trasparenza dell'export. Lo si apprende a Bruxelles.

https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2021/03/05/laustralia-minimizza-perso-solo-un-lotto-da-un-paese-_4ac4c9e7-24f0-4f7c-aaed-6707b392f619.html

domenica 14 febbraio 2021

Eolico, la Calabria blocca tutte le autorizzazioni.

 

L'assessore regionale all'ambiente comunica di aver disposto la sospensione di tutte le autorizzazioni per gli impianti eolici e gli elettrodotti.

In una nota pubblicata sul portale istituzionale della Regione si legge che. "Nelle more dell'approvazione del Piano paesaggistico della Regione Calabria, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, 'Codice dei beni culturali e del paesaggio', l'assessore regionale alla Tutela dell’ambiente, Sergio De Caprio, ha disposto la sospensione di tutte le autorizzazioni per gli impianti eolici e gli elettrodotti, in quanto rappresentano una violenza alla bellezza della Regione e allo sviluppo del turismo".

Si specifica, inoltre, che è stato contestualmente "avviato un tavolo tecnico interdipartimentale per definire l'efficienza ecologica del marchio di qualità dell'energia rinnovabile regionale, come previsto dalla legge regionale n. 25 del 19 novembre 2020" [la legge in realtà è datata 10 novembre 2020, NdR].

Al momento non è chiaro se questa iniziativa, di cui la nota rappresenta l'unica testimonianza ufficiale, sarà accompagnata da specifiche disposizioni normative.

Quel che è certo, invece, è che questa vera e propria moratoria sull'eolico contrasta con tutte le disposizioni comunitarie e nazionali sulla promozione delle fonti rinnovabili.

Non è un caso, infatti, che sino ad oggi, tutti i tentativi di blocco delle autorizzazioni disposti dalle Regioni siano finiti con una inevitabile bocciatura da parte della Corte costituzionale. Basti solo ricordare, tra gli esempi più recenti e clamorosi, la sentenza (20 giugno 2018, n. 177) con cui la Consulta aveva dichiarato illegittima la moratoria campana sull'eolico del 2016.

https://www.nextville.it/news/43905/eolico-la-calabria-blocca-tutte-le-autorizzazioni/


giovedì 30 aprile 2020

Covid, Irene Pivetti indagata anche a Roma e Savona. Pm: “Sua società consapevole che mascherine non erano a norma”.

Covid, Irene Pivetti indagata anche a Roma e Savona. Pm: “Sua società consapevole che mascherine non erano a norma”

Le accuse mosse dagli inquirenti liguri sono frode in commercio, falso documentale ma anche violazioni ai dazi doganali. Alcuni giorni fa, inoltre, è stato disposto il blocco dei conti della Only Italia Logistics, la società di cui Irene Pivetti e amministratrice unica e rappresentante legale. L'ex parlamentare è indagata anche a Siracusa.

Dopo Siracusa, anche Roma e Savona. Sono tre le procure in cui è indagata l’ex presidente della Camera Irene Pivetti per il caso della vendita di mascherine non a norma. La nuova iscrizione della ex parlamentare è stata confermata dal sostituto procuratore ligure Giovanni Battista Ferro. Le accuse mosse dagli inquirenti sono frode in commercio, falso documentale ma anche violazioni ai dazi doganali. In serata, poi, la notizia che anche i pm di Roma indagano sulla ex parlamentare e sulla sua Only Logistics Italia, società di cui è amministratrice e rappresentante legale. Il procedimento rientra tra quelli avviati da Piazzale Clodio sulla fornitura di strumenti di protezione anti-Covid. Alcuni giorni fa, inoltre, è stato disposto il blocco dei conti della Only Italia Logistics, la società di cui Irene Pivetti e amministratrice unica e rappresentante legale.
L’inchiesta di Savona – L’indagine savonese aveva preso il via con il sequestro da parte della Guardia di Finanza di una fornitura di mascherine destinata a una farmacia della città ligure. Andando a ritroso nella filiera di distribuzione gli inquirenti sono risaliti alla Only Italia Logistic srl. L’indagine ha portato al sequestro di decine di migliaia di mascherine in arrivo dalla Cina – la stessa Pivetti ha parlato di 160mila – e sequestrate dalla guardia di finanza al terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Ubaldo Pelosi e dal sostituto Giovanni Battista Ferro.
La Finanza nella sede della Protezione civile a Roma – Proprio oggi, inoltre, la guardia di finanza ha effettuato una serie di acquisizioni documentali presso la sede del Dipartimento della Protezione Civile a Roma, proprio nell’ambito dell’inchiesta sulla Only Logistics. A renderlo noto è stato lo stesso organo del capo dipartimento Angelo Borrelli, con una nota in cui si fa sapere che è stata “messa a disposizione della Gdf tutta la documentazione in nostro possesso relativa ai contratti di fornitura stipulata con la società”. Il Dipartimento, “estraneo all’indagine – prosegue la Protezione Civile – nella consueta ottica di massima collaborazione, resta a disposizione degli inquirenti per ogni ulteriore elemento ritenuto utile”.
Blitz delle Fiamme Gialle anche a Milano – Perquisizioni, inoltre, anche nei magazzini della Only Logistics a Milano, dove i militari non hanno però trovato altre mascherine. Il blitz rientra nell’ambito dell’indagine della procura di Siracusa sulla distribuzione di dispositivi di protezione individuale non conformi alla normativa vigente: in questa inchiesta Irene Pivetti è indagata per frode nell’esercizio del commercio e immissione sul mercato di prodotti non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza. La Procura ha indagato anche Salvatore Stuto, legale rappresentante della Stt Group srl di Lentini (Siracusa) che avrebbe distribuito le mascherine in farmacie e parafarmacie in tutto il territorio nazionale. Ieri sono state sequestrate 9 mila mascherine, ma quelle distribuite dall’azienda siracusana sarebbero state in realtà circa 40mila.
“Società consapevole che mascherine non erano a norma” – Nel decreto di perquisizione, firmato dal Pm Salvatore Grillo, ed eseguito dalla guardia di finanza, si contesta a Irene Pivetti, in qualità di legale rappresentante della società romana, di avere “importato mascherine dotate di falsa certificazione di conformità alla normativa da parte della società Icr Polska, e nel venderle su tutto il territorio nazionale nonostante la consapevolezza della non conformità alla normativa vigente in materia di Dpi, rafforzata dal provvedimento del direttore generale dell’Inail del 16 aprile 2020 con cui si fa espresso divieto alla Only Italia logistic di immettere in commercio le mascherine in questione”. Stuto è accusato di avere “rivenduto le mascherine” a una farmacia di Bologna “presentandole come conformi” alle norme previste, “pur essendo consapevole del mancato rispetto degli standard previsti dal regolamento Ue”. La conferma dell’illecito, secondo la Procura di Siracusa, è anche nel “codice relativo al certificato” di conformità che accompagnava le mascherine, che “è risultato disconosciuto perché ‘invalido’ o falso”.
Le procure di Siracusa e Savona si coordinano – “Ci stiamo coordinando con la Procura di Savona, cercando di approfondire le nostre rispettive inchieste. Dobbiamo capire anche quali siano le competenze ricordando che la merce transita dalla Dogana. E stiamo ricostruendo le modalità di come viene smistata“. Parola del procuratore di Siracusa, Sabrina Gambino, la prima procura ad aver iscritto l’ex presidente della Camera nel registro degli indagati.
Pivetti si autosospende da presidenza Assoferr – Nel frattempo è da registrare una nota di Assoferr (Associazione Operatori Ferroviari e Intermodali) che dà notizia dell’autosospensione della Pivetti dalla carica di presidente: “In merito alle notizie apparse in questi giorni sulle vicende relative alle mascherine che vedono coinvolta la presidente Irene Pivetti si informa che la stessa ha chiesto l’autosospensione dalle sue funzioni associative. Come da statuto, è stato quindi convocato per i prossimi giorni il Consiglio Direttivo per decidere in merito ed organizzare, se del caso, la sua supplenza“. A quando risale la richiesta di autosospensione? Al 25 aprile, quindi tre giorni prima della notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Siracusa.
La difesa dell’ex presidente della Camera: “Cagnara sollevata è una vergogna” – Nel frattempo, la stessa Pivetti è tornata a parlare con l’AdnKronos, difendendo la posizione sua e della propria società: “Le indagini in quanto indagini ben vengano perché serviranno a stabilire la verità. La cagnara che è stata sollevata, invece, è una vergogna – ha attaccato – perché ha messo in mezzo, mi permetto di dire, una persona seria che sono io, un’azienda seria e tutte le persone che con grande generosità si sono adoperate per questa operazione davvero molto faticosa e difficile che era quella di portare in Italia mascherine sicure”. E ancora: “Poi, successivamente, è stato introdotto questo tema della certificazione dell’Inail che, tra l’altro, riguarda l’uso di alcune mascherine come dpi – ha spiegato – perché, per il resto, le mascherine per uso civile sono perfettamente consentite e indipendenti dalla certificazione dell’Inail. Questo bisogna ricordarlo – ha aggiunto – altrimenti non si spiega perché posso comprare all’autogrill una mascherina di pezza a 8 euro e non posso comprare a 2 euro una mascherina perfettamente certificata in uno standard internazionale ma senza il bollino dell’Inail, non sarebbe logico”.
Pivetti: “Indecente cannoneggiamento” – La Pivetti, poi, ha puntato il dito contro la ribalta mediatica della vicenda: “Ci sono problematiche di burocrazia mal raccontata – ha detto – però il punto vero è che si tratta di un indecente cannoneggiamento su un lavoro serio che è costato e costa molto sacrificio. Anche poco fa ero al telefono con uno dei miei partner – ha aggiunto – con il quale abbiamo già prenotato e in grandissima parte pagato un’ottima fornitura cinese e stavo dicendo di aspettare un momento perché adesso se anche importassimo oro zecchino ce lo terrebbero fermo. Mi dispiace – ha ribadito – perché a causa di questo molti milioni di mascherine già prenotate e in parte pagate, così come i ponti aerei, sono per forza fermi in Cina. Mi auguro che al più presto si possa ristabilire una visione equilibrata – ha concluso – perché l’Italia continua ad avere bisogno di questi presidi sanitari perché ci sono tante persone molto oneste che con me stanno lavorando su questa operazione“. Successivamente, la Pivetti ha parlato anche con l’Ansa: “Non si può mettere in mezzo una Istituzione così importante per l’Italia per una vicenda che presto sarà chiarita grazie all’intervento della magistratura” ha detto. “Blocco dei conti della Only Italia Logistics? Lo apprendo da lei. Ancora non mi è stato notificato niente” ha aggiunto.

mercoledì 15 aprile 2020

Salvini tanaliberatutti. - Roberta Labonia

A Milano comincia oggi IDN18: parlano Salvini, Fontana e Fedriga ...

Era giusto l’8 aprile scorso quando Matteo Salvini ci aveva regalato questa “perla” : “… non è il momento di mandare inchieste sugli ospedali lombardi, lasciamo che medici e dirigenti lavorino. Anzi onore a chi è in trincea, io più che un’inchiesta dei Nas o un fascicolo della procura avrei mandato medaglie”.
Il suo è lo stesso giochetto sporco che sta facendo in queste ore la premiata ditta leghista Fontana&Co. Anzi lui è il loro maestro. La stanno buttano in caciara contando sulla commozione che sta suscitando in queste ore l’abnegazione e il senso di sacrificio di tutto il personale medico e infermieristico lombardo, per nascondere le loro vergognose mancanze, le loro scelte scellerate. Come è stata quella di riaprire, il 23 febbraio scorso, dopo averlo chiuso per neanche 4 ore, il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo, senza nessuna sanificazione, appena scoperto che ci erano passati 2 casi Covid. Chi volesse una chiave di lettura dei numeri agghiaccianti di vittime dell’epidemia nel bresciano e nella bergamasca è servito.
Alle 14,00 la direzione dell’Ospedale sceglie di chiudere, riporta “L’eco di Bergamo”. “lo volevamo chiuso”, testimonia un primario, “poi telefonarono da Milano” (Leggi Pirellone). Ora la Procura di Bergamo ha aperto un inchiesta. Ed è solo una delle tante che si stanno apprendo in queste ore su molte strutture sanitarie lombarde. Quelle che Salvini, appunto, non vuole. Non è il momento, dice lui.
E stamattina sempre il Cazzaro Verde ha rincarato la dose. A Coffee Break su La7 (ormai è ufficiale, Cairo è uno dei suoi sponsor), non contento, ha dettato la sua ricetta per la ricostruzione post epidemia : “Condono è una brutta parola” – ha sentenziato – ma in tempo di guerra ci vogliono pace fiscale, pace edilizia, blocco del codice degli appalti”. E perchè no il rutto libero di fantozziana memoria? E ancora: “Io dalla task force (ndr, quella per la ricostruzione voluta da Conte), mi aspetto questo. Tutto quello che non è vietato è permesso, se non ho risposta dall’ente pubblico, faccio, parto”.
Sembra che dopo questo discorso, il “comitato” a tutela degli evasori di tutta Italia gli voglia intestare una piazza mentre i capi di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Corona Unita si dice si siano riuniti e abbiano deciso di dedicargli un monumento. Ovviamente ricorro ai paradossi così, tanto per sdrammatizzare, che di incazzature ce ne prendiamo già abbastanza. Ma come non incazzarsi, anzi indignarsi, davanti a tanta irresponsabilità, tanta superficialità? Non sarà con la ricetta dell’ennesimo condono che l’Italia potrà ripartire. Quello che non gli riuscì nel 2018 col Conte Uno, quando Luigi Di Maio gli fece tana quando scopri che nel testo del dl fiscale qualcuno aveva inserito lo scudo per i capitali mafiosi e la non punibilità per chi evade, Salvini forse vuole riproporlo adesso? Contando su un opinione pubblica resa claustrofobica dalla lunga quarantena e in grande misura pressata da problemi economici? Roba da sciacalli.
E il condono edilizio? Che c’azzecca con la ripresa post – epidemia, direbbe Di Pietro. All’Italia, per ripartire, servono investimenti in infrastrutture. Sia materiali, come gli Ospedali pubblici, le scuole antisismiche, e la manutenzione, quella vera, non quella targata Benetton, delle nostre Autostrade, che immateriali, come la banda larga. Serve ritornare ad investire nell’istruzione, in un corpo insegnante efficiente e preparato. Da qui bisogna iniziare, e serviranno tanti, tanti soldi, se l’Europa non sarà miope, per risollevare l’azienda Italia e tutto il resto del vecchio continente. Altro che l’ennesimo condono edilizio targato Salvini/Berlusconi /Meloni!
E poi il peggio del peggio, l’affondo finale del leghista: “bloccare il codice degli appalti”. Non ripensarlo, semplificarlo, renderlo più a misura del piccolo e medio imprenditore (che quelli grossi c’ hanno barba di tecnici a supportarli). No. Bloccarlo! Nel nostro Paese equivarrebbe a dire alle mafie: prego, accomodatevi, ecco le chiavi di casa, I’Italia è vostra.
Come se già non lo fosse abbastanza.

domenica 25 agosto 2019

Giuseppe Conte, perché il nome del premier blocca la trattativa: la trincea M5s e le resistenze del Pd (Zingaretti e Gentiloni in testa). - Martina Castigliani

Giuseppe Conte, perché il nome del premier blocca la trattativa: la trincea M5s e le resistenze del Pd (Zingaretti e Gentiloni in testa)

Il dialogo tra 5 stelle e Partito democratico si è incagliato sulla figura che dovrebbe guidare l'esecutivo giallorosso. Per i 5 stelle il presidente del Consiglio uscente è e rimane l'opzione più seria e quella capace di far partire un progetto di legislatura. Il segretario dem però non è convinto e, anche andando contro i suoi, insiste per cercare un nome terzo. Anche per questo ha buttato nel flusso di queste ore l'ipotesi Fico. Ma sa che corre il rischio di spaccare definitivamente il fronte avversario e far naufragare l'accordo.
“Giuseppe Conte non si tocca”. “Tutto ma non Giuseppe Conte”. Si è bloccata qui la trattativa tra Movimento 5 stelle e Pd, nel punto dove sarebbe stato più facile che si bloccasse: il nome del presidente del Consiglio di un futuro governo giallorosso. E’ il vicolo cieco che i pontieri hanno cercato di evitare il più a lungo possibile, ma nel quale i partiti, consapevolmente o meno, si sono infilati dopo poche ore. “Così non si va da nessuna parte”, commentano a mezza voce nei corridoi. La figura di chi dovrà guidare la futura squadra, se mai vedrà la luce, è il cappello di un progetto che entrambe le parti devono riuscire a far digerire ai propri elettori. Non è solo un garante, è il volto politico che dà legittimità al grande cambio di schieramento e nessuno è disposto a fare un passo indietro. Nessuno, soprattutto, è in condizione per farlo a cuor leggero. I 5 stelle stanno in trincea e da lì non si muovono: l’avvocato lo hanno voluto loro e, grazie alla spinta pubblica di Beppe Grillo, è anche l’unico che per ora mette tutti d’accordo (eletti e base di attivisti). Il Partito democratico è ancora più in difficoltà: i parlamentari, non solo i renziani, rifuggono le urne e sono pronti ad accettare Conte, ma il segretario Nicola Zingaretti (con il sostegno del fronte Gentiloni) insiste nel mettere il veto. Anche a costo di far saltare il tavolo. Le fonti M5s dicono che ora Luigi Di Maio si prende tempo per aspettare che i dem elaborino l’ultimatum su Conte e qualsiasi altra alternativa sarebbe difficile da digerire; le fonti Pd prima replicano dicendo che sono i 5 stelle a dover pensare ad un altro nome. Poi buttano sul tavolo la carta: Roberto Fico, presidente M5s della Camera. Sembra la via per uscire dal vicolo cieco, ma il rischio è che sia la strategia perfetta per farli schiantare: non solo è un “ni” per il Pd, ma divide pure i grillini (e men che meno piace a Di Maio). Insomma, per non sbagliare, non si muove nessuno. E intanto il tempo scorre. Sergio Mattarella martedì farà partire il secondo e, molto probabilmente, ultimo giro di consultazioni e i partiti dovranno farsi trovare pronti con un nome. L’irritazione del capo dello Stato di fronte alla sfilata di esponenti politici incapaci di trovare un’intesa è stata chiara al termine del primo round e nessuno riuscirà a strappare una terza occasione.
La carta Roberto Fico – L’idea è cominciata a circolare nel tardo pomeriggio di ieri e porta la firma degli zingarettiani. “Se proponiamo il loro presidente della Camera, come possono rifiutare”, è il ragionamento. “Pensano sempre che siamo un partito come gli altri”, è il commento che arriva dai vertici M5s. “E che questa sia una trattativa da vecchia Repubblica”. Non lo è, soprattutto perché le mosse per ora restano caotiche e poco organizzate. “Fico buttato così nel mucchio”, fanno sapere i grillini, “è un altro modo per bruciare i ponti”. Cosa non convince il fronte M5s? Intanto la resistenza di Di Maio. E’ stato lui il primo a far sapere, al momento dell’avvio delle trattative, che su Fico leader non avrebbero dato il via libera. Era tre giorni fa, che a livello politico equivale a dire un’epoca fa. Ma difficile che il capo politico abbia cambiato idea così in fretta, soprattutto perché in tanti, tra i 5 stelle, ritengono che non sia il nome che può convincere la base all’accordo. Sarebbe la scelta naturale (profilo, stima istituzionale e capacità di dialogo con il Pd), ma Zingaretti sa bene che è invece la strada che può spaccare il mondo grillino definitivamente.
La trincea M5s – Per i 5 stelle in questi momenti di confusione c’è una sola bussola da seguire: la parola di Beppe Grillo. Il fondatore che si era fatto da parte e taceva da mesi ormai, è tornato in campo e non solo ha chiesto un accordo con il Partito democratico, ma ha scritto un post per sostenere l’ex premier. Un endorsement arrivato nel momento più critico, mentre da una parte Luigi Di Maio rialzava la posta e Alessandro Di Battista chiedeva di tenersi pronti al ritorno alle urne. Secondo alcuni una strategia coordinata per mettere pressione al Partito democratico, secondo altri, semplicemente, i tentativi scomposti di tenere aperte più strade possibili. La vera preoccupazione è come spiegare ai propri attivisti la necessità di sedere al tavolo con il Pd, poche settimane dopo aver loro fatto accettare il decreto Sicurezza bis. E soprattutto dopo anni che i democratici (Matteo Renzi in primis) sono additati come nemici pubblici. L’eventuale accordo infatti, dovrà per forza passare dalla piattaforma Rousseau per avere il via libera degli iscritti del Movimento. Ecco, proprio quel passaggio, se non dovesse avere la faccia di Conte sopra, rischia di essere più difficoltoso del previsto. C’è poi da fare i conti con le ambizioni interne dei vari esponenti: Di Maio sa che il Pd potrebbe chiedere la sua testa, senza dimenticare che lui stesso è già al secondo mandato e non è detto possa avere una deroga se si tornasse al voto; Di Battista punta alle urne dall’inizio della crisi o almeno spera di tornare ad avere un ruolo istituzionale per poter avere più peso sulla linea del Movimento; il gruppo parlamentare vuole evitare le urne a tutti i costi per il rischio di non essere più candidato. Nell’ombra, cercando di proteggere il suo ruolo super partes da presidente della Camera, si muove appunto Fico: non parla ma coltiva i contatti con i democratici. E Zingaretti, proprio come si aspettavano in tanti, ha scelto proprio lui per buttare altri nomi nel fuoco delle trattative. “Si rassegni chi vuole andare alle urne”, ha detto uno dei suoi protetti, il deputato Giuseppe Brescia, “Di Maio ha ricevuto mandato pieno dall’assemblea, lasciamolo lavorare in silenzio”.
La guerra interna del Pd- Di quello che avviene dentro il Pd in queste ore, ci sono almeno due versioni. La prima, quella che in teoria dovrebbe essere considerata ufficiale, viene dallo staff di Nicola ZingarettiIl segretario venerdì sera ha avuto un confronto “cordiale” con il leader Di Maio. I colloqui tra i capigruppo sul programma sono stati “costruttivi” e non sono emersi “ostacoli insormontabili”. Ma, c’è un “ma” molto grosso e si chiama, appunto, Giuseppe Conte. Gli zingarettiani assicurano che il segretario non vuole far passare il nome del premier uscente perché non sarebbe accettabile per i suoi: rappresenta il passato e il governo gialloverde. Su questo, dicono le stesse fonti, ci sarebbe anche l’intesa con Renzi. Addirittura, la terza via, ovvero l’idea di proporre Fico, avrebbe già il via libera di tutte le correnti democratiche. La seconda storia invece, la raccontano i renziani e l’ala sinistra (quella che guarda ad Andrea Orlando e agli ex Ds). Conte va bene a tutto il gruppo parlamentare Pd, che per la maggior parte è pronto ad accettare l’intesa. Insomma, non pensano che sia il grande statista, ma non vedono alternativa che, in così pochi giorni, possa mettere d’accordo tutti e soprattutto sembra la soluzione migliore in chiave anti Salvini. Tesi confermata dallo stesso Renzi sabato sera, dopo le parole di Conte che ha escluso un suo ritorno con la Lega. Il discorso in Senato, affrontato facendo leva sulla Costituzione, ha dimostrato che per il momento l’avvocato può essere lo scudo all’avanzata della destra. Lo dicono i renziani, ma non solo, lo dicono in tanti, anche tra ex ministri dei governi Renzi e Gentiloni e intellettuali di riferimento dell’ala sinistra. E sempre loro, raccontano diverse fonti qualificate a ilfattoquotidiano.it, si chiedono come mai Zingaretti insista sul veto a Conte, senza che nel mandato votato all’unanimità dalla direzione Pd, si fosse mai fatto esplicito riferimento al nome del premier. Insomma, nessuno ha dato il via libera al segretario a mettersi di traverso esplicitamente su questo punto. Anche l’idea Fico lascia tiepidi: il volto forte c’è già e le altre opzioni sembrano proposte per far naufragare le trattative (soprattutto se, come dicono, Zingaretti farà direttamente quel nome al capo dello Stato). La convinzione del leader è dall’inizio e rimane, che per il Pd sarebbe meglio andare alle urne e fare la campagna elettorale come fronte contro l’avanzata delle destre. Una posizione legittima, ma che non è condivisa, questa sicuramente no, all’unanimità. Specie da chi rischia seriamente il posto in Parlamento. Eccolo il vicolo cieco. Lo è per i 5 stelle. Ma pure per i democratici. E, se non trovano l’intesa, a Mattarella non resterà che rimandare tutti a elezioni anticipate.

mercoledì 9 gennaio 2019

Pronto il 'blocca trivelle'.

Pronto il 'blocca trivelle'


Pronto l’emendamento 'blocca trivelle' che sarà presentato nel Decreto Semplificazione. Grazie a questa moratoria, "sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio". Così in una nota il sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’Energia, Davide Crippa.

"Si è concluso ieri - spiega - il lavoro del governo sull’emendamento al Decreto Semplificazione in cui si afferma che 'le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità'. Tale indicazione rientra pienamente nel programma del Governo del Cambiamento orientato alla decarbonizzazione, con la sostituzione di petrolio e derivati e l’utilizzo delle fonti rinnovabili per il raggiungimento della sostenibilità e dell’indipendenza del sistema energetico nazionale".

L’emendamento, aggiunge Crippa, "prevede l'introduzione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Ptesai), strumento già in programma da tempo, e la rideterminazione di alcuni canoni concessori. Il Piano andrà definito e pienamente condiviso con Regioni, Province ed Enti Locali e individuerà le aree idonee alla pianificazione e allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale e quelle non idonee a tali attività. Questo per assicurare la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio nazionale e per accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale alla decarbonizzazione".

Inoltre, rileva Crippa, "l’emendamento prevede, a tutela di tutte le parti in causa che, fino all’approvazione del Ptesai, con un termine massimo di tre anni, saranno sospesi i permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, nonché i procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di coltivazione di idrocarburi. Grazie a tale moratoria, sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio. L’emendamento verrà discusso nei prossimi giorni in Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici, Comunicazioni".

giovedì 22 gennaio 2015

Tumori, creata 'super proteina' che blocca le metastasi. Sperimentata sui topi. - Valeria Pini



Lo studio degli scienziati Stanford. Negli animali riduce fino al 90% neoplasie secondarie.

UNA 'super proteina' che può bloccare all'origine il processo che permette a un tumore di entrare nel sangue per invadere altri organi del corpo, dando origine a delle metastasi. E' stata sperimentata dall'Università di Stanford sui topi, nell'ambito di uno studio pubblicato su Nature Chemical Biology. Si tratta di una proteina ingegnerizzata, versione modificata della proteina naturale Axl, che funziona come una specie di 'esca avvelenata'. Agganciandosi a un'altra proteina denominata Gas6, le impedisce di innescare il meccanismo attraverso il quale la neoplasia può viaggiare da un tessuto all'altro. Somministrata per via intravenosa in cavie da laboratorio con tumori mammari e ovarici, la nuova proteina ha ridotto le metastasi rispettivamente del 78% e del 90% rispetto al gruppo di roditori controllo, non trattati con la sostanza. Un risultato incoraggiante che potrebbe portare in futuro a nuove cure.

Lo studio. "E' una terapia molto promettente che dagli studi preclinici sembra efficace e non tossica. Potrebbe aprire a un nuovo approccio al trattamento del cancro", spiega Amato J. Giaccia, uno degli autori. "La maggior parte dei pazienti che muoiono per un cancro sono colpiti da forme metastatiche della malattia", sottolinea Jennifer Cochran del team di ricerca. Per cercare di rallentare o bloccare le metastasi oggi si utilizza infatti la chemioterapia, che non sempre funziona e in più è gravata da pesanti effetti collaterali. 

L'esca che blocca la metastasi. Gli scienziati di Stanford hanno tentato un'altra via: cercare di impedire l'interazione fra le due proteine (Axl che si trova sulle cellule tumorali e la sua controparte circolante Gas6), che scatena la diffusione del tumore dando origine a metastasi. Quando infatti due Gas6 si agganciano a due Axl, si genera un segnale che permette al cancro di viaggiare da un organo o da un tessuto a un altro attraverso il sangue. I ricercatori hanno prodotto in laboratorio una versione alterata di Axl, che proprio come un'esca 'pesca' Gas6 nel circolo sanguigno e gli impedisce di legare e attivare le proteine Axl presenti come setole sulla superficie delle cellule malate. 

La sperimentazione non si ferma. La 'super proteina' è già avviata allo sviluppo industriale grazie a Ruga Corporation, start-up biotech di Palo Alto in California, di cui Giaccia e Cochran sono consulenti scientifici. La società ha preso in licenza la proteina ingegnerizzata e procederà a ulteriori test preclinici per verificare se la sua somministrazione possa essere sicura e potenzialmente efficace anche nell'uomo.

La ricerca italiana sul tumore al seno. Una scoperta che segue di poco quella fatta da un gruppo di studiosi italiani, ma che riguarda il cancro al seno.  I ricercatori dell'Istituto nazionale tumori di Milano hanno individuato un nuovo meccanismo responsabile delle metastasi nel tumore del seno. Alla base del processo c'è l'osteopontina, un'insospettabile proteina, normalmente presente al di fuori delle cellule e coinvolta nella regolazione di diversi processi fisiologici.


http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2014/09/21/news/tumori_creata_super_proteina_che_blocca_le_metastasi_sperimentata_sui_topi-96339352/

martedì 7 ottobre 2014

Blocco della perequazione delle pensioni: è incostituzionale anche per la Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna. - Pierluigi Roesler Franz


ROMA – È una notizia di grande interesse per centinaia di migliaia di pensionati pubblici e privati. Due nuove eccezioni di incostituzionalità del blocco della perequazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS per il biennio 2012-2013 (ma implicitamente anche per il successivo triennio 2014-2016), deciso dal Parlamento nella legge n. 211 del 2011 sono state sollevate dalla Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, in quanto il mancato adeguamento delle pensioni equivale sostanzialmente ad una loro decurtazione in termini reali con effetti permanenti ancorché il blocco sia formalmente temporaneo poiché non è previsto alcun meccanismo di recupero.
Accogliendo le tesi del professor Rolando Pini e dell’avvocato Giovanni Sciacca per conto di dieci pensionati INPS, il giudice Marco Pieroni si è rivolto all’Alta Corte, ritenendo violati i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche, sanciti dagli articoli 3, 36, 38, 53, nonché dall’art. 117, primo comma, della Carta repubblicana per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (art. 6, diritto dell’individuo alla libertà e alla sicurezza; art. 21, diritto di non discriminazione, che include anche quella fondata sul «patrimonio»; art. 25, diritto degli anziani, di condurre una vita dignitosa e indipendente; art. 33, diritto alla protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale; art. 34, diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali), come anche interpretata dalla Corte di Strasburgo.
Le due articolate ordinanze della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, saranno esaminate dai giudici di palazzo della Consulta tra alcuni mesi assieme a quelle in parte analoghe già pendenti del tribunale del lavoro di Palermo e della Corte dei Conti della Liguria.