mercoledì 16 dicembre 2020

Vaccino Covid, via libera al piano: si parte a inizio gennaio.



La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al piano vaccini presentato dal Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e nei primi giorni di gennaio partirà la vaccinazione di massa. Secondo quanto si apprende, oggi stesso il Commissario invierà alle regioni una sorta di 'libretto delle istruzioni' per il vaccino ed entro la settimana tutte le indicazioni per la procedura di somministrazione.

Verranno consegnate il 90% delle richieste di dosi avanzata dalle Regioni e questo perché è stato stimato che non si vaccinerà il 100% del personale sanitario previsto.

La campagna di vaccinazione in Italia partirà con le prime 1.833.975 dosi di vaccino anti Covid 19 che verranno distribuite da Pfizer e inviate alle Regioni, annuncia l'ufficio del commissario Domenico Arcuri. Dopo il Vaccine Day europeo, prima della fine dell'anno, con vaccinazioni simboliche in diversi Paesi, "verrà avviata la prima sessione della vaccinazione di massa, destinata alle categorie che il Governo e il Parlamento hanno stabilito essere prioritarie -si legge in una nota -: operatori sanitari e sociosanitari, personale operante nei presidi ospedalieri, pubblici e privati, ospiti e personale delle residenze per anziani".

I primi italiani saranno vaccinati contro il Covid già subito dopo Natale e prima dell'inizio del 2021 se l'Ema nella riunione in programma il 21 dicembre darà il via libera al farmaco della Pfizer. E' questo, secondo quanto si apprende, l'ultimo timing emerso nel corso della riunione tra il governo e le Regioni che ha dato il via libera al piano dei vaccini e che domani sarà sottoposto formalmente alla Conferenza Stato-Regioni. Nelle prossime ore verrà definito il numero di persone alle quali somministrare il vaccino nel giorno simbolico, lo stesso in tutta Europa, sulla base delle quantità che Pfizer sarà in grado di consegnare. 

"Rispetto alle valutazioni che avevamo fatto, saremo pronti a partire con alcuni giorni di anticipo" con la somministrazione delle prime dosi di vaccino" ha confermato il ministro della Salute Roberto Speranza, sottolineando quindi l'importanza di "essere pronti con i piani regionali".

"La campagna vaccinale sarà una sfida che vinceremo tutti insieme". E' quanto avrebbe detto, secondo quanto si apprende, il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia. "Oggi diamo il via libera al piano di distribuzione e domani portiamo il documento condiviso in Conferenza Stato-Regioni in modo da renderlo subito operativo anche dal punto di vista formale - ha aggiunto -. Le Regioni hanno fatto insieme al commissario Arcuri un lavoro puntuale e molto rigoroso".

Servono misure da zona rossa per tutte le feste di Natale, almeno fino alla Befana. E' quanto avrebbe chiesto, secondo quanto si apprende, il presidente del Veneto Luca Zaia nel corso della riunione tra governo e Regioni; una posizione condivisa dal ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia e da quello della Salute Roberto Speranza e dai rappresentanti di Lazio, Friuli Venezia Giulia, Molise e Marche. "Nel periodo delle festività servono restrizioni massime, se non le fa il governo le facciamo noi - ha detto Zaia - Se non chiudiamo tutto adesso ci ritroveremo a gennaio a ripartire con un plateau troppo alto".

All'incontro, convocato dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, sono presenti il ministro della Salute Roberto Speranza, il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli.

(foto: Il rendering della campagna di vaccinazione presentato nel corso di una conferenza stampa dall'architetto Stefano Boeri)

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/16/covid-riunione-stato-regioni-sul-piano-vaccini_4ae72417-57ed-4cce-ad04-3adfdeeeec51.html

Maxioperazione anti-pedopornografia, arresti in tutta Italia.

 

Due italiani promuovevano e gestivano gruppi pedopornografici, organizzandone l'attività e reclutando nuovi sodali provenienti da ogni parte del mondo.

Una maxioperazione anti-pedopornografia è in corso in tutta Italia, con l'impiego di oltre 300 uomini della polizia Postale che stanno eseguendo perquisizioni e arresti, in flagranza, in 53 province e 18 regioni. Gli agenti, che hanno lavorato per diversi mesi sotto copertura su Telegram e WhatsApp, hanno smantellato 16 associazioni criminali ed identificato oltre 140 gruppi pedopornografici.

Sono 432 le persone coinvolte in tutto il mondo: 81 sono italiani.

Due italiani coinvolti dell'operazione promuovevano e gestivano gruppi pedopornografici, organizzandone l'attività e reclutando nuovi sodali provenienti da ogni parte del mondo. Quella della Postale di oggi è la più imponente operazione di Polizia degli ultimi anni contro la pedopornografia online.    "Sono coinvolti affermati professionisti, operai, studenti, consulenti universitari, pensionati, impiegati privati e pubblici, tra cui un vigile urbano". E' in questo variegato elenco la portata dell'operazione contro la pedopornografia online coordinata dalla procura di Milano e condotta dalla Polizia Postale di Milano e del Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online del Servizio Polizia Postale di Roma. "La più grande degli degli ultimi anni", sottolineano gli investigatori, che si sono avvalsi anche di agenti sotto copertura infiltrati per due anni nelle chat dei pedofili. Dei 159 gruppi individuati dagli investigatori della Postale, gli investigatori, diretti dai procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella, hanno individuato 432 utenti attivi su gruppi e canali Telegram e WhatsApp "finalizzati alla condivisione di foto e video pedopornografici ritraenti vere e proprie violenze sessuali su minori, a volte anche neonati". Sedici erano "delle vere e proprie associazioni per delinquere, al cui interno era possibile distinguere promotori, organizzatori e partecipi, con ruoli e compiti ben definiti". In ogni "stanza" c'erano regole ben precise per limitare dal massimo l'esposizione e il possibile tracciamento da parte delle forze dell'ordine. Appena c'era il sentore di un pericolo, l'utente veniva espulso dal gruppo. Il 35% degli 81 italiani indagati dalla Postale milanese si concentra tra Lombardia e Campania. Tra questi ci sono un 71enne napoletano di professione ottico e con collaborazioni universitarie, e un 20enne veneziano disoccupato. I due sono ritenuti i promotori e gestori dei gruppi, attraverso i quali reclutavano altri complici da ogni parte del mondo. Questo carattere di transnazionalità accomuna tutti i gruppi scoperti dagli agenti infiltrati. Sono infatti 351 gli utenti stranieri coinvolti nell'indagine, ognuno pedinato online fino all'individuazione. 

Sono 15 le persone arrestate in flagranza dalla polizia postale nell'ambito dell'operazione 'Luna Park' contro vere associazioni criminali composte da centinaia di persone che si scambiavano foto e video pedopornografici attraverso le chat istantanee come Telegram e WhatsApp. Dopo due anni di indagini condotte "sotto copertura" su internet, la Postale di Milano e del Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online del Servizio Polizia Postale di Roma, coordinati dai procuratori aggiunti Fusco e Mannella insieme con i sostituti Barilli e Tarzia della Procura distrettuale di Milano, hanno identificato 432 utenti che utilizzavano canali e chat per scambiarsi il materiale che ritraeva vere e proprie violenze sessuali su minori. Gli abusi, in particolare, riguardavano prevalentemente bambine e bambini in tenera età e, in alcuni casi, anche neonati. Dei 159 gruppi individuati, 16 erano delle vere e proprie associazioni per delinquere, al cui interno era possibile distinguere promotori, organizzatori e partecipi, con ruoli e compiti ben definiti. Tra i principali gestori e amministratori compaiono anche due italiani, un ottico 71enne napoletano con collaborazioni universitarie e un disoccupato 20enne veneziano. Coinvolti anche 351 stranieri, con arresti avvenuti anche in Europa e in tutto il mondo.

Oltre allo scambio di video e immagini di violenze su bambini, in alcuni casi i presunti pedofili individuati nel maxi blitz anti-pedopornografia, che ha fatto emergere una rete criminale in tutto il mondo, avrebbero offerto anche la possibilità di arrivare ad avere "contatti diretti" con minori vittime di abusi. Emerge dalle indagini della polizia postale, coordinate dagli aggiunti Letizia Mannella e Eugenio Fusco e dai pm Barilli e Tarzia. Durante il lockdown e la pandemia, ha spiegato Mannella, i bambini "sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti" e c'è stato un "aumento dei reati di pedopornografia". Dalle indagini è venuto a galla che in alcuni occasioni, nel corso degli scambi delle immagini sugli abusi, sulle chat individuate si parlava pure della possibilità di avere contatti diretti con i minori vittime delle violenze sessuali. Inquirenti e investigatori, nell'inchiesta con al centro il reato di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico che ha portato a 15 arresti in flagranza a seguito dell'esecuzione di decreti di sequestri e perquisizioni, stanno approfondendo proprio i filoni relativi agli abusi filmati e poi fatti girare sui gruppi della rete criminale. E sono in contatto con le autorità di diversi Paesi, anche perché l'indagine sarebbe partita da una segnalazione arrivata dagli Usa. Il procuratore aggiunto Mannella ha voluto sottolineare come in questo periodo di emergenza sanitaria legata al Covid e in particolare durante i lockdown i bambini si ritrovano davanti ai pc "e sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti".

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/12/16/maxioperazione-anti-pedopornografia-arresti-in-tutta-italia_ee078a96-b341-472d-b7c6-6c1ca9b23b89.html

Soldi&Lega, pagano anche i nominati di Enel e Rai. - Stefano Vergine (3^puntata)

 

Sistema 15%. Versava pure chi lavorava in grandi gruppi. I magistrati del caso Lfc: “Valutiamo”.

Il “Sistema del 15%” si applica su tutto, dalla nomina nel consiglio d’amministrazione del Museo militare di Turate, novemila abitanti in provincia di Como, fino ai cda di Eni ed Enel, di Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi di Siena, di Terna e Fondazione Cariplo. Nei giorni scorsi abbiamo raccontato come la lottizzazione della sanità da vent’anni significa assegnare posti in cambio di donazioni. Versamenti da 6-7 mila euro all’anno, che i più svariati direttori delle Asl lombarde hanno fatto affluire, anno dopo anno, nelle casse della Lega. La quale li ha poi premiati, nominandoli in posti sempre più importanti all’interno della sanità pubblica. Notizie di interesse per la Procura di Milano, che ha diverse inchieste in corso su uomini del partito di Matteo Salvini. Il documento inedito che pubblichiamo qui a fianco, racconta invece che cosa è successo a un livello molto più grande: quello delle società private, delle grandi multinazionali italiane, gruppi che competono a livello globale con altri giganti. La lista – un file di contabilità interna, compilato una decina di anni fa dalla segreteria di via Bellerio – raccoglie i nomi di tutti i manager piazzati in quel momento nei posti di vertice delle principali aziende private italiane. Manager che ufficialmente non avevano nulla a che fare con la Lega: commercialisti, avvocati, professionisti vari. Tutte persone che, in realtà, avevano il dovere di versare il 15% del loro compenso al partito. “Dovere morale”, l’ha definito sapientemente la Lega Nord in una delibera del consiglio federale del 2001, ancora in vigore. Dovere di fatto, secondo una ex segretaria del partito, secondo la quale nella pratica la regola sarebbe invece stata questa: “Dai il contributo, altrimenti la prossima volta non vieni più nominato”.

La nuova lista, di certo, mostra quanto è capillare il “sistema del 15%”. Pagare per una nomina in un consiglio d’amministrazione o in un collegio di revisione contabile sembrerebbe una regola trasversale. Come abbiamo anticipato sul Fatto ieri, nell’elenco ci sono i consiglieri d’amministrazione di due dei più grandi gruppi italiani: Paolo Marchioni, per sei anni nel board di Eni, presente tra i donatori del partito, e Marcello Sala, per una vita nel cda di Intesa Sanpaolo, fino a diventarne vicepresidente, che negli anni degli incarichi in banca ha donato almeno 51 mila euro alla Lega.

Da Eni a Terna ed Enel. Nell’elenco completo che pubblichiamo oggi (dopo aver analizzato gli altri nomi presenti) c’è tutto il resto dell’economia italiana. Ci sono professionisti come Marco Folicaldi, commercialista con un curriculum pieno di incarichi nei collegi sindacali di comuni della provincia milanese e di parecchie società private. Tra cui Avisio Energia, all’epoca controllata di Enel. Alcuni documenti contabili del partito dicono che Folicaldi avrebbe versato il suo obolo alla Lega nel 2010, nel 2012 e nel 2014, per un totale di 3 mila euro. Sempre nel settore energia la Lega aveva piazzato all’epoca il professor Piero Maranesi, già ordinario di Elettronica all’Università di Milano e associato di Elettrica nucleare al Politecnico: la lista di via Bellerio lo colloca sotto Terna, il monopolista della trasmissione di elettricità in Italia. E, in effetti, i rendiconti finanziari compresi tra il 2011 e il 2013 dicono che Maranesi, nominato in seguito anche nei board di Enea ed Rse, il suo contributo alla causa (allora padana, oggi nazionalista) si è sentito tenuto a darlo: 2mila euro in tutto, non molto.

Mamma rai. Sono stati invece più generosi come donatori i lottizzati in quota Lega della Rai, ufficialmente super partes. Sapere con certezza quanto abbiano versato tutte le persone elencate qui a fianco è impossibile: fino al 2014, non essendone obbligata, la Lega non pubblicava infatti gli elenchi dei suoi finanziatori.

Un rendiconto finanziario interno aiuta però a farsi un’idea di come funzionava. Elenca tutte le entrate registrate tra il 2004 e il 2014 su uno dei conti correnti della Lega Nord, uno solo dei tanti. È una goccia nel mare, ma racconta ad esempio chi pagava in Rai. Giovanna Bianchi Clerici, componente del cda dell’azienda dal 2005 al 2012, avrebbe versato soldi al partito: un bonifico una tantum da 9.420 euro, eseguito nel 2006. Massimo Ferrario, che dieci anni fa era il direttore della produzione della Rai a Milano, mentre oggi è il responsabile della sede regionale della Liguria, avrebbe regalato 10 mila euro al Carroccio nel 2004, mentre si sarebbe limitato a un versamento da 2 mila euro nel 2014 Antonio Marano, che però oltre che dirigente apicale della Rai è stato anche un deputato della Lega.

Banche. Con il partito non hanno invece in teoria alcun contatto alcuni professionisti del mondo bancario, i cui nomi però si trovano sia nell’elenco interno dei “nominati in quota Lega” che in quello dei suoi finanziatori. Come Marco Dell’Acqua, commercialista di Sondrio, Cavaliere della Repubblica.

Per sei anni è stato nel consiglio d’amministrazione della Fondazione Cariplo, azionista di peso di Intesa Sanpaolo. Oggi è nel collegio sindacale di Fideuram, la finanziaria del gruppo. I pochi dati contabili a nostra disposizione dicono che Dell’Acqua è un donatore storico della Lega: dal 2006 al 2014 avrebbe bonificato al partito almeno 22 mila euro, sul conto corrente che abbiamo potuto analizzare. Tanti o pochi, dipende in teoria sempre dalla paga ottenuta dalla nomina, perché l’unica cifra fissa è la percentuale: 15%.

Il che si traduce anche in piccole donazioni, quelle necessarie per ottenere gettoni di presenza nei collegi sindacali dei più noti istituti di credito italiano. Come i 500 euro annuali di Felice Tavola, uno dei più noti commercialisti di Lecco, “piazzato” dieci anni fa tra i revisori contabili di una controllata di Intesa Sanpaolo, della municipalizzata Aem Energia e anche di Mps Finance, oggi ribattezzata MPS Capital Services, il braccio finanziario del gruppo Monte dei Paschi di Siena. Una conquista in terra rossa per la Lega. Uno delle tante aziende italiane private finite sotto lottizzazione. Un meccanismo grazie al quale il Carroccio – come dicono tutti i documenti pubblicati finora – da vent’anni ottiene un mare di finanziamenti.

3 – Continua

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/16/soldilega-pagano-anche-i-nominati-di-enel-e-rai/6038252/

La Vispa Teresa. - Marco Travaglio

 

Lo spettacolo d’arte varia chiamato prima “rimpasto”, poi “verifica” e domani forse “crisi di governo” si arricchisce di un nuovo numero d’alta scuola: l’incontro fra Conte e il nulla cosmico detto ossimoricamente Italia Viva è rinviato a data da destinarsi perché la cosiddetta ministra Bellanova ha scoperto con sua grande sorpresa di essere a Bruxelles, per la gioia delle restanti capitali europee. Un impegno talmente inderogabile, per le sue braccia rubate all’agricoltura, da far slittare sine die l’incontro a Palazzo Chigi dell’intera delegazione di Iv, dove com’è noto decide tutto la Bellanova. L’Ansa parla di un imprescindibile vertice Ue su “un tema strategico per i prodotti alimentari italiani: la questione dei semafori” e delle etichettature. La versione 2.0 dei “legittimi impedimenti” di B. per scappare dai tribunali. Infatti il 4 dicembre la stessa Bellanova annunciava che “l’Italia non proseguirà nel negoziato europeo per un testo sulle etichettature alimentari” perché “le trattative a Bruxelles non sono state ispirate a un approccio neutrale e hanno confermato l’impossibilità di un’intesa”.

Insomma, un’inutile passerella. Infatti la Vispa Teresa ha parlato 5 minuti e ora dovrà tornare a piedi per giustificare il rinvio di due giorni della verifica. Utilissimo per non dover spiegare che diavolo vogliono quelli di Iv, ora che persino il Pd ha capito di non potersi fidare di loro, Salvini (che incredibilmente si fidava) è stato stoppato dalla Meloni e tutte le scuse inventate per le minacce di crisi si sono rivelate false. Falso che il governo non sia mai stato consultato sul Recovery Plan: 16 incontri al ministero su governance e ripartizione dei fondi. Falso che la task force sia nata nottetempo in uno stanzino dalle menti malate di Conte e Casalino per aggirare governo e Parlamento: l’ha chiesta l’Ue e ne avrà una ogni Paese (l’ha confermato Sassoli), non progetterà né attuerà le opere ma ne monitorerà l’esecuzione (affidata a ministeri, regioni e comuni, su progetti del governo approvati dal Parlamento). Ora l’Innominabile vuole un “salto di qualità del governo” e, siccome nessuno sa cosa sia, annuncia “un documento scritto” per la sua “battaglia per le idee, non per le poltrone”, tant’è che le ministre Bellanova e Bonetti “sono pronte a dimettersi”. Ogni sua minaccia è una speranza. Come quando provò a spaventarci col ritiro suo e della Boschi in caso di No al referendum. Anziché sprofondare nello sconforto, gli italiani corsero in massa a votare No sperando che fosse di parola. Ora gli inconsolabili per la dipartita di Bellanova&Bonetti si contano sulle dita di quattro mani: quelle della Bellanova e della Bonetti. Tutti gli altri sanno bene che la minaccia è troppo bella per essere vera.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/16/la-vispa-teresa/6038227/

Farsa Italia Viva. Renzi scappa dalla verifica e tratta ancora con Salvini. - Wanda Marra e Giacomo Salvini

 

L’ex premier non sa che fare.

I tavoli da poker si moltiplicano. Quella di ieri è la giornata in cui Matteo Renzi alza la posta e tutti gli altri tengono le carte coperte, aspettando di vedere se si tratta dell’ennesimo bluff. Sono le 9.37 di mattina quando Italia Viva fa sapere di aver chiesto a Giuseppe Conte di spostare l’incontro previsto per le 13, perché la ministra Teresa Bellanova ha un impegno a Bruxelles. Possibile che il leader di Iv non sapesse dell’incontro fondamentale di ieri? Quello che è accaduto davvero è che l’ex premier – dopo la prima giornata di verifica a Palazzo Chigi – si è sentito “mollato” da chi credeva amico nel M5S e soprattutto dal Pd. Dopo giorni in cui l’avevano mandato avanti, infatti, Nicola Zingaretti (e Goffredo Bettini) gli hanno dato l’altolà. E quando hanno visto che non si fermava hanno fatto un vistoso dietrofront. Lui però non ci può stare: si è esposto troppo. Così prende tempo. Da una parte corteggia il centrodestra, dall’altra mette pressione al Pd facendogli balenare l’ipotesi di avere una maggioranza alternativa. Dove porterà la sua doppia e tripla strategia, difficile saperlo.

“In genere le persone quando si guardano allo specchio la mattina sanno cosa faranno, Matteo improvvisa”, commenta un amico. Come dire che l’ex premier non ha affatto chiaro come uscire da questa situazione. Mentre in Senato girano simulazioni che danno zero seggi al suo partito in caso di ritorno al voto con il Rosatellum.

Va detto che però anche in casa Pd continuano a tenere il piede in due staffe. “Conte ha aperto la verifica, ma non sa come chiuderla”, i commenti. Tradotto: non è che il premier può pensare di continuare così. Graziano Delrio, capogruppo alla Camera, glielo ha detto chiaro e tondo: “Se i Cinquestelle insistono sul super bonus nel 2023 salta tutto. Perché ci vogliono 9 miliardi che non ci sono”. Loro insistono. E il Pd si trova nella solita situazione scomoda di dover chiarire che non può seguire le istanze identitarie dei colleghi di maggioranza, per cui è “o questo, o niente”. A sera Renzi prova a giocare su questa difficoltà: “Non ci penso proprio a far cadere il governo” dice, con una rassicurazione che non rassicura. “La palla ora tocca al premier. La prima condizione è sul Mes”. Intanto, si tratta sul Recovery Plan e sulla struttura di governance. Renzi si è detto pronto a presentare un documento al premier. Conte sul punto media: il piano “sarà affidato a un procedimento che ci consentirà di parlamentarizzarlo, con aggiornamento step by step e approvazione finale dal Parlamento”. Di più: ci sarà “un’interlocuzione con tutte le parti sociali”. Basterà? E Conte garantirà all’ex premier la sua parte sulle nomine di primavera? “Cede su tutto”, azzarda Renzi con i suoi.

Ma nel frattempo continua a tenersi aperto il tavolo con il centrodestra. Nel fine settimana ha proseguito con la strategia di tastare il terreno dell’opposizione “responsabile” ed “europeista” (quindi FI e la parte pragmatica della Lega che fa riferimento a Giancarlo Giorgetti). L’idea fatta trapelare, direttamente o tramite i suoi ambasciatori, a Gianni Letta e Salvini sarebbe quella di un governo di unità nazionale sostenuto anche da FI e magari con l’appoggio esterno della Lega che così non dovrebbe “sporcarsi le mani” con l’alleata riottosa Giorgia Meloni che da giorni sta provando a stoppare le fughe in avanti del leghista. Nella e-news di ieri Renzi ha elogiato l’intervento di Mario Draghi sulla gestione del Recovery. Non è un mistero che all’ala di Giorgetti Draghi piaccia molto. Di fronte alle avance renziane – nel centrodestra si racconta di pesanti sfoghi di Ettore Rosato e Maria Elena Boschi contro Conte ché “non lo sopportiamo più” – la strategia di Salvini e Berlusconi è attendista, con timide aperture.

Ha deciso, B. di indossare la maglia dell’osservatore responsabile imponendo ai suoi parlamentari di non fare uscite improvvide sulla crisi per lasciarsi mani libere in caso di larghe intese, possibilità che piacerebbe molto ad Arcore. Salvini, invece, pur dicendo ufficialmente di non fidarsi di Renzi, continua ad ammiccare all’altro Matteo. Se dovesse cadere Conte, ha detto ieri, si potrebbe formare “un governo di centrodestra con 20 persone di buona volontà”. Peccato che la coalizione di centrodestra al momento non avrebbe i numeri in Parlamento, senza un aiutino degli ex grillini e dei renziani. E così, anche lui, un giorno fa un passo verso i “delusi” da Conte, e l’altro verso Meloni. Qualcuno sostiene che questo sia il segnale che non sarebbe ostile a un governo tecnico, altri fanno notare che dietro gli ammiccamenti a Renzi ci sarebbe la voglia di vendetta dopo la mossa del senatore di Scandicci dell’estate 2019 di sostenere il governo giallorosa. Occhi puntati sull’appuntamento di domani mattina alle 9, quando la delegazione di Iv entrerà a Palazzo Chigi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/16/farsa-italia-viva-renzi-scappa-dalla-verifica-e-tratta-ancora-con-salvini/6038230/