martedì 14 luglio 2020

Anche gli alberi praticano "il distanziamento sociale” per evitare le malattie. - KATHERINE J. WU

Nella foto gli alberi della canfora del Borneo (Dryobalanops aromatica) mostrano la cosiddetta “timidezza della corona” ...
Nella foto gli alberi della canfora del Borneo (Dryobalanops aromatica) mostrano la cosiddetta “timidezza della corona” presso il Forest Research Institute Malaysia. Questo fenomeno si verifica in alcune specie di alberi quando compaiono spazi tra le chiome che impediscono ai rami di toccarsi, formando spazi vuoti simili a canali. FOTOGRAFIA DI IAN TEH, NATIONAL GEOGRAPHIC

In una calda giornata di Marzo del 1982, il biologo Francis “Jack” Putz passeggiava nella foresta tra gli alberi di mangrovia nera in cerca di refrigerio dalla calura pomeridiana. Assonnato dopo il pranzo e stanco per le ore di lavoro sul campo nel Guanacaste National Park in Costa Rica, Putz decise di sdraiarsi per riposare. 
Guardò in alto verso il cielo: il vento agitava le cime delle mangrovie sopra di lui, facendo sì che le estremità degli alberi vicini si scontrassero, perdendo alcune foglie e spezzando alcuni dei rami più esterni. Putz notò che questa “potatura reciproca” aveva lasciato tracce di spazio vuoto tra le chiome.
Questa rete formata dagli spazi vuoti tra le cime degli alberi, nota come la “timidezza della corona”, è stata documentata in foreste di tutto il mondo. Dalle mangrovie del Costa Rica agli imponenti alberi della canfora del Borneo in Malesia, tutti disegnano linee di spazi vuoti tra le reciproche verdi chiome. Ma gli scienziati ancora non comprendono appieno il motivo per cui così spesso le cime degli alberi evitano di toccarsi.
40 anni fa, sotto le mangrovie, mentre si apprestava al suo riposino post pranzo, Putz pensò che anche gli alberi hanno bisogno del proprio spazio personale, ed è stato un ragionamento fondamentale verso la spiegazione dell’origine del “comportamento schivo” dei rami degli alberi.
“Faccio spesso grandi scoperte durante il momento del sonnellino”, afferma. 
Oggi, un corpus crescente di ricerche continua a sostenere le prime osservazioni di Putz e dei suoi colleghi. Il vento, a quanto pare, svolge un ruolo cruciale nell'aiutare molti alberi a mantenere le distanze. I confini “scavati” dagli scontri tra i rami possono migliorare l’accesso delle piante alle risorse, come ad esempio alla luce. Gli spazi tra le cime degli alberi potrebbero anche ridurre la diffusione di insetti che mangiano le foglie, piante rampicanti parassite o malattie infettive.
In un certo senso, la “timidezza della corona” è la versione arborea del distanziamento sociale, afferma Meg Lowman, biologa forestale e direttrice della TREE Foundation. “Impedendo alle piante di toccarsi fisicamente si può aumentare la loro produttività”, afferma. “Questo è il lato positivo dell’isolamento...gli alberi stanno in effetti proteggendo la propria salute”.

Zuffe in cima agli alberi 

Sebbene la letteratura scientifica abbia riportato descrizioni sul fenomeno della timidezza della corona fin dagli anni ‘20, sono passati diversi decenni prima che i ricercatori iniziassero ad approfondire sistematicamente gli studi sulla causa di questo fenomeno. Alcuni scienziati inizialmente ipotizzarono che gli alberi semplicemente evitassero di riempire gli spazi tra le loro chiome per non creare una mancanza di luce – risorsa fondamentale per la fotosintesi – nei punti in cui le fronde si sovrapponevano.
Ma nel 1984 il team di Putz pubblicò una ricerca che indica che in alcuni casi la “timidezza della corona” può essere semplicemente il risultato di una “battaglia” tra gli alberi mossi dal vento, ognuno dei quali fa a gara per far germogliare nuovi rami e parare i colpi degli alberi vicini. Questa ricerca mostrava che più le mangrovie erano soggette al movimento indotto dal vento, più le loro chiome apparivano distanziate dagli esemplari vicini. Questi sono alcuni dei primi risultati a sostegno della cosiddetta “ipotesi di abrasione” per spiegare le strutture di questi alberi.
Circa due decenni dopo, un team guidato da Mark Rudnicki, biologo presso la Michigan Technological University, misurò le forze che muovevano i Pinus contorta ad Alberta, in Canada. Scoprirono che le foreste ventose piene di tronchi alti, affusolati e di altezza simile erano particolarmente inclini al fenomeno della timidezza della corona. E quando Rudnicki e il suo team usarono corde di nylon per evitare che i pini vicini si scontrassero, questi crescevano intrecciando le chiome, riempiendo gli spazi tra le loro corone.
Altri scienziati hanno trovato prove che esistono probabilmente diversi motivi per cui gli alberi arrivano a creare questa “timidezza della corona”, e alcuni sono forse meno aggressivi dell’ipotesi delle baruffe ventose. Ad esempio, Rudnicki afferma che alcuni alberi potrebbero aver imparato a smettere proprio di crescere alle estremità, rilevando il fatto che le nuove fronde verrebbero comunque spogliate. 
Gli alberi potrebbero così evitare danni inutili, afferma Inés Ibáñez, ecologa forestale presso l’Università del Michigan. “La formazione di nuovi tessuti è un processo molto dispendioso per le piante... è come se gli alberi fossero previdenti: qui è meglio non crescere perché non ne vale la pena”.
Alcuni alberi potrebbero essere in grado di spingersi oltre in questo comportamento previdente, utilizzando uno specifico sistema sensoriale per rilevare le sostanze chimiche rilasciate dalle piante vicine. “C’è una crescente raccolta di studi sul sistema cognitivo delle piante”, afferma Marlyse Duguid, silvicoltrice e orticoltrice presso l’Università di Yale. I dati sulla comunicazione chimica tra le piante arboree sono scarsi, ma se gli alberi riescono a percepirsi a vicenda, potrebbero essere in grado di arrestare la crescita della canopia prima di essere costretti a scontrarsi.

I vantaggi del proprio spazio personale. 

Indipendentemente da come si verifichi il fenomeno della timidezza della corona, la separazione tra le chiome probabilmente porta dei vantaggi. “Le foglie sono come i diamanti più preziosi dell’albero, vanno protetti a tutti i costi”, afferma Lowman. “Quando un’intera fronda viene eliminata, è un terribile disastro per l’albero”.
Il fogliame più rado potrebbe anche aiutare a far penetrare la luce del sole fino a raggiungere il suolo della foresta, nutrendo la vegetazione che cresce a terra e gli animali che a loro volta sostengono la vita arborea. Putz pensa che gli spazi vuoti tra le chiome possano persino aiutare gli alberi a evitare le invasive piante rampicanti legnose chiamate liane, comuni nelle foreste tropicali e temperate di tutto il mondo, o a proteggere le piante da microbi patogeni e insetti incapaci di volare che usano la canopia come passaggio tra gli alberi (alcuni germi e insetti potrebbero teoricamente saltare quando le fronde degli alberi si intersecano nella brezza del vento).
Molti di questi possibili vantaggi, tuttavia, devono ancora essere definitivamente collegati al fenomeno della timidezza della corona. Lo strato canopico delle foreste, ovvero le cime di alcune delle piante più alte del mondo, non è facile da studiare, afferma Lowman, sedicente “arbonauta” e una delle poche scienziate che si è costruita una carriera studiando le volte delle foreste. Esaminare la cima degli alberi richiede un bel po’ di abilità nell’arrampicata, equilibrio e coraggio. “Il fattore limitante è rappresentato dalla forza di gravità che ci impedisce di raggiungere agilmente quei punti”, afferma.
Eppure, ignorare la canopia di un albero è come cercare di capire il corpo umano studiandolo soltanto dalla vita in giù, afferma Lowman. Le corone degli alberi pullulano di vita, e gran parte di questa biodiversità potrebbe essere ancora da scoprire, specialmente nelle aree tropicali.
Per fortuna, “non è necessario prendere l’aereo” per ammirare il fenomeno della timidezza della corona, afferma Putz, “è qualcosa che accade tutto intorno a noi, e uno spettacolo sorprendente per le persone che alzano lo sguardo e lo notano”.

“Il mercato non è Dio e la meritocrazia è solo un grande bluff ”. - Antonella Caporale.

“Il mercato non è Dio e la meritocrazia è solo un grande bluff ”

Pietro Modiano - Il banchiere turbo milanese.
“Il mercato non è Dio, come si pensava, e dovrà vedersela con lo Stato. Il Covid ha ammaccato il turbo capitalismo. E per me è una buona notizia”.
lIl banchiere Pietro Modiano, che ha appena ridato da commissario straordinario un po’ di fiato al corpo quasi esanime di Carige, la banca di Genova caduta sotto il ponte dei suoi crediti ammalorati, era – prima del Covid – un turbo milanese.
“Anch’io pensavo che fosse giusto dire ‘Milano non si ferma’. Anch’io pensavo che il virus non potesse intaccare una cultura, una modalità di vita, il rating sociale ed economico della città”.
La capofila del Pil.
L’idea sbagliata ma consacrata nei sacri testi del “turbocapitalismo” di una ascesa senza limiti, senza correzioni, senza condizioni.
Il Covid ha messo in mutande le economie più ricche del mondo.
Ha disvelato la fragilità della convinzione posta a premessa: la certezza che il mercato – grazie anche alla crisi dei titoli sovrani del 2011 – fosse l’unico altare al quale inginocchiarsi. E le sue regole fossero così perfette che niente poteva ingiuriarlo. Mercato uguale Dio.
Voi banchieri ne avete di colpe.
Io ho fatto carriera durante gli anni di tangentopoli. Le privatizzazioni significavano anche (e giustamente) la liberazione dalla manomorta dello Stato e da un po’ di giudici. Era un processo di emancipazione civile contro il clientelismo di Stato, l’etica macchiata dalle mazzette, il risultato operativo dalle convenienze.
Il privato bello e pulito, il pubblico sporco e cattivo.
Ecco la lezione del Covid.
Il Covid ha preso di mira voi ricchi.
Wuhan, Milano, Londra, New York. Ha messo paura anche perché ha colpito gli anziani, e la classe dirigente mondiale è over sessanta. Non so se questo ha contribuito ad attivare una risposta così possente. Ci sarebbe stata la stessa risposta se invece fosse toccato ai giovani? Adesso il virus fa strage nei Paesi poveri e continua la sua rivoluzione.
Negli anni Settanta e oltre per garantire la pace si investiva nell’industria bellica.
Quanti miliardi spesi! Vinceva l’idea che più armi girassero meno voglia di fare guerre ci sarebbe stata. Io mi riarmo, tu anche. L’equilibrio della forza. Ora il Covid ci ingiunge di badare di più alla nostra salute e a evitare la catastrofe ecologica. Mi sembra che il punto di vista stia cambiando di molto.
Voi banchieri ve ne accorgete sempre per ultimi delle rivoluzioni.
Le banche procedono come un gregge, non hanno politiche diversificate, processi autonomi e originali di decisione. L’apertura o la chiusura del rubinetto dei finanziamenti è un procedimento quasi collettivo, una spedizione comunitaria. Non li troverà mai in ordine sparso. Le banche come tanti altri soggetti hanno creduto che non ci fosse altro Dio che il mercato.
E invece ci sono gli ospedali da riparare.
Ecco, per esempio. Noi lombardi vivevamo l’età dell’eccellenza. Increduli, abbiamo notato quante falle avesse il sistema sanitario.
Vi siete stupiti che toccasse a voi e non ai napoletani.
Anche molto stupiti, sì.
C’è stato il tracollo della supremazia, dell’idea della vita verticale, una corsa a gonfiare il conto in banca senza mancare l’aperitivo delle sette di sera.
E infatti ora siamo a dire che la crescita economica dev’essere sostenibile con l’ambiente, e che alcuni compiti non possono essere delegati ai privati ma garantiti dal pubblico. Che dev’essere un competitor e non una macchietta.
Quante cose dovremo cambiare.
Tra le tante cose da cambiare c’è anche la professione di fede assoluta nella meritocrazia.
Ah, il merito!
Le società più ferme, dove l’ascensore sociale è bloccato al pian terreno, sono le britanniche e le statunitensi perché la diseguaglianza tra le classi sociali lì è più evidente. E perciò il merito, tra diseguali, avvantaggia spesso chi ne ha di meno. Dobbiamo spiegarlo una buona volta.
Nell’Italia di oggi lei verrebbe classificato come un pericoloso estremista di sinistra.
Lei dice?
Leggi un articolo e, già alle prime battute, ti rendi conto che tutto ciò che ci circonda, a cominciare dal libero pensiero, e finendo al comportamento umano, è sbagliato.
Che importanza può avere essere miliardario se poi basta un piccolo virus a mettere in discussione tutto il tuo operato?
Forse bisognerebbe fare mente locale e dedicarsi ad altre attività più appaganti, più meritorie.
Che senso ha assistere a gente che specula ed arricchisce a dismisura quando c'è chi non ha nulla e manca dell'indispensabile? Che senso ha fare guerre per appropriarsi di altri territori se la terra, mugnifica, è tanto grande da poterci ospitare e sostenere tutti nel migliore e soddisfacente dei modi?
Siamo stupidi ingrati, potremmo godere ogni attimo della nostra vita vivendo liberi di godere del paradiso che la terra ci offre, ma dedichiamo il nostro tempo a massacrarci in attività improduttive per l'anima e produttive per le tasche di ingordi shiavisti. c.

Decapitazioni, suicidi e stupri di bambini. La chat dell’orrore dei venti minorenni. - Giacomo Salvini

Decapitazioni, suicidi e  stupri di bambini. La chat dell’orrore dei venti minorenni
A scoprire che il figlio, un 15enne di Lucca, era l’amministratore della “chat dell’orrore”, è stata la madre. Una volta scoperti quei video pedopornografici con protagoniste delle minorenni, si è insospettita e ha denunciato tutto alla polizia postale. Solo che in quella conversazione non c’erano solo immagini di abusi su bambini molto piccoli (tra i 2 e i 4 anni), ma anche – ed è questa la novità su cui si concentrano gli investigatori – uno scambio frequente di immagini gore, video amatoriali di persone e animali uccisi in maniera truculenta, provenienti dal deep web. Così è partita l’indagine “Dangerous Images” della polizia postale della Toscana, coordinata dalla Procura dei minori di Firenze guidata da Antonio Sangermano, che dopo cinque mesi ha portato alla denuncia di 20 adolescenti tra i 13 e i 17 anni in tutta Italia. Al momento la Procura indaga per detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico e istigazione a delinquere, ma non è escluso che l’inchiesta possa estendersi ad altre persone maggiorenni: in quel caso a intervenire sarebbe la magistratura ordinaria.
La madre, prima si è fatta raccontare da dove provenissero quei video e poi ha consegnato lo smartphone alla polizia postale. Grazie all’analisi delle chat di Whatsapp e Telegram, gli investigatori sono riusciti a ricostruire gli iscritti al gruppo, che non si conoscevano tra loro, e chi si scambiava il materiale. Da qui ieri mattina sono scattate le perquisizioni della polizia postale, coordinate dal Centro nazionale contrasto alla pedopornografia online (Cncpo), nei confronti di 20 minorenni in tutta Italia, da Milano, Pavia, Varese, passando per Pisa, Lucca, Roma, Lecce e Napoli. Sette sono tredicenni quindi non imputabili. Nei telefoni dei ragazzini sono stati ritrovati “elementi di riscontro inconfutabili”: da una parte lo scambio frequente di materiale pedopornografico con scene di abusi su bambini piccoli anche tramite stickerse, dall’altra decapitazioni di uomini e animali, suicidi, mutilazioni e stupri di bambini. Tutti file provenienti dal deep web estrapolati anche dallo stesso 15enne e condivisi su Telegram. Nella chat valeva la “legge del prestigio”: chi era in grado di condividere con maggior frequenza i video più rari e truculenti assumeva più rispettabilità nei confronti degli altri membri della chat. Una volta condiviso un video di uno sgozzamento o di una mutilazione partiva una sorta di competizione per trovare immagini ancora più violente generando una spirale senza fine.

Le mani della 'ndrangheta sui fondi per l'emergenza Covid: otto arresti per fatture false e autoriciclaggio. - Sandro De Riccardis

Le mani della 'ndrangheta sui fondi per l'emergenza Covid: otto arresti per fatture false e autoriciclaggio

Dalle indagini della Dda di Milano è emerso che una persona inserita in una cosca ha ottenuto i contributi a fondo perduto e voleva beneficiare anche dei finanziamenti per le imprese previsti per l'emergenza Covid.

Una frode fiscale nel settore del commercio di acciaio, con società produttrici di fatture false e prestanome, che ha portato all'arresto di otto persone legate alla 'ndrangheta, e sequestri per 7,5 milioni di euro. Con uno degli affiliati alle cosche calabresi che ha presentato e ottenuto per tre società che hanno partecipato alla frode i contributi a fondo perduto per l'emergenza Coronavirus del decreto legge 34 del 19 maggio 2020. Tentando anche di ottenere, e ne avevano fatto richiesta, i finanziamenti per il sostegno alle imprese dovute alla crisi del Covid previsti dal decreto legge 23 dell'8 aprile 2020.

Nell'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano, con il procuratore aggiunto Alessandra Dolci e il pm Bruna Albertini, il Nucleo di polizia economico tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha individuato le infiltrazioni della 'ndrangheta nel tessuto economico lombardo, con uomini del clan Greco di San Marco Marchesano, in provincia di Crotone, federato col potente clan Grande Aracri di Cutro, potentissimo in Emilia Romagna e al centro del maxiprocesso Emilia.

Attraverso diverse imprese, tutte gestiti da uomini della cosca attraverso prestanome, sono state svelate dagli investigatori condotte di autoriciclaggio dei proventi illeciti per oltre mezzo milione di euro, in parte trasferiti in Bulgaria e Inghilterra. Il clan ha incassato fondi attestando un volume d'affari non veritiero, perché basato su fatture false.

https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/07/14/news/coronavirus_ndrangheta_alla_ndrangheta_i_fondi_per_l_emergenza_coronavirus_otto_arresti_per_fatture_false_e_autoriciclaggio-261883938/?ref=RHPPTP-BH-I261866455-C12-P1-S1.8-T1 

Autostrade: Guerra Conte-Aspi.Muro Iv,tensioni governo su revoca. - Michele Esposito


La situazione Autostrade.

Attesa per il Cdm. Sponda Pd al premier. Timori soci stranieri. Colle segue vicenda.

I Benetton fuori dalla gestione di Autostrade. L' obiettivo di Giuseppe Conte, dopo il cambio di passo sul dossier Aspi, è innanzitutto questo. Ed è un obiettivo sul quale si innesca una guerra totale tra il capo del governo e Atlantia, la holding che gestisce l'88% delle quote di Autostrade.
Intanto parla il presidente di Edizione. "Quello che è accaduto - dice Gianni Mion - il crollo del ponte di Genova, le vittime e le sofferenze provocate, quello che è emerso dopo la tragedia, rende comprensibile la posizione del Presidente del Consiglio. E' tuttavia nostro dovere difendere le due aziende, Aspi ed Atlantia, ed i loro dipendenti, finanziatori ed azionisti. Mi auguro che si possa trovare una soluzione equa nell'interesse di tutti: cittadini, lavoratori, risparmiatori ed investitori".
Conte sceglie di rigare dritto, mettendo sul tavolo la concreta possibilità della revoca e azzerando i mugugni del Movimento. Ma quando oggi il premier farà la sua informativa in Cdm, il rischio della conta è dietro l'angolo.
Perché il dossier Aspi riapre la falla tra Conte e Iv. "No a slogan populisti, la revoca è facile da dire, difficile da fare", sottolinea Matteo Renzi mentre in serata Michele Anzaldi, schierandosi di fatto al fianco di Matteo Salvini che annunciava una segnalazione alla Consob sulle parole del premier, attacca: "il crollo di Atlantia in Borsa ha danneggiato migliaia di piccoli azionisti.E' inevitabile una verifica dell'organo di vigilanza".
Sulla linea dura, oltre a Leu si allinea anche il Pd, e lo fa con Nicola Zingaretti: "La lettera di Aspi è deludente, i rilievi del premier sono giusti", spiega il segretario Dem, che chiede un assetto societario che veda lo Stato al centro di una nuova compagine azionaria. Rilievi, quelli di Conte, che il premier in una doppia intervista a La Stampa e al Fatto Quotidiano, mette nero su bianco: "I Benetton ci prendono in giro, questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull'altare dei loro interessi privati". L'intervista arriva come un macigno nel dibattito politico e sui mercati con il tonfo del titolo di Aspi in Borsa. E la replica dei Benetton non si fa attendere.
"Abbiamo sempre rispettato le istituzioni: quando in passato è stata sollecitata ad entrare in diverse società così come oggi", è il messaggio che filtra da ambienti vicini agli imprenditori veneti. Ma Conte va per la sua strada. E il dossier Autostrade lo "segue" anche al castello di Meseberg, nel bilaterale con la cancelliera Angela Merkel. Fonti qualificate di governo negano che il nodo Aspi sia stato oggetto del colloquio tra Conte e Merkel ma, di certo, è tra i protagonisti della conferenza stampa congiunta che segue al bilaterale. Prima di salutare il suo omologo italiano, la cancelliera si lascia scappare una battuta: "sono molto curiosa di sapere come andrà il Cdm".
Forse perché dentro c'è anche, come socio di minoranza, la tedesca Allianz. Il blitz di Conte, di certo, mette in allarme l'altro socio di minoranza, il fondo cinese Road Silk, che, chiede "notizie" all'ambasciatore italiano a Pechino.
Alle 11 (ma il Cdm potrebbe slittare nel pomeriggio) il dossier ci sarà. "Tutti i ministri saranno nelle condizioni di conoscere i dettagli" della vicenda, "ora è necessaria una decisione", ribadisce il premier. Riunione che non sarà decisiva per le sorti di Aspi ma durante la quale non è esclusa una conta con tanto di nuovo scontro interno al governo. "Non arretreremo", avverte il capo politico Vito Crimi. "Abbiamo massima fiducia nelle parole di Conte", sottolinea Luigi Di Maio attaccando, allo stesso tempo, Matteo Salvini: "falso e ipocrita, al governo era alleato dei Benetton".
"Se sei un uomo delle istituzioni, non fai come al bar, aspetti la magistratura", è invece l'attacco che Renzi, in serata, recapita a Palazzo Chigi. La linea di Conte, al di là delle tensioni, ha tuttavia delle affinità sia con quella del Pd e anche con quella di Iv: la centralità dello Stato, magari attraverso Cdp (citata da Renzi), nella futura società di gestione di Autostrade.
Il nodo sta nella quota che, nelle strategie dei partiti, deve restare nelle mani dei Benetton: Pd - e soprattutto Iv - sono più possibilisti laddove il M5S li vuole letteralmente fuori dal Cda di Aspi. La vicenda, non a caso, viene seguita con attenzione anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che auspica che la questione si risolva nel migliore dei modi e senza contraccolpi nel governo. Contraccolpi che, nel M5S, sono ben evidenti. Tanto che, a sera, un'autorevole fonte pentastellata spiega: "se superiamo lo scoglio Aspi il governo avrà vita lunga, magari con la possibilità di un rimpasto a settembre".
Resta da vedere se davvero il governo arriverà ad imporre una revoca ( o una decadenza del contratto, che potrebbe avere ripercussioni finanziarie minori). Il dl milleproroghe dà a Conte la possibilità di farlo. Le conseguenze economiche e politiche sono tutte da decifrare. "In caso di revoca abbiamo delle soluzioni", assicura il premier gettando acqua sul fuoco dalla Germania.

Rumori fuori scena. - Marco Travaglio

Dissonanza Cognitiva: Contraddizioni, Incoerenze, Comportamento
L’altroieri, mentre Giuseppe Conte rispondeva alle mie domande sulla faccenda Autostrade facendo a pezzi i Benetton con la durezza ponderata e documentata che tutti i lettori hanno potuto constatare, si accavallavano un bel po’ di pensieri.
1) Mai un presidente del Consiglio italiano aveva detto parole così nette e definitive contro uno dei veri poteri forti che ammorbano l’Italia dalla notte dei tempi.
2) Chi dipinge Conte come un democristiano indeciso a tutto fuorché ai rinvii, che tira a campare a ogni costo senza mai decidere nulla per non scontentare nessuno, non ha capito nulla.
3) Forse non avevamo tutti i torti quando, in beata solitudine, tentavamo di spiegare a un Paese che ha digerito di tutto che l’attuale presidente del Consiglio, pur con i suoi errori, è la figura che più si avvicina a ciò che dovrebbe essere un presidente del Consiglio.
4) Per queste ragioni, il rischio di una crisi di governo è concretissimo, perché è su questioni di sostanza – quelle che toccano gli interessi privati e le pretese di impunità del Partito degli Affari&Malaffari, non le chiacchiere politichesi dei retroscenisti da giornalone – che in Italia cadono i governi: il Conte1 venne giù sul Tav e la prescrizione; il Conte2 sarebbe caduto sulla prescrizione se non fosse arrivato il Covid-19; ora le concessioni autostradali miliardarie ai prenditori trevigiani sono un’ottima ragione per un ribaltone (basta misurare i litri di bava alla bocca di Sabino Cassese, grande sponsor dei Benetton dopo aver fatto parte del Cda del gruppo autostradale dal 2000 al 2005, per poi uscirne – secondo dati mai smentiti – con 700 mila euro fra gettoni di presenza e consulenze). Così come potrà esserlo il Mes, il prestito europeo (da restituire) che tutti dipingono come manna dal cielo perché troppi sognano di mettere le mani su quei 37 miliardi destinati alla sanità: i ras delle cliniche private (spesso editori di giornali), i presidenti di Regione e i loro partiti a caccia di un bancomat per le loro campagne elettorali, non avendo fra l’altro capito che quei soldi non andrebbero comunque in spese e debiti aggiuntivi (i nuovi investimenti nella sanità sono già stati finanziati dal governo e il Mes, se mai arriverà, andrà a coprire tutt’altre spese).
5) Il vero discrimine che fende trasversalmente la politica italiana non è né quello tra destra e sinistra, né quello fra populisti e antipopulisti, ma quello fra chi persegue l’interesse pubblico e chi gli interessi privati. E qui, oltre alle reazioni ampiamente prevedibili del Pd (svenimenti e pigolii in ordine sparso) e dell’Innominabile (Forza Benetton) all’intervista di Conte, colpisce quella dei 5Stelle. Che non hanno proprio reagito: encefalogramma piatto.
Fra i big solo Di Battista – quello che nel fumettone retroscenistico sarebbe il più anti-Conte e comunque non sta né nel Parlamento né al governo – plaude al premier, notando che parla come dovrebbe parlare un 5Stelle, ma come nessun 5Stelle parla più. Dagli altri, solo silenzi: come se Conte non l’avessero scelto loro, con formidabile ritorno di immagine e di sostanza che ha spazzato via tutti i luoghi comuni sul M5S inaffidabile e incompetente. Se il premier, anche due mesi dopo la fine del lockdown, mantiene consensi così alti (ben oltre il recinto la coalizione giallorosa), chi lo ha scelto dovrebbe sventolarlo come una bandiera. Invece, anziché vantarsene e appropriarsene, è come se i 5Stelle non lo sentissero come il “loro” premier e temessero la sua popolarità: un “premier amico” e nulla più, per usare la gelida definizione che De Gasperi diede nel 1953 del governo Pella per prenderne le distanze (“governo amico”). Anche quando Conte parla la loro lingua delle origini e mette la testa sul tagliere di una loro battaglia identitaria come quella su Autostrade. Colpisce soprattutto il silenzio di Luigi Di Maio. Non che il suo nuovo stile di ministro degli Esteri sia sbagliato, anzi. Un anno fa inseguiva il Cazzaro Verde nelle gare di rutti e perdeva sempre, perché il campione nazionale di quello sport è solo uno. Ma un conto è parlare poco e soprattutto di affari internazionali, un altro è incontrare Mario Draghi e Gianni Letta senza spiegare il perché. Che c’entra l’ex governatore Bankitalia ed ex presidente Bce con la Farnesina? E che ci azzecca il vecchio lobbista del Partito Mediaset, privo d’incarichi politici e istituzionali? Lo sanno anche i bambini scemi che Draghi è suo malgrado il candidato dei poteri forti per il governo di larghe imprese che nei loro sogni dovrebbe rovesciare il Conte 2; e che Letta sr. è l’emissario (reo confesso di una tangente e salvato dalla prescrizione) del pregiudicato B., delle sue aziende e delle sue trame per rientrare in gioco, farsi gli affari suoi nelle tv e nella fibra e magari scegliersi pure gli arbitri dell’Agcom.
Due anni fa Di Maio si giocò la premiership per non stringere la mano pubblicamente né parlare privatamente a B.. Ora si scopre che, tra il lusco e il brusco, stringe la mano e parla segretamente al braccio destro di B.. Intanto, da dieci giorni, né lui né alcun altro big M5S dicono una parola contro la vergognosa riabilitazione di B. a opera di mezzo Pd, dell’Innominabile e dei giornaloni al seguito. Gli elettori, se non alle mitiche dirette streaming, avrebbero diritto almeno a una spiegazione. Diceva Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

Danno da 2 milioni: i finanzieri da Arcuri. - Valeria Di Corrado - Il Tempo




Va avanti come un treno l’ inchiesta della Corte dei conti del Lazio sugli emolumenti «extra» che avrebbe in debitamente percepito Domenico Arcuri nella veste di amministratore delegato della società Invitalia, partecipata al cento per cento dal ministero dell’ Economia e delle Finanze.
Giovedì i finanzieri del nucleo di Polizia economico -finanziaria di Roma, su ordine del vice procuratore Massimo Lasalvia, hanno notificato all’ attuale commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere necessarie a far fronte all’ emergenza Covid-19 un atto di costituzione in mora, con il quale si chiede ad Arcuri e ad altre 14 persone di restituire entro 10 giorni all’ erario 1,9 milioni di euro. Con questo atto si interrompe infatti il termine della prescrizione, che nella giustizia contabile è di 5 anni.
L’ indagine è partita guando, il 7 dicembre 2016, la sezione del Controllo sugli enti della Corte dei conti ha trasmesso alla procura regionale del Lazio le criticità riscontrate dal controllo eseguito dai magistrati sulla gestione finanziaria relativa all’ anno 2014 dell’ Agenzia nazionale per l’ attrazione degli investimenti e sviluppo d’ impresa spa (Invitalia).
Secondo la nuova normativa, infatti, tale società avrebbe dovuto adeguare il compenso dell’ amministratore delegato all’ 80% del limi te massimo retributivo di 240.000 euro annui, cioè di 192.000 euro annui.
Allo stesso modo avrebbe dovuto adeguare il compenso del presidente del consiglio di amministrazione al limite massimo del 30% dell’ ad, cioè a 57.600 euro. È emerso invece che Arcuri, amministratore di Invitalia dal lontano 2007 e tutt’ oggi in carica, nel corso del 2014 abbia avuto un compenso complessivo pari a 617mila euro e che l’ ex presidente del cda Giancarlo Innocenzi Botti per quell’ anno abbia percepito 151mila euro, tra indennità e rimborso spese.
Entrambi, quindi, avrebbero sforato il tetto massimo previsto dalla legge. E lo avrebbero fatto anche l’ anno precedente e gli anni successivi.
Eppure, in un’ intervista del 26 marzo 2014 a «La Repubblica», Arcuri si era vantato di essere uno dei pochi manager pubblici in Italia ad essersi ridotto lo stipendio, riparametrandolo ai risultati raggiunti: «Se si accetta di lavorare per la cosa pubblica si deve accettare di prendere un po’ di meno». Alla domanda specifica del giornalista su quanto guadagnasse in quel momento, Arcuri rispose: «Trecento mila euro l’ anno, tutto compreso».
Ma gli accertamenti dei magistrati contabili della sezione Controllo hanno dimostrato che prendeva esattamente il doppio di quanto dichiarato nell’ intervista.
L’ andazzo non è cambiato nemmeno negli anni successivi: nel 2015 Arcuri aveva percepito 419mila euro complessivi; mentre Innocenzi Boni 156mila. Nel 2016, il primo sempre 419mila euro; il secondo 127mila.
Nel 2017 l’ attuale commissario al Co vid aveva guadagnato 265mila euro (a fronte di un limite di 192mila) e l’ ex presidente del cda 109mila (a fronte di un limite di 57.600 euro). Insomma, dal 2013 al 2017, Arcuri avrebbe percepito 1,4 milioni di euro in più di quanto prevede la legge, Innocenzi Boni 323mila euro in più e il presidente pro -tempore Claudio Tesauro 120mila euro in più.
Per cui si arriva a un presunto danno erariale, contestato dai pm, pari a 1.911.160 euro addebitabile ai consiglieri del cda di Invitalia, ai membri del consiglio sindacale della società chiamati a dare il loro parere sulle remunerazioni e al responsabile della direzione VII del Dipartimento del Tesoro, Francesco Parlato, che avrebbe omesso i dovuti controlli.
Due dei sindaci chiamati a rispondere del danno ricoprono lo stesso incarico in Mediocredito Centrale -Banca del Mezzogiorno, società acquisita da Invitalia nell’ agosto 2017. Un mese dopo è stato nominato amministratore delegato Bernardo Mattarella, nipote del Presidente della Repubblica.
Consultando oggi il sito di Invitalia non viene riportata l’ attuale retribuzione di Arcuri, che ad aprile si era scagliato contro le «sentenze dailiberisti sul divano con un cocktail in mano», riferendosi a chi rivendicava che il prezzo finale della mascherine doveva essere fissato dal mercato e non dallo Stato.
https://infosannio.com/2020/07/11/danno-da-2-milioni-i-finanzieri-da-arcuri/