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mercoledì 17 marzo 2021

Spese folli da Covid, così Arcuri ha sgonfiato i conti alle Regioni. - Ilaria Proietti

 

Quanto vale lo scalpo di Domenico Arcuri? Per le Regioni che non l’hanno mai amato, centinaia di milioni di euro. Quelli che difficilmente avrebbero ottenuto dal commissario defenestrato giusto alla vigilia della maxi-operazione per rifondere le spese per l’emergenza coronavirus sostenute dai governatori e a cui la struttura di Arcuri ha osato fare i conti in tasca. Conti che non tornano, a una ricognizione aggiornata all’8 marzo.

Ma riavvolgiamo il nastro al 19 giugno dello scorso anno, quando le Regioni avevano consegnato le tabelle delle spese sostenute per l’emergenza coronavirus dal 31 gennaio al 31 maggio 2020. Un conticino provvisorio da 4,1 miliardi di euro, di cui la metà serviti per assicurare l’assistenza alla popolazione nei Covid hotel, per la distribuzione di generi alimentari e di igiene personale a domicilio, per gli oneri legati all’impiego del volontariato di Protezione civile o per allestire tende e container per i triage da campo.

L’altra metà, ossia 2 miliardi, se ne era andata per l’acquisto di farmaci, kit medici, tamponi, apparecchi medicali come i ventilatori, maschere facciali, camici, guanti e mascherine che le Regioni avevano dichiarato di aver speso nonostante ricadessero nei dispositivi di tipo A, B e C per i quali nel frattempo Arcuri aveva disposto l’acquisto centralizzato e la distribuzione direttamente dalla centrale unica in capo alla struttura commissariale. Con cui, per via di tali acquisti, le Regioni avevano avuto un approccio pessimo fin da quando, ad aprile 2020, era stato loro comunicato lo stop all’autorizzazione di acquisti a valere sul fondo nazionale: se proprio avessero voluto fare da sé, i governatori avrebbero ben potuto spendere, ma a patto che si trattasse di fondi propri. Qualche Regione a quel punto aveva dichiarato il rischio di bancarotta, ma senza smettere di acquistare come se non ci fosse un domani denunciando le inefficienze del commissario: il governo per quietare gli animi aveva rassicurato tutti sollecitando però le necessarie rendicontazioni. Su cui Arcuri aveva messo al lavoro il suo staff, anche perché la dimensione degli importi presentati aveva da subito imposto una puntuale ricognizione delle spese. Come quelle della Regione Lombardia guidata dal leghista Attilio Fontana, tanto per fare un esempio. Che aveva dichiarato di aver sostenuto nei primi 5 mesi dell’emergenza una spesa di quasi 900 milioni di euro per ottenere i risultati che già allora erano sotto gli occhi di tutti.

Di questa cifra da capogiro, le spese per mascherine, ventilatori e dispositivi analoghi erano inizialmente circa 376 milioni: la ricognizione effettuata dalla struttura commissariale aggiornata all’inizio di marzo di quest’anno ha avuto l’effetto di sgonfiare il conto a quota 161 milioni, euro più euro meno. Peraltro in buona parte spesi in deroga agli ordini del commissario. E che dire della Sicilia di Nello Musumeci? Quasi 350 milioni di spese dichiarate in cinque mesi, di cui 195 per i famosi dispositivi di categoria A, B e C (il cui acquisto in teoria competeva al commissario) e che, rendicontazioni alla mano, sono stati rettificati a quota 66 milioni. E ancora il Piemonte con un cahier de doleances iniziale di 420 milioni, di cui 159 milioni per mascherine, kit e apparecchiature varie che a spulciare le fatture vere corrispondono a 120 milioni. Alla fine, mettendo a confronto il conto presentato da tutte le Regioni a giugno con quello rettificato dalla struttura commissariale, viene fuori una differenza di 390 milioni: se le spese dichiarate a ogni latitudine della penisola ammontavano a circa 2 miliardi, la ricognizione dell’8 marzo di quest’anno dice che la cifra effettivamente spesa è pari a poco più di 1,6 miliardi. E di questi 1,6 miliardi, circa il 38 per cento risulta essere stato speso dopo l’8 aprile, ossia in un’epoca in cui non erano più autorizzati acquisti sui fondi nazionali.

Arcuri, del resto, ha avuto da dire anche per i rimborsi dovuti per la primissima fase dell’emergenza. Quando il Dipartimento della Protezione civile aveva trasferito al commissario straordinario (nominato dal governo Conte il 18 marzo, ndr) le spese ad allora autorizzate condizionatamente alle regioni nella loro qualità di soggetti attuatori, era iniziato un vero e proprio braccio di ferro: dei 329,8 milioni inizialmente trasferiti, le regioni avevano formalizzato una richiesta di rimborso per 140 milioni di cui 133 ritenuti congrui. Il commissario aveva sganciato un acconto del 50 per cento riservandosi di saldare eventualmente il resto all’esito dell’attività di controllo.


martedì 2 marzo 2021

Draghi nomina il gen. Figliuolo nuovo commissario per l'emergenza Covid.

Il generale Francesco Paolo Figliuolo.

 A Domenico Arcuri il ringraziamento del governo per l'impegno e la dedizione.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha nominato il Generale di Corpo d'Armata Francesco Paolo Figliuolo nuovo Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19. A Domenico Arcuri i ringraziamenti del governo per l'impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese.

Arcuri, onorato di aver servito il Paese  - "Oggi si è conclusa la mia esperienza da Commissario per l'Emergenza Covid 19.

E' stato un anno straordinario e sono riconoscente a chi mi ha dato la possibilità di occuparmi della più grande emergenza che la storia recente ricordi. Sono onorato di aver potuto servire il mio Paese in una stagione così drammatica. Auguro al generale Francesco Paolo Figliuolo buon lavoro, certo che saprà affrontare con competenza il compito cui è stato chiamato". Così l'ex Commissario per l'Emergenza, Domenico Arcuri.

Figliuolo dal 2018 è comandante logistico esercito - Il generale Francesco Paolo Figliuolo, nominato da Draghi nuovo commissario all'emergenza Covid, è originario di Potenza, ha maturato esperienze e ricoperto molteplici incarichi nella Forza Armata dell'Esercito, interforze e internazionale. Ha ricoperto l'incarico di Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, dal 7 novembre 2018 è Comandante Logistico dell'Esercito. In ambito internazionale ha maturato esperienza come Comandante del Contingente nazionale in Afghanistan, nell'ambito dell'operazione ISAF e come Comandante delle Forze Nato in Kosovo (settembre 2014 - agosto 2015). Il generale Figliuolo è stato insignito di numerose onorificenze. Tra le più significative la decorazione di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, la Croce d'Oro ed una Croce d'Argento al Merito dell'Esercito e Nato Meritorius Service Medal.

Salvini: 'Rimosso Arcuri. Grazie Draghi, missione compiuta' - "Rimosso il Commissario #Arcuri, al suo posto designato il Generale di corpo d'armata Francesco Paolo Figliuolo. Grazie presidente Draghi. Missione compiuta!". Lo scrive su Twitter il leader della Lega, Matteo Salvini.

Tajani: 'Draghi ci ha ascoltato, bene Figliuolo' -  "Il governo ha recepito le proposte di Forza Italia a favore di un concreto cambio di passo e della nomina di un nuovo commissario per l'emergenza  Covid 19. Un successo politico che va nella direzione dell'interesse nazionale. Buon lavoro al generale Figliuolo!". Lo afferma Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.

Renzi: 'Scelta Figliuolo va in direzione chiesta da Iv' - "La scelta del Presidente Draghi di sostituire il commissario Arcuri con il generale Paolo Figliuolo, responsabile logistico dell'Esercito, va finalmente nella direzione che Italia Viva chiede da mesi. Bene! Servizi segreti, vaccini, Recovery plan: buon lavoro al Governo Draghi". Così Matteo Renzi su Fb.

Meloni: 'Bene rimozione Arcuri, Fdi la chiese per prima' - "Bene ha fatto il presidente Draghi a rimuovere Domenico Arcuri da commissario straordinario per l'emergenza Covid-19. Come Fratelli d'Italia siamo stati tra i primi a chiedere di dare un netto segnale di discontinuità sulla pessima gestione del governo precedente". Lo dice la leader di Fdi Giorgia Meloni. "Lo abbiamo detto chiaramente già durante le consultazioni, quando abbiamo consegnato al presidente Draghi un dossier con tutte le anomalie e zone d'ombra della gestione commissariale. Buon lavoro al generale Francesco Paolo Figliuolo per questo importante e delicato incarico. Le nostre idee, le nostre proposte e il nostro contributo in Parlamento sono a sua disposizione", conclude.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/03/01/draghi-nomina-il-generale-figliuolo-nuovo-commissario-covid_fd10c515-225e-4620-a484-89b48979f47f.html

giovedì 3 dicembre 2020

Vaccino: all’Italia 200 milioni di dosi e non sarà obbligatorio. - Alessandro Mantovani

 

Il piano. Il ministro Speranza in Parlamento: “Logistica, stoccaggio, approvvigionamento, trasporto e somministrazione, tutto centralizzato”.

Ventimila persone impegnate: medici, infermieri e operatori sanitari, ma anche giovani laureati in Medicina iscritti ai corsi di specializzazione. Un luogo di stoccaggio nazionale e 300 punti vaccino in tutta Italia per conservare anche prodotti che, come quello dell’americana Pfizer, e della tedesca Biontech destinato a quanto pare ad arrivare per primo, richiedono temperature fino a -70 gradi. Un elenco delle categorie da vaccinare prioritariamente: operatori sanitaripersonale e anziani delle Rsa e over 80, seguiti da over 60malati cronici e lavoratori dei servizi essenziali. Stavolta si centralizza, almeno “logistica, approvvigionamento, stoccaggio e trasporto – ha spiegato ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, illustrando il piano vaccini – saranno di competenza del Commissario straordinario” Domenico Arcuri e non delle Regioni. Avranno un ruolo anche le forze armate. Servirà una piattaforma informatica che faccia tesoro del flop di Immuni.

“C’è luce in fondo al tunnel”, ha detto Speranza al Senato anche se, ha spiegato, “al momento nessun vaccino è stato approvato” dalle agenzie Usa (Fda) e Ue (Ema). L’Italia, attraverso i sei contratti segreti stipulati dalla Commissione Ue per gli Stati membri, “ha opzionato 202.573 milioni di dosi” che basterebbero per tutti anche con la doppia somministrazione che si dà per necessaria. Sono sei prodotti diversi: AstraZeneca (per 40,38 milioni di dosi), Johnson e Johnson (53,84 milioni), Sanofi (40,38 milioni), Pfizer/Bnt (26,92), CureVac (30,285), Moderna (10,768). È il 13,46% del totale opzionato dall’Ue, pari al peso demografico del nostro Paese. Questo, naturalmente, “se tutti i processi autorizzativi andassero a buon fine”.

Certezze non può averne, la scelta è stata pagare per stare su tutti i tavoli, anche firmando contratti segreti che trasferiscono al contraente pubblico, non si sa in quale misura, la responsabilità per eventuali danni. L’alternativa sarebbe attendere che il virus sparisca da sé.

Non ci sono ancora studi pubblicati, Pfizer/Biontech e Moderna hanno dichiarato efficacia superiore al 90% nel prevenire forme sintomatiche più o meno gravi di Covid-19; meno certezze sulla protezione dall’infezione in sé, che Pfizer potrebbe garantire. Questi due vaccini sono tra i più costosi, circa 20 dollari a dose. I dati clinici arriveranno a breve, anche perché le riviste scientifiche hanno criticato la politica degli annunci delle scorse settimane. Le autorizzazioni, se e quando ci saranno, avranno carattere provvisorio e d’emergenza, il che richiederà “una sorveglianza aggiuntiva sulla sicurezza dei vaccini stessi – ha spiegato ancora Speranza –, monitorando gli eventuali eventi avversi” per ciascun vaccinato. Le agenzie regolatorie di Stati Uniti (Fda) e Unione europea (Ema), per ora, hanno ricevuto i primi risultati solo da Pfizer/Biontech e Moderna. Sono vaccini a Rna messaggero, basati cioè sulla sequenza genetica del virus secondo un processo diverso dalla produzione di virus depotenziati o proteine, che sono tecniche più tradizionali. L’agenzia europea “potrebbe esprimersi il 29 dicembre sul vaccino Pfizer-Biontech e il 12 gennaio sul vaccino Moderna – ha spiegato il ministro –. Queste due aziende nel primo trimestre dell’anno prossimo, da contratto, dovrebbero fornirci rispettivamente 8,749 milioni di dosi Pfizer-Biontech e 1.346.000 Moderna”. È più indietro l’anglo-svedese AstraZeneca, che lavora con l’Università di Oxford ed era arrivata terza negli annunci: il suo vaccino, più tradizionale, costa molto meno. Le prime dosi, poco più di 10 milioni, sarebbero dunque destinate agli operatori sanitari (1.404.037 secondo i dati forniti da Speranza), al personale e agli ospiti delle Rsa (507.287) e agli anziani over 80 (4.442.048): in totale sono 6.416.372 persone. Poi toccherà ai 13,4 milioni di italiani che hanno tra i 60 e i 79 anni e ai 7,4 milioni con patologie croniche (in parte già compresi). Per la seconda fase Speranza ha indicato “gli insegnanti ed il personale scolastico, le forze dell’ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità”.

“Noi dobbiamo essere pronti allo scenario migliore. E poi adattarci se le scadenze dovessero cambiare. Il cuore della campagna vaccinale, secondo le nostre previsioni, sarà l’arco di tempo tra la prossima primavera e l’estate”. Si esclude l’obbligo: “Valuteremo l’adesione dei cittadini. L’obiettivo è raggiungere l’immunità di gregge”. Che vuol dire dal 70 per cento di vaccinati in su.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/03/vaccino-allitalia-200-milioni-di-dosi-e-non-sara-obbligatorio/6024820/

venerdì 13 novembre 2020

Arcuri esclude le Regioni “Al vaccino ci penso io” - Giampiero Calapà

 

La pandemia. In Usa si allungano i tempi per l’ok.

“Si conferma il rallentamento della crescita. Per capire la curva dei casi non si deve guardare mai solo il dato giornaliero, ieri peggiore rispetto a mercoledì, ma occorre soffermarsi sul rallentamento dei nuovi casi e dei ricoveri. Ricordo che solo pochi giorni fa abbiamo sfiorato 40 mila contagiati. Per questo a mio parere un lockdown generale ora non serve, si deve continuare a ragionare regione per regione con le zone rosse, gialle e arancioni e a livello locale”. Questo è il parere del fisico Giorgio Sestili, la cui pagina Facebook “Coronavirus, dati e analisi scientifiche” è seguita da quasi centomila persone. Ieri i nuovi casi registrati dal bollettino della Protezione civile sono stati 37.978 (+5.017 rispetto a mercoledì) a fronte di 234.672 tamponi (+9.032). Ancora un numero spaventoso di morti: 636.

“I report dell’Istituto superiore di sanità ci dicono che in media tra la comparsa dei sintomi – spiega Sestili – e il decesso passano dodici giorni. Ma è chiaro, e l’abbiamo visto, ci sono molti ritardi nella comunicazione delle informazioni, arrivano notifiche anche molti giorni dopo”. In terapia intensiva ci sono 3.170 persone (la variazione è di +89 malati rispetto a mercoledì), siamo ormai vicini al picco massimo del 3 aprile: 4.068. In reparto ordinario ci sono 29.873 pazienti (+429): già superato il picco massimo del 4 aprile quando erano 29.010. Però Sestili vede il bicchiere mezzo pieno: “Se mercoledì registravamo diverse note positive con una curva dei casi che non saliva pur con molti tamponi fatti, ieri i contagi aumentano rispetto agli ultimi sei giorni (va anche sottolineato che c’è un record di tamponi). Non dobbiamo scoraggiarci, però, perché ci sono altre note positive: il numero dei nuovi ricoveri in terapia intensiva che è la metà rispetto a 24 ore prima e anche il dato dei posti letto occupati che non sale in maniera decisa. In entrambi i casi siamo fuori da una crescita esponenziale: possiamo dire che si cominciano a osservate gli effetti del Dpcm del 25 ottobre e fra qualche giorno potremmo cominciare a vedere gli effetti del Dpcm del 4 novembre e dei provvedimenti successivamente adottati dalle Regioni”.

È sempre la Lombardia a registrare il maggiore incremento nel numero dei contagi (+9.291), poi Piemonte (+4.787), Campania (+4.065) e Veneto (+3.564).

Ottimismo anche dal commissario straordinario all’emergenza coronavirus Domenico Arcuri: “La curva dei contagi finalmente inizia a raffreddarsi”, sostiene fissando alcuni obiettivi: “Bisogna diminuire la pressione sui pronto soccorso”, e anche esprimendo qualche critica alla gestione sanitaria: “Il 50% dei ricoverati in terapia intensiva non è intubato e, quindi, dovrebbe stare altrove”. Arcuri ha anche rotto gli indugi su quella che sarà la gestione dell’atteso vaccino: “Lo somministreremo ai primi italiani a fine gennaio, personale sanitario e anziani, anche se non ci sarà subito per tutti: il ministero ci fornirà un target delle prime persone da vaccinare”. Detto questo non saranno i governatori delle Regioni ad occuparsene: “Il governo ha deciso che ci sia una centralizzazione del meccanismo”. Intanto dagli Stati Uniti slittano già di una ventina di giorni i tempi per l’approvazione definitiva del vaccino Pfizer da parte dell’agenzia del farmaco americana, la Fda: secondo l’esperto governativo Larry Corey, direttore del “Covid-19 Prevention Network” dell’Istituto nazionale delle malattie infettive guidato da Anthony Fauci, la decisione arriverà a Natale o poco prima ma non a fine novembre: “Voglio chiarire le aspettative sui tempi. Si tratta di una grossa decisione, ci sono moltissimi dati da analizzare e valutare”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/13/arcuri-esclude-le-regioni-al-vaccino-ci-penso-io/6001960/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-13

martedì 14 luglio 2020

Danno da 2 milioni: i finanzieri da Arcuri. - Valeria Di Corrado - Il Tempo




Va avanti come un treno l’ inchiesta della Corte dei conti del Lazio sugli emolumenti «extra» che avrebbe in debitamente percepito Domenico Arcuri nella veste di amministratore delegato della società Invitalia, partecipata al cento per cento dal ministero dell’ Economia e delle Finanze.
Giovedì i finanzieri del nucleo di Polizia economico -finanziaria di Roma, su ordine del vice procuratore Massimo Lasalvia, hanno notificato all’ attuale commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere necessarie a far fronte all’ emergenza Covid-19 un atto di costituzione in mora, con il quale si chiede ad Arcuri e ad altre 14 persone di restituire entro 10 giorni all’ erario 1,9 milioni di euro. Con questo atto si interrompe infatti il termine della prescrizione, che nella giustizia contabile è di 5 anni.
L’ indagine è partita guando, il 7 dicembre 2016, la sezione del Controllo sugli enti della Corte dei conti ha trasmesso alla procura regionale del Lazio le criticità riscontrate dal controllo eseguito dai magistrati sulla gestione finanziaria relativa all’ anno 2014 dell’ Agenzia nazionale per l’ attrazione degli investimenti e sviluppo d’ impresa spa (Invitalia).
Secondo la nuova normativa, infatti, tale società avrebbe dovuto adeguare il compenso dell’ amministratore delegato all’ 80% del limi te massimo retributivo di 240.000 euro annui, cioè di 192.000 euro annui.
Allo stesso modo avrebbe dovuto adeguare il compenso del presidente del consiglio di amministrazione al limite massimo del 30% dell’ ad, cioè a 57.600 euro. È emerso invece che Arcuri, amministratore di Invitalia dal lontano 2007 e tutt’ oggi in carica, nel corso del 2014 abbia avuto un compenso complessivo pari a 617mila euro e che l’ ex presidente del cda Giancarlo Innocenzi Botti per quell’ anno abbia percepito 151mila euro, tra indennità e rimborso spese.
Entrambi, quindi, avrebbero sforato il tetto massimo previsto dalla legge. E lo avrebbero fatto anche l’ anno precedente e gli anni successivi.
Eppure, in un’ intervista del 26 marzo 2014 a «La Repubblica», Arcuri si era vantato di essere uno dei pochi manager pubblici in Italia ad essersi ridotto lo stipendio, riparametrandolo ai risultati raggiunti: «Se si accetta di lavorare per la cosa pubblica si deve accettare di prendere un po’ di meno». Alla domanda specifica del giornalista su quanto guadagnasse in quel momento, Arcuri rispose: «Trecento mila euro l’ anno, tutto compreso».
Ma gli accertamenti dei magistrati contabili della sezione Controllo hanno dimostrato che prendeva esattamente il doppio di quanto dichiarato nell’ intervista.
L’ andazzo non è cambiato nemmeno negli anni successivi: nel 2015 Arcuri aveva percepito 419mila euro complessivi; mentre Innocenzi Boni 156mila. Nel 2016, il primo sempre 419mila euro; il secondo 127mila.
Nel 2017 l’ attuale commissario al Co vid aveva guadagnato 265mila euro (a fronte di un limite di 192mila) e l’ ex presidente del cda 109mila (a fronte di un limite di 57.600 euro). Insomma, dal 2013 al 2017, Arcuri avrebbe percepito 1,4 milioni di euro in più di quanto prevede la legge, Innocenzi Boni 323mila euro in più e il presidente pro -tempore Claudio Tesauro 120mila euro in più.
Per cui si arriva a un presunto danno erariale, contestato dai pm, pari a 1.911.160 euro addebitabile ai consiglieri del cda di Invitalia, ai membri del consiglio sindacale della società chiamati a dare il loro parere sulle remunerazioni e al responsabile della direzione VII del Dipartimento del Tesoro, Francesco Parlato, che avrebbe omesso i dovuti controlli.
Due dei sindaci chiamati a rispondere del danno ricoprono lo stesso incarico in Mediocredito Centrale -Banca del Mezzogiorno, società acquisita da Invitalia nell’ agosto 2017. Un mese dopo è stato nominato amministratore delegato Bernardo Mattarella, nipote del Presidente della Repubblica.
Consultando oggi il sito di Invitalia non viene riportata l’ attuale retribuzione di Arcuri, che ad aprile si era scagliato contro le «sentenze dailiberisti sul divano con un cocktail in mano», riferendosi a chi rivendicava che il prezzo finale della mascherine doveva essere fissato dal mercato e non dallo Stato.
https://infosannio.com/2020/07/11/danno-da-2-milioni-i-finanzieri-da-arcuri/

martedì 26 giugno 2018

ESCLUSIVO. Svincoli Perpignano addio? Dopo il danno, la beffa: “Cariboni vuole essere risarcita”. - Davide Guarcello

Risultati immagini per I 3 appalti ex Cariboni: sottovia Perpignano, Raddoppio Ponte Corleone e Collettore Sud-Orientale © D.G.
I 3 appalti ex Cariboni: sottovia Perpignano, Raddoppio Ponte Corleone e Collettore Sud-Orientale © D.G.
PALERMO. In una terra, quella Sicula, terra del Gattopardo e di Pirandello, dove tutto spesso funziona al contrario, capita pure questo: un’intera città (il Capoluogo di Regione, Palermo) danneggiata da oltre un decennio per il mancato completamento di ben 3 opere pubbliche fondamentali (il Sottopasso di via Perpignano, il raddoppio del Ponte Corleone e il Collettore fognario Sud-Orientalevede oggi combattere una lunghissima battaglia giudiziaria con l’impresa cui furono rescissi i contratti d’appalto.
Stiamo parlando della celebre “Cariboni strade e gallerie spa” di Rocca di Caprileone (Messina). Dopo anni e anni di silenzio emerge oggi una verità inquietante, a tratti imbarazzante: l’impresa (contrariamente alle voci di corridoio di quegli anni) non è mai fallita e oggi sta portando avanti ben 3 cause civili contro il Comune di Palermo per essere risarcita del danno subito. 
«Sono state emesse le tre sentenze nei processi di 1° grado; mentre in un caso siamo già in fase di appello», rivelano dal Polo Tecnico di via Ausonia. E – udite udite – pare che la magistratura non abbia dato ragione esclusivamente al Comune, ma abbia riconosciuto danni e risarcimenti «ad entrambe le parti». Un paradosso, se si pensa che, proprio a causa dei ritardi e presunti guai finanziari dell’impresa messinese, uno dei tre appalti addirittura non fece neppure in tempo a partire. E oggi un’intera città è rimasta sotto scacco, tanto da aver perso perfino i fondi statali, andati quasi certamente in perenzione.
Sottovia Perpignano
Il vecchio cartello col rendering del sottovia Perpignano
Stiamo parlando del Sottopasso di via Perpignano(valore 23,8 milioni di euro,  oggi costerebbe 34,1 mln) che avrebbe consentito di decongestionare una volta per tutte il traffico in viale Regione Siciliana, la Circonvallazione cittadina, meglio nota come “strada più trafficata d’Italia”, liberandola da quell’odioso attraversamento pedonale semaforico. Un’anomalia tutta palermitana quella di avere dei semafori in una tangenziale.“tappi” di via Evangelista Di Blasi e del “Palazzo dei Sogni” per fortuna oggi non esistono più; restano da eliminare gli attraversamenti semaforici di piazzale Giotto e via Perpignano.
Il Comune di Palermo nel 2008 (all’epoca c’era il sindaco Cammarata) si vide costretto a rescindere i 3 appalti per «ingiustificata inattività dell’impresa». Oggi non v’è più traccia di quei cartelli (vedi FOTO sopra) che un tempo annunciavano l’inizio di quell’opera fondamentale per Palermo, colpita dalla famigerata piaga del “traffico.
Cartello Ponte Corleone
Cartello lavori raddoppio Ponte Corleone
Per il raddoppio del ponte Corleone – opera da 14 milioni di euro (oggi lievitati a 21) – invece i cartelli ci sono ancora, arrugginiti per la verità, a pochi metri dall’ormai vetusta struttura esistente. Lì la Cariboni avviò i lavori, fermandosi però ad un misero 15% (costruzione delle “spalle” su un lato).
Per il sottovia Perpignano uno sconfortante 0%; mentre si fermò al 40% il cantiere del Collettore emissario Sud-Orientale (fondamentale opera fognaria oggi rifinanziata dalla delibera Cipe 60/2012) da 33,6 milioni di euro.
Ma andiamo con ordine. Ecco po’ di storia di quest’Odissea senza fine:
 Renzi e Orlando firma Patto per Palermo
Renzi e Orlando alla firma del“Patto per Palermo”
Patto per Palermo, tabella fondi per incompiute Cariboni
Patto per Palermo, tabella fondi per incompiute Cariboni (SCARICA QUI IN HD)
 Risultati immagini per raddoppio ponte di corleone
Ponte Corleone.
 Risultati immagini per collettore sud orientale palermo
Collettore sud orientale

https://www.ilsicilia.it/svincoli-perpignano-addio-dopo-il-danno-la-beffa-cariboni-vuole-essere-risarcita/