lunedì 22 giugno 2015

Pensioni, il decreto del governo modifica in negativo la rivalutazione dei contributi. - Franco Mostacci

Pensioni, il decreto del governo modifica in negativo la rivalutazione dei contributi

Secondo l'esecutivo nessuno perderà nulla nel 2015, ma dal 2016 i lavoratori che hanno versato 200.000 euro ne perderanno circa 1.000. Alla Camera è stato depositato un documento firmato da Pd, Fi, M5s, Misto ed ex 5Stelle per tornare indietro.


La riforma Dini delle pensioni, la legge 335 del 1995, segnò uno spartiacque generazionale tra i lavoratori più anziani, che potevano continuare a beneficiare del sistema di calcolo retributivo (più favorevole), e quelli più giovani che, invece, passarono al contributivo (più penalizzante). Per questi ultimi, l’ammontare della pensione è proporzionale ai contributi versati mese dopo mese nell’arco dell’intera vita lavorativa.
La crescente precarizzazione del lavoro e le difficoltà a trovare un’occupazione stabile e duratura, hanno reso ancora più incerte le prospettive future di poter incassare un assegno pensionistico che garantisca l’autosufficienza. Ciascun lavoratore accantona ogni anno a fini pensionistici una parte del suo reddito lordo imponibile, che si va a cumulare con quanto versato negli anni precedenti, costituendo il cosiddetto montante contributivo, una somma che cresce nel tempo. Il legislatore ha pensato anche alla capitalizzazione di tale montante, ovvero all’adeguamento del suo valore nel corso del tempo. Il meccanismo prevede che il “tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (Pil) nominale, appositamente calcolata dall’Istat, con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare”. Il tasso di capitalizzazione, che nel 1997 era del 5,6% si è progressivamente ridotto a causa della bassa crescita dell’economia italiana e della ridotta inflazione.
La diminuzione del 3,5% del Pil nominale avvenuta nel 2009 (governo Berlusconi) ha creato un serio problema, considerato che il tasso di capitalizzazione per il 2014, che ha effetto per le pensioni da liquidare nel 2015, è pari a 0,998073. Per la prima volta, quindi, il montante contributivo accumulato dai lavoratori diminuirebbe. L’interpretazione della norma è, però, tutt’altro che chiara. Poiché la legge parla di “anno da rivalutare” è impensabile che si possa applicare un coefficiente inferiore a uno. A novembre scorso l’Inps (allora guidata dal commissario straordinario Treu) ha chiesto lumi al governo che, pochi giorni fa, con il Decreto legge 65 del 2015, recante “disposizioni urgenti in materia di pensioni, ammortizzatori sociali e garanzie sul Tfr”, emanato per venire (seppur di poco) incontro alla sentenza della Consulta, ha risolto – a modo suo – il problema. Alla legge Dini del 1995 è stato aggiunto un comma in cui si precisa che “il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo… non può essere inferiore a uno, salvo recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive”. La relazione tecnica di accompagnamento afferma che “la disposizione è finalizzata a scongiurare la perdita di valore dei trattamenti pensionistici che deriverebbe dalla svalutazione dei montanti contributivi accumulati dai lavoratori”. Nulla di più falso. I coefficienti ricavabili dalle stime del Pil (0,998073 per il 2014 e 1,005331 per il 2015), sono stati modificati per decreto aumentando a 1 il primo e riducendo a 1,003394 il secondo. Considerando un ipotetico lavoratore che ha accumulato un montante contributivo di 200 mila euro e versa 10 mila euro all’anno di accantonamenti per la pensione, ci troviamo di fronte a tre possibili scenari.
Se il governo, nel rispetto del principio di rivalutazione originariamente contenuto nella Legge Dini, avesse optato per una soluzione di buon senso riportando a 1 il coefficiente 2014 senza ridurre quello dell’anno successivo, il lavoratore avrebbe potuto contare alla fine del periodo su una somma pari a 221.120 euro. Se si applicassero i coefficienti effettivi il montante scenderebbe a 220.732 euro. Con quelli del decreto il valore si riduce addirittura a 220.712 euro. In buona sostanza, a parte coloro che stanno per andare in pensione e ai quali lo Stato non farà in tempo a effettuare il recupero, tutti gli altri lavoratori subiranno un danno economico, in quanto il montante contributivo non si rivaluta adeguatamente. Un camouflage legislativo che fa passare per onerosa (circa 12 milioni di euro) un’operazione che, invece, porterà futuri risparmi nelle casse dello Stato, superiori a quelli che si sarebbero comunque conseguiti senza alcun intervento. Un gioco delle tre carte, quello del duo Renzi-Padoan, che a conti fatti determina una ingiusta penalizzazione per i lavoratori. Talmente ingiusta che ieri è stato depositato in commissione Lavoro alla Camera – dove il dl è in discussione – un emendamento per tornare indietro, firmato dal Pd, ma anche da Fi, M5s, Misto ed ex 5Stelle.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/20/pensioni-il-decreto-del-governo-modifica-in-negativo-la-rivalutazione-dei-contributi/1795185/

Non ho ancora capito dove voglio andare a parare o a farci sbattere. Qui si sta portando avanti un gioco al massacro dal quale non credo che ne usciremo in buona salute.

L’Italia che sa vivere solo in emergenza. - Bruno Manfellotto

L’Italia che sa vivere solo in emergenza

Nelle situazioni estreme diamo il meglio di noi. Finita la corsa per aprire decentemente l’Expo, 
si riapre un fronte antico: quello dei conti pubblici.


Dunque le lacrime della prof Elsa Fornero ci costeranno quattro anni dopo una decina di miliardi (16 secondo Vincenzo Visco). Il groppo in gola, mentre la ministra pro tempore spiegava la riforma pensionistica, arrivò in diretta tv, la sera di domenica 4 dicembre 2011, alla parola «sacrificio», cioè l’azzeramento dell’indicizzazione al costo della vita delle pensioni superiori ai 1443 euro. Già allora molti temevano che la norma fosse incostituzionale, alcuni ne erano convinti, ma davvero la ministra pro tempore non poteva fare altrimenti, e meno male che lo fece: l’Italia rischiava il default, la fine della Grecia, già si immaginavano i cavalli della Troika abbeverarsi alle fontane di piazza Navona, a un passo dal Senato. E il governo Monti tagliò, tecnicamente, per evitare il commissariamento. Si era in emergenza. Come sempre.

Sì, il bel paese vive in perenne emergenza e solo quando questa incombe, esso si agita si industria si muove risolve. E talvolta riesce pure a dare il meglio di sé. Solo che emergenza chiama altra emergenza. La bocciatura della Corte costituzionale, per esempio, ha cancellato d’un colpo il sogno di attingere al tesoretto di 1,6 miliardi, nascosto nelle pieghe del bilancio pubblico, che Matteo Renzi avrebbe voluto destinare ai redditi più bassi e agli ammortizzatori sociali, riedizione corretta degli 80 euro in busta paga di un anno fa. Ma dieci (o 16?) miliardi sono tanti, due volte il gettito Imu sulla prima casa e più, assai difficili da trovare, e il buco costringerà il governo a una dura legge finanziaria - d’emergenza - e a riaprire le trattative con l’Ue sul contenimento del debito. Altro che avviare un piano Obama.

Anche l’EXPO, si sa, è stato realizzato in emergenza. E a caro prezzo. La corsa finale e un bel po’ di lavori aggiuntivi hanno fatto lievitare i costi: per il Padiglione Italia erano stati messi in conto 63 milioni, ne sono stati spesi 92; per la Piastra, la spina dorsale dell’Expo, il preventivo diceva 165 milioni, non ne basteranno 200; per rispettare l’investimento pubblico di 1,3 miliardi, infine, è stato necessario un robusto taglio ai progetti iniziali. Emergenza, ma legale, sarà anche il dopo Expo in un intreccio di controversie, tagli, ribassi di prezzi, contratti siglati con imprese sotto osservazione e ora all’esame di Raffaele Cantone.

Continuiamo? Sono emergenza continua gli sbarchi dei migranti; la corruzione; la spesa pubblica; la sanità; l’ambiente dissestato. E naturalmente anche il maltempo, i rifiuti, i dopo terremoto che durano per generazioni senza che nessuno vi ponga definitivamente rimedio. Non si programma né si previene. Di conseguenza l’esecutivo si adegua sparando decreti legge, d’urgenza e di emergenza: Berlusconi e Monti ne produssero insieme un centinaio; Enrico Letta più di venti, cifra appena superata dal gabinetto Renzi. In tutto, più o meno 165 decreti presentati in sei anni. In emergenza è stata approvata anche la nuova legge elettorale: a colpi di fiducia. E c’è la drammatica emergenza lavoro per la quale evidentemente non basta il Jobs Act: l’acqua c’è, avrebbe detto lord Keynes, ma il cavallo non beve. Insomma, la madre di tutte le emergenze è ancora la crisi economica. Che ci ricorda, dopo l’ubriacatura muscolare dell’Italicum, che ora bisogna cominciare a governare sul serio.

P.s. Se permettete, vorrei spezzare una lancia a favore dei “gufi”, come li chiama Renzi, quelli seri e intellettualmente onesti, per i quali il mio apprezzamento è pari alla gioia che ho provato per il brillante esordio dell’expo di Beppe Sala & c. Ecco perché: forse, se non ci fossero state le copertine dell’“Espresso” sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle imprese appaltatrici, non si sarebbe arrivati alla nomina di Raffaele Cantone a commissario anticorruzione e al suo prezioso lavoro di ripulitura; forse, senza le inchieste dell’“Espresso” sul ritardo nei lavori, non ci sarebbe stato quello scatto d’orgoglio che ha poi consentito di ultimare quasi tutti i padiglioni; forse, se non ci fossero state le domande che “l’Espresso” si è posto sull’uso di quelle immense aree a esposizione ultimata, sarebbe stato rimosso il tema centrale del dopo Expo. Insomma, per farla breve, evviva l’Expo, ma anche i gufi.

Case abusive a Mondello, indagato anche l'ex capo dell'Edilizia privata. - Sara Scarafia

Case abusive a Mondello, indagato anche l'ex capo dell'Edilizia privata
Una foto simbolica del reparto anti abusivismo della polizia municipale

Sono tre i dipendenti del Comune nel mirino della procura. Daniela Rimedio sino a 2010 era la dirigente dell'ufficio.

Non solo due funzionari: nell'indagine sull'abusivismo (leggi l'articolo) che ha scosso Palazzo delle Aquile è coinvolta anche una dirigente. Si tratta di Daniela Rimedio, attualmente allo Sport, che tra il 2007 e il 2010 sedeva invece a capo del settore Edilizia Privata. L'indagine riguarda una lottizzazione in via Miseno, a Mondello: nei giorni scorsi il giudice per l'udienza preliminare Daniela Cardamone ha respinto la richiesta di archiviazione per prescrizione e ha imposto al pubblico ministero Daniele Paci ulteriori indagini su 18 persone che, in concorso, potrebbero aver commesso i reati di lottizzazione abusiva e violazione della normativa in materia paesaggistica.

Sotto inchiesta sono finiti due uomini di punta degli uffici tecnici del Comune: si tratta degli architetti Mario Li Castri  -  numero due del vice sindaco Emilio Arcuri  -  e di Giuseppe Monteleone, funzionario all'Edilizia privata. Abitano entrambi in via Miseno: le indagini dovranno accertare se le case che hanno acquistato in fase di realizzazione dal proprietario del terreno, anche lui indagato, sono state costruite in violazione delle norme a tutela delle zone vincolate come quella di Mondello. Secondo il gip per realizzarlo si sarebbe dovuta seguire la procedura del piano particolareggiato: un iter complesso a tutela delle zone con vincoli paesaggistici che prevede pure un passaggio obbligato in Consiglio comunale. E invece sarebbe stata scelta la via più breve, il cosiddetto piano planovolumetrico. 

La Rimedio, ex dirigente dell'Edilizia privata finisce sotto indagine perché l'ufficio da lei guidato avrebbe portato avanti una attività di "natura quantomeno negligente" rilasciando la concessione. La Rimedio si difende: "Non ricordo nemmeno quale sia la pratica  -  dice  -  il dirigente non fa l'istruttoria ma rilascia la concessione alla fine se ci sono tutti i pareri". 

Li Castri, nei giorni scorsi, aveva invece sottolineato la figura di "acquirente in buona fede". I proprietari delle villette insomma avrebbero comprato case in costruzione ignorando l'iter seguito precedentemente per la lottizzazione. Ma nel verbale la polizia giudiziaria segnala la realizzazioni in diverse abitazioni pure di opere che non sarebbero state oggetto di concessione  -  piscine e verande  -  e solleva dubbi sulla natura della compravendita: risulterebbe che i singoli acquirenti abbiano acquistato soltanto "i terreni liberi" e non gli immobili.

L'indagine è arrivata in un momento delicatissimo per l'amministrazione comunale che entro fine mese dovrà scegliere i nuovi dirigenti a termine: Monteleone e Li Castri  -  architetti ritenuti di grande esperienza  -  sono in pole position per la guida dei settori tecnici più importanti, dal Centro storico all'Urbanistica. Il bando pubblicato dal Comune per la ricognizione scade il 28 gennaio.


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/01/23/news/case_abusive_a_mondello_indagato_anche_l_ex_capo_dell_edilizia_privata-105553583/