giovedì 17 settembre 2020

Colleferro. Orologi d’oro, ville, vacanze e auto di lusso: ma i fratelli Bianchi (e il padre) percepivano il reddito di cittadinanza. - Vincenzo Bisbiglia

 


È quanto risulta dagli accertamenti fiscali e patrimoniali portati avanti dagli inquirenti, parallelamente all’inchiesta sulla morte del giovane di Paliano. I quattro ragazzi e gran parte dei componenti delle loro famiglie risultano nullatenenti, o quasi. Come loro, anche Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, gli altri due accusati dell’omicidio volontario di Willy Monteiro Duarte.

La villa di famiglia svetta in cima alla collina di Colubro, la frazione di Artena da dove partivano le scorribande dei fratelli Bianchi. Anche Marco e Gabriele, i presunti assassini di Willy Monteiro Duarte – il ragazzo pestato e ucciso la notte fra il 5 e il 6 settembre a Colleferro, in provincia di Roma – percepivano il reddito di cittadinanza. Così come il padre. E così anche come Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, gli altri due giovani, rispettivamente in carcere e ai domiciliari, accusati dell’omicidio volontario del 21enne. È quanto risulta dagli accertamenti fiscali e patrimoniali portati avanti dagli inquirenti, parallelamente all’inchiesta sulla morte del giovane di Paliano. I quattro ragazzi e gran parte dei componenti delle loro famiglie risultano nullatenenti, o quasi. Gabriele Bianchi aveva da poco aperto una frutteria a Cori con l’aiuto del suocero, il coordinatore locale di Forza Italia, Salvatore Ladaga. Alessandro Bianchi, il maggiore dei fratelli – non coinvolto nella vicenda – aveva un ristorante inaugurato da pochi giorni che non ha più riaperto. Bianchi senior faceva piccoli lavori da fabbro. Mestieri umili che non giustificano gli stili di vita: villeautomobili costosevestiti firmatiorologi d’oro e vacanze in località notoriamente esclusive.

Come si guadagnavano allora da vivere (e non solo)? “I fratelli Bianchi lavorano su commissione, chi ha un credito e non riesce a farsi restituire i soldi manda loro dal debitore. Arrivano, picchiano e tornano con i soldi”, è la tesi degli inquirenti che gli avvocati stanno cercando in tutti i modi di smentire, tirando addirittura in ballo il caso Tortora. Dal racconto di chi indaga, in particolare “i gemelli” lavorano come emissari dei pusher di zona: quando gli “acquirenti” iniziano a indebitarsi, gli spacciatori chiamano loro, i “picchiatori”, che intervengono per “suonarle” a chi si è attardato troppo. “In molti nemmeno denunciano, non gli conviene”, ripetono, quasi rassegnati.

E c’è anche un giro, fisso. Di solito la loro serata inizia a cena ad Artena, al Nai Bistrot di Alessandro Bianchi, il fratello maggiore, chef “di livello” che ha dato il via all’attività di famiglia poche settimane fa. Poi parte il tour dei paesi. Colleferro è la prima tappa, fissa. In piazza Italia, davanti alla caserma. Poi si va a Lariano, comune dei Castelli attaccato alla frazione di Colubro, dove la famiglia Bianchi vive. Quindi Giulianello, sede delle Macellerie Sociali, il cui titolare Marcello ha pubblicato sui social un racconto eloquente delle prepotenze perpetrate dai “gemelli”. Infine Cori, in provincia di Latina inoltrata.

Il caso è arrivato in Parlamento. Ce lo ha portato il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, che ha presentato un’interrogazione al Governo: “È vero che i quattro accusati percepivano il reddito di cittadinanza? Se sì, come mai le indagini patrimoniali sono state effettuate solo a seguito dell’omicidio di Colleferro, quando invece era noto a tutti lo stile di vita alquanto sopra le righe che i quattro conducevano?”. E ancora: “Che il reddito di cittadinanza sia stato nei mesi erogato a delinquenti, spacciatori, contrabbandieri ed ex terroristi era cosa già acclarata, ma il caso dei quattro arrestati per l’assassinio di Willy dimostra come questa marchetta di Stato non preveda alcun controllo”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/17/colleferro-orologi-doro-ville-vacanze-e-auto-di-lusso-ma-i-fratelli-bianchi-e-il-padre-percepivano-il-reddito-di-cittadinanza/5934482/

Minzione di sfiducia. - Marco Travaglio


L’altra sera, a Otto e mezzo, Alessandro Sallusti ne ha detta una giusta: “Ci mancherebbe altro che il governo non riuscisse a riaprire le scuole!”. Già, ma fino al giorno prima l’intera stampa e tutti gli iscritti al partito dominante – il Partito Preso – dicevano che le scuole non avrebbero riaperto e, se qualcuna si fosse azzardata a farlo, si sarebbe presentata agli studenti senza aule, né sedie né banchi né cattedre né insegnanti né bidelli né mascherine né lavagne né gessetti né cessi né niente. Questo continuo annunciare catastrofi e apocalissi che poi non si verificano mai è uno dei motivi per cui la gente non si fida più dei giornali. 

Il Reddito di cittadinanza non si farà mai! Fatto. Il blocco della prescrizione non passerà mai! Passato. Non oseranno mai cacciare i Benetton da Autostrade! Cacciati. Il governo M5S-Pd è impossibile! Infatti. Conte non eviterà mai la procedura d’infrazione! Evitata due volte. Gli Eurobond non passeranno mai! Passati. Conte non avrà mai 173 miliardi di Recovery Fund! Ne ha ottenuti 209. Tutti prenderanno il Mes e Conte e M5S caleranno le brache! In Europa non lo vuole e non ne parla nessuno, a parte Cipro e i nostri giornaloni. Non riusciremo mai a far abolire i trattati di Dublino sui migrantii! Ieri Von der Leyen ne ha annunciato l’abolizione. Conte cade! Oggi no, domani vedremo. Così le scuole: fino al giorno prima di riaprire, non dovevano riaprire.

“I sindacati alla Azzolina: ‘La scuola non riaprirà’” (Giornale, 18.7).

“Salta il banco. Disastro Arcuri-Azzolina. Caos scuola su tavoli e sedie. Rivolta delle aziende contro l’assurdità del bando: ‘Ci vogliono 5 anni per 3,7 milioni di banchi’” (Giornale, 23.7).

“I presidi denunciano i ritardi del ministero: così non riusciamo a ripartire. Assufficio e Assodidattica: ‘Qualcuno si pone il problema se la gara dei banchi andrà deserta?’” (Repubblica, 24.7).

“‘La gara andrà deserta’. Il pasticcio di Arcuri e Azzolina sui banchi” (Luciano Capone, Foglio, 24.7).

“Scuola, rischio caos per settembre. I produttori: impossibile fornire 3 milioni di banchi. Assufficio: le condizioni di gara non sono accettabili. I produttori potrebbero disertare il bando” (Sole 24 Ore, 28.7).

“Azzolina-Arcuri, 2 incapaci coperti da Conte. Il bando andrà deserto, è scritto coi piedi” (Mario Giordano, Verità, 29.7).

“Arcuri fa cagate di bandi” (Nicola Porro, 30.7).

“Sui banchi anche la Scavolini scarica Arcuri. Se non saranno gli stranieri né i colossi italiani, chi salverà la scuola? Un altro bluff, ma di breve durata. Le aziende non si sono fatte avanti, né i colossi italiani ne quelle straniere” (Capone, Foglio, 31.7).

Poi al bando partecipano 14 aziende italiane e straniere e lo vincono in 11 per consegnare 2,4 milioni di banchi entro ottobre. Ma subito si ricomincia.

“La resa del governo sulla scuola: lezioni da casa. In sei mesi non è cambiato nulla” (Libero, 1.9).

“La scuola riapre con le classi a turno. Studenti obbligati a rimanere a casa” (Verità, 3.9).

“Coperte solo 3 cattedre su 10” (Messaggero, 4.9).

“Scuole in alto mare: ‘Rinviamo l’apertura’” (Repubblica-Roma, 5.9).

“Scuola, ultimi in Europa. Linee guida oscure e diffuse all’ultimo momento. Nessun collegamento coi servizi territoriali. E il record di chiusura. Il confronto con l’Ue è impietoso” (Espresso, 6.9).

“Scuole al via senza banchi. E manca un docente su 4” (Messaggero, 7.9).

“Banchi in ritardo, l’ansia del Quirinale” (Corriere della Sera, 7.9).

“Scuola, caos a una settimana dal via” (Messaggero-Roma, 8.9).

“Colle pronto a bocciare Giuseppi sulla scuola. Mattarella è stufo di lui” (Maurizio Belpietro, Verità, 8.9).

“La scuola riparte solo a metà” (Repubblica, 9.9).

“Scuola, le spinte per il rinvio. Molti presidi chiedono di ritardare l’avvio delle lezioni” (Corriere della Sera, 9.9).

“In aula un giorno a settimana o turni di 3 ore: è una giungla” (Messaggero, 9.9).

“Senza banchi né prof: ‘Costretti ad aprire, ma non siamo pronti’” (Repubblica-Roma, 10.9).

“I presidi si ribellano: ‘Così è impossibile partire’” (Stampa, 10.9).

“La campanella della scuola si prepara a suonare a morto” (Libero, 10.9).

“Conte: al via il 14. Ma i presidi si ribellano” (Stampa, 10.9).

“Conte: scuole al via. Presidi in trincea: il 14 è impossibile” (Messaggero, 10.9).

“Lezioni da casa per tutto l’anno” (Messaggero, 11.9).

“Scuola al via, mascherine già un miraggio” (Stampa, 11.9).

“Scuola senza aule, banchi e mascherine” (Verità, 11.9).

“Una scuola su 4 è a rischio chiusura” (Giornale, 12.9).

“Promesse mancate. Il tempo perso che rende pericoloso tornare in aula” (Luca Ricolfi, Messaggero, 12.9).

“Per tornare in classe ci rimane il Padreterno. Manca tutto, resta solo la fede” (Libero, 13.9).

Poi la scuola riapre, all’italiana ma molto meno peggio delle attese, e subito sparisce dai radar dei giornali. Che già preparano la prossima bufala. Ci vorrebbe una mozione di sfiducia, se non ci avessero già pensato i lettori.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/17/minzione-di-sfiducia/5934284/

Contro i dirottatori del referendum. - Salvatore Settis


Un decalogo - Attenti ai “benaltristi”, alle prediche interessate e ai falsi argomenti: conviene scegliere tra  e NO rimanendo al merito, senza agitare l’apocalisse . E soprattutto, a votare è meglio andarci.

Caro Salvatore, il tuo articolo sul Fatto del 2 settembre mi aveva convinto a votare ‘Sì’ al referendum, ma mi ha anche spinto a leggere tanti altri interventi, per il ‘Sì’ e per il ‘No’. E dopo aver letto tante voci discordanti sono di nuovo perplessa e confusa: ci sono tanti argomenti per tutte le due posizioni, e la discussione è tortuosa e difficile da seguire con tanti risvolti. Non sarà meglio tenersene alla larga, e non andare a votare?

Marianna
Cara Marianna, ti do ragione due volte, ma non tre. Hai ragione quando dici che sul referendum ci sono argomenti tanto per il SÌ quanto per il NO; e hai ragione quando dici che la discussione in merito è spesso tortuosa e confusa.
Ma hai torto se credi che con queste premesse è impossibile scegliere, ed è meglio astenersi. Non votare in un referendum senza quorum come questo vuol dire ‘votare’ per chi vincerà, chiunque sia e quali che siano i suoi argomenti. Vuol dire arrendersi, dichiarare forfait per timore di non capire. Prima di prendere questa strada, prova a ragionare a fondo sui perché del SÌ e del NO. Io provo intanto a proporti qualche criterio per orientarsi nella selva delle argomentazioni, quelle buone e quelle speciose.
Primo criterio. La Costituzione è per sempre. Perciò nei referendum costituzionali valgono solo gli argomenti sul merito della riforma proposta su un punto molto specifico, e nessun altro. Per esempio, la riforma Renzi-Boschi meritava di essere liquidata da un sonoro NO non perché a volerlo fare era quel governo, ma perché pretendeva di cambiare in un colpo 47 articoli della Carta. Nel referendum del 20 settembre la domanda da farsi è una sola: ridurre il numero dei parlamentari è positivo per il funzionamento della nostra democrazia? O è negativo? O indifferente?
Secondo. Meglio non arrendersi alla tribù dei Benaltristi: quelli che davanti a qualsiasi problema, perfino un referendum costituzionale, proclamano: “ci vorrebbe ben altro”. Chi dice che questa riforma non ridurrà le ingiustizie sociali, non cancellerà la disoccupazione né migliorerà sanità e ricerca, scuola e tutela del paesaggio dice il vero, ma usa un argomento che col referendum non c’entra nulla. Controprova: e se vince il NO, quale di questi problemi si risolve d’incanto?.
Terzo. Bisogna insospettirsi davanti a ogni tentativo di dirottamento. Per esempio, se ti dicono: ma se voti SÌ sarai in cattiva compagnia, perché così votano X, Y, Z, ricordati che pochi anni fa la riforma Renzi-Boschi fu bocciata non per la travolgente, isolata forza di una sinistra rivoluzionaria, ma perché votarono NO anche la Lega e Forza Italia. Era una pessima compagnia, ma in un referendum costituzionale deve contare, per te come per ciascun elettore, il merito della decisione da prendersi, e non chi, per ragioni tattiche non sempre impeccabili, ha finito per votare come te.
Quarto. A chi ti dice che più sono i parlamentari e più sono rappresentati i territori, le minoranze o i micropartiti, prova a obiettare: e perché allora non proponete di accrescere il numero dei parlamentari, per rendere il Parlamento ancor più rappresentativo? E come mai non avete protestato quando la Camera approvò questa riforma con oltre il 90% di maggioranza? Perché mai avete aspettato il referendum per esprimere il vostro dissenso? E quale sarebbe secondo voi il numero ideale perché la rappresentanza funzioni al meglio? Il numero odierno di senatori e deputati, a cui si è giunti combinando quanto disposto dalla Costituente con leggi successive, è la pura e insindacabile perfezione? E perché?
Quinto. Se ti dicono “la Costituzione non si tocca !”, rispondi: è proprio vero, e dunque non si tocca nemmeno l’articolo 138, dove si prescrive che la Costituzione può essere modificata, e si spiega come e con quale procedura. Settantacinque anni di Repubblica hanno mostrato che le riforme puntuali, di uno o due o tre articoli, “passano”, anche quando non sono un granché (come quella dell’art. 81 sul pareggio di bilancio), mentre i tentativi di stravolgere la Carta modificandone in un sol colpo 40 o 50 articoli vengono respinti dai cittadini. Lo hanno imparato a proprie spese Berlusconi e Renzi.
Sesto. Chiediti sempre da che pulpito viene la predica. Non è necessario ricordare tutto di tutti, ma molto si può controllare. C’è chi oggi vota NO perché la riduzione dei parlamentari è populista, antiparlamentarista etc.: verifica in Rete, e se trovi che la stessa persona ha sostenuto il contrario due, tre, cinque anni fa saprai in un fiat che non ha ragionato sul merito, ma sulla convenienza del momento.
Settimo. È vero, questa riduzione del numero di parlamentari richiede altre riforme complementari (regolamenti delle Camere, legge elettorale, riduzione della rappresentanza regionale nel corpo elettorale del Capo dello Stato): tutte in ritardo, nessuna approvabile prima del referendum. Segno che anche i fautori del SÌ hanno perso più d’un treno, e hanno badato al merito e alla sostanza meno di quel che avrebbero dovuto. Ma basta per votare NO? Non sarebbe meglio, una volta passata la riforma, stargli col fiato sul collo perché anche le norme “di contorno” vengano approvate?
Ottavo. Ti diranno che il taglio dei parlamentari è una valvola di sfogo della rabbia sociale diretta contro la “Casta”, e che le pittoresche manifestazioni per il SÌ a suon di forbici sono grottesche. Lo penso anch’io. Ma non dobbiamo scambiare questi falsi argomenti dei fautori del Sì come potenti argomenti in favore del NO. Gli uni e gli altri eludono la sola sostanza: quali sono le conseguenze della riduzione del numero dei parlamentari?
Nono. Non esiste un “numero ideale” dei parlamentari, che garantisca la miglior rappresentanza possibile. Di solito i Parlamenti dei Paesi più piccoli sono più affollati (67 deputati per meno di 500.000 cittadini a Malta), e hanno meno membri nei Paesi più grandi (i 330 milioni di cittadini Usa sono rappresentati da 435 deputati e 200 senatori). Stando alle proporzioni di Malta, l’Italia dovrebbe avere 8.040 parlamentari; se volessimo seguire l’esempio americano, ci toccherebbero 80 deputati e 36 senatori. La rappresentatività non si misura sul numero complessivo, ma sui meccanismi elettorali e sull’effettivo radicamento degli eletti nei territori di provenienza.
Ultimo. Comunque deciderai di votare, non cedere mai alla tentazione di coprire di insulti chi non la pensa come te, o di minacciare l’apocalisse se non vince chi la pensa come te. Rileva, quando è il caso, la debolezza di questo o quell’argomento, l’incoerenza delle posizioni, gli errori di fatto di certe affermazioni. Contrapponi i tuoi argomenti, se parli con qualcuno che ha voglia di ascoltare. E va’ a votare, serenamente rimettendoti a quella che sarà la volontà popolare.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/17/contro-i-dirottatori-del-referendum/5934321/