lunedì 7 gennaio 2013

A chi giova il silenzio stampa sui rapimenti: il caso delle 2 ragazze spagnole prigioniere. - Massimo A. Alberizzi



Subito dopo la pubblicazione sul Corriere della Sera del 4 gennaio dell’articolo sulle due spagnole da 450 giorni nelle mani di una banda di criminali somali, Medici Senza Frontiere ha chiesto di togliere dal sito di Africa Express del Corriere.it la fotografia che ritrae Blanca Thiebaut e Montserrat Serra prigioniere dei loro aguzzini, “perché complica gli sforzi tesi a garantire il rilascio” delle due donne. Ho accettato a un patto: che fosse spiegato quali fossero queste complicazioni, che a me non risultano affatto chiare. Le righe scritte da MSF e pubblicate da Africa Express a commento del pezzo (e che riporto qua sotto), non spiegano ancora quali siano queste ragioni. Ho tolto la foto, ma nello stesso tempo vorrei spiegare ai lettori quali sono le logiche per cui, quando ci sono notizie, intendo informare anche sui rapiti, sui rapitori e sui rapimenti. Innanzitutto è bene chiarire che si sta parlando di persone sequestrate da organizzazioni criminali e non da gruppi politici, per i quali l’ottica cambia.
Le autorità (tutte, ministeri e forze dell’ordine) chiedono sempre di tenere lo stretto riserbo su queste questioni. Ma nessuno finora ha risposto dettagliatamente alla domanda: a cosa serve il riserbo? Secondo me solo a far sì che l’opinione pubblica e le famiglie degli ostaggi non si indignino e rimangano quiete, calme e anche un po’ rassegnate. “I tempi sono lunghi”, continuano a ripetere coloro che sostengono di avere in mano le redini del negoziato. Ma i tempi si allungano solo perché si aprono trattative sull’ammontare del denaro da pagare in cambio della liberazione. Ai sequestratori che chiedono 1000 viene offerto 100, oppure cose del tipo “non paghiamo, ma vi offriamo un lavoro”.
Come si usa fare nei suk, il negoziato comincia il suo iter, fatto di ammiccamenti, di silenzi, di rottura dei rapporti e anche di affermazioni piuttosto “singolari” (e lanciate per ingannare!) del tipo: “Tenetevi gli ostaggi, non ci importa nulla”. I tempi lunghi – è bene chiarirlo con grande trasparenza – comportano sofferenze per gli ostaggi. Cosa accadrebbe, invece, se quando arriva la richiesta di riscatto si pagasse subito? La prigionia degli ostaggi durerebbe pochi giorni, se non addirittura poche ore. C’è poi chi sostiene aprioristicamente, come MSF, che non si debbano pagare riscatti: “E infatti noi non li paghiamo – ripetono i suoi dirigenti – altrimenti scatta da parte di altri potenziali sequestratori la smania di emulazione”. Una posizione legittima sicuramente, come tutte le altre, ma alquanto curiosa. I potenziali imitatori, infatti, non diventano tali perché leggono il Corriere della Sera. In Somalia – e non solo – tutti sono informati sui rapimenti, conoscono i rapitori e sanno quanto hanno incassato dai riscatti.
Di certo le fonti degli epigoni non sono gli organi di informazione e i loro siti web e comunque questa gente non adegua i loro comportamenti a quanto scrivono i giornali sulla carta e su internet. In questa sede non voglio dare giudizi di merito, sia meglio pagare o sia meglio non pagare. Entrambe le posizioni sono legittime, ma devono essere chiare e trasparenti. E’ bene che le famiglie dei rapiti – nonché quelle di chi parte verso zone del mondo dove si rischia di essere sequestrati – conoscano i pericoli che si corrono e sappiano che l’organizzazione per la quale si va a lavorare non intende pagare un eventuale riscatto. Ma non solo. Occorre che questo tipo di approccio al problema sia conosciuto dall’opinione pubblica, altrimenti è facile chiedere il silenzio stampa per non far sapere che si pagano inconfessabili riscatti.
Non si può far finta di essere ignari che i criminali sequestrano per soldi, vogliono soldi e liberano gli ostaggi solo se si pagano i riscatti. Come non si possono addurre vaghe e imprecise assicurazioni che le notizie allontanano la liberazione degli ostaggi. Non è vero: l’avvicinano, se chi deve pagare è disposto a pagare. Certo l’allontanano se chi dovrebbe pagare non intende pagare o intende tirare sul prezzo anche a costo di allungare il periodo di prigionia e quindi le sofferenze degli ostaggi. La mancanza di informazioni e notizie dilata i tempi della liberazione perché spunta le armi all’opinione pubblica e alle famiglie che – se sapessero – potrebbero esercitare forti pressioni su chi dovrebbe lavorare incessantemente e – senza condizioni – per il rilascio degli ostaggi in tempi brevi.
twitter @malberizzi
malberizzi@corriere.it
Ecco la richiesta di Medici senza Frontiere“Medici Senza Frontiere (MSF) condanna la diffusione di presunte fotografie di Blanca Thiebaut e Montserrat Serra, le due operatrici umanitarie di MSF rapite nel campo rifugiati di Dadaab (Kenya) il 13 ottobre 2011 e portate in Somalia. La pubblicazione di materiali di questo tipo può complicare gli sforzi tesi a garantire il rilascio di Montserrat e Blanca in condizioni di sicurezza.
Le loro famiglie e MSF sono grate per la discrezione e la solidarietà dimostrate fino a oggi sulla questione da parte dei media internazionali, spagnoli e somali e chiede di mantenere tale atteggiamento di prudenza a tutti i media, mentre si sta lavorando incessantemente per il rilascio.”

Nidi di uccelli tessitori.



Nidi di uccello tessitore
L'uccello tessitore il miglior artista di tutti, ma come fanno questi questi piccoli uccelli a cotruire nidi cosi belli? 1 scelgono un albero che ha le foglie a punta, come la noce di cocco, palma, poi iniziano a tessere dalla punta della foglia e formano lentamente una struttura magnifica, poi usano il fango per coprire l'esterno per renderlo più forte, poi prendono cotone o piume per fare un posto letto, fanno anche un posto a sedere nel nido con una canna ..
incredibile, non è vero?


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=481757975207772&set=a.405388179511419.105843.190882504295322&type=1&theater

Stati Uniti, dopo 18 anni cancellata l’assistenza legale per le donne violentate. - Marco Quarantelli


Stati Uniti, dopo 18 anni cancellata l’assistenza legale per le donne violentate


Il Congresso ha evitato il fiscal cliff, ma non ha prorogato il Violence against women Act che "resisteva" dal 1994. E' l'ultimo atto dell'operato dei repubblicani che avevano già escluso dalle tutele omosessuali, immigrate irregolari, cittadine delle riserve indiane.

Tutte le tutele cancellate in un solo colpo. Le donne stupratepicchiate o perseguitate dovranno cavarsela da sole: niente più assistenza legale o programmi di protezione per le vittime, neanche per quelle con problemi di disabilitàIl 112° congresso è riuscito ad evitare per qualche mese il fiscal cliff, ma non a prorogare il Violence Against Women Act, la legge del 1994 che fino a pochi giorni fa proteggeva le vittime di violenza. Il provvedimento avrebbe dovuto ricevere l’ok definitivo a dicembre, invece il partito repubblicano ha prima stravolto il testo, considerato troppo progressista, quindi si è rifiutato di finanziarlo e dopo 18 anni la legge è decaduta. L’ennesimo stop, l’ennesimo segno di debolezza per Barack Obama: diviso tra un Senato a maggioranza democratica e una Camera in mano ai repubblicani, il Congresso non è riuscito a votare una legge la cui rilevanza sociale vada oltre gli interessi di partito, in un paese come gli Usa in cui ogni giorno tre donne vengono uccise da un familiare. E ora per il presidente, costretto a trovare presto un accordo sul controllo delle armi, ma sempre più “anatra zoppa”, la strada si annuncia in salita.
Sembrava fatta. Il lavoro gomito a gomito tra Eric Cantor, leader repubblicano alla Camera, e il vicepresidente Joe Biden pareva dover portare all’intesa. Ma le tutele delle minoranze contenute nella legge davano fastidio a troppi, tra le file del Grand Old Party. Il primo passaggio al Congresso risale ad aprile, quando il Senato aveva dato il suo ok. Poi, a maggio, il testo era passato alla Camera, che l’aveva sì votata ma l’aveva svuotata di tutele e significato: i repubblicani avevano escluso gli articoli che garantivano protezione a lesbiche, gay e transgender, alle immigrate cui è scaduto il permesso di soggiorno e alle donne che vivono nelle riserve indiane dove, secondo dati federali, tra il 2000 e il 2010 gli stupri sono aumentati del 55%. A dicembre l’accordo pareva possibile: “Cantor sta lavorando duro per prorogare la legge”, spiegava all’Huffington Post il suo portavoce, Doug Heye. Ma la frattura si è dimostrata insanabile. Le trattative sono naufragate sotto i colpi dei repubblicani, che hanno posto il veto sulla protezione delle native americane.
Firmato da Bill Clinton il 13 settembre 1994, il Violence Against Women Act ”ha rafforzato le sanzioni federali contro gli stupratori – si legge sul sito della Casa Bianca – fatto sì che le vittime, a prescindere dal loro reddito, non siano costrette a sostenere le spese di esami clinici e siano inserite in programmi di protezione, garantito assistenza alle donne sfrattate dalle proprie case in seguito a casi di stalking, violenza o stupro”. Non solo: il Vawa garantiva alle immigrate clandestine permessi di soggiorno speciali per invogliarle a denunciare i loro aggressori. I risultati c’erano: “Dal 1993 al 2010, il tasso di violenza domestica è calato del 67% – si legge ancora su www.whitehouse.gov - tra il 1993 e il 2007, le donne uccise per mano del partner sono diminuite del 35% e gli uomini uccisi del 46%”.
Tutto inutile. Tutele “dettate da interessi politici”, hanno tuonato i repubblicani. Che in campagna elettorale hanno rivelato scarsa attenzione verso il tema e scatenato polemiche infuocate. Ad agosto Todd Akin, deputato del Missouri, mettendo in forte difficoltà Mitt Romney nella corsa verso la Casa Bianca, aveva affermato che “da quanto ho sentito dai medici, rimanere incinta dopo uno stupro è un fatto decisamente raro” in quanto “in caso di stupro legittimo (tradotto con “vero e proprio”, da chi pensa che Akin abbia parlato in buona fede, ndr), il corpo femminile può fare in modo di evitare la gravidanza…”. Due mesi dopo la seconda grave gaffe: il 24 ottobre il candidato repubblicano al Senato in Indiana, Richard Mourdock, molto vicino al Tea Party, aveva spiegato durante un dibattito che se una donna rimane incinta durante uno stupro “è qualcosa che ha voluto Dio”.
La decisione di far decadere il Vawa arriva in un momento in cui gli Stati Uniti si interrogano choccati sui fatti di Steubenville, cittadina dell’Ohio dove nella notte dell’11 agosto una liceale di 16 anni sarebbe stata violentata da due membri della squadra di football della scuola, che poi avrebbero pubblicato le foto dello stupro su Facebook e Twitter. Il 2 gennaio Anonymous ha postato su YouTube un video di 12 minuti in cui un compagno dei presunti violentatori, indicato come Michael Nodianos, ride della ragazza: “L’hanno stuprata, sono stati più veloci di Mike Tyson“, scandisce sorridendo guardando nell’obiettivo. “E se fosse stata tua figlia?”, gli domanda una voce fuoricampo. “Ma non lo è – risponde il ragazzo – non puoi sapere se è stato un vero stupro perché non sai se lei era consenziente o meno”. 

Vuole essere ministro. - Rita Pani



Chi mi legge con pazienza, sa come la penso su questa cosa che si ostinano a chiamare politica: siamo cavie umane che qualcuno – non so chi – da tempo sottopone ad esperimenti. Fallito il test sul grado di sopportazione, ora semplicemente si attardano con la speranza di comprendere, in fine, quale livello di deficienza si possa riuscire a toccare. Posto che si pensava di non vederci arrivare più in basso di così, aumentano l’intensità dei test, e attendono. Non c’è altra spiegazione.
Altrimenti come dare senso a queste cose?
C’è l’accordo tra pdl e Lega. Al Fano presidente del consiglio, e il tizio all’economia. In effetti, se gli studiosi fossero stati un po’ più accaniti e bastardi gli avrebbero imposto di comunicare alla nazione che avrebbe ricoperto il dicastero di grazia e giustizia, ma evidentemente devono aver conservato un po’ di pudore.
La regione Lombardia, invece, verrà assegnata – come da accordo stipulato – al leghista Maroni.
Se questa è politica, io sono la Fata Turchina, ma tant’è. I giornali son già pieni e i telegiornali rilanciano la notizia al ritmo dei tam tam. Tutto serio, tutto reale. Tutto questo dovrebbe essere il nostro futuro.
Ve lo immaginate davvero quell’idiota, malfattore, evasore fiscale, corruttore come ministro dell’economia, in Italia? Io sì. Me lo immagino eccome.
Me lo immagino perché guardo anche dalle altre parti, dove i neo rivoluzionari civilisti, assoldano candidati degni di rispetto per le tragedie che hanno vissuto, per il lavoro che hanno svolto, ma assai poco hanno a che fare con quella che dovrebbe essere la politica. Pare quasi davvero che la vendetta privata sia un requisito ottimo per poter accedere alle cariche pubbliche. Le guardie contro i ladri a sfidarsi nel parlamento Italiano.
Finirà esattamente come tutto iniziato: meglio questo che è un uomo onesto, che quello che è un ladro. Meglio il ricco che non ha bisogno di rubare. Meglio Grillo che impone ai suoi di non toccarlo nemmeno il danaro, (che il resto sta già diventando storia).
Non c’era modo migliore di ricominciare le nostre attività in questo 2013, che con un paio di colossali cazzate.
Temo che il giorno del reset, del vero rinascimento, sia assai lontano, ancora. I nostri osservatori avranno ancora da lavorare, da studiare, soprattutto dopo le elezioni, quando sarà chiaro che assai più della metà degli aventi diritto a legittimare questa ignobile farsa, non si saranno recati alle urne, e gli irriducibili, invece, avranno apposto la loro ics sui simboli di quest’Italia mortificata, con un Sud al quale si può addirittura sputare in faccia con l’abominio della Lista “Grande Sud”. Una sorta di succursale del voto berlusconiano, che candiderà tutta la feccia mafiosa e malavitosa ritenuta impresentabile persino nell’Italia dei furti di lecca lecca e sigarette.
Nessuno mi convincerà mai che tutto questo ha un senso politico. Nessuno riuscirà mai a farmi abbandonare la teoria dell’esperimento scientifico. Nulla di questo può essere reale.
Rita Pani (APOLIDE)

Attenzione alla data! come si devono leggere le scadenze dei cibi freschi. - Claudia Raganà


La legge italiana obbliga da tempo i produttori ad apporre la data di scadenza sui prodotti, in particolare suglialimenti. Ma conosciamo le effettive modalità di deperimento dei cibi e come leggere le scadenze riportate sulle confezioni?
Per gli alimenti freschi, generalmente si deve rispettare la scadenza indicata, fornita sulla base della qualità dell’alimento, delle modalità di confezionamento e trasporto e del rispetto della catena del freddo nella conservazione in casa.  Alcune volte, invece, è possibile superarla, con qualche piccola accortezza.
Ecco le scadenze dei principali alimenti freschi, conservati in frigorifero ad una temperatura di +4 °C, in confezioni integre e sigillate.
Latte e latticini
Il latte fresco ha una scadenza di circa 7 giorni dalla data di confezionamento, ma è possibile consumarlo fino ad un paio di giorni oltre la scadenza, se ben conservato.
Lo yogurt può essere consumato anche dopo 7-10 giorni dalla scadenza, ovviamente dopo essersi accertati che non presenti cattivo odore, muffe o strani rigonfiamenti. Un mese (30 giorni) dopo la produzione, però, i fermenti lattici non saranno più vivi e il gusto potrebbe risultare più acido.
formaggi freschi (ricotta, robiola, mozzarella, ecc.) sono molto delicati e una cattiva conservazione durante la produzione e il trasporto potrebbero innescare il processo di deperimento anche prima della scadenza riportata sulla confezione. Per questa ragione, soprattutto nei mesi più caldi, sarà bene anche anticiparne il consumo rispetto alla data di scadenza.
L’insalata in busta, al pari dei formaggi freschi, è un alimento molto delicato e le sue foglie si afflosciano rapidamente, se conservato per troppo tempo a temperatura ambiente. Anche in questo caso, se ne consiglia il consumo anticipato di qualche giorno rispetto alla scadenza.
Latte, latticini e insalata in busta, comunque, non comportano un rischio microbiologico rilevante, qualora il consumo avvenisse dopo la scadenza.
Le uova invece richiedono un’attenzione particolare. Per legge, la loro scadenza si attesta intorno ai 28 – 30 gg dalla data di deposizione ma è bene anticiparne il consumo di 8-10 giorni, specialmente se si ha intenzione di usarle a crudo (crema, maionese, ecc.). Le membrane interne, infatti, alterandosi, favoriscono l’insorgere del batterio dellasalmonella, determinando un rischio microbiologico rilevante per la salute umana. Per consumarle crude è più opportuno utilizzare le uova selezionate come “extra-fresche”, ossia la cui data di deposizione risale al massimo ai 7 giorni precedenti.
La pasta fresca ha una durata di circa 60 giorni ma essendo un alimento sottoposto a cottura, può essere consumato oltre la scadenza (fino ad 1 settimana dopo) se ancora integro.
Affettati e wurstel: gli affettati e i salumi hanno una durata di 30-60 giorni e si consiglia di consumarli nel rispetto della scadenza, poiché soggetti ad alterazione batterica (listeria), dannosa per la salute umana.
wurstel invece, durano più a lungo (2-3 mesi), ma è necessario rispettare la scadenza e non devono essere mangiati crudi, essendo preparati con carne ottenuta dalla spremitura delle carcasse dell’animale.
Anche il salmone fresco affumicato è facilmente contaminabile da listeria, pertanto se ne consiglia addirittura il consumo fino a 10 giorni prima della scadenza (che si attesta attorno ai 30-40 giorni).
Zuppe pronte: rispettare la scadenza e consumare cotta, dopo averla portata ad ebollizione. Questi prodotti hanno una vita di circa 30 giorni.
Per approfondire, ti suggeriamo:

IL RITORNO DI SILVIO-PINOCCHIO. - Francesco De Dominicis


silvio berlu pinocchio

EVVAI CON LE PROMESSE ACCHIAPPA-VOTI CHE NON DIVENTERANNO MAI REALTA’: SUPER PIANO FISCALE DA 16 MILIARDI; UNA TASK FORCE CON BRUNETTA, GIORGETTI E LEO PER TAGLIARE L'IMU SULLA PRIMA CASA, INTRODURRE IL QUOZIENTE FAMILIARE E TAGLIARE LE TASSE ALLE IMPRESE (IRAP) - GIA' PRONTA LA COPERTURA FINANZIARIA: BLA-BLA-BLA..

Un super piano fiscale da 16 miliardi di euro, destinato a cittadini e imprese. Per spazzare via l'Imu sulla prima casa, introdurre il quoziente familiare e intervenire sull'Irap (eliminando quella per i «piccoli» e introducendo sgravi per il costo del lavoro). I fondi e la copertura finanziaria? Revisione delle agevolazioni tributarie, abbattimento della spesa per gli interessi da pagare su Bot e Btp, creazione di un fondo speciale con una parte dei proventi della lotta all'evasione.
Questo in estrema sintesi, secondo quanto risulta a Libero, il progetto del Popolo delle libertà per sparigliare il tavolo nella campagna elettorale e fare presa sui moderati oltre che sui potenziali astenuti. Uno schiaffo al Governo (e al centrino) di Mario Monti e al Pd di Pierluigi Bersani che pensano ancora a nuove tasse, a cominciare dalla patrimoniale, per rilanciare il Paese e l'economia.
MARIO MONTI A RADIO ANCHIOMARIO MONTI A RADIO ANCHIO
L'iniziativa prende le mosse dalla «fissa» dell'ex premier, Silvio Berlusconi, che proprio sulla sforbiciata alle tasse vuole scommettere tutto in vista del voto del 24 febbraio. L'idea di fondo è ridurre di un punto percentuale, fino al 44%, la pressione fiscale che nel 2013, secondo le stime di Palazzo Chigi, è destinata a salire al 45,1% del Prodotto interno lordo. Il dossier «taglia tasse» è stato affidato a una sorta di task force del Pdl composta da super esperti di fisco e finanza pubblica: Renato Brunetta, Alberto Giorgetti e Maurizio Leo.
I numeri, ovviamente, non sono ancora definitivi e il lavoro di affinamento andrà avanti per qualche giorno. Poi, salvo sorprese, dovrebbe toccare proprio al Cavaliere annunciare in pompa magna il programma fiscale del partito. Ragion per cui c'è chi preferisce rimanere abbottonato, come Brunetta. L'ex ministro si è rifiutato di chiarire le mosse: «Troppo presto» ha detto al telefono. La strada, tuttavia, è quella. La riforma - che il Pdl dice di poter varare nei primi 100 giorni in caso di vittoria alle elezioni - è assai ampia.
RENATO BRUNETTA DOCETRENATO BRUNETTA DOCET
BALZELLO PRIMA CASA
Berlusconi ancora ieri su Twitter ha toccato le corde fiscali, ribadendo l'intenzione di azzerare l'Imu sull'abitazione principale. La misura vale 4 miliardi sui 16 in ballo. L'ex presidente del Consiglio mira a trovare i fondi necessari, cioè la cosiddetta copertura, dall'aumento delle imposte legate a giochi, tabacchi e prodotti alcolici. Su questo punto, in realtà, la task force Pdl è prudente. Le indicazioni più recenti sulle entrate proprio relative ai giochi indicano un netto calo del gettito.
Il che suggerisce di trovare soluzioni alternative. Sta di fatto che l'imposta municipale sugli immobili, che ha garantito oltre 24 miliardi di euro di entrate complessive dopo il saldo di dicembre, ha messo in seria difficoltà le famiglie italiane. E ha contribuito a massacrare il mercato immobiliare, già alle prese con i problemi cagionati dalla contrazione dei mutui bancari. Di fatto Berlusconi vuole ripetere l'operazione del 2008, quando - a pochi giorni dal voto - promise agli elettori l'abolizione della vecchia Ici sulle «abitazioni principali». Progetto andato in porto, anche se poi tutto è stato vanificato con l'arrivo dell'Imu, che colpisce tutti i fabbricati e con aliquote ben più pesanti rispetto all'Ici.
ALBERTO GIORGETTI SOTTOSEGRETARIO ECONOMIAALBERTO GIORGETTI SOTTOSEGRETARIO ECONOMIA
QUOZIENTE FAMILIARE
Il balzello sulla casa, comunque, è solo uno dei tre pilastri del progetto. Il secondo obiettivo - per il quale verrebbero destinati altri 4 miliardi di euro - mira a mettere in pista in Italia il quoziente familiare. Si tratta di uno strumento che, per calcolare le imposte da versare nelle casse dello Stato oltre che per determinare gli sconti fiscali, tiene conto di tutto il reddito prodotto da una famiglia oltre che del numero dei componenti. «In questo modo si riuscirebbe a rendere omogeneo il sistema fiscale italiano - spiega Leo - visto che il redditometro appena varato prende in considerazione proprio il nucleo familiare. E se la famiglia è un elemento utile per l'accertamento allora lo può essere anche per la determinazione delle agevolazioni».

IRAP SUI «PICCOLI»
La terza misura allo studio degli esperti Pdl - che costa 8 miliardi di euro - ruota attorno all'Irap e prevede, nel dettaglio, due interventi. Anzitutto, l'esenzione dei «piccoli» (professionisti e micro imprese) dal pagamento dell'imposta regionale sulle attività produttive (peraltro già previsto da una sentenza della Corte costituzionale). Il secondo filone di interventi in campo Irap, poi, contiene una serie di sgravi per il costo del lavoro, grazie a un mix di deducibilità più ampie sui bilanci delle imprese.
Giulio TremontiGIULIO TREMONTI
COPERTURA FINANZIARIA
La parte più delicata del piano targato Pdl è legata alle risorse finanziarie: servono 16 miliardi di euro. La copertura, come accennato, dovrebbe essere assicurata grazie a tre aree di intervento. La prima è quella delle agevolazioni: in pratica il Pdl vuole «salvare» parte del lavoro realizzato con Giulio Tremonti alla guida del ministero dell'Economia. Fari puntati, quindi, sulla relazione curata dalla commissione, presieduta dall'attuale sottosegretario Vieri Ceriani, relativa alle tax expenditure: una montagna di 700 «voci» che vale circa 254 miliardi di euro l'anno.
Obiettivo è un provvedimento che consenta, con rimodulazioni oculate e non con tagli orizzontali, il recupero del 3% di risorse. Calcolatrice alla mano vuol dire grosso modo 7 miliardi. Altri 7 miliardi dovrebbero essere risparmiati con una minore spesa per interessi sulle emissioni di titoli di Stato, Bot e Btp. Traguardo che il Pdl vuole raggiungere con la riduzione immediata di una fetta di debito pubblico, ormai sopra quota 2mila miliardi di euro.
La cifra della fetta di debito da tagliare va ancora definita, ma le munizioni sono pronte e la prima è un'intesa fiscale tra Italia e Svizzera che assicuri un gettito una tantum da 37 miliardi di euro e poi circa 500 milioni di euro l'anno «a regime». Un incisivo piano di privatizzazioni dei carrozzoni pubblici (enti e società dello Stato non quotati) e la «vendita di fabbricati statali e terreni demaniali», come annunciato ieri da Berlusconi sempre su Twitter, completano il quadro. Gli ultimi 2 miliardi necessari a «coprire» il progetto Pdl arriverebbero con la creazione di un «fondo imposte» da alimentare con una parte del ricavato delle lotta all'evasione fiscale (circa 12 miliardi l'anno).
Certo per passare dalle parole ai fatti ce ne vuole. In ogni caso, il fatto di aver affidato il dossier a un pool di tecnici mostra come ci sia l'intenzione di supportare le (necessarie) promesse elettorali con proposte concrete e (auspicabilmente) realizzabili.

Il re delle preferenze del Pd in Sicilia? Un ex Dc che gestisce i corsi di formazione. - Giuseppe Alberto Falci

Francantonio Genovese, a Messina comanda lui

Francantonio Genovese, ex sindaco di Messina, in Sicilia lo chiamano “mister 20 mila preferenze”. Nipote dell’ex ministro Dc Nino Gullotti, alle primarie ha ottenuto il record di 19mila preferenze. Il segreto? Gestisce i servizi di formazione professionale, carrozzone che costa 500 milioni l’anno alla Sicilia. 

C’è un democristiano di nascita e di fatto che domina a Messina ed è «l’uomo più potente della Sicilia peloritana». Un democristiano che, dopo la fine della Dc, ha gravitato sempre in partiti di centro, il Cdu, il Ppi, e la Margherita. E poi nel 2007 ha aderito al progetto veltroniano del Pd. Un democristiano che si chiama Francantonio Genovese, nome che ai più non dirà nulla, ma che in Sicilia è stato ribattezzato “mister 20 mila preferenze”.
Nipote dell’ex ministro democristiano Nino Gullotti, colui che «possedeva il 41 per cento delle tessere democristiane di Sicilia» (Copyright Giampaolo Pansa), e figlio di Luigi Genovese, più volte Senatore della Repubblica, “Francantonio” è cresciuto a pane e politica. E il suo primo contatto con la politica si registra quando a fine anni ’80 si iscrive al Movimento giovanile della Democrazia Cristiana.
Da quel giorno inizia l’escalation di Genovese nei partitini di centro, che culmina nell’elezioni a deputato dell’Assemblea regionale siciliana nel giugno del 2001. Nel collegio di Messina è candidato nelle liste Margherita-Ppi, ed ottiene un risultato straordinario, superando le 13mila preferenze. Un risultato che lascia di stucco i vertici della Margherita, in primis il leader Francesco Rutelli, che di lì a poco lo promuoverà nella direzione nazionale del partito.
Negli anni del berlusconismo, Genovese resta l’unica certezza per il centrosinistra nell’isola del cosiddetto “61 a zero”. E nel 2005 l’allora Unione sceglie di candidare il nipote di Gullotti come sindaco di Messina. Al ballottaggio non c’è storia, il centrosinistra si aggiudica la partita, e Genovese varca la porta di Palazzo Zanca, sede del comune di Messina. «Fu un risultato straordinario: chi l’avrebbe mai che nella Sicilia di Alfano, Schifani e Micciché uno di centrosinistra conquistasse Messina?», spiega a Linkiesta un ex dirigente siciliano della Margherita.
Ma nel corso degli anni Genovese, «minuto, mite, calvo, occhiali: uguale identico al celebre Mister Magoo dei cartoon», l’ha definito Gian Antonio Stella, ha creato una rete di potere e di interessi un po’ ovunque. Dalle telecomunicazioni all’immobiliare, passando per i trasporti, gli alberghi e la ristorazione, “Francantonio” ha interessi ovunque. Alcuni ereditati dallo zio Gullotti, il quale non aveva figli, e gli lasciò in eredità una partecipazione azionaria in alcune società del gruppo Franza, che, fra le tante, possiede la Caronte, società di traghetti che collega Messina a San Giovanni. «Per questo motivo in tanti lo chiamano Franzantonio», confidano a Linkiesta.
Ma la “ciccia” del potere di Genovese è rappresentata dalla formazione professionale, uno dei carrozzoni che alla Sicilia costa 500 milioni di euro l’anno. A Messina parlare di formazione professionale significa parlare di una sola persona: Francantonio Genovese. Il quale ha gestito la formazione professionale in città come un affare di famiglia.
Come denunciato lo scorso luglio da Antonio Rossitto su Panorama, Genovese risulta essere proprietario e amministratore delegato della Gefin, una società che gestisce corsi di formazione professionale, e che a sua volta detiene il 47% della Training Service. Mentre la restante quota azionaria della Training Service, attraverso l’immobiliare di famiglia Geimm, è in mano a Franco Rinaldi, cognato di Genovese, e deputato all’Assemblea regionale siciliana. Ma il sistema “Genovese” ha piazzato anche la moglie e le cognate. Chiara Schirò, moglie di Genovese, è nel consiglio direttivo dell’Esofop, acronimo che sta per “Ente di Sviluppo Orientamento e Formazione professionale”. Come del resto, Giovanna Schirò, altra cognata del ras messinese. Mentre Elena Schirò, moglie del deputato regionale Rinaldi, è la presidente del Lumen, “Libera Università mediterranea di naturopatia”. Un altro ente di formazione noto in città si chiama Aram, ed è guidato da un fedelissimo del nipote di Gullotta, Elio Sauta, ex consigliere comunale del Pd. E poi ci sono altri due enti professionali, l’Enfap (ex Uil) e lo Ial (ex Cisl), che recentemente sono passati in mano ad una cordata di imprenditori vicinissimi allo stesso Genovese.
Attraverso questo sistema il democristiano messinese, oggi democrat, ha coltivato consensi, creato lavoro, e piazzato amici e familiari. Un sistema di potere che gli è stato riconoscente in più occasioni. Franco Rinaldi, suo cognato, è stato eletto tre volte consecutivamente all’Ars sempre con lo stesso risultato, 18mila preferenze. «È impressionante: le preferenze di Rinaldi in 15 anni non sono mai mutate», confida a Linkiesta una dirigente locale del Pd. Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, e candidato alla premiership del centrosinistra lo scorso 25 novembre, ha ottenuto il 75% dei consensi in tutta la provincia di Messina. E anche alle primarie per la selezione di parlamentari dello scorso 30 dicembre la storia si è ripetuta.
“Francantonio” è stato il più votato in Italia con 19mila preferenze, assicurando l’elezione anche a Maria Tindara Gullo, figlia di un ex sindaco di Patti ma neofita della politica. Per la cronaca Gullo ha superato le 11mila preferenze, un risultato che nessuno si aspettava in provincia. «Diciamo che i dirigenti di partito, a Messina, hanno messo in evidenza una capacità di stimolare la partecipazione degli elettori», minimizza con l’edizione palermitana di Repubblica Genovese. Una curiosità: per l’occasione in città era possibile votare in 25 seggi (a Palermo, capoluogo di regione, c’era soltanto un seggio in pieno centro), alcuni ubicati nelle sedi di enti formazioni. Come ad esempio, il “seggio Aram”, allestito negli uffici dell’ente di formazione “Aram”, nel quale Genovese ha ottenuto 200 voti su 212 disponibili. «Oltretutto – spiega a Linkiesta una fonte che preferisce restare anonima – il presidente del seggio Aram era Elio Sauto, fedelissimo di Genovese, colui che guida l’Aram». Fantastico.
A tutto ciò si aggiunge che Genovese detiene 11mila tessere del Pd su 12mila di tutta la provincia. Il suo “cerchio magico” domina su tutto il territorio. Nino Griolo, 35enne di belle speranze, e segretario cittadino a Messina, è un uomo del plenipotenziario messinese. Per non parlare del segretario provinciale del Pd Nino Bartolotta, pochi settimane fa promosso assessore regionale ai Trasporti dal neo governatore regionale Rosario Crocetta. E fanno anche riferimento a Genovese 15 consiglieri comunali su 16 del comune di Messina. Numeri da capogiro che lasciano intendere perché la sede del Pd Messina, che si trova in via Primo Settembre, coincida con la segreteria personale di Genovese.