sabato 15 agosto 2020

L’anno dei pieni poteri di Salvini: l’unico antidoto è la memoria. - Antonio Padellaro

Pieni poteri - Alice Oxman - ebook
Pubblichiamo la prefazione al libro di Alice Oxman, “Pieni Poteri”, in libreria e in ebook per Aliberti editore
Pieni Poteri di Alice Oxman dovrebbe stare sulla scrivania di ogni giornalista che abbia rispetto dei propri lettori (sulla mia certamente). Pieni Poteri rappresenta l’antidoto efficace contro gli avvelenamenti compulsivi da fake news e post-verità. Pieni Poteri è la tragica autobiografia di una Destra sovranista e arrembante. Pieni Poteri comincia il 13 maggio 2018, con una dichiarazione del Segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, contro il nascente governo gialloverde M5S-Lega guidato da Giuseppe Conte. E si conclude il 4 settembre 2019 con la lista dei ministri del governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte.
In mezzo, il diario puntuale, martellante di quei lunghi sedici mesi, giorno dopo giorno, quasi ora dopo ora, trascritto attraverso i titoli dei giornali. Dove la semplice cronaca dei fatti, di ciò che è successo effettivamente, si oppone come barriera granitica ai due grandi nemici della realtà. L’incessante manipolazione degli eventi: in questo caso a cura del partito preso guidato da Matteo Salvini. L’occultamento della memoria che alimentato dalla centrale social del pregiudizio razzista (chiamata la Bestia di Salvini) finisce anche per dimenticare se stessa.
Con Pieni Poteri, il giornalismo dei fatti dovrà ricordare per forza ogni gesto violento, ogni parola insultante, ogni sfregio ai concetti di umanità e di democrazia seguiti all’occupazione del ministero degli Interni da parte del cosiddetto “capitano”. Così che nessuno possa dimenticare che per più di un anno, il Viminale, cuore pulsante della sicurezza della Repubblica è stato occupato, manu militari, da un ultracorpo della politica. E trasformato nella centrale operativa di un potere altro, dedito alla costante violazione dei diritti umani e costituzionali con la persecuzione implacabile degli immigrati. Una guerra aperta contro gli ultimi della terra indicati come i nuovi nemici del popolo. Respinti in mare, in quel Mediterraneo trasformato in un gigantesco cimitero di tombe senza nome. Lasciati a marcire sulle barche (perfino sulle navi della nostra Marina). A friggere sotto il sole, donne e bambini, mentre lo spirito disumano del tempo o girava lo sguardo, o approvava.
Di questo orrore continuato (e di molte altre cattive azioni) abbiamo adesso – grazie alla tenace indignazione di Alice – un minuzioso registro giornaliero. Per non dimenticare. Per non farci più ingannare.

“Salvini mi ha rubato 6 milioni di euro” Le accuse di Brigandì. - Stefano Vergine

“Salvini mi ha rubato 6 milioni di euro” Le accuse di Brigandì

Soldi - L’ex avvocato del Carroccio.
Una truffa da 6 milioni di euro realizzata da Matteo Salvini. È quanto sostiene Matteo Brigandì – ex parlamentare della Lega Nord, già membro del Csm, per anni avvocato del partito e di Umberto Bossi – in una denuncia indirizzata alla procura di Milano e datata 12 agosto 2020. Una ventina di pagine che Il Fatto ha potuto leggere, nelle quali Brigandì ripercorre gli eventi salienti che dal 2012 a oggi hanno trasformato la Lega da partito federalista a forza nazionalista, da Bossi a Salvini, da Lega Nord a Lega Salvini Premier. Una denuncia in cui la politica si mischia al denaro, in particolare ai 49 milioni che ancora oggi pesano come un macigno sulle finanze del vecchio Carroccio. Perché – questo è il succo del ragionamento di Brigandì – Salvini ha fatto “sparire i soldi”.
Al centro della querela c’è una scrittura privata datata 26 febbraio 2014. Quel giorno, a Milano, s’incontrano Bossi, Brigandì, Salvini e Stefano Stefani, allora tesoriere leghista. Lo scandalo della truffa sui rimborsi elettorali, la laurea in Albania del Trota e gli investimenti finanziari in Tanzania avevano già costretto Bossi alle dimissioni. Da segretario della Lega, Salvini quel giorno deve risolvere una grossa grana. Il Carroccio rischia di vedersi sequestrare 6 milioni di euro. Sono soldi che il partito dovrebbe versare a Brigandì per 13 anni di lavoro. “Somma concordata con contratto scritto, stipulato fra me e la Lega nel 2012”, scrive Brigandì nella denuncia. L’accordo prevede una specie di armistizio tra la coppia Bossi-Brigandì e il duo Salvini-Stefani. Armistizio che Brigandì riassume così: “Io rinunciavo ai 6 milioni di euro e, in cambio, Salvini si impegnava a una serie di azioni volte a garantire che il pensiero politico di Bossi e dei suoi collaboratori non fosse completamente gettato alle ortiche”. Tra le varie condizioni, l’accordo sottoscritto da Salvini prevedeva che Bossi – allora come oggi presidente della Lega Nord – potesse scegliere il 20% dei candidati leghisti.
“Nulla di quanto stipulato è mai stato rispettato da Salvini”, sostiene però Brigandì. Che infatti passa al contrattacco. Salvini “si è premurato di stipulare un accordo transattivo, che evidentemente considerava vantaggioso, al solo fine di guadagnare tempo prezioso per poter occultare il denaro. Denaro che avrebbe, invece, dovuto darmi di lì a qualche giorno”. Nella sua denuncia l’ex avvocato di Bossi ricorda che al momento dell’accordo del 2014 il partito aveva ancora parecchio denaro sui conti. Come dire: l’avvocato sarebbe potuto passare subito all’incasso. Ma non lo fece, scrive nella denuncia, perché “ritenevo fondamentale che fossero garantiti idonei spazi politici per l’On. Bossi direttamente – e anche per il sottoscritto indirettamente”. La tesi è che l’accordo sia servito a Salvini per comprare tempo e nel frattempo far sparire i soldi dalle casse padane, così da non poter più restituire all’avvocato i 6 milioni di euro di parcelle arretrate.
“A ciò si aggiunga, come ulteriore dimostrazione delle intenzioni truffaldine di Salvini, che poco dopo – denuncia Brigandì – è stato creato un altro partito, Lega Salvini Premier, che oggi è al vaglio dei giudici penali proprio in quanto parrebbe che esso sia stato costituito al fine di ostacolare o sviare i creditori (non solo io, ma anche lo Stato) per impedire loro di ottenere quanto dovuto”.
La denuncia a Salvini arriva dieci mesi dopo la condanna in primo grado per Brigandì a due anni e due mesi per infedele patrocinio e autoriciclaggio. Secondo il tribunale di Milano, da avvocato della Lega Brigandì è stato infedele ai suoi doveri professionali notificando a se stesso un decreto ingiuntivo che gli ha permesso di incassare quasi 1,9 milioni di euro. Un fatto che il legale stesso ricorda nella denuncia con l’obiettivo di suffragare la sua tesi: l’accordo privato con Salvini, che prevedeva tra le altre cose un armistizio giudiziario tra le parti, non è stato rispettato perché la Lega si è costituita parte civile.

Vietato ai maggiori. - Marco Travaglio

Bonus INPS: si attende la decisione della Lega sui politici ...
Si spera che ieri, vigilia di Ferragosto, il minor numero possibile di italiani abbia seguito l’audizione del presidente Inps Pasquale Tridico in commissione Lavoro della Camera. Uno spettacolo pornografico che in un paese civile andrebbe vietato non tanto ai minori di 18 anni, che non votano, quanto ai maggiori, che votano. Ma dopo certe scene lo faranno sempre meno. E avranno mille giustificazioni che nessuno dovrà permettersi di definire “antipolitica”. Perché l’antipolitica è esattamente quella a cui abbiamo appena assistito. Sette giorni fa Repubblica rivela che l’Antifrode Inps ha beccato 5 deputati e 2mila politici locali a chiedere il bonus per partite Iva in difficoltà. Il presidente della Camera Roberto Fico annuncia al Fatto l’audizione di Tridico, che il Garante della Privacy libera dai vincoli di riservatezza perché “la privacy non è d’ostacolo alla pubblicità dei dati sui beneficiari del contributo” in caso di falsi poveri, per giunta titolari di “funzione pubblica” tenuti dalla Costituzione a svolgerla con “disciplina e onore”. Poi però lo stesso Garante indaga sull’Inps per violazione della privacy. Il Fatto chiede all’Inps l’accesso agli atti per il diritto-dovere di cronaca. Risultato: dopo giorni di linciaggio da giornali e partiti di destra (inclusa Iv), ma anche dal Corriere, ieri Tridico viene lapidato da quasi tutti i deputati. La colpa non è degli onorevoli accattoni, ma di chi li ha scoperti. Lo scandalo non è la notizia in sé, ma il fatto che si sia saputa in giro.
La scena dei deputati che chiedono le dimissioni del presidente Inps perché difende i pensionati onesti dai ladri che minacciano le loro pensioni resterà, a imperitura memoria, nel museo degli orrori della politica, anzi dell’antipolitica. Così come quella di Tridico che, intimidito dai disonorevoli e dal doppio gioco del Garante, non fa i nomi neppure dopo 7 giorni perché – testuale – “abbiamo investito il garante, che ha scritto una nota, che ha bisogno di un approfondimento, che è in corso. Se la Presidenza ci fa pervenire richiesta formale, valuteremo col Garante se fornire i nomi” dei cinque deputati, di cui nel frattempo tre si sono autodenunciati. Nessuna notizia dei 2mila politici locali, anch’essi tenuti a “disciplina e onore” e sprovvisti di diritto alla privacy. Uno spottone all’antipolitica che, insieme alle scuse pietose dei furbastri, porta altra acqua al mulino dell’astensionismo e del qualunquismo. Noi intanto attendiamo risposta alla nostra istanza (si spera prima del termine ultimo di 30 giorni), confortati dalle già 65mila firme alla nostra petizione. Non molleremo l’osso finché non avremo tutti i nomi. Convinti come siamo, con Louis Brandeis, che “la luce del sole è il miglior disinfettante”.