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mercoledì 31 maggio 2023

GIUSEPPE CONTE E IL CIRCO MEDIATICO. - Gioacchino Musumeci

 

La procura di Brescia ha chiesto l'archiviazione dell'indagine a carico di Giuseppe Conte. L'ex presidente del consiglio esce immacolato da un' inchiesta surreale che per taluni avrebbe preluso a chissà quale condanna penale. Che grande disappointment ! Conte Kriminal se la cava sempre, non potrà mai ambire a un posto in commissione antimafia, per entrarci bisogna avere qualche pendenza in corso: processi ne abbiamo? Farsi avanti per favore che si avvicinano le europee.

Stabilito quindi che Giuseppe Conte ha fatto ciò che doveva e poteva, le più vive condoglianze e le più morte speranze a chi via media aveva condannato e decapitato l'ex premier per reati mai commessi, chi aveva millantato che fosse stato autore di epidemie colpose, chi ha sostenuto che avrebbe potuto salvare vite che non si potevano salvare. E soprattutto chi l'ha condannato per le vacanze a Cortina. Cioè siete dei tossici in crisi d'astinenza a piede libero.
E ricordiamolo, l'Italia è un paese serio: se Giorgia Meloni non è Mosè quindi non può fare niente per la siccità (e soprattutto Mosè con la siccità nulla ebbe mai a che vedere se non nelle narrazioni meloniane) e Sallusti, Belpietro, Minzolini e Porro nulla hanno eccepito, Giuseppe Conte non poteva compiere miracoli durante la pandemia dopotutto pure lui non è Gesù Cristo. Perciò ragazzi pretendere che sconfiggesse l'influenza (perché era influenza vero?) gesticolando o ululando come usano certe divinità con la gobba a Dx, pare troppo.
E se da Giuseppe Conte i miracoli si sono pretesi e guai a non averli compiuti, il nulla concentrato di Draghi è stato propagandato “qualcosa”. Poi è calata dal cielo la Meloni e da quella che vuoi pretendere se non la moltiplicazione delle cazzate, nemmeno quella di pesci, quelli li pesca ma non li sa moltiplicare.
Resta acclarato che il bailame montato ad arte per sporcare l'immagine dell'ex premier, s'è dissolto nel nulla con cui è stato creato. Così è altrettanto è acclarato che i cittadini italiani, politici e giornalisti compresi, confutano qualsiasi evidenza scientifica consolidata: sono infatti capaci di usare il nulla per riempire bocca e media di nulla facendolo sembrare qualcosa. Per esempio è un dato scientifico che da Renzi non si crea nulla e quando si crea qualcosa è immondizia. Apposta serve un giornale, Il Riformista, per divulgare nulla o immondizia.
Ma le spremute di nulla chi le produce e chi se le beve? Gente da nulla che vuole l'Italia da nulla sulle spalle di chi fa tutto a spese sue.

mercoledì 16 giugno 2021

Saman: sms 'trappola' della madre per farla tornare a casa.

 

"Ti prego fatti sentire, torna a casa. Stiamo morendo.

Torna, faremo come ci dirai tu". Sarebbe il testo di un sms 'trappola' che Nazia Shaheen avrebbe scritto alla figlia Saman Abbas quando quest'ultima era in comunità protetta per indurla a tornare a casa. Lo riporta oggi la Gazzetta di Reggio.

Il messaggio, secondo il quotidiano locale, risale al periodo in cui la ragazza si trovava nella comunità protetta dopo aver denunciato i genitori che volevano obbligarla a un matrimonio combinato. L'sms avrebbe tratto in inganno la diciottenne, scomparsa da oltre un mese da Novellara (Reggio Emilia) e che si presume sia stata uccisa dalla famiglia, tornata a casa dalla comunità protetta il 22 aprile.

La madre della ragazza è indagata assieme al padre Shabbar - entrambi latitanti, si troverebbero in Pakistan - per omicidio premeditato in concorso insieme allo zio Danish Hasnain, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, e ai cugini Nomanulhaq (latitante, si presume in Europa, con lo zio) e Ikram Ijaz, ora in carcere a Reggio Emilia, unico arrestato dopo essere stato fermato in Francia il 28 maggio scorso mentre tentava di raggiungere la Spagna. 

(Nella foto ANSA La fuga dei genitori di Saman da Malpensa per il Pakistan)

ANSA

domenica 30 maggio 2021

La strage del Mottarone: Tadini a domiciliari, liberi gli altri due.

 

Il caposervizio della funivia conferma le sue ammissioni interrogato dal gip.


Il gip di Verbania ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, e ha scarcerato Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio

"Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni", ha scritto il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell'ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Tadini. Il gip parla di "scarno quadro indiziario" ancora "più indebolito" con gli interrogatori di ieri.

Gabriele Tadini sapeva bene che "il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone" e per questo avrebbe condiviso "questo immane peso, anche economico" con le "uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni".

Per questo ha chiamato "in correità" i "soggetti forti del gruppo", per attenuare le sue "responsabilità", scrive il gip di Verbania.

E' stato Gabriele Tadini a "ordinare" di mettere "i ceppi" per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era "avvenuta già dall'inizio della stagione", il "26 aprile", quando l'impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di "far funzionare l'impianto con i ceppi inseriti", a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, "anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie".

Interrogato per circa tre ore dal gip, Tadini ieri aveva ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. Difeso dall'avvocato Marcello Perillo, l'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. "Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse".

"Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini", ha detto al gip Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. Poi lasciando il carcere: "Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime". "L'errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto - ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia".

Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone, tutte riportate nell'atto, "appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini", il caposervizio dell'impianto, perché "tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio", ha scritto il gip di Verbania nell'ordinanza con cui ha disposto i domiciliari per Tadini e ha rimesso in libertà gli altri due fermati, spiegando che quelle dichiarazioni "smentiscono" la "chiamata in correità" fatta da Tadini.

Giornata di lutto in tutto il Piemonte per le vittime della funivia del Mottarone. Il decreto firmato dal presidente della Regione, Alberto Cirio, invita la popolazione ad osservare un minuto di silenzio alle ore 12 e gli enti pubblici piemontesi a unirsi nella manifestazione del cordoglio a una settimana dall'incidente. "Nulla può lenire il dolore, ma sentiamo il bisogno di ricordare in un modo solenne coloro che hanno perso la vita in questa follia. Il Piemonte non smetterà mai di stringersi alle loro famiglie e al piccolo Eitan", afferma il governatore Cirio. 

ANSA

mercoledì 24 febbraio 2021

Antonio Catricalà morto suicida. La Procura apre un'indagine.

 

Fu funzionario per Presidenza Consiglio e Garante Antitrust.

Antonio Catricalà, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex Garante dell'Antitrust, è stato trovato morto nella sua abitazione a Roma, nel quartiere Parioli.

Catricalà, secondo quanto si apprende da fonti investigative, si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola. Sul posto è presente la Polizia e la Scientifica. 

Catricalà aveva 69 anni, dal 2017 era presidente del cda della società Aeroporti di Roma e nei giorni scorsi era stato nominato presidente dell'Igi, l'Istituto grandi infrastrutture.

UN CIVIL SERVANT DAI MOLTI RUOLI - IL PROFILO

La Procura di Roma ha avviato un fascicolo di indagine in relazione al suicidio dell'ex Garante dell'Antitrust.

Il pm di turno Giovanni Battisti Bertolini si è recato in via Antonio Bertoloni nel quartiere Parioli.

IL SUO ULTIMO ARTICOLO.

L'Aula del Senato ha rispettato un minuto di silenzio, su invito della presidente Elisabetta Casellati, in memoria di Antonio Catricalà.

Casellati, al termine della commemorazione di Franco Marini, ha informato che "è venuto a mancare" l'ex sottosegretario, esprimendo "il cordoglio personale e dell'Assemblea" alla famiglia.

Molti i messaggi di cordoglio alla famiglia dell'ex presidente dell'Antitrust. "Grande amico, grande servitore dello Stato, Antonio Catricalà lascia un incolmabile vuoto in tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno avuto l'onore e il privilegio di lavorare con lui", scrive su Facebook il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, aggiungendo che "è un dolore fortissimo".

"Siamo sgomenti, sconvolti e addolorati per la morte di Antonio Catricalà. Fine giurista, uomo di Stato che ha saputo rappresentare le Istituzioni con disciplina e onore. Mancherà profondamente alla comunità politica di Forza Italia, mancherà all'Italia. Alla famiglia le più sentite condoglianze", scrive in una nota Giorgio Mule', deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/24/morto-suicida-lex-sottosegretario-antonio-catricala_418b5988-b48f-4e52-8375-aad11e792483.html

venerdì 20 novembre 2020

Mondo di Mezzo: confisca beni a Carminati e Buzzi per 27 milioni.

 

Confisca definitiva dei beni riconducibili, tra gli altri, a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi imputati principali nel maxiprocesso al Mondo di Mezzo. Il provvedimento è stato eseguito dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza.

Il valore complessivo della confisca è di circa 27 milioni di euro. Tra i beni 13 unità immobiliari e un terreno a Roma e in provincia; 13 automezzi e 69 opere d'arte di importanti esponenti della scena artistica della seconda metà del XX secolo (Pop Art, Nouveau Réalisme, Futurismo e Surrealismo).

Il provvedimento ha riguardato anche i beni nella disponibilità di Riccardo Brugia, secondo gli inquirenti braccio destro di Carminati, Roberto Lacopo, Agostino Gaglianone, Fabio Gaudenzi, Cristiano Guarnera e Giovanni De Carlo, tutti arrestati nel dicembre del 2014 nell'ambito della prima operazione dell'inchiesta della Procura di Roma."La confisca - è detto in una nota della Gdf - rappresenta l'epilogo delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli indagati e dei loro "prestanome", delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria ai sensi del "Codice antimafia" (D.Lgs. 159/2011), in una cornice di coordinamento investigativo con l'Arma dei Carabinieri. Gli specialisti del Gico "hanno ricostruito il "curriculum criminale" dei proposti, accertando la sussistenza dei requisiti di "pericolosità sociale" e della rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni accumulati nel tempo, necessari affinché il Tribunale capitolino emettesse vari decreti di sequestro, su richiesta della Procura della Repubblica, eseguiti a partire dalla fine del 2014". A Carminati sono state confiscate, tra l'altro, la villa di Sacrofano e opere d'arte per un valore stimato di oltre 10 milioni di euro. Un'altra villa, nella stessa località, è stata affidata in comodato d'uso gratuito, per vent'anni, all'A.S.L. Roma 4 per la realizzazione di una importante struttura sociosanitaria per aiutare le famiglie di pazienti con autismo. Nei confronti di Buzzi la misura patrimoniale ha ad oggetto due immobili a Roma nonché le quote e il patrimonio di due società, per un valore stimato di oltre 2,6 milioni di euro. (ANSA).

https://draft.blogger.com/blog/post/edit/2372701819119034825/4675278344296714532

mercoledì 11 novembre 2020

Carrai e quei soldi dal Togo. Open, i donatori nel mirino. - Antonio Massari e Valeria Pacelli

 

Firenze - Altri guai per l’amico di Renzi e la moglie: riciclaggio.

Non ci sono solo nomi importanti della politica, come quello di Matteo Renzi o degli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti. L’indagine della procura di Firenze sulla Fondazione Open potrebbe allargarsi ai finanziatori, a coloro che negli anni scorsi hanno elargito donazioni a quella che è stata la cassaforte del renzismo. I magistrati fiorentini ritengono che la Open sia stata “un’articolazione politico-organizzativa del Pd (corrente renziana)” e vogliono andare avanti su questa strada. Tanto che nel mirino della Procura ora potrebbero finire alcuni finanziatori. Non tutti ovviamente. Finanziare una fondazione non è un reato, il problema sorge quando le donazioni non vengono iscritte a bilancio. Quindi la lista di chi finisce sotto accusa potrebbe allungarsi.

Nel frattempo sono già stati iscritti nel registro degli indagati Renzi, Lotti e Boschi: sono tutti accusati di finanziamento illecito. Secondo i pm, dal 2012 al 2018 hanno ricevuto 7,2 milioni di euro, in violazione della norma sul finanziamento illecito ai partiti. “Somme – riporta il capo di imputazione – dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”. “E comunque – è scritto nell’invito a comparire – perché Renzi, Lotti e Boschi ricevevano dalla Fondazione contributi in forma diretta e indiretta, in violazione della normativa”. In quanto membri del consiglio direttivo della Open in questa indagine sono accusati di finanziamento illecito anche l’avvocato Alberto Bianchi e Marco Carrai, l’imprenditore ritenuto molto vicino a Renzi.

Per Carrai non è l’unica indagine in cui è coinvolto. Lo ha anticipato ieri Il Corriere Fiorentino: è accusato di concorso in riciclaggio con la moglie Francesca Campana Comparini. Secondo il quotidiano, le indagini sarebbero partite dopo che nel corso di un controllo all’aeroporto di Firenze furono trovati 160mila euro in contanti a una passeggera originaria del Togo in arrivo nel capoluogo toscano. Dalle stesse indagini sarebbe emerso che il denaro sarebbe stato destinato alla moglie di Carrai, per il pagamento dell’affitto di un appartamento di sua proprietà nel centro di Firenze. Secondo l’accusa, riporta sempre Il Corriere Fiorentino, il contratto di locazione dell’abitazione sarebbe stato fittizio, e sarebbe servito per far arrivare il denaro dal Togo in Italia. La Procura sta cercando di ricostruire il movimento di quel denaro. La difesa di Carrai, riferisce il quotidiano, sostiene che sia tutto lecito, dal momento che sarebbe stato lo stesso Carrai a chiedere informazioni su come fare arrivare quel denaro dal Togo senza incorrere in sanzioni.

Francesca Campana Comparini, classe ’88, è nota a Firenze anche per essere l’organizzatrice del Festival delle religioni, un appuntamento annuale dagli importanti ospiti. Nel 2019 c’era per esempio il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin e ovviamente il sindaco Dario Nardella. Il festival è “copromosso dal comune di Firenze” con il contributo della Fondazione Cr Firenze, un ente senza scopo di lucro che tra i consiglieri del cda annovera proprio il marito Marco. Sono storie fiorentine queste. Quelle della procura invece sono invece indagini penali. Che Renzi sembra star mal digerendo. Dopo le affermazioni del leader di Italia Viva dei giorni scorsi, una quindicina di consiglieri del Csm hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela dei magistrati di Firenze. L’ex premier, insorgono i togati del Csm, “ha definito i magistrati della Procura di Firenze come ‘ossessionati’, mossi da ‘ansia di visibilità’, e ai quali ‘la ribalta mediatica piace più del giudizio di merito’. Si tratta di dichiarazioni che destano preoccupazione in quanto con esse vengono attribuiti ai magistrati intenti e finalità diverse e distorte rispetto all’accertamento della verità”.

Quelli di Renzi, continuano i magistrati, sono comportamenti che appaiono “lesivi del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione tali da determinare un turbamento al regolare svolgimento o alla credibilità della funzione giudiziaria”. Renzi, però, respinge le accuse. “Nessuna guerra di religione” di berlusconiana memoria assicura, anche perché, è il ragionamento, fare di tutta l’erba un fascio impedisce un’analisi seria, serena e serrata dei singoli procedimenti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/11/carrai-e-quei-soldi-dal-togo-open-i-donatori-nel-mirino/5999348/

giovedì 30 luglio 2020

Gettoni in pieno lockdown. Indaga la Corte dei Conti. - Giacomo Salvini

Gettoni in pieno lockdown. Indaga la Corte dei conti

Consigli regionali. I bonus agli eletti anche durante l’emergenza Covid-19 nel mirino dei magistrati contabili. In Toscana una delibera inguaia Giani.

Non basterà la restituzione, ex post, dei rimborsi spese incassati dai consiglieri regionali di tutta Italia durante il lockdown, nonostante non dovessero spostarsi per andare in aula. Adesso, sulla questione anticipata sabato dal Fatto, si stanno muovendo i giudici contabili con l’ipotesi di danno erariale: in Friuli-Venezia Giulia la procuratrice della Corte dei Conti Tiziana Spedicato ha aperto un fascicolo sul “bonus trasferte” riscosso dai 49 consiglieri durante e da ieri un’inchiesta è stata avviata anche in Toscana. Nel mirino della procuratrice, Acheropita Rosaria Mondera, c’è la delibera dell’Ufficio di Presidenza del 25 maggio che, fissando le regole delle sedute telematiche, stabiliva che per i rimborsi forfettari dei consiglieri valessero le stesse regole delle sedute in presenza. Anche quelli relativi agli spostamenti verso Firenze, la sede del consiglio regionale. I giudici contabili stanno facendo tutti i conti per capire se si possa ipotizzare un danno erariale e individuare le relative responsabilità amministrative di quell’atto. Un fascicolo che potrebbe preoccupare non poco Eugenio Giani, candidato governatore del Pd alle prossime Regionali, e che da presidente del consiglio regionale quell’atto ha firmato. Lui sulla questione, è lapidario: “Era pienamente legittimo” spiega al Fatto.

Nel frattempo spunta un’altra delibera, successiva di un mese a quella del 25 marzo, che crea altri imbarazzi in Toscana. Non contento del primo atto, il 4 maggio l’Ufficio di presidenza stabilisce le modalità delle nuove sedute in presenza per la “fase 2” e conferma tutte le “disposizioni” di quelle via telematica già messe nero su bianco un mese prima. La delibera riguarda le quattro commissioni che, per rispettare le regole anti-Covid, si sarebbero riunite quasi tutte via Skype. Continuando quindi a incassare anche il “rimborso spese” anche se collegati da casa. Da inizio marzo ad oggi, i 40 consiglieri toscani si sono riuniti via computer 36 volte per partecipare a sedute di commissione per un totale di circa 3mila euro di “rimborsi chilometrici” per ogni seduta. Fino a luglio, le indennità dei consiglieri arrivavano a un totale di 229 mila euro su 2 milioni di stipendio totale. Ad agosto poi, quando il consiglio regionale chiuderà per ferie, come ogni anno i 40 rappresentanti continueranno a prendere un rimborso spese, nonostante la fine delle attività istituzionali: 40 mila euro che, per cinque anni di legislatura, portano il totale a 200 mila euro. Non pochi spiccioli. Intanto ieri, nella penultima seduta della legislatura, si è discusso del caso e tutti i consiglieri si sono dimostrati filantropi, ex post: molti hanno annunciato di aver già fatto donazioni con quei soldi ma Giani non ci sta e ha chiesto a tutti di restituire quei soldi entro 15 giorni. “In un momento in cui chiediamo sacrifici ai toscani, è stato inopportuno prendere quei rimborsi” ammette ora il candidato governatore dem. Il M5S, unico gruppo ad aver donato 85 mila euro, tramite la candidata Irene Galletti attacca: “Non basta, quei soldi vanno rendicontati”. La patata bollente passa al prossimo consiglio. Dopo le elezioni.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/29/gettoni-in-pieno-lockdown-indaga-la-corte-dei-conti/5883540/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-07-29#

sabato 18 luglio 2020

“I soldi, altrimenti racconto tutto” Il ricatto al contabile filo-leghista - Valeria Pacelli

“I soldi, altrimenti racconto tutto” Il ricatto al contabile filo-leghista

“Io non dico nulla, (…) hanno cercato di contattarmi in mille e io non ho mai detto nulla però se voi vi comportate così eh, io non posso fare altro, che devo fare?”. Luca Sostegni – uno degli indagati dell’inchiesta della Procura di Milano sulla compravendita dell’edificio di Cormano, sede della Lombardia Film Commission – era tornato dal Brasile a caccia di soldi. Rientrato in Italia e fermato tre giorni fa, secondo gli investigatori, chiedeva denaro in cambio del silenzio sulla vicenda dell’immobile alle porte di Milano. Era “sempre più pressante” con Michele Scillieri, commercialista nel cui studio nel 2017 è stato domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier”. Scillieri è un altro indagato, accusato di peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Per gli stessi reati sono stati iscritti anche Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ex revisori contabili della Lega il primo al Senato, il secondo alla Camera. I tre, Di Rubba, Scillieri e Manzoni, secondo le accuse sono coloro che concepiscono l’operazione immobiliare della Lombardia Film Commission. L’immobile di Cormano viene venduto per 800 mila euro alla Fondazione dalla Immobiliare Andromeda, società di cui lo stesso Scillieri viene ritenuto amministratore di fatto. Quello stesso immobile però, poco prima, l’Andromeda lo aveva acquistato a metà del prezzo (400 mila euro) da un’altra società, la Paloschi Srl, di cui era liquidatore Sostegni che era dunque a conoscenza dell’operazione. Adesso Sostegni è indagato per peculato ed estorsione. Per le accuse, ha minacciato di parlarne ai giornalisti.
Scrivono i pm nel decreto di fermo: Sostegni “si sentiva (…) defraudato di quanto gli sarebbe spettato per la gestione della ‘vicenda Paloschi’, avendo ricevuto – a suo dire – ‘appena’ 20 mila euro (…); reclamava perlomeno altri 30 mila euro, posto che gliene sarebbero stati promessi 50 mila”. Ed è al telefono con Scillieri che Sostegni dice: “Io innesco una serie di situazioni che io non lo so dove si va a finire perché poi da questa si va alle cantine, le cantine si va al capannone, dal capannone si va alla Fondazione, dalla Fondazione si va alla Fidirev, si va ai versamenti, si va a tutto, io per 30 mila euro non so (…) se vale la pena far tutto sto casino”. Sostegni, trovato con 5 mila euro in contanti al momento del fermo, sarà interrogato oggi dal gip.
Intanto ieri gli investigatori hanno acquisito documenti sia alla Lombardia Film Commission che alla fiduciaria Fidirev. Sull’acquisto dell’immobile da parte della Fondazione, i pm scrivono: “Le indagini di polizia giudiziaria hanno dimostrato che tanto insensato è l’acquisto, quanto cospicui sono stati i ritorni per chi l’ha deciso e attuato; il che prova la reale natura dell’operazione, la sua effettiva finalità: il ‘drenaggio’ di risorse che la Regione Lombardia aveva già destinato alla Fondazione e di cui Di Rubba era presidente; ed infatti Di Rubba e il suo ‘socio’ Manzoni beneficeranno della quota maggiore”. Non ci sono, al momento, prove del passaggio dei fondi alla Lega.
Secondo la Procura, però, l’operazione genera qualche imbarazzo. Scrivono i magistrati: “Anche Giuseppe Farinotti (estraneo alle indagini, ndr) che subentra a Di Rubba nella carica di Presidente della Fondazione mostra imbarazzo rispetto all’acquisto dell’immobile di Cormano, di cui siglerà il definitivo”. “…Una roba brutta (…) – dice Farinotti al telefono – la prima azione che ho fatto… è stata quella di comprare l’immobile per 800 mila euro quando dietro c’era un pregresso antipatico”. Per i magistrati “evidentemente Farinotti non si sente rassicurato neppure dalla perizia dell’architetto Federico Arnaboldi”. “Ed ha le sue buone ragioni – concludono i pm – posto che il tecnico nominato per valutare l’immobile esercita nei medesimi locali di Scillieri”.
Sull’operazione solleva dei dubbi anche il Comune di Milano. “Cerca di fugarli – è scritto nelle carte – Alessio Gennari, componente dell’organismo di vigilanza della Fondazione, il quale nel rispondere a un consigliere comunale si arrampica sugli specchi per giustificare il pagamento dell’intero importo del prezzo dell’immobile in sede di preliminare”. Dalle indagini della Finanza, concludono i magistrati, emerge che “l’avvocato Gennari è legato da rapporti patrimoniali con società di cui Manzoni e Di Rubba sono amministratori/liquidatori/soci”.

martedì 14 luglio 2020

Danno da 2 milioni: i finanzieri da Arcuri. - Valeria Di Corrado - Il Tempo




Va avanti come un treno l’ inchiesta della Corte dei conti del Lazio sugli emolumenti «extra» che avrebbe in debitamente percepito Domenico Arcuri nella veste di amministratore delegato della società Invitalia, partecipata al cento per cento dal ministero dell’ Economia e delle Finanze.
Giovedì i finanzieri del nucleo di Polizia economico -finanziaria di Roma, su ordine del vice procuratore Massimo Lasalvia, hanno notificato all’ attuale commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere necessarie a far fronte all’ emergenza Covid-19 un atto di costituzione in mora, con il quale si chiede ad Arcuri e ad altre 14 persone di restituire entro 10 giorni all’ erario 1,9 milioni di euro. Con questo atto si interrompe infatti il termine della prescrizione, che nella giustizia contabile è di 5 anni.
L’ indagine è partita guando, il 7 dicembre 2016, la sezione del Controllo sugli enti della Corte dei conti ha trasmesso alla procura regionale del Lazio le criticità riscontrate dal controllo eseguito dai magistrati sulla gestione finanziaria relativa all’ anno 2014 dell’ Agenzia nazionale per l’ attrazione degli investimenti e sviluppo d’ impresa spa (Invitalia).
Secondo la nuova normativa, infatti, tale società avrebbe dovuto adeguare il compenso dell’ amministratore delegato all’ 80% del limi te massimo retributivo di 240.000 euro annui, cioè di 192.000 euro annui.
Allo stesso modo avrebbe dovuto adeguare il compenso del presidente del consiglio di amministrazione al limite massimo del 30% dell’ ad, cioè a 57.600 euro. È emerso invece che Arcuri, amministratore di Invitalia dal lontano 2007 e tutt’ oggi in carica, nel corso del 2014 abbia avuto un compenso complessivo pari a 617mila euro e che l’ ex presidente del cda Giancarlo Innocenzi Botti per quell’ anno abbia percepito 151mila euro, tra indennità e rimborso spese.
Entrambi, quindi, avrebbero sforato il tetto massimo previsto dalla legge. E lo avrebbero fatto anche l’ anno precedente e gli anni successivi.
Eppure, in un’ intervista del 26 marzo 2014 a «La Repubblica», Arcuri si era vantato di essere uno dei pochi manager pubblici in Italia ad essersi ridotto lo stipendio, riparametrandolo ai risultati raggiunti: «Se si accetta di lavorare per la cosa pubblica si deve accettare di prendere un po’ di meno». Alla domanda specifica del giornalista su quanto guadagnasse in quel momento, Arcuri rispose: «Trecento mila euro l’ anno, tutto compreso».
Ma gli accertamenti dei magistrati contabili della sezione Controllo hanno dimostrato che prendeva esattamente il doppio di quanto dichiarato nell’ intervista.
L’ andazzo non è cambiato nemmeno negli anni successivi: nel 2015 Arcuri aveva percepito 419mila euro complessivi; mentre Innocenzi Boni 156mila. Nel 2016, il primo sempre 419mila euro; il secondo 127mila.
Nel 2017 l’ attuale commissario al Co vid aveva guadagnato 265mila euro (a fronte di un limite di 192mila) e l’ ex presidente del cda 109mila (a fronte di un limite di 57.600 euro). Insomma, dal 2013 al 2017, Arcuri avrebbe percepito 1,4 milioni di euro in più di quanto prevede la legge, Innocenzi Boni 323mila euro in più e il presidente pro -tempore Claudio Tesauro 120mila euro in più.
Per cui si arriva a un presunto danno erariale, contestato dai pm, pari a 1.911.160 euro addebitabile ai consiglieri del cda di Invitalia, ai membri del consiglio sindacale della società chiamati a dare il loro parere sulle remunerazioni e al responsabile della direzione VII del Dipartimento del Tesoro, Francesco Parlato, che avrebbe omesso i dovuti controlli.
Due dei sindaci chiamati a rispondere del danno ricoprono lo stesso incarico in Mediocredito Centrale -Banca del Mezzogiorno, società acquisita da Invitalia nell’ agosto 2017. Un mese dopo è stato nominato amministratore delegato Bernardo Mattarella, nipote del Presidente della Repubblica.
Consultando oggi il sito di Invitalia non viene riportata l’ attuale retribuzione di Arcuri, che ad aprile si era scagliato contro le «sentenze dailiberisti sul divano con un cocktail in mano», riferendosi a chi rivendicava che il prezzo finale della mascherine doveva essere fissato dal mercato e non dallo Stato.
https://infosannio.com/2020/07/11/danno-da-2-milioni-i-finanzieri-da-arcuri/

martedì 9 giugno 2020

Operazione contro la camorra, arrestati tre fratelli del senatore Cesaro.

Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio ©
Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio.

Colpiti i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci", sequestrati beni per 80 milioni di euro.

I carabinieri del Ros stanno hanno eseguito una misura cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura distrettuale, a carico di 59 indagati accusati di numerosi reati, tra i quali associazione mafiosa, concorso esterno, corruzione elettorale, estorsione e turbata libertà degli incanti.
L'operazione colpisce i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci" operanti a Sant'antimo (Napoli) e comuni limitrofi, svelando - secondo gli investigatori - una fitta rete di 'cointeressenze' sia in ambito politico sia imprenditoriale.
Il gip di Napoli Maria Luisa Miranda, che ha firmato le misure cautelari, si è riservato di prendere una decisione in relazione alla posizione del senatore Luigi Cesaro, "all'esito - si legge nell'ordinanza - dell'eventuale autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni, ritenute rilevanti, secondo la procedura che verrà attivata da questo ufficio".
Nell'ambito dell'operazione dei Ros sono stati arrestati anche i tre fratelli del senatore di Forza Italia Luigi Cesaro. Nei confronti di Antimo Cesaro il gip di Napoli ha emesso un provvedimento cautelare in carcere. Ai domiciliari invece gli altri due fratelli, Aniello e Raffaele. L'accusa contestata è di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche diversi elementi di spicco della criminalità organizzata.
Contestualmente è in fase di notifica anche un sequestro di beni per un valore di oltre 80 milioni di euro.

martedì 26 maggio 2020

Bufera Procure, nuove intercettazioni su Palamara.

Palazzo dei Marescialli (Foto d'archivio) © ANSA
Palazzo dei Marescialli

Pm romano ascoltato mentre parla del Pm Perugia Miliani.

"E pure per la ragazza c'è un procedimento disciplinare se mi iscrive dopo sei mesi senza motivo...": a dirlo era Luca Palamara con l'amico Luigi Spina, membro dimissionario del Csm, in un'intercettazione agli atti dell'indagine della procura di Perugia. A riportarla è "La Nazione", collegando il riferimento al Pm Gemma Miliani, titolare del fascicolo con il collega Mario Formisano.
Secondo la ricostruzione del quotidiano, l'ex presidente dell'Anm, e già consigliere a Palazzo dei Marescialli, riteneva ci fosse stato un ritardo nell'iscrizione dopo la trasmissione degli atti dalla Procura di Roma. L'intercettazione si riferisce alla notte del 16 maggio 2019. La conversazione venne registrata dal trojan piazzato sul telefono. "M'ha detto una cazzata Alberto...", inveisce Palamara riferendosi probabilmente a una comunicazione di un collega che gli avrebbe fatto capire che l'indagine era stata archiviata. Spina - scrive ancora La Nazione - ribatte: "Non lo so, non ce l'hanno mandata... può essere pure che qualcuno che se ne sta per andare in pensione te la vuole far pagare ed intanto ti manda questa cosa... eh... e poi la richiesta di archiviazione".
La vicenda delle intercettazioni del Pm romano Luca Palamara, che ha già portato alle dimissioni dei vertici dell'Anm, continua ad agitare le acque anche della politica. Il senatore della Lega Matteo Salvini chiede infatti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di sciogliere il Csm. "Mi aspetto che colui che comanda il Csm, ovvero il presidente della Repubblica Mattarella, lo sciolga, perchè dopo quello che abbiamo letto, qualche dubbio che la giustizia sia uguale per tutti viene e dunque serve una rinomina con un'estrazione a sorte per tagliare il sistema di potere della magistratura e dare fiato ai tanti magistrati liberi". Lo afferma il leader della Lega Matteo Salvini che aggiunge: "Il Csm va azzerato, noi faremo una riforma della giustizia in nome del popolo italiano e non in nome di qualche corrente".
"Sono sorpreso. Io ho sempre scritto da solo i miei provvedimenti, anche quelli più complessi. Forse é anche possibile scriverli a più mani ma ciò dovrebbe risultare ufficialmente". Il sostituto procuratore generale di Bologna Valter Giovannini reagisce così alla pubblicazione, su 'La Verità', di conversazioni in chat agli atti dell'inchiesta della Procura di Perugia. Da questi dialoghi sembrerebbe che, nonostante l'estensore della sentenza disciplinare del Csm su Giovannini fosse Luca Palamara, un altro magistrato consigliere, Nicola Clivio, abbia contribuito alla redazione. "A questo punto - dice all'ANSA Giovannini, ex procuratore aggiunto - è urgente chiedere alla Procura di Perugia copia di tutte le chat che in qualche modo mi riguardano". Ieri il magistrato aveva annunciato l'intenzione di chiedere alla Procura umbra, attraverso il suo legale, se vi siano intercettazioni sulla sua vicenda disciplinare, per valutare di chiedere la revisione del procedimento. Giovannini è stato sanzionato con la censura da parte del Csm, confermata dalla Cassazione, per il caso di Vera Guidetti, farmacista di 62 anni che uccise la madre e poi si suicidò, qualche giorno dopo essere stata ascoltata dal pm, nel marzo 2015, come testimone in un'indagine su un furto di gioielli. La sezione disciplinare del Csm aveva condannato il magistrato per aver "trascurato" le garanzie difensive a tutela della donna e per avere così violato norme processuali.
Ma oggi sull'inchiesta di Perugia, dalla quale emergono queste intercettazioni di Palamara, intervengono anche l'ex presidente del Csm Gianni Legnini e l'ex ministro Giulia Bongiorno in due interviste separate. 
"Gran parte delle intercettazioni si riferiscono ad un periodo successivo. Quelle relative alla mia consiliatura riguardano chat e messaggi tra consiglieri e magistrati, che io non potevo conoscere. Sono sorpreso per certe espressioni. Personalmente ho sempre cercato di garantire il corretto funzionamento dell'organo, come era mio dovere fare, rifiutando qualunque logica spartitoria". Lo dice l'ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, in una intervista a 'La Repubblica' riguardo al terremoto che sta coinvolgendo la magistratura italiana in seguito alla pubblicazione delle intercettazioni dell'inchiesta di Perugia con al centro il pm romano, Luca Palamara. 
"Quello che ho letto finora mi fa tremare i polsi perché sono consapevole dell'enorme potere che ha un magistrato. Davanti allo scandalo, molti dicono che non si meravigliano della logica delle correnti. Io dico invece che è una logica intollerabile, che non attenua e non giustifica un bel nulla". Ad affermarlo, in una intervista a 'La Stampa', è la senatrice e avvocato della Lega, Giulia Bongiorno che sostiene come la separazione delle carriere dei magistrati possa essere la soluzione al problema. "La sola idea che un giudice possa assolvere o condannare per non scontentare un pubblico ministero, in quanto esponente di una corrente capace di influenzare la valutazione della carriera di quello stesso magistrato - spiega - mi fa paura. Più in generale tra i cittadini si sta diffondendo sfiducia nei giudici, se non diffidenza".
"Sembra che il Governo, le opposizioni, tutti i partiti, i magistrati e le loro associazioni, i mass-media scoprano oggi ciò che è noto da decenni: l'istituzionalizzazione delle correnti nella magistratura, tramite il voto di lista nelle elezioni del Csm. Noi radicali questo problema lo abbiamo sollevato da oltre 20 anni, infatti già nel 2000 abbiamo raccolto oltre 500.000 firme su un referendum popolare per l'abrogazione del voto di lista per la nomina dei membri togati del Csn. Se la politica ci avesse dato retta invece di tentare di usare le correnti della magistratura a proprio illusorio vantaggio, oggi saremmo un altro Paese". A dichiararlo sono Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, Segretario, Tesoriera e Presidente di Radicali Italiani che rilanciano la richiesta di separare le carriere dei magistrati.