Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 24 giugno 2024
IL MISTERO DI CHI C’ERA PRIMA DEGLI EGIZI.
sabato 8 giugno 2024
ANUNNAKI.
giovedì 15 febbraio 2024
venerdì 22 settembre 2023
Eccezionale scoperta in Zambia: una costruzione in legno risalente a quasi mezzo milione di anni fa.
Alcuni frammenti di legno potrebbero cambiare la prospettiva su come vivevano i nostri antenati e mettere in dubbio il nomadismo delle comunità primitive.
Risalgono a 476mila anni fa le più antiche tracce di una costruzione in legno opera di esseri umani e sono state trovate in Africa nel 2019. Oggi, uno studio pubblicato su Nature, rivela l'importanza della scoperta.
La costruzione, rinvenuta nei pressi delle cascate di Kalambo in Zambia, è elementare - una coppia di tronchi sovrapposti, incastrati tra loro con un intaglio - ma potrebbe cambiare radicalmente le conoscenze finora acquisite sulla vita degli antichi esseri umani e mettere in dubbio il nomadismo delle comunità primitive.
È noto da tempo che, già milioni di anni fa, i nostri antenati usassero utensili in pietra sempre più evoluti per molte funzioni, come intagliare il legno per costruire altri strumenti o per accendere il fuoco ma si riteneva che le prime abitazioni fossero comparse molto tempo dopo.
Lo studio del gruppo di scienziati dell'Università di Liverpool guidato da Larry Barham potrebbe cambiare completamente lo scenario.
I tronchi sono lavorati in modo da combaciare tra loro, uniti con delle corde per formare una struttura più grande che aveva forse proprio una funzione abitativa.
Fin da subito è stato chiaro che si trattava di reperti antichi, ma il problema era datarli, poiché le tecniche di datazione tradizionali non riuscivano ad andare abbastanza in profondità nel passato.
In questo studio, i ricercatori hanno utilizzato un nuovo metodo chiamato datazione a luminescenza, che sfrutta minuscoli minerali presenti nella sabbia per stimare quanto tempo i materiali sono stati sepolti risalendo alla data della loro ultima esposizione alla luce solare.
Utilizzando questa tecnica innovativa, i ricercatori hanno potuto stabilire che la basica costruzione lignea risale a 476mila anni fa, circa 300 mila anni prima di qualsiasi altro ritrovamento del genere.
La conservazione di reperti in legno è molto molto rara in natura e se confermata potrebbe obbligare a retrodatare di molto la nascita delle prime strutture abitative stabili.
Secondo lo studio, i tronchi incrociati potrebbero essere la base di una struttura più grande, come una passerella o una piattaforma: “Ecco come la vedo io: questa è una struttura su cui poi si possono aggiungere altre cose, come una piattaforma”, dice ad Associated Press il professor Barham.
La datazione colloca la struttura in un'epoca precedente all'evoluzione dell'Homo sapiens. Secondo gli autori, sarebbero stati realizzati da un nostro cugino primitivo, forse l'Homo heidelbergensis, un ominide vissuto tra i 600.000 e i 100.000 anni fa e che all'epoca era presente in Africa.
Ciò, secondo Barham, indica che questi uomini dell'età della pietra potrebbero essere stati più progrediti di quanto si pensasse in precedenza: “È quella che definisco una scoperta dirompente […] suggerisce che i primi esseri umani, i primi ominidi prima di noi, erano effettivamente in grado di fare cose di cui ci meraviglieremmo se le facessimo noi. Quindi non si tratta solo di utensili di pietra, ma anche di legno. Possono trasformare il loro ambiente. Possono costruire cose che durano nel tempo. È una novità”.
In passato si pensava che queste persone fossero cacciatori e raccoglitori che si spostavano da un luogo all'altro, senza mai fermarsi a lungo in un sito. Ma la semplice struttura dimostrerebbe che avevano messo radici.
Alcuni frammenti di legno potrebbero cambiare la prospettiva su come vivevano i nostri antenati.
lunedì 15 maggio 2023
L’ ENIGMA EGIZIO.
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Ma non è la precisione con cui è stata costruita la Grande Piramide a lasciare impressionati. E nemmeno vogliamo addentrarci sul modo in cui sono stati trasportati i blocchi. La “domanda dalle cento pistole” è invece un’altra: quanto tempo ci hanno messo? Perché è questa “la domanda di tutte le domande” da farsi?
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Ammesso che gli operai egizi siano riusciti a tagliare, trasportare e posizionare 1 blocco al giorno, per costruire la Grande Piramide ci sarebbero voluti esattamente (2.400.000 : 365) anni, vale a dire 6.575 anni per terminarla. Questo vuole dire che la piramide, data per terminata nel 2.500 a.C. circa, sarebbe stata iniziata come minimo nel 9.000 a.C. Ma secondo gli archeologi la Grande Piramide venne costruita in soli 10 anni verso il 2.500 a.C. Cosa comporta questa affermazione?
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Per essere costruita in circa 10 anni, come insegna l’archeologia ufficiale, calcolando che si lavorava solo con la luce del giorno e quindi 10 ore al giorno, ogni blocco della piramide deve essere stato tagliato, trasportato e posizionato al ritmo di meno 1 ogni minuto, ossia uno ogni 60 secondi o poco più. (1 blocco x 60 minuti x 10 ore x 365 giorni x 10 anni) = 2.190.000. Vi immaginate un gruppo di lavoratori dotati di strumenti teneri come il rame, che non conoscono nemmeno la ruota in quel tempo, tagliare blocchi da 2 a 70 tonnellate, trasportarli su tronchi tramite rampe e posizionarne 1 ogni minuto senza interruzione, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno, per 10 anni? Io onestamente ho qualche difficoltà.
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La Grande Piramide fu sicuramente costruita da gente che viveva nel posto in cui è stata rinvenuta. Ma è piuttosto evidente che il tempo in cui venne realizzata, e forse anche gli autori che la realizzarono, probabilmente non sono quelli che in molti pensano.
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L’articolo continua sul libro:
51 50 35 - L’INCONFESSABILE VERITA’ SULLE PIRAMIDI
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domenica 31 luglio 2022
ENOCH, FU IL COSTRUTTORE DELLA GRANDE PIRAMIDE D’EGITTO? - Deslok
Le piramidi egizie nascondono un mistero che non è ancora stato svelato. Mentre alcuni archeologi ritengono che siano una creazione degli antichi egizi, ci sono anche voci che affermano che siano state costruite da una civiltà superiore agli esseri umani per l’elaborazione di tali miracoli dell’architettura.
La piramide di Cheope (Khufu) si è sempre detto e pensato essere stata costruita dagli egizi. Sì, dice Giorgio A. Tsoukalos, gli antichi Egizi costruirono le piramidi, ma sotto la guida degli dei. Se il Faraone Cheope costruì la Grande Piramide, perché non c’è nessuna statua a rappresentarlo?
Una così grande costruzione, che resiste nel tempo, indica in qualche modo una megalomania. Allora perché la sua statua non è stata trovata nella piramide?
LA PIRAMIDE DI CHEOPE, ERA UN’ANTICA CENTRALE ELETTRICA?
Alcune teorie affermano che la piramide di Cheope (Khufu) era una specie di centrale elettrica.
L’unico motivo per cui è conosciuta come Khufu / Cheope è dovuto ad un graffito vittoriano. Quando il colonnello Howard Vyse entrò nella Grande Piramide, era determinato a lasciare il suo nome come egittologo.
Anche se in quel momento il colonnello Vyse scrisse nel suo diario che non trovò nessun blocco inciso o scritto, due anni dopo, quando pubblicò il suo libro, scrisse di aver trovato una blocco di pietra “verniciato” rosso con il nome del Faraone Cheope . Questa è l’unica fonte che fa riferimento alla datazione della piramide che risale al tempo di Khufu, (2500 anni a.C.) , perché i ricercatori credono che allora Khufu abbia governato l’Egitto.
Due studenti dell’Università di Dresda, in Germania, sono riusciti a “rubare” un campione dalla vernice e portarla al laboratorio in Germania per un’analisi e datazione del carbonio. Il campione era troppo piccolo per essere datato, ma i ricercatori hanno trovato qualcosa di incredibile: la vernice non è stata applicata al blocco originale ma ad uno strato che è stato successivamente aggiunto alla riparazione della grande piramide.
LA PIRAMIDE E’ MOLTO PIÙ ANTICA DI QUELLO CHE SI DICE
Un’altra fonte che ci fornisce gli indizi che la piramide è molto più vecchia dell’attuale datazione, è l’Inventory Stela, dal quale troviamo che il faraone Khufu ha riparato la Sfinge, e da questo deduciamo che la Sfinge era già antica in quel momento.
Secondo gli scritti dello scrittore arabo AL – Mqriti, La Grande Piramide fu costruita prima della grande inondazione da un certo re chiamato SAURID.
La ricerca ha rivelato che SAURID è quello che la società ebraica chiama ENOCH.
Enoc fu portato in cielo dall’ Arcangelo Mikail, ed Enoch fu informato che un grande cataclisma stava per accadere e istruito su come costruire la grande piramide come un “magazzino di conoscenza” raccolte finora, e quindi nulla sarebbe stato perso dopo la grande alluvione. Così, tornando sulla terra, Enoch iniziò la costruzione della Grande Piramide, costruita con l’aiuto degli angeli.
a cura di HTM
COSA SUCCEDEREBBE SE TUTTO QUELLO CHE SAPPIAMO FINORA SULLA GRANDE PIRAMIDE FOSSE SBAGLIATO?
venerdì 27 agosto 2021
Università: un miliardo del Pnrr in regalo ai privati. - Alessandro Bonetti
La soluzione sul modello dell’housing sociale.
Perdersi nelle centinaia di pagine del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) e dei suoi allegati è molto facile e molte scelte del governo, pur assai rilevanti, rischiano di finire in secondo piano nel dibattito pubblico: è passata quasi inosservata, ad esempio, la riforma degli alloggi per gli studenti universitari e invece siamo, di fatto, di fronte a un vero e proprio regalo agli immobiliaristi.
Prima, però, facciamo un passo indietro. Il Covid ha costretto molti cosiddetti “fuorisede” ad abbandonare la città dove studiavano e ancora oggi le incognite restano tante. Certo, il prezzo degli affitti sembra essere leggermente sceso (-2,5%), ma sul ritorno in presenza delle lezioni pesa la mancanza di un’organizzazione condivisa e ben ragionata. Le criticità emerse con la pandemia si sono innestate su problemi strutturali, come i ritardi nell’assegnazione dei posti letto e le disomogeneità fra regioni. La scarsità degli alloggi disponibili fa sì che negli studentati viva solo il 5% degli universitari italiani, contro una media europea del 17% (dati Eurostudent).
In questo contesto di disagio, la versione definitiva del Pnrr prevede lo stanziamento di 960 milioni di euro per la residenzialità studentesca. L’obiettivo? Portare i posti per gli studenti fuorisede dagli attuali 40 mila a oltre 100 mila entro il 2026.
Come raggiungere questo traguardo? Eccoci giunti al punto cruciale: la revisione della legge 338/2000 e del decreto legislativo 68/2012 sulla realizzazione degli alloggi studenteschi. La riforma prevede “l’apertura della partecipazione al finanziamento anche a investitori privati, o partenariati pubblico-privati” e una lunga serie di altre concessioni ai signori del mattone.
Innanzitutto il governo sosterrà la “sostenibilità degli investimenti privati” con un regime di tassazione agevolato (“simile a quello applicato per l’edilizia sociale”). Poi, i nuovi alloggi potranno essere utilizzati dai gestori in modo “flessibile”. In altre parole, quando non serviranno a ospitare studenti, potranno essere affittati a terzi. Non solo: saranno ammorbiditi anche i requisiti sugli spazi comuni minimi. In cambio, i gestori dovranno soltanto provvedere a camere singole “meglio attrezzate”.
Infine, la ciliegina sulla torta. Il ministero dell’Università e della Ricerca coprirà in anticipo (!) ai privati gli “oneri corrispondenti ai primi tre anni di gestione delle strutture”. In sintesi, il governo riempirà generosamente di soldi pubblici le tasche dei costruttori privati, nella speranza che ciò possa triplicare gli alloggi studenteschi disponibili in Italia. Questa misura, che il Pnrr definisce una “architettura innovativa e originale”, nel migliore dei casi sarà un pasto gratis per gli immobiliaristi. Nel peggiore, non scalfirà il problema dei posti letto. In ogni caso, il percorso legislativo è stato avviato, dato che alcune delle modifiche previste dal Pnrr sono già state inserite nel recente decreto Semplificazioni.
Fra i diretti interessati (ossia gli studenti) inizia a serpeggiare qualche malumore. Giovanni Sotgiu, coordinatore dell’Unione degli Universitari, dice al Fatto: “L’intervento previsto nel Pnrr per aumentare i posti letto nelle residenze universitarie va nella direzione giusta, ma è sicuramente ancora insufficiente se si guarda al numero totale di immatricolazioni e lo si rapporta alla percentuale di beneficiari di posti letto”. Per Sotgiu l’aumento della soglia di cofinanziamento statale è positivo, ma “è necessario che i fondi raddoppino e si lavori sugli standard di qualità degli alloggi, oltre che sul numero”.
Non sono solo queste le preoccupazioni degli universitari. Sotgiu sottolinea che “la possibilità di cofinanziamento da parte dei privati, in un ambito determinante per l’accesso all’università pubblica di tante studentesse e tanti studenti, rischia di conferire una discrezionalità sui criteri di accesso alle residenze – come è già accaduto a Venezia – che può facilmente rivelarsi limitante ed escludente, ampliando le già note disuguaglianze territoriali”. Che fare, allora? “Stato e Regioni dovrebbero stanziare la quantità di finanziamenti sufficienti a coprire in toto il fabbisogno di posti alloggio, così da non dover subordinare i criteri di accesso agli interessi dei privati”.
Non c’è da nascondersi dietro un dito: la torta degli affitti studenteschi fa gola a molti. Nel settore alcuni si stanno già muovendo. Un esempio? Dopo i Giochi di Milano-Cortina del 2026, il villaggio olimpico diventerà in parte uno studentato, di cui si occuperà la Coima sgr dello sviluppatore Manfredi Catella, che gestisce 27 fondi immobiliari e vale 8,4 miliardi di euro di investimenti.
Invece di realizzare un massiccio piano di residenzialità pubblica, nel Pnrr si è insomma deciso di supportare (e garantire) gli investimenti privati. Il diritto allo studio, così, rischia di passare in secondo piano. Su un punto cruciale della vita universitaria, che avrà un impatto su migliaia di giovani, il governo sembra aver rinunciato a intervenire con decisione e coraggio.
ILFQ
venerdì 29 aprile 2016
Le case magiche in bambù di Elora Hardy: «Vi spiego perché è il materiale del futuro». - Alessandro Frau
Il bambù oltre a raggiungere altezze notevoli è estremamente forte: «Sbatteteci quattro tonnellate dritte su un’estremità e lui resisterà». In più è cavo, quindi leggerissimo: «Cresce intorno a noi. È forte, elegante. Addirittura antisismico».
«Quando avevo nove anni mia madre mi chiese come volevo che fosse la mia casa e io disegnai un fungo fatato. Non penso che capissi quanto fosse insolito e forse, visto quello che faccio, non lo capisco neanche oggi». Sì, perché la specialità di Elora Hardy è costruire case, anche di sei piani, interamente in bambù.