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venerdì 1 maggio 2015

Palermo anni 50/60.



Palermo anni 50/ 60. Avevamo una rete di filobus elettrici, che copriva tutta la città. Ecologica e silenziosa. Tutto smantellato, esempio di ottusità dei nostri amministratori.

Franco Scrimali

lunedì 23 giugno 2014

Mafia, oltre 90 arresti a Palermo. Messineo: “Blitz su mandamento strategico”.


Associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento alcuni dei reati contestati. Una cimice ha svelato dopo più di 100 anni il killer del poliziotto italo-americano Joe Petrosino. Dal profilo Facebook un presunto capo cosca insultava i pentiti e chiedeva l'amnistia. Tra gli indagati per voto di scambio anche un candidato alle ultime amministrative che chiedeva revoca vitalizio per condannati per mafia.
A Palermo l’operazione antimafia “Apocalisse” ha  sgominato la nuova Cupola del mandamento di San Lorenzo e Resuttana portando all’arresto di 95 “uomini d’onore”, accusati a vario titolo di associazione mafiosaestorsione, danneggiamento e altri reati. Nel corso dell’operazione eseguita dai carabinieri, polizia e guardia di finanza di Palermo sono anche stati sequestrati complessi aziendali per diversi milioni di euro. 
Le indagini, che sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno consentito di ricostruire il nuovo organigramma dello storico mandamento mafioso alla periferia occidentale della città. Gli investigatori hanno individuato capi e gregari, accertando numerose estorsioni praticate in modo capillare e soffocante da cosa nostra ai danni di imprese edili ed attività commerciali del territorio e riscontrando un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale.
Secondo le indagine a capo del mandamento di San Lorenzo e Resuttana c’era Girolamo Biondino, fratello di Salvatore, l’autista di Totò Riina. L’uomo era stato da poco scarcerato ed era già tornato alla guida del clan; per evitare di tornare nuovamente in prigione, Biondino faceva il pensionato, girava solo in autobus ed evitava di farsi vedere in giro con altri uomini d’onore. Dopo la scarcerazione, infatti, l’uomo doveva ancora scontare un residuo di pena con la misura di prevenzione della ‘casa lavoro’ al Nord. Secondo gli investigatori era lui a tenere le fila e imporre il pizzo a tappeto nel mandamento. 
A distanza di oltre un secolo l’operazione “Apocalisse” ha portato alla luce anche il nome dell’assassino di Joe Petrosino, il poliziotto italo-americano venuto a Palermo per sgominare una banda di mafiosi, ucciso il 12 marzo 1909. Il particolare è emerso da una conversazione telefonica captata da una delle cimici degli investigatori.  A rivelarlo è stato Domenico Palazzotto, 29 anni, che si vantava con gli amici che il killer di Petrosino era stato uno zio del padre: “Ha fatto lui l’omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino”, aveva detto agli amici mentre le microspie lo registravano. Joe Petrosino venne ucciso alle 20.45 del 12 marzo 1909, tre colpi di pistola in rapida successione e un quarto sparato subito dopo, suscitarono il panico nella piccola folla che attendeva il tram al capolinea di piazza Marina a Palermo. 
Gregorio Palazzotto, secondo gli investigatori il capo della cosca dell’Arenella che si trova in carcere, aveva aperto un profilo Facebook da dove insultava i pentiti. “Non ho paura delle manette, ma di chi per aprirle si mette a cantare”. Attraverso la pagina sui social faceva rivendicazioni contro il sovraffollamento delle carceri e chiedeva l’amnistia.
“È un’operazione molto importante, perché incide su un mandamento da sempre strategico per Cosa nostra e un tempo regno incontrastato dei Lo Piccolo e da sempre al centro delle attività di controllo di Cosa nostra” dice all’Adnkronos il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo commentando la più grande operazione antimafia degli ultimi anni a Palermo. “Si tratta di un’operazione interforze gestita di comune accordo e in piena sintonia e condivisione delle tre più importanti forze di polizia – dice ancora Messineo -. È la dimostrazione di un forte impegno dello Stato e della totale assenza di divisioni e conflitti e di un efficace coordinamento assicurato dalla Dda”. Nell’operazione non ci sono stati contributi dei pentiti: “Ciò non vuol dire che i collaboratori non siano importanti, ma questa è un’operazione gestita con metodi assolutamente tradizionali, con accertamenti diretti sul campo”.
Tra gli indagati c’è anche un candidato alle ultime amministrative per l’Udc (non eletto) che chiedeva con forza la revoca del vitalizio dei deputati e senatori condannati per mafia e che adesso si ritrova indagato per voto di scambio. Nei giorni scorsi aveva parteicpato al flashmob organizzato davanti a Montecitorio per chiedere la revoca del vitalizio ai condannati per reati mafiosi, come l’ex senatore Salvatore Cuffaro. La Procura aveva chiesto il suo arresto ma il gip ha concesso il divieto di dimora a Palermo. Secondo gli investigatori avrebbe chiesto i voti alla cosca mafiosa dell’Arenella.

mercoledì 2 ottobre 2013

Palermo, l’ex sindaco Cammarata passa all’Agenzia dei beni confiscati alla mafia. - Giuseppe Pipitone

Palermo, l’ex sindaco Cammarata passa all’Agenzia dei beni confiscati alla mafia


L'esponente del Pdl lascia il posto da docente di scuola superiore e viene assunto dall'ente che gestisce gli immobili sottratti alla criminalità. Nel curriculum, anche una condanna per essersi fatto curare la barca da un dipendente comunale. Protestano il movimento di Orlando e l'M5S. Il direttore Caruso: "Ha fatto domanda e l'ho accolta, operazione a costo zero".

Di tornare a fare il suo mestiere non ne ha evidentemente voglia. Sarà per questo che Diego Cammarata, fino al gennaio del 2012 sindaco pidiellino di Palermo, sta cercando in qualche modo di sottrarsi alla monotonia della sua professione originaria:  dopo dieci passati con la fascia di primo cittadino in spalla, tornare a fare il docente di diritto in una scuola superiore non deve essere proprio il massimo. L’ex sindaco meno amato d’Italia – come fu definito dati alla mano dalla speciale classifica del Sole 24 Ore – ha quindi preso carta e penna per chiedere di essere trasferito come dipendente pubblico a un altro ufficio: l’Agenzia per i Beni confiscati alle associazioni criminali.
L’ente è stato istituito nel 2010 per gestire le migliaia di immobili che vengono confiscati ogni anno alle mafie, e per cercare di restituirli alla collettività. L’ex sindaco prenderà servizio il 3 ottobre, evitando quindi di doversi recare in aula ogni giorno per fare lezione: al contrario si entrerà nella sede dell’ente in via Vann’Antò a Palermo, per coadiuvare il prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’agenzia. Una nuova occupazione quella di Cammarata che però non è stata per nulla digerita da molti. In prima linea il consigliere comunale Alberto Mangano, fedelissimo di Leoluca Orlando che ha seguito nel nuovo Movimento 139. “E’ l’ennesima umiliazione che il governo nazionale ci sta facendo subire – attacca il consigliere comunale – mentre il sindaco Orlando auspicava che l’agenzia adottasse misure più snelle per utilizzare i beni confiscati ai mafiosi e destinarli a fini sociali, adesso con la riapparizione dell’ex sindaco invisibile, tutto si complicherà ulteriormente”.
La definizione di “sindaco invisibile” fu coniata anni fa dal vignettista satirico Allegra, che raffigurava l’ex primo cittadino soltanto con un bicchiere di vino e una racchetta sospesi nel vuoto, a testimoniare la latitanza del primo cittadino dall’amministrazione attiva della città. Polemici anche gli esponenti palermitani del Movimento Cinque Stelle: “Questo governo di larghe intese – dice il deputato Riccardo Nuti – dimostra giornalmente che non c’è possibilità di lavorare per il bene comune. Nominare in un settore così delicato, sensibile ed importante una persona che ha distrutto per anni una città unica come Palermo dimostra che non c’è volontà di cambiare rotta”.
Ad accogliere la domanda di trasferimento di Cammarata è stato il direttore Caruso in persona. Che difende la bontà della sua scelta. “Ho accolto la domanda di Cammarata – ha detto – come avrei fatto per qualsiasi dipendente della pubblica amministrazione. Siamo in grave carenza di organico, come ho detto più volte. Qui nessuno vuole venire perché non ci sono incentivi economici o di carriera, quindi la domanda di Cammarata è stata ben accetta. Inoltre, tutti gli oneri sono a carico dell’amministrazione di provenienza, quindi per noi è un’operazione a costo zero”.
L’Agenzia per i beni confiscati ha in questo momento soltanto trenta dipendenti, a fronte di migliaia di immobili da gestire. Cammarata però non è esattamente un qualsiasi dipendente della pubblica amministrazione. Se non altro perché nell’aprile è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione per abuso d’ufficio e falso: un dipendente di una società comunale invece di recarsi al lavoro, gestiva la barca dello stesso Cammarata, in quel momento ancora sindaco. Dopo essersi dimesso da primo cittadino, l’esponente del Pdl provò già una volta a evitare il ritorno tra i banchi di scuola: venne infatti nominato consulente del Senato per la redazione di un disegno di legge sulla spending review.
“Può un ex primo cittadino commissariato per aver portato al dissesto finanziario la sua città essere chiamato come consulente al Senato per un disegno di legge sui tagli di spesa negli enti locali?” si chiese l’allora senatore dell’Idv Fabio Giambrone. Cammarata rispose pochi giorni dopo rinunciando all’incarico di consulente di Palazzo Madama. Un anno dopo ci riprova: questa volta occupandosi di antimafia. L’importante e non tornare tra cattedre e studenti.
 Twitter:@pipitone87

martedì 18 dicembre 2012

Palermo, crollano due palazzine: quattro morti e sette feriti.



Sul posto, per tutta la notte, c'è stato il sindaco di Palermo Orlando che ha cercato una sistemazione per i senza tetto. La Procura ha aperto un’inchiesta; da mesi si sentivano rumori. Solo il tempestivo intervento dei pompieri ha impedito che ci fossero più vittime.


Rumori sinistri e l’allargarsi delle fessure sulle pareti che da mesi facevano temere il peggio. Poi la chiamata ai Vigili del fuoco, che si sono accorti subito della gravità della situazione. L’ordine di evacuazione per gli abitanti di due palazzine di via Bagolino, strada di case popolari nel quartiere dei cantieri navali di Palermo, è arrivato immediatamente. Ma non tutti ce l’hanno fatta. Erano da poco passate le 23.30. 
Gli edifici si sono sbriciolati prima che tutti gli abitanti riuscissero a uscire. In quattro sono rimasti sotto le macerie: il cadavere di un uomo di 82 anni, Ignazio Accardi, è stato individuato schiacciato da una trave, Antonino Cinà, 54 anni è stato estratto morto questa mattina all’alba. La terza vittima è stata estratta poco dopo le 10.30: si tratta di Maria La Mattina, 80 anni moglie di Accardi.  E’ stata trovata morta anche Elena Trapani, 74 anni, estratta senza vita poco dopo le 15. Sono sette i feriti. Un’intera famiglia si trova all’ospedale Civico. Il marito di 48 anni, la moglie di 35 anni e la bambina di sette anni. A quest’ultima i medici hanno suturato una ferita all’occhio. La moglie invece è rimasta ferita alla gamba. Il marito è in osservazione dopo un trauma cranico. Altri quattro sono rimasti intossicati dalle polveri prodotte dalle macerie. Due bambini e un uomo di 35 anni e una donna di 32 anni, ma sono stati soccorsi dal personale del 118. C’è anche un superstite: un cagnolino. E’ stato estratto dalle macerie dai vigili del fuoco che lo hanno anche accarezzato lungamente per tranquillizzarlo. Il cane sta bene. Continua intanto, incessante, il lavoro dei soccorritori tra le macerie.  Si scava anche con le mani. 
Nei due edifici vivevano otto famiglie. Da tempo, dopo la costruzione di una struttura prefabbricata all’ultimo piano di uno dei due immobili, si sentivano strani scricchiolii e più di una crepa si era formata sui muri. “Oggi i rumori ci hanno fatto preoccupare più del solito e abbiamo chiamato i vigili del fuoco, che ci hanno fatto immediatamente sgomberare – racconta una delle superstiti, Giuseppina Ferrara -. Qualche minuto dopo è venuto giù tutto. Il palazzo si è sbriciolato e ha trascinato con se anche quello vicino”. Accardi e la moglie, invece, erano affacciati al balcone e non sono riusciti a fuggire. I vicini di casa hanno visto le mura crollare e inghiottire i due anziani. “Non è giusto morire così’”, dice il figlio della coppia avvertito dai vigili del fuoco. E solo grazie all’intervento tempestivo dei pompieri si è evitato che il bilancio del crollo fosse ancora più drammatico. La macchina dei soccorsi è stata efficientissima con grande impiego di mezzi e uomini: dai vigili urbani, alla polizia, ai carabinieri, al 118 e alla protezione civile. Le ricerche dei dispersi non si fermano: un sonda tenta di captare eventuali suoni sotto le macerie e i cani del nucleo cinofilo sono pronti a intervenire, ma le speranze che i due siano vivi sono poche. Sul posto, per tutta la notte, c’è stato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando che ha cercato una sistemazione per i senza tetto. Sul crollo è stata aperta un’inchiesta per disastro colposo: sarà la magistratura ad accertare le cause del cedimento. Il sostituto procuratore Marzia Sabella è sul posto per coordinare i primi rilievi. “La tragedia poteva anche essere peggiore – dice il primo cittadino – perché il crollo è avvenuto proprio durante l’evacuazione”.
“Le palazzine sono crollate davanti ai nostri occhi. E’ stato terribile. Eravamo affacciati al balcone per vedere come procedeva l’evacuazione di uno dei due edifici, quando all’improvviso c’è stato un boato, sembrava ci fosse il terremoto. Subito dopo abbiamo visto tanta polvere e la tragedia”. La signora Maria B. ha ancora il terrore dipinto sul viso. Per tutta la notte è rimasta in via Bagolino per assistere a quanto accaduto. Accanto a lei c’è un signore, Luciano G., anche lui scosso per quanto accaduto. “Ero seduto sul divano con mia moglie – racconta con la voce tremante – sentivo strani rumori che provenivano da fuori, ma mia moglie mi diceva di andare a letto. Mi sono affacciato a all’improvviso è caduto tutto”.
“Spero che sotto i calcinacci si sia creato un vuoto e mia madre si sia salvata” dice Antonino Accardi il figlio di Ignazio, l’anziano di 82 anni il cui cadavere è stato recuperato, e di Maria La Mattina 80 anni, che risulta ancora dispersa. Antonino Accardi racconta che la palazzina negli ultimi tempi presentava dei segnali preoccupanti di un possibile cedimento, come la deformazione dei pavimenti e dei muri. “Già mia madre - ha detto- aveva difficoltà a chiudere le porte”. Tra i testimoni presenti sul luogo dopo il crollo Gaspare Camarrone, che abita accanto agli edifici crollati e racconta di aver visto uscire dalle macerie un vigile del fuoco con in braccio una bambina, trasportata all’ospedale di Villa Sofia, dov’è in buone condizioni. Parla anche una signora che vive nella palazzina attigua a quelle rovinate e rimasta miracolosamente in piedi. “Stavo tornando a casa e sono stata investita da una nuvola di polvere – racconta – fortunatamente della nostra palazzina si sono salvati tutti ma ora, secondo i vigili, la casa è inagibile perché si è lievemente inclinata”.