Non aveva tutti i torti Mario Ledda quando, dagli arresti domiciliari, scriveva nel 2001 lettere piene di risentimento all’allora ministro dell’interno che si era dimenticato di lui. Il Fatto ha raccontato domenica scorsa la storia dell’estorsione subita da Claudio Scajola nel 2001, quando era al Viminale, da parte di un pregiudicato agli arresti per violenza carnale che aveva avuto un ruolo nel 1995-6 nell’ascesa di Scajola.
LEDDA non mentiva quando diceva di conoscere Silvio Berlusconi. Questo sardo trapiantato a Milano nonostante il suo curriculum criminale di tutto rispetto ha chiamato i numeri riservati del Cavaliere una ventina di volte nell’arco di pochi mesi a cavallo tra il 1995 e il 1996. Scajola, nell’intervista al Fatto pubblicata domenica scorsa lo ha negato con tutte le sue forze, ma sono in tanti a ricordare il ruolo chiave li Ledda nell’ingresso trionfale dell’ex sindaco Dc di Imperia nel partito. Il Fatto ha sentito un testimone d’eccezione: Mario Valducci, 52 anni, presidente della commissione trasporti della Camera, uno dei fondatori di Forza Italia insieme a Silvio Berlusconi, al generale Luigi Caligaris e a pochi altri. Alla fine del 1995 quando Scajola entra in Forza Italia, Valducci è vicecoordinatore nazionale di Fi. “Sì ricordo che la segnalazione per l’ingresso di Scajola in Forza Italia arrivò da Mario Ledda”, dice Valducci senza imbarazzo, “Berlusconi mi chiamò e mi presentò Ledda per segnalarmi la possibile di favorire tramite Ledda l’entrata di Scajola in Forza Italia. Sul territorio però c’era qualche difficoltà ad accettarlo e quindi”, continua Valducci, “andai a Imperia e lì incontrai Scajola con Ledda e con il suo amico Pietro Isnardi e con l’altro imprenditore della città, Carli”. Anche Pietro Isnardi, imprenditore dell’olio e amico fraterno di Scajola, ricorda il ruolo di Ledda: “il mio responsabile commerciale aveva conosciuto in montagna questo Ledda. Mi disse che voleva che gli presentassi Scajola per favorire il suo ingresso in Forza Italia. Era un tipo bizzarro, girava con un’Alfa Romeo 164 e aveva 5 telefonini, si dava molte arie. Ma poi abbiamo scoperto che raccontava un sacco di balle e l’ho fatto anche arrestare per un’estorsione in Francia”.
IN REALTÀ, nei tabulati dei vecchi procedimenti siciliani sono depositate le tracce di una ventina di conversazioni tra Ledda e Berlusconi in quel periodo. Tra settembre del 1995 e il gennaio del 1996, risultano ben 15 telefonate dal telefono fisso milanese di Ledda alle utenze di Silvio Berlusconi a Roma nel palazzo di via dell’Anima. In un caso Ledda, il 25 novembre del 1995 contatta il Cavaliere sul suo numero personale di Macherio. Sono numerose anche le chiamate tra il cellulare di Ledda e i numeri delle ville del Cavaliere. Insomma non bisogna stupirsi se Ledda, quando in carcere legge sul libro di Bruno Vespa e sull’Espresso che sarebbe stato l’industriale Carli l’artefice dell’incontro Berlusconi-Scajola si infuria e prende carta e penna. Il 2 maggio del 2001 scrive a Scajola: “Claudio non dimenticare mai che Berlusconi – solo mio tramite e con molto sacrificio, tu e il presidente lo sapete bene, – ha trovato in te l’asso (…) non ho proprio gradito le falsità riportate nel libro di Bruno Vespa – Scontro Finale – e quelle sull’intervista apparsa su L’esrpesso n. 10 firmata Guido Quaranta… farò un chiarimento pubblico sulla verità reale di come è avvenuto il tuo ingresso in Forza Italia e chi ti ha portato sul piatto d’oro Berlusconi. Ciò per fare chiarezza una volta per sempre sui nostri rapporti. Se però vuoi darmi tu chiarimenti su queste false notizie, ma in tempi molto ragionevoli, si potranno evitare – lavando in casa i… (panni ndr) – azioni che per me non hanno lo scopo di creare disturbo”.
NELLE LETTERE recapitate a Scajola e ai suoi collaboratori da Ledda, dalla compagna Maria Diliberto e dall’avvocato Giuseppe Arcadu (tutti morti) ci sono larvate minacce ben più gravi di quella di rivelare la verità sull’ingresso in Forza Italia. Si parla dell’aiuto dato da Scajola a Ledda durante la sua latitanza in Francia. Circostanze negate da Scajola, che al Fatto ha detto di ricordare a malapena il nome del pregiudicato “ma si chiamava Ledda o Leddu?”, ci ha risposto l’ex ministro. Talvolta è meglio rimuovere: Ledda (non Leddu) aveva un curriculum criminale negli archivi di polizia lungo due pagine. La condanna definitiva per violenza carnale gli costò il mandato di cattura nel giugno 1997, al quale sfuggì riparando in Francia. Ma la sua storia inizia nel 1969 con la prima condanna per ricorso abusivo al credito. Nel 1977 finisce in carcere e viene condannato per truffa. Nel 1982 è condannato per atti di libidine violenta ed è segnalato per appropriazione indebita, nel 1991 è arrestato ancora per violenza privata e per la violenza carnale. Nel marzo 1994 commette una truffa e un millantato credito che gli costano una condanna a 2 anni e nove mesi nel 2000. Nel frattempo parlava con Berlusconi e preparava l’ascesa di Scajola. Forza Italia.
LEDDA non mentiva quando diceva di conoscere Silvio Berlusconi. Questo sardo trapiantato a Milano nonostante il suo curriculum criminale di tutto rispetto ha chiamato i numeri riservati del Cavaliere una ventina di volte nell’arco di pochi mesi a cavallo tra il 1995 e il 1996. Scajola, nell’intervista al Fatto pubblicata domenica scorsa lo ha negato con tutte le sue forze, ma sono in tanti a ricordare il ruolo chiave li Ledda nell’ingresso trionfale dell’ex sindaco Dc di Imperia nel partito. Il Fatto ha sentito un testimone d’eccezione: Mario Valducci, 52 anni, presidente della commissione trasporti della Camera, uno dei fondatori di Forza Italia insieme a Silvio Berlusconi, al generale Luigi Caligaris e a pochi altri. Alla fine del 1995 quando Scajola entra in Forza Italia, Valducci è vicecoordinatore nazionale di Fi. “Sì ricordo che la segnalazione per l’ingresso di Scajola in Forza Italia arrivò da Mario Ledda”, dice Valducci senza imbarazzo, “Berlusconi mi chiamò e mi presentò Ledda per segnalarmi la possibile di favorire tramite Ledda l’entrata di Scajola in Forza Italia. Sul territorio però c’era qualche difficoltà ad accettarlo e quindi”, continua Valducci, “andai a Imperia e lì incontrai Scajola con Ledda e con il suo amico Pietro Isnardi e con l’altro imprenditore della città, Carli”. Anche Pietro Isnardi, imprenditore dell’olio e amico fraterno di Scajola, ricorda il ruolo di Ledda: “il mio responsabile commerciale aveva conosciuto in montagna questo Ledda. Mi disse che voleva che gli presentassi Scajola per favorire il suo ingresso in Forza Italia. Era un tipo bizzarro, girava con un’Alfa Romeo 164 e aveva 5 telefonini, si dava molte arie. Ma poi abbiamo scoperto che raccontava un sacco di balle e l’ho fatto anche arrestare per un’estorsione in Francia”.
IN REALTÀ, nei tabulati dei vecchi procedimenti siciliani sono depositate le tracce di una ventina di conversazioni tra Ledda e Berlusconi in quel periodo. Tra settembre del 1995 e il gennaio del 1996, risultano ben 15 telefonate dal telefono fisso milanese di Ledda alle utenze di Silvio Berlusconi a Roma nel palazzo di via dell’Anima. In un caso Ledda, il 25 novembre del 1995 contatta il Cavaliere sul suo numero personale di Macherio. Sono numerose anche le chiamate tra il cellulare di Ledda e i numeri delle ville del Cavaliere. Insomma non bisogna stupirsi se Ledda, quando in carcere legge sul libro di Bruno Vespa e sull’Espresso che sarebbe stato l’industriale Carli l’artefice dell’incontro Berlusconi-Scajola si infuria e prende carta e penna. Il 2 maggio del 2001 scrive a Scajola: “Claudio non dimenticare mai che Berlusconi – solo mio tramite e con molto sacrificio, tu e il presidente lo sapete bene, – ha trovato in te l’asso (…) non ho proprio gradito le falsità riportate nel libro di Bruno Vespa – Scontro Finale – e quelle sull’intervista apparsa su L’esrpesso n. 10 firmata Guido Quaranta… farò un chiarimento pubblico sulla verità reale di come è avvenuto il tuo ingresso in Forza Italia e chi ti ha portato sul piatto d’oro Berlusconi. Ciò per fare chiarezza una volta per sempre sui nostri rapporti. Se però vuoi darmi tu chiarimenti su queste false notizie, ma in tempi molto ragionevoli, si potranno evitare – lavando in casa i… (panni ndr) – azioni che per me non hanno lo scopo di creare disturbo”.
NELLE LETTERE recapitate a Scajola e ai suoi collaboratori da Ledda, dalla compagna Maria Diliberto e dall’avvocato Giuseppe Arcadu (tutti morti) ci sono larvate minacce ben più gravi di quella di rivelare la verità sull’ingresso in Forza Italia. Si parla dell’aiuto dato da Scajola a Ledda durante la sua latitanza in Francia. Circostanze negate da Scajola, che al Fatto ha detto di ricordare a malapena il nome del pregiudicato “ma si chiamava Ledda o Leddu?”, ci ha risposto l’ex ministro. Talvolta è meglio rimuovere: Ledda (non Leddu) aveva un curriculum criminale negli archivi di polizia lungo due pagine. La condanna definitiva per violenza carnale gli costò il mandato di cattura nel giugno 1997, al quale sfuggì riparando in Francia. Ma la sua storia inizia nel 1969 con la prima condanna per ricorso abusivo al credito. Nel 1977 finisce in carcere e viene condannato per truffa. Nel 1982 è condannato per atti di libidine violenta ed è segnalato per appropriazione indebita, nel 1991 è arrestato ancora per violenza privata e per la violenza carnale. Nel marzo 1994 commette una truffa e un millantato credito che gli costano una condanna a 2 anni e nove mesi nel 2000. Nel frattempo parlava con Berlusconi e preparava l’ascesa di Scajola. Forza Italia.