venerdì 1 maggio 2015

Rinnovabili, l'UE ha preferito il gas per le pressioni dei lobbisti Shell. - Nicolò Sapellani

La sede della Commissione Ue
LONDRA – L'Unione europea sta puntando sempre più sul gas come fonte energetica, nel Piano per l'Unione energetica presentato a fine febbraio è stato dato ampio spazio al tema dei gasdotti, e Bruxelles quando parla di metano insiste spesso sul fatto che si tratti di un combustibile più pulito rispetto alle fonti tradizionali. L'Ue però non avrebbe fatto questa scelta strategica liberamente, ma avrebbe ceduto alle pressioni dei lobbisti della Shell iniziate nell'ottobre 2011.
«RINNOVABILI PIÙ CARE» - Secondo alcuni documenti a disposizione del quotidiano britannico The Guardian, la compagnia energetica anglo-olandese è riuscita a indebolire l'interesse dell'Europa verso le energie rinnovabili, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, -40 per cento entro il 2030, stabiliti nelle scorso ottobre. A quanto risulta al Guardian, i punti chiave dell'impegno sottoscritto dai Paesi membri dell'Ue sono stati dettati dai lobbisti della Shell. In una lettera di cinque pagine indirizzata al presidente della Commissione di allora, Jose Manuel Barroso, il direttore esecutivo per le attività upstream di Shell, Malcolm Brinded aveva scritto che se l'Ue avesse puntato su una strategia di mercato basata sul gas, avrebbe potuto risparmiare 500 miliardi nel suo percorso di transizione verso un'economia meno dipendente dalle energie fossili. Risparmi che non ci sarebbero stati se avesse scelto la via delle rinnovabili.
«IL GAS È UN BENE PER L'UE» - «Il gas è un bene per l'Europa e l'Europa è ricca di gas», aveva scritto Brinded. «Shell è convinta che l'Ue debba concentrarsi sulla riduzione dei gas serra come l'unico obiettivo sul clima dopo il 2020, e consentire al mercato di individuare il modo più conveniente ed efficace per raggiungere questo obiettivo, preservando in tal modo la competitività dell'industria, tutelando l'occupazione e il potere d'acquisto dei consumatori, per indirizzare il sistema verso la crescita economica».
LE ULTIME MOSSE DI SHELL - Royal Dutch Shell è una multinazionale energetica anglo-olandese, che ha forti interessi nel settore del metano. Il gas naturale nel tempo è diventato uno dei maggiori settori d'affari della compagnia e a oggi gran parte dei profitti di Shell vengono dalle attività legate al gas. Recentemente Shell ha annunciato di aver completato l'acquisizione di British Gas per 69 miliardi di euro, concludendo la maggior operazione di fusione degli ultimi 10 anni. Con questa operazione Shell ha espanso la sua capacità produttiva di gas, andando a consolidare il proprio primato detenuto con l'americana Exxon Mobil. Bg infatti ha grandi progetti in Brasile, Africa orientale, Australia, Kazakhstan e Egitto.

Palermo anni 50/60.



Palermo anni 50/ 60. Avevamo una rete di filobus elettrici, che copriva tutta la città. Ecologica e silenziosa. Tutto smantellato, esempio di ottusità dei nostri amministratori.

Franco Scrimali

Conti pubblici, Consulta trova falla nella ‘norma Fornero’. Incostituzionale blocco adeguamento al costo della vita delle pensioni. Danno da 5 miliardi.



L'ex ministro: "Non fu scelta mia, ma di tutto il governo per fare risparmi in tempi brevi. Vengo rimproverata per molte cose ma quella fu la cosa che mi costò di più”. Palazzo Chigi: "Prova non facile ma troveremo una soluzione".

Altro che tesoretto da 1,6 miliardi di euro. Per il tandem Renzi-Padoan è in arrivo una stangata da circa 5 miliardi. Colpa di Elsa Fornero. O, a seconda dei punti di vista, della Corte Costituzionale. Che ha stabilito che la norma con cui per il 2012 e il 2013 era stato bloccato l’adeguamento al costo della vita delle pensioni di importo superiore a tre volte il minimo Inps è incostituzionale. La legge, contenuta nel Salva Italia varata dal governo Monti a poche settimane del suo insediamento era stata promulgata “in considerazione della contingente situazione finanziaria”. Una condizione evidentemente non sufficiente.
“L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”, afferma infatti la Corte nella sentenza numero 70 depositata giovedì 30 aprile, di cui è relatore il giudice Silvana Sciarra.
“Stiamo verificando l’impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici, non sarà una prova facile ma non siamo molto preoccupati” fanno sapere fonti di Palazzo Chigi che sottolineando come “siamo al governo per risolvere questioni complesse, quindi calma e gesso: studieremo la sentenza e troveremo la soluzione“.
A sollevare la questione di legittimità costituzionale erano stati, con varie ordinanze tra il 2013 e il 2014, il Tribunale di Palermo, sezione lavoro; la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna; la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria. L’impatto sui conti pubblici, stimato dall’Avvocatura dello Stato quando si tenne l’udienza pubblica, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013, per un totale appunto di quasi 5 miliardi di euro. “Non fu scelta mia”, ha commentato a caldo l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero ricordando che fu una decisione “di tutto il governo” presa per fare risparmi in tempi brevi. “Vengo rimproverata per molte cose – ha aggiunto –  ma quella non fu una scelta mia, fu la cosa che mi costò di più”. Fornero ricorda che proprio su questo punto si commosse fino al pianto nella conferenza stampa di presentazione del Salva Italia. “Fu ritenuta dal governo nel suo insieme, ha detto, soprattutto da quelli che guardano ai conti, una scelta necessaria perché dava risparmi nell’immediato”, quanto alla sentenza secondo l’ex ministro “la Corte avrà avuto le sue buone ragioni”. Chiunque abbia deciso, secondo la Consulta, le motivazioni indicate alla base del decreto sono blande e generiche, mentre l’esito che si produce per i pensionati è pesante. “Deve rammentarsi – si legge nella sentenza – che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato”.
“La censura relativa al comma 25 dell’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico – dice ancora la sentenza – induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività”. Risultano, dunque, “intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l’adeguatezza (art. 38). Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà” (art. 2) e “al contempo attuazione del principio di eguaglianza”, (art. 3).