venerdì 17 settembre 2010

Carrocciopoli: Il Riformista grazie a BresciaPoint e Tempo Moderno ricostruisce i fatti


La vicenda si allarga.


«Carrocciopoli? Tutto falso», dice Umberto Bossi citando gli scandali leghisti. E la figlia del candidato alle regionali, la nipote dell’assessore provinciale, la moglie del vicesindaco del capoluogo e due collaboratrici «ad personam» di un altro assessore? Le fantastiche cinque vincitrici del concorso pubblico per «numero 8 posti di istruttore amministrativo», bandito dalla Provincia di Brescia nel dicembre 2008 e arrivato a conclusione nel febbraio di quest’anno, non hanno in comune soltanto le strettissime frequentazioni leghiste o il bagaglio culturale che ha consentito loro di sbaragliare la concorrenza di centinaia di cittadini. No.


Il pacchetto di mischia - rosa per genere, verde per passione politica - in attesa di prendere possesso del posto sicuro continua a collezionare altri incarichi e contratti. Retribuiti dalla collettività, ovviamente. E le analogie tra le protagoniste di questa storia non finiscono qui. Perché le fab five della Lega bresciana hanno dimostrato tutte una spiccata propensione per la prova scritta, ma si sono rivelate meno preparate all'orale. È l’ennesima “stranezza” del concorsone per otto seggiole sicure al sole della Provincia. Carrocciopoli, atto secondo.


Il riassunto della puntata precedente, pubblicata ieri su queste pagine, manca a questo punto di due soli dettagli. Nomi e cognomi. Sara Grumi, figlia del candidato leghista alle ultime regionali Guido; Katia Peli, nipote dell'assessore provinciale leghista Aristide; Silvia Raineri, moglie del vicesindaco leghista di Brescia Fabio Rolfi; più Cristina Vitali e Anna Ponzoni, entrambe collaboratrici del leghista Giorgio Bontempi, altro assessore provinciale. Sono cinque delle otto vincitrici di un concorso a cui si erano iscritti in settecento, di cui duecentoquaranta hanno effettivamente preso parte alla prova scritta.


La seconda puntata dell'inchiesta del Riformista parte proprio da qui. Dalla prova scritta.


Quando il gruppo di cittadini Tempo Moderno (coordinato dall'avvocato Lorenzo Cinquepalmi, dirigente del Psi bresciano) ha denunciato le troppe “coincidenze” del concorso, al quotidiano on-line bresciapoint.it è arrivata la segnalazione di tale “Emiliano: «Io a questo concorso ho partecipato, studiando per più di un anno. Il meccanismo dello scritto era perverso. Ed era matematicamente impossibile prendere 30 (il massimo dei voti, ndr)». Basta dire, prosegue testualmente la denuncia di “Emiliano”, «che erano le consuete domande a risposta multipla. Ma con la difficoltà in più che tra le opzioni ci poteva essere un numero indefinito di risposte giuste. Per ciascuna risposta esatta un punto, per ciascuna sbagliata uno in meno».


Adesso è impossibile risalire a “Emiliano” per verificare l'esattezza della sua testimonianza. E poi, a rigor di logica, è ovvio che una prova del genere - per quanto difficilissima - si può anche superare col massimo dei voti. Ma seguendo la traccia del “concorrente ignoto”, ecco che spunta fuori l'ennesima stranezza. Chi sono i candidati del concorso che riescono a superare i test staccando, e non di poco, l'agguerrita concorrenza dell'esercito dei duecentoquaranta?


Proprio loro, le “leghiste”. Tanto per capirci, l'ultimo dei trentotto ammessi all'orale passa con il punteggio di 21. La signora Raineri, la moglie del vicesindaco di Brescia, riesce invece a fare en plein: 30. Bravura e fortuna, insomma. Perché totalizzare il massimo era difficile come centrare il «100» nella vecchia e gloriosa ruota di Iva Zanicchi a Ok, il prezzo è giusto.


Leggermente meno brava, o forse solo meno fortunata, è Cristina Vitali, la collaboratrice dell'assessore Bontempi. Per lei un bel 28,67. Sara Grumi, la figlia del leghista Guido, arriva a 28. Katia Peli, nipote dell'assessore Aristide, si ferma a 27. Stesso punteggio di Anna Ponzoni, l'altra collaboratrice dell'assessore Bontempi.


Alla prova delle crocette dei test, insomma, il verde della Lega trionfa. Basta considerare, tanto per rimanere nel recinto degli ammessi all'orale, che la maggior parte degli altri candidati prendono voti che vanno dal 21 al 23. È a questo punto della storia che il demone del Sospetto s'insinua nelle menti delle, chiamiamole così, “malelingue”. Quando il 28 ottobre 2009 viene pubblicata la graduatoria degli scritti, Diego Peli, capogruppo del Pd in consiglio provinciale (è solo un omonimo del Peli leghista, ndr), solleva la questione. Troppo brave, le candidate vicine ai big della Lega bresciana. Troppo.


La denuncia del pd Peli almeno un effetto lo produce. La prova orale, infatti, si svolge davanti a numerosi testimoni. Uno dirà, le fab five sono state brave allo scritto, supereranno brillantemente anche l'orale, no? Invece no. Forse per colpa dello stress, forse per l'emozione, sta di fatto che le candidate leghiste che avevano trionfato allo scritto, di fronte alla commissione stentano. La Grumi (28 allo scritto) s'attesta su un mediocre 22. Addirittura la Raineri (30 allo scritto) sfiora il tracollo: 21. La Peli riesce a raggiungere quota 24 mentre leggermente meglio fa il ticket di collaboratrici ad personam Vitali-Ponzoni: 25.


Ma a pagare il prezzo più alto all'orale è un personaggio finora rimasto ai margini della vicenda. Si chiama Margherita Febbrari. E, nel suo curriculum, vanta collaborazioni sia col quotidiano La Padania sia con il deputato nazionale leghista Davide Caparini, già membro della Commissione di Vigilanza sulla Rai. La Febbrari, nota a Brescia per aver ottenuto dal Comune un incarico di consulenza in materia di sicurezza urbana, non ripete all'orale (21) l'exploit dello scritto (28). E, al contrario delle altre cinque fanciulle di cui sopra, che riescono comunque ad accaparrarsi il posto sicuro di impiegate in Provincia, rimane fuori dalla porta. Per un soffio. Ne passavano otto, lei arriva decima.


«Numero otto posti di istruttore amministrativo - Categoria C - a tempo pieno e indeterminato». Posti sicuri da impiegati di concetto alla Provincia di Brescia. Che però sono in attesa di essere occupati dai vincitori. Perché sono già impegnate, al momento, le cinque vincitrici leghiste. Come si legge anche nel dossier di Tempo Moderno, la Raineri, moglie del vicesindaco Rolfi, è lei stessa «capogruppo leghista alla Circoscrizione Nord del Comune di Brescia, coordinatrice della commissione sicurezza civica e bilancio nonché capogruppo sempre della Lega nel consiglio comunale di Concesio (Bs)». Una e trina, insomma.


La Grumi, invece, ha un incarico di collaborazione coordinata e continuativa «per la progettazione e l'implementazione di un sistema coordinato per la gestione delle attività interne, della durata di 24 mesi», stipulato dall'«Area Innovazione e Territorio-Settore Informatica e Telematica», indovinate un po', della Provincia di Brescia. Compenso? 54mila euro lordi, a cominciare dal 12 dicembre 2008.


Katia Peli collabora con lo zio Aristide, assessore. Nell'ultimo rinnovo del suo contratto, anno 2009, si legge testualmente che «le funzioni cui la Sig.ra Katia Peli verrà preposta dall'Assessore alle Attività Socio-Assistenziali e Famiglia, Sig. Aristide Peli, hanno particolare carattere di complessità e delicatezza».


Rimangono Vitali e Ponzoni, le altre due vincitrici “leghiste” del concorso della Provincia. I loro nomi figurano in una delibera - allacciate le cinture - di «conferimento incarico di collaborazione coordinata e continuativa di supporto all'espletamento delle azioni previste dai progetti “Valcanonica, Valcavallina e Sebino” e “Crisi aziendali”».


Della Provincia di Brescia, naturalmente.


da: Il Riformista


http://www.bresciapoint.it/politica/950-carrocciopoli-il-riformista-grazie-a-bresciapoint-e-tempo-moderno-ricostruisce-i-fatti.html



Studio: l'escalation dei costi del nucleare.



14 settembre 2010 - Realizzare una centrale nucleare potrebbe arrivare a costare oggi dai 7mila ai 10mila dollari per kW. Un prezzo molto più alto rispetto ad appena qualche anno fa, e al costo di realizzazione di un impianto eolico, solare o di ogni altra fonte di energia pulita e rinnovabile. È quanto emerge dal nuovo studio, 'Policy Changelles Of Nuclear Reactor Construction, Cost Escalation And Crodwing Out Alternative's'dell’Institute for Energy and the Environment della Vermont Law School. Prezzi che se per le fonti rinnovabili sono destinati a scendere, per il nucleare (come sottolinea lo studio) mostrano una spiccata tendenza a crescere nel tempo.

Anche negli Strati Uniti, l’aumento della domanda di energia unita alla necessità di un mix energetico meno sbilanciato sulle fonti fossili, e di conseguenza dipendente dall’importazione di combustibili fossili, ha dato nuovo slancio all’opzione nucleare. Una scelta sbagliata e antieconomica, secondo Mark Cooper, autore dello studio, che nel rapporto analizza il trend dei costi di realizzazione dei reattori, paragonando il mercato usa a quello francese, spesso presentato come esempio di successo nel settore nucleare.

Dallo studio emerge come, contrariamente a quanto avviene nel campo dei computer, dispositivi solari, turbine eoliche e altri progetti ad alto contenuto tecnologico, i costi delle centrali nucleari non tendono a decrescere nel tempo. Se, infatti, nel 1970, il costo di una centrale nucleare, esclusi gli interessi sul prestito, si aggirava intorno ai 1mila dollari per kilowatt sia negli Stati Uniti sia Francia (misurato sul valore del dollaro al 2008), negli anni Ottanta il prezzo è salito a 3mila – 4mila dollari a negli Stati Uniti, e da 2mila a 3mila in Francia. Nel decennio successivo la cifra ha continuato a crescere attestandosi intorno a 5mila - 6mila dollari per quanto riguarda gli Usa.

Attualmente, il prezzo stimato potrebbe essere di circa 7mila – 8mila dollari per chilowatt con un costo di realizzazione per un impianto di potenza di 2 GW che oscillerebbe tra i 20 e i 25 miliardi di dollari. In altre parole il costo a kW dell’atomo potrebbe arrivare tranquillamente a valori prossimi ai 10 dollari. Cifre stellari, soprattutto se confrontate con quelli delle fonti rinnovabili, dove un impianto solare può essere installato con un costo intorno ai 2 - 4 dollari a watt, a seconda della taglia del sistema.

Le cause principali di tali costi sono i ritardi che si accumulano nella costruzione degli impianti. Le difficoltà che si riscontrano nella costruzione di una centrale, infatti, costituiscono uno dei principali problemi che da sempre assilla l’industria nucleare. A questo si aggiungono le difficoltà nel reperire i capitali, tenuto conto della diffidenza mostrata dalle banche nel finanziare tali progetti, e, infine, lo stesso meccanismo dell’offerta.

“I governi avviano programmi per nuove centrali partendo dal presupposto di pagare circa 2.500 dollari per kW, ma nella realtà i costi sono almeno di 2 o e volte superiori”, – spiega Cooper –. Inoltre, le continue modifiche apportate ai progetti e la loro crescente complessità comporta inevitabili ritardi sui tempi di costruzione con conseguente aumento dei costi. Tutto si traduce con un necessario intervento da parte degli Stati: gli Usa hanno emesso 8,3 miliardi di dollari in garanzie sui prestiti per un progetto all'inizio di quest'anno”.

Un circolo vizioso che finisce con l’avere ricadute negative sulle nuove energie pulite. “A fronte della disponibilità limitata di risorse economiche, i governi dovranno decidere quali programmi sostenere, se puntare sull’atomo o sulle rinnovabili – spiega Cooper -. Non solo. La mole dei progetti nucleari assorbe immancabilmente risorse mentali ed economiche degli operatori del settore elettrico, che finiscono con il ridurre gli investimenti nelle fonti rinnovabili”. Allora, se rinunciassero al nucleare gli Stati Uniti dove potrebbero trovare tutta l’energia di cui hanno bisogno? "Abbiamo diverse alternative, molto meno costose e più efficaci dell’atomo: la prima è quella dell’efficienza energetica”, conclude Cooper.