martedì 30 agosto 2011

Si rompe qualcosa? Chiedi 100 mila euro di danni! - di Jacopo Fo


Se hai vissuto in Italia negli ultimi decenni hai diritto per legge a un indennizzo.

In questo periodo così duro per l’Italia, ogni tanto ho bisogno di tirarmi su di morale. Per assaporare un po’ di ottimismo mi metto a immaginare la faccia che faranno quando dovranno pagarci fino all’ultimo euro.
Mi piace l’idea. E faccio anche progetti su come spenderli.
Un godimento.

Da tempo diciamo che l’Italia è vittima di una Casta. Una vera e propria organizzazione a delinquere, un sistema di corruttele. Prima o poi riusciremo a eleggere un Parlamento di onesti che sancirà la nascita di una vera Seconda Repubblica, e nella nuova Costituzione si additerà il sistema della Casta come un autentico golpe. E il Parlamento voterà l’abolizione della prescrizione dei reati proprio perché la Casta ha manipolato il sistema giudiziario incrementando lungaggini e prescrizioni per farla franca. E quindi potremo riaprire tutti i processi. E soprattutto chiedere i danni. Sarà la nostra Norimberga. E quando chiederemo i danni non ci occuperemo solo dei politici corrotti, collusi o comunque omertosi. Potremo prenderci degli sfizi anche con molti imprenditori furbastri e truffaldini.

Ad esempio, il documentario Obsolescenza programmata – Il motore segreto della nostra società di consumo racconta una storia incredibile che però pare proprio vera. Quella di un ingegnere che scopre che la sua stampante non ha smesso di funzionare perché qualche cosa si è usurato. No! La sua stampante si è suicidata. Si è uccisa da sola ubbidendo a un comando nascosto. Un odioso microchip che ha l’ordine di bloccare tutto quando si arriva a un certo numero di copie. Questo ingegnere scopre che su Internet è disponibile un software che permette al tuo computer di azzerare il contatore delle copie, quindi mettere fuori gioco il microchip killer e ottenere che la stampante ricominci a funzionare perfettamente.


E’ profondamente illegale che alcune imprese ti vendano una stampante suicida fingendo che sia la migliore stampante del mondo. E’ un reato! Ed è anche un effetto collaterale dello strapotere di una Casta asservita a logiche predatorie. Quindi conserva gli scontrini… se sarai in grado di dimostrare di aver posseduto una stampante suicida potrai far causa alla ditta produttrice e ottenere ilrisarcimento del danno. E pare che non sia solo questione di stampanti. Da almeno 60 anni ci vendono lampadine e collant costruiti apposta per potersi rompere alla svelta.

Mi trastullo immaginando una grande causa collettiva contro la Coalizione dell’Obsolescenza Programmata. Presso il Tribunale Internazionale contro i crimini di guerra. Sì, perché questa è guerra. Il Parlamento dell’Unione Europea prima o poi dovrà sancirlo. Una guerra segreta contro i consumatori. Probabilmente mi devono pagare i danni anche per il motorino che ho comprato quando avevo 14 anni! Brutti carognoni! E niente prescrizione. La Nuova Costituzione dovrà stabilire che si è responsabili di quel che si produce fino al giorno del Giudizio Universale. E lì sì che Dio gli fa male veramente: i furbastri non potranno ascoltare il canto degli angeli. Mai!

Comunque, cari lestofanti, sono disposto a trattare. Se ci date centomila euro a testa subito la chiudiamo qui.



Attenzione, ladri in manovra. By ilsimplicissimus


La Lega ha vinto, Berlusconi ha vinto, le tasse non ci saranno. Dal momento che la manovra non esiste, che è solo una specie di spot elettorale aggiustabile a piacere o meglio a spiacere a seconda delle circostanze, tutte queste affermazioni sono interpretazioni del nulla, lecite divagazioni su un governo ormai illecito nella sua sostanza.

Un nulla però maligno nel quale è praticamente certo che non si faranno le cose promesse, cioè i tagli alla politica e la lotta all’evasione, mentre si faranno quelle escluse, ovvero l’aumento dell’Iva per la gioia di tutti noi, l’appesantimento della tassazione attraverso imposizioni indirette che colpiscono i poveri e il taglio dei servizi e del welfare, come già appare chiarissimo dallo scippo degli anni di università o di servizio militare dalle pensioni. Praticamente un furto senza destrezza, una rapina a mano armata da un consenso strappato con le illusioni e i media.

Naturalmente tutto questo non serve né a far quadrare i conti nell’immediato e tanto meno nel medio termine, anzi serve solo a peggiorare ancora la situazione, e’ solo l’ennesimo rinvio di cui il Cavaliere ha bisogno per rimanere in sella, l’ultimo rinvio dopo 18 anni di parole. Ma serve però a rendere chiara l’essenza dell’oligarchia italiana assolutamente incapace di fuoriuscire dall’ambito dei suoi interessi immediati e delle sue clientele, come dimostra la scomparsa del contributo di solidarietà oltre i 90 mila euro che del resto si traduceva in uno sforzo minimo. Un guscio vuoto, mangiato dai vermi della crisi.

La cosa impressionante è che non c’è nemmeno il tentativo di far finta che non si vogliono proteggere ricchi e privilegiati: lo scenario dietro la farsa berlusconiana si è ormai consunto e sono visibili funi e tavole prima nascoste dalle quinte, un’armamentario teatrale desolante e francamente repugnante con in più le sensazioni olfattive lasciate dal gruppo dirigente leghista, un ensemble di mentecatti in disfacimento, che in questo caso ha fatto la figura che merita e rende finalmente giustizia al loro valore.

Berlusconi canta vittoria, ma ogni giorno che passa progredisce il cammino che dalla perplessità porta al disprezzo e sfocia nell’odio, quando ci si accorge che in fondo non c’è alcun altro sentimento e atteggiamento possibile perché l’opera di governo è al di sotto di ogni giudizio o plausibilità. Non merita nemmeno il disprezzo: meglio i finti russi che fregano al bilionaire lo champagne, che questi ladri di vita e i loro brindisi del dopo manovra.

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/30/attenzione-ladri-in-manovra/#comment-3388


Quando i ricchi vogliono essere tassati. - di Benedetta Argenteri



MILANO- La crisi. I conti in rosso. E un senso di responsabilità. Così un gruppo di una cinquantina di tedeschi si fa avanti, chiede al governo di Angela Markel di alzare le tasse solo a loro. «Nessuno di noi è ricco quanto Warren Buffet o Liliane Bettencourt. Siamo professionisti, avvocati, insegnanti. Abbiamo ereditato la nostra fortuna e non abbiamo bisogno di tutto questo denaro per vivere», spiega Dieter Lehmkuhl fondatore del movimento, al quotidiano inglese Guardian. Insomma l'idea è quella di aiutare e Lehmkuhl è convinto che con questo sforzo si potrebbero aiutare i conti pubblici e «fermare il divario tra ricchi e poveri».

IL CASO TEDESCO- Insomma una sorta di contributo solidale che, secondo le stime del gruppo «ricchi per una tassa di proprietà», potrebbe portare nella casse della Germania 100 miliardi di euro. E solo pagando il 5 per cento in più per due anni. Al momento i tedeschi più abbienti pagano al massimo il 42 per cento di imposte. E lo slogan sembra «si può fare di più». O almeno per chi ha di più. «Alla Merkel diciamo di fermare i tagli che colpiscono le classi più povere. Andiamo a prendere il denaro dove c'è». E quindi nelle tasche dei ricchi, cioè chi guadagna più di 500 mila euro.

IN EUROPA- Ma quello tedesco non è l'unico caso. Subito dopo Warren Buffet che nei giorni del declassamento Usa aveva proposto più tasse per i super ricchi, anche Liliane Bettencourt, la donna più facoltosa di Francia, si è detta favorevole a questa ipotesi. E con lei altri 15 miliardari. Tutti pronti a fare la loro parte per salvare la Francia e uscire dalla crisi. Per questo hanno spedito una lettera a Nicolas Sarkozy in cui chiedono, appunto, di pagare di più. Il presidente francese non è stato a guardare. E sta pensando di introdurre un «contributo speciale» del 3 per cento per chi guadagna più di mezzo milione di euro per un paio di anni. Un'iniziativa che ha sollevato diverse critiche. Anche tra lo stesso Ump. «Dovrebbero dare di più». Un po' come stanno pensando i socialisti in Spagna. L'idea, se il candidato Alfredo Pérez Rublacaba vincesse le elezioni di novembre, è quella di reintrodurre una tassa sugli asset per tre anni. Così da dare nuova linfa alle casse iberiche. D'altronde, dicono, la crisi c'è e qualcosa bisogna fare.

http://www.corriere.it/economia/11_agosto_30/imprenditori-tasse-germania_f9e1e5a0-d2e3-11e0-874f-4dd2e67056a6.shtml#.TlzxGY_gLow.facebook

Mafie in Liguria… a insaputa di Scajola. By ilsimplicissimus


Scajola dopo più di un anno continua ad essere inconsapevole: encefalogramma etico piatto. Non che da un rubagalline di scuola democristiana ci si possa attendere un risveglio alla consapevolezza o da un berlusconiano una briciola di verità. Ma insomma questo coma profondo del non sapevo sta attingendo alla comicità stralunata di Buster Keaton.

Anche adesso che è finalmente indagato per quella casa che l’imprenditore Anemone gli aveva comprato per due terzi, versando persino una consistente caparra. Ad insaputa dell’ex ministro ovviamente, troppo occupato per sapere che qualcuno gli compra casa, come del resto erano stati fatti a sua insaputa alcuni lavori di ristrutturazione ed erano giunti, sempre misteriosamente, molti regali tra cui persino un frullatore da 100 euro. Si anche adesso, rimane inconsapevole, forse vivo solo grazie alla sturmentazione del potere: “Attendo con la stessa serenità e la medesima riservatezza che hanno sinora contraddistinto il mio comportamento, che i magistrati romani portino a termine il loro lavoro, nella convinzione che verrà certamente chiarita la mia estraneità ai fatti.”

Questo dichiara l’ex ministro Ma come può essere estraneo a fatti che riguardano soltanto lui e che peraltro sono stati accertati? Possibile che quest’uomo non sappia inventarsi qualcosa di meno ridicolo, che non sappia uscire dal rito delle frasi rituali anche quando suonano come una barzelletta? Possibile che non si renda conto che le sue assurde dichiarazioni sono offensive per l’intelligenza e il buon gusto, anche se dubito che Scajola abbia mai frequentato queste due caratteristiche umane?

Tuttavia, per quanto la figura di Scajola sia modesta e mediocre, la “riservatezza” di cui parla è comica nella forma, ma indegna nella sostanza perché serve a coprire cricche e giri opachi, evidentemente così vicini al cuore del potere che vale la pena anche di passare per cretini. Per Anemone lo sappiamo: la protezione civile di Bertolaso & C e per li rami personaggi dei servizi segreti, dell’informazione, delle forze dell’ordine, compresa la Guardia di Finanza.

Ma forse c’è di più, forse Scajola deve saper dimostrare a qualcun altro che lui è uno di quelli che “parlen not”. La vicenda verminosa del porto di Imperia, in cui l’ex ministro è implicato come capo di un’associazione a delinquere che coinvolge persino il procuratore capo della città con un’accusa di corruzione, rende inquietanti i contorni di questa impudente riservatezza. Già perché le perquisizioni svolte nei mesi scorsi presso gli uffici del porto sono state effettuate dall’antimafia e ci sono magistrati come Anna Canepa, coordinatrice dell’antimafia per Lombardia e Liguria, che mettono direttamente in relazione le colate di cemento al porto con l’assalto della criminalità organizzata nel Ponente Ligure, tanto che si è arrivati a dover sciogliere il consiglio comunale di Bordighera.

Ora mi chiedo quali migliori garanzie di “discrezione” può offrire uno che non vede non sente e non parla, nemmeno se gli comprano casa? Ominicchio sì, ma d’onoricchio.

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/30/mafie-in-liguria-a-insaputa-di-scajola/#comment-3376

Quanto guadagnano i calciatori italiani (e quanto rischiano di pagare con il contributo di solidarietà). - di Marco Bellinazzo


Quanto guadagnano i calciatori italiani (e quanto rischiano di pagare con il contributo di solidarietà). Nella foto il capitano della Roma, Francesco Totti (Ansa)

Cliccando nelle varie figurine dei calciatori troverete il valore degli stipendi netti di alcuni tra i principali protagonisti del calcio italiano. Assieme al calcolo di quanto gli stessi rischiano di pagare per i prossimi tre anni come contributo di solidarietà. Si tratta di una elaborazione del Sole 24 Ore sugli stipendi di alcuni big del calcio (non è e non vuole essere una classifica esaustiva).
Guarda il grafico con gli stipendi dei big del calcio
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La manovra di Ferragosto
ha introdotto un prelievo straordinario sui redditi sopra i 90mila euro (5%) e sopra i 150mila (10%). Chi guadagna tanto deve versare per tre anni questo surplus al Fisco. Per il primo anno il contributo è pieno (primo valore). Dal secondo anno si può dedurre una parte dell'imposta: per cui il contributo effettivo suddiviso su tre anni diminuisce (secondo valore). Per i redditi sopra i 500mila euro – cioè a tutte le star del calcio - converrà scegliere l'aliquota secca del 48% che, non è deducibile, ma garantisce un risparmio (terzo valore).

Per i calciatori la questione si è andata complicando in queste settimane in considerazione del fatto che la maggior parte dei contratti, soprattutto quelli dei big, sono fatti al netto. Nel senso che le imposte se le accolla la società. Ora, è vero che la società è obbligata a svolgere il suo ruolo di sostituto d'imposta e quindi ben potrebbe trattenere sullo stipendio, oltre all'aliquota ordinaria, anche il contributo di solidarietà. Ma i club temono che successivamente, nei casi in cui il contratto faccia esplicito riferimento a un compenso netto da garantire comunque al calciatore, potrebbero essere portate in tribunale: sarebbe difficile a quel punto evitare una condanna alla restituzione di quanto trattenuto.

All'intera serie A il contributo di solidarietà, così com'è stato pensato, e salve le correzioni che saranno apportate in Parlamento con gli emendamenti, potrebbe costare fino a 100 milioni di euro nel prossimo triennio. La Figc ha proprosto di mettere a disposizione delle società per eventuali contenziosi un fondo di garanzia. Alle società non basta. Come non basta il fatto che il nuovo contratto collettivo rispetto a quello scaduto un anno e mezzo fa preveda che la retribuzione possa essere espressa solo al lordo. Per i club deve essere inserita un'ulteriore clausola per precisare che i contributi straordinari siano «esclusivamente a carico dei calciatori». Addio al netto, dunque, e ingaggi lordizzati. Come per tutti gli altri lavoratori.


Chiesa, la beffa dell'8 per mille. - di Mauro Munafò



Dei 144 milioni che gli italiani destinano allo Stato, più di 50 finiscono al restauro e alla manutenzione di parrocchie, monasteri e basiliche. Un regalo che si assomma al sistema di 'devoluzione proporzionale' che porta nelle casse del Vaticano l'87 per cento del gettito con solo il 34,5 per cento delle firme.

In un modo o nell'altro, l'otto per mille degli italiani finisce quasi sempre alla Chiesa Cattolica. Se non bastasse il sistema proporzionale di distribuzione dei fondi, che finisce per dirottare l'87,2 per cento del gettito direttamente nelle casse della Conferenza episcopale italiana (anche se quelli che scelgono la Chiesa sono il 34,5) ci pensa poi lo Stato a girare un altro 3-4% alla Cei, prelevandolo direttamente dalla sua quota.

Basta infatti andare a guardare la destinazione dei fondi gestiti dallo Stato per accorgersi che almeno un terzo della torta finisce comunque per avvantaggiare il Vaticano: una cifra che solo nel 2010 oscillava tra i 50 e i 60 milioni di euro sul totale di 144 milioni a disposizione dell'otto per mille "laico".

Questo finanziamento aggiuntivo si perpetua da anni attraverso l'opera di restauro e conservazione di chiese, monasteri e basiliche. Fatti due conti, circa un terzo di tutti i fondi dell'otto per mille destinati allo Stato vengono quindi impiegati nella ristrutturazione dei luoghi di culto presenti nel paese. La fatica di firmare per lo Stato Italiano il proprio modulo è quindi sprecata.

Andando a sfogliare il Decreto della Presidenza del Consiglio pubblicato lo scorso dicembre (qui), si può notare come dei 343 progetti finanziati, 262 riguardano i beni culturali e la metà di questi interessano chiese e parrocchie.

Scorrendo l'elenco si possono vedere il milione e mezzo di euro speso per la Basilica di Sant'Andrea a Mantova, il milione e 800mila euro per il restauro della Chiesa dei santi Vittore e Carlo a Genova, il milione e 200mila euro per san Raffaele a Pozzuoli e il milione e 400mila euro per le suore Benedettine di Lecce, ma non mancano gli interventi da 100mila e persino 50mila euro. Una lista lunga 52 pagine, in gran parte con nomi di parrocchie e chiese della provincia italiana beneficiate dall'otto per mille destinato allo Stato, almeno sulla carta.

Ma le buone notizie per la Cei non finiscono qui. Dopo anni di gestioni folli dell'otto per mille statale, di volta in volta razziato dalle finanziarie e prosciugato per missioni di pace o per aggiustatine di bilancio, lo scorso anno le Commissioni bilancio del Parlamento hanno approvato una legge che rimettesse ordine sull'uso di questi fondi, "costringendo" i Governi ad utilizzarli per il contrasto alla fame nel mondo, alle calamità naturali, per l'assistenza ai rifugiati e per la conservazione dei beni culturali. Grazie a questa necessaria modifica, la quota dell'otto per mille in mano allo Stato per finanziare interventi sociali è cresciuta a dismisura, arrivando a 144 milioni e triplicandosi rispetto ai 43 milioni del 2009 (qui) e moltiplicandosi di 50 volte rispetto ai miseri 3 milioni e mezzo del 2008 (qui). Un vero e proprio tesoretto che poteva andare alle missioni del terzo mondo o essere usato per combattere le calamità naturali, ma che per oltre 100 milioni è rimasto in Italia ed è stato speso in restauri.

Viste le cifre in gioco sorge però una domanda: non potrebbe essere la Cei, con i proventi del suo otto per mille, quello destinato alla Chiesa Cattolica, a sobbarcarsi il costo delle ristrutturazioni dei beni ecclesiastici? Cercando la verità nei bilanci, la risposta è certamente sì. Il solo gettito dell'otto per mille arrivato nelle casse dei vescovi nel 2011 ammonta infatti a 1 miliardo e 118 milioni di euro, di cui 190 sono stati destinati all'edilizia di culto (qui). Di questi, 65 milioni sono destinati alle ristrutturazioni ("tutela beni culturali ecclesiastici"): una cifra quasi identica a quella investita per lo stesso scopo dallo Stato.

Anche non volendo andare ad intaccare il fondo di ben 125 milioni destinato alla costruzione di nuove chiese in Italia, la Cei potrebbe limitarsi a investire nella ristrutturazione una parte di quei 55 milioni che nell'ultimo bilancio sono stati "accantonati", cioè messi da parte per future esigenze. Ma finché ci pensa lo Stato a pagare i restauri, perché spendere di tasca propria?