giovedì 16 settembre 2010

E' Matteo Renzi il sindaco più amato di Italia.







Lo rileva l'istituto "Monitor Città'' che ha stilato la graduatoria dei primi cittadini più amati nel nostro Paese nei primi 6 mesi del 2010.






Ciancimino, la perizia conferma. - di Umberto Lucentini





Il figlio Massimo non ha mentito: fu proprio l'ex sindaco di Palermo a scrivere le carte sui rapporti tra mafia e Stato e sugli investimenti di Cosa Nostra a Milano 2. Lo ha stabilito la Polizia scientifica.

La perizia della polizia scientifica ha stabilito che sono stati firmati proprio da Vito Ciancimino alcuni dei documenti sui rapporti tra mafia e Stato e su un investimento di Cosa Nostra in un'azienda di Berlusconi che il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo ha consegnato alla procura. Su altre carte sono in corso ulteriori accertamenti. Si tratta in tutto di tre testi: il primo è un appunto sulla costruzione di Milano 2, il quartiere satellite edificato da Silvio Berlusconi nei primi anni Settanta: vi compare il nome di Marcello Dell'Utri, oltre a quelli dei costruttori palermitani Nino Buscemi e Franco Bonura. Il secondo è un elenco in dieci punti (il "contropapello") inviato dallo stesso Ciancimino a Totò Riina per stabilire un accordo tra le cosche e lo Stato che consentisse di fermare le stragi. Il terzo è una lettera che ha come destinatario l'ex governatore di BankItalia, Antonio Fazio, in cui si parla della trattativa tra pezzi dello Stato e boss e dell'attentato al giudice Paolo Borsellino.

Al termine delle perizie, gli esperti del servizio di Polizia scientifica della Direzione centrale anticrimine hanno una certezza: questi tre testi sono stati di sicuro firmati da Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo condannato per mafia e morto il 19 novembre 2002. E sono stati scritti proprio nei periodi indicati dal figlio Massimo.

Una conferma importante per due delicate inchieste della procura di Palermo condotte anche grazie alle dichiarazioni di Ciancimino junior, che del padre ha custodito documenti e segreti ora messi a disposizione del pool dell'aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Nino Di Matteo e Paolo Guido. Nuovi, importanti riscontri, nella ricerca di parte del tesoro di Ciancimino senior investito nel nord Italia e di quei patti "scellerati" che sarebbero stati stretti da alcuni alti ufficiali dei carabinieri del Ros e dai vertici di Cosa nostra (sempre smentiti dagli indagati).

Degli investimenti a Milano di don Vito, il figlio ha parlato pubblicamente la prima volta l'1 febbraio scorso, deponendo nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di aver favorito parte della latitanza dello stratega "numero uno" della mafia siciliana, Bernardo Provenzano. Ciancimino junior ha raccontato di aver saputo dal padre che questi, tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta, tramite Dell'Utri e i costruttori Buscemi e Bonura aveva investito soldi nel quartiere satellite realizzato alla periferia di Milano dall'allora giovane imprenditore Silvio Berlusconi.

Una circostanza di cui Massimo ha parlato decifrando l'appunto scritto dal padre in cui c'erano i nomi dei costruttori palermitani Buscemi e Bonura, del futuro senatore di Forza Italia e di Milano Due. La Polizia scientifica ha così comparato il foglio in possesso dei pm Ingroia, Di Matteo e Guido con altri documenti pubblici e privati sicuramente scritti da Ciancimino. Il giudizio è netto: sono "compatibili".

Stesso esito anche per l'analisi merceologica, cioè sul tipo di carta e sul periodo in cui il foglio è stato prodotto : sono "compatibili" con quelli indicati da Ciancimino junior che tramite appunti e ricordi li sta decifrando davanti ai pm. E se, come ha già detto al termine dell'udienza di febbraio Niccolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi e parlamentare Pdl «le dichiarazioni di Ciancimino su Milano Due sono del tutto prive di ogni fondamento fattuale e di ogni logica, e sono smentibili documentalmente in ogni momento», è ovvio pensare che la Procura di Palermo stia cercando di trovare in diversi istituti di credito le tracce dei movimenti di soldi che proverebbero l'investimento dell'ex sindaco Dc del "sacco di Palermo".

La seconda inchiesta sta facendo luce sulla trattativa tra mafiosi e pezzi dello Stato per ottenere lo stop alla stagione stragista voluta da Riina in cambio di garanzie e impunità per i boss: è quella che vede il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia. Mori, ex comandante del Ros e direttore del servizio segreto civile Sisde, e il suo braccio destro Obinu, avrebbero trattato nel '92 la fine della strategia degli attentati di Cosa nostra in cambio di alcune garanzie chieste dai capimafia. Il tramite di questo patto sarebbe stato Vito Ciancimino, nato a Corleone e legato ai compaesani Riina e Provenzano da antica amicizia. Così, al "papello" di richieste avanzato da Riina tramite il medico Antonio Cinà e consegnato a Ciancimino perché lo girasse agli ufficiali dell'Arma, è seguito un "contropapello": l'ex sindaco Dc formulò proposte più moderate che prevedevano l'abolizione del carcere duro per i mafiosi (il 41 bis), una riforma della giustizia all'americana con un sistema elettivo dei giudici, la nascita di un partito del Sud. Aperto dall'annotazione «Mancino-Rognoni» (allora ministri dell'Interno e della Difesa), il foglio sarebbe stato scritto prima del 19 luglio del '92, giorno dell'attentato a Borsellino. Le analisi della Polizia Scientifica hanno confermato che la grafia è quella di Ciancimino e che il post-it accluso in cui c'era scritto "consegnato spontaneamente al col. Mori" è stato prodotto tra il 1986 e il 1991.

Il terzo riscontro, tra i molti altri oggetti di una perizia di centinaia di pagine consegnata dalla Polizia Scientifica ai pm di Palermo, riguarda la lunga lettera firmata Vito Ciancimino e indirizzata all'«illustrissimo Presidente Dott. Fazio». All'allora governatore della Banca d'Italia, l'ex sindaco Dc di Palermo offriva la sua benedizione e la chiave di lettura per gli omicidi dell'eurodeputato andreottiano Salvo Lima, di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino.

Di quest'ultimo scriveva: «Dopo un primo scellerato tentativo di soluzione avanzato dal Colonnello Mori per bloccare questo attacco terroristico ad opera della mafia, ennesimo strumento nelle mani del regime, e di fatto interrotto con l'omicidio del Giudice Borsellino, sicuramente oppositore fermo di questo accordo...».

La firma in calce alla lettera, ha accertato la Polizia Scientifica, è proprio quella di Vito Ciancimino.