La procura di Brescia ha chiesto l'archiviazione dell'indagine a carico di Giuseppe Conte. L'ex presidente del consiglio esce immacolato da un' inchiesta surreale che per taluni avrebbe preluso a chissà quale condanna penale. Che grande disappointment ! Conte Kriminal se la cava sempre, non potrà mai ambire a un posto in commissione antimafia, per entrarci bisogna avere qualche pendenza in corso: processi ne abbiamo? Farsi avanti per favore che si avvicinano le europee.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 31 maggio 2023
GIUSEPPE CONTE E IL CIRCO MEDIATICO. - Gioacchino Musumeci
mercoledì 16 giugno 2021
Saman: sms 'trappola' della madre per farla tornare a casa.
"Ti prego fatti sentire, torna a casa. Stiamo morendo.
Torna, faremo come ci dirai tu". Sarebbe il testo di un sms 'trappola' che Nazia Shaheen avrebbe scritto alla figlia Saman Abbas quando quest'ultima era in comunità protetta per indurla a tornare a casa. Lo riporta oggi la Gazzetta di Reggio.
Il messaggio, secondo il quotidiano locale, risale al periodo in cui la ragazza si trovava nella comunità protetta dopo aver denunciato i genitori che volevano obbligarla a un matrimonio combinato. L'sms avrebbe tratto in inganno la diciottenne, scomparsa da oltre un mese da Novellara (Reggio Emilia) e che si presume sia stata uccisa dalla famiglia, tornata a casa dalla comunità protetta il 22 aprile.
La madre della ragazza è indagata assieme al padre Shabbar - entrambi latitanti, si troverebbero in Pakistan - per omicidio premeditato in concorso insieme allo zio Danish Hasnain, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, e ai cugini Nomanulhaq (latitante, si presume in Europa, con lo zio) e Ikram Ijaz, ora in carcere a Reggio Emilia, unico arrestato dopo essere stato fermato in Francia il 28 maggio scorso mentre tentava di raggiungere la Spagna.
(Nella foto ANSA La fuga dei genitori di Saman da Malpensa per il Pakistan)
ANSA
domenica 30 maggio 2021
La strage del Mottarone: Tadini a domiciliari, liberi gli altri due.
Il caposervizio della funivia conferma le sue ammissioni interrogato dal gip.
Il gip di Verbania ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, e ha scarcerato Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio.
"Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni", ha scritto il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell'ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Tadini. Il gip parla di "scarno quadro indiziario" ancora "più indebolito" con gli interrogatori di ieri.
Gabriele Tadini sapeva bene che "il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone" e per questo avrebbe condiviso "questo immane peso, anche economico" con le "uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni".
Per questo ha chiamato "in correità" i "soggetti forti del gruppo", per attenuare le sue "responsabilità", scrive il gip di Verbania.
E' stato Gabriele Tadini a "ordinare" di mettere "i ceppi" per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era "avvenuta già dall'inizio della stagione", il "26 aprile", quando l'impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di "far funzionare l'impianto con i ceppi inseriti", a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, "anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie".
Interrogato per circa tre ore dal gip, Tadini ieri aveva ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. Difeso dall'avvocato Marcello Perillo, l'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. "Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse".
"Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini", ha detto al gip Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. Poi lasciando il carcere: "Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime". "L'errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto - ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia".
Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone, tutte riportate nell'atto, "appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini", il caposervizio dell'impianto, perché "tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio", ha scritto il gip di Verbania nell'ordinanza con cui ha disposto i domiciliari per Tadini e ha rimesso in libertà gli altri due fermati, spiegando che quelle dichiarazioni "smentiscono" la "chiamata in correità" fatta da Tadini.
Giornata di lutto in tutto il Piemonte per le vittime della funivia del Mottarone. Il decreto firmato dal presidente della Regione, Alberto Cirio, invita la popolazione ad osservare un minuto di silenzio alle ore 12 e gli enti pubblici piemontesi a unirsi nella manifestazione del cordoglio a una settimana dall'incidente. "Nulla può lenire il dolore, ma sentiamo il bisogno di ricordare in un modo solenne coloro che hanno perso la vita in questa follia. Il Piemonte non smetterà mai di stringersi alle loro famiglie e al piccolo Eitan", afferma il governatore Cirio.
ANSA
mercoledì 24 febbraio 2021
Antonio Catricalà morto suicida. La Procura apre un'indagine.
Fu funzionario per Presidenza Consiglio e Garante Antitrust.
Antonio Catricalà, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex Garante dell'Antitrust, è stato trovato morto nella sua abitazione a Roma, nel quartiere Parioli.
Catricalà, secondo quanto si apprende da fonti investigative, si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola. Sul posto è presente la Polizia e la Scientifica.
Catricalà aveva 69 anni, dal 2017 era presidente del cda della società Aeroporti di Roma e nei giorni scorsi era stato nominato presidente dell'Igi, l'Istituto grandi infrastrutture.
UN CIVIL SERVANT DAI MOLTI RUOLI - IL PROFILO
La Procura di Roma ha avviato un fascicolo di indagine in relazione al suicidio dell'ex Garante dell'Antitrust.
Il pm di turno Giovanni Battisti Bertolini si è recato in via Antonio Bertoloni nel quartiere Parioli.
L'Aula del Senato ha rispettato un minuto di silenzio, su invito della presidente Elisabetta Casellati, in memoria di Antonio Catricalà.
Casellati, al termine della commemorazione di Franco Marini, ha informato che "è venuto a mancare" l'ex sottosegretario, esprimendo "il cordoglio personale e dell'Assemblea" alla famiglia.
Molti i messaggi di cordoglio alla famiglia dell'ex presidente dell'Antitrust. "Grande amico, grande servitore dello Stato, Antonio Catricalà lascia un incolmabile vuoto in tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno avuto l'onore e il privilegio di lavorare con lui", scrive su Facebook il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, aggiungendo che "è un dolore fortissimo".
"Siamo sgomenti, sconvolti e addolorati per la morte di Antonio Catricalà. Fine giurista, uomo di Stato che ha saputo rappresentare le Istituzioni con disciplina e onore. Mancherà profondamente alla comunità politica di Forza Italia, mancherà all'Italia. Alla famiglia le più sentite condoglianze", scrive in una nota Giorgio Mule', deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato.
venerdì 20 novembre 2020
Mondo di Mezzo: confisca beni a Carminati e Buzzi per 27 milioni.
Confisca definitiva dei beni riconducibili, tra gli altri, a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi imputati principali nel maxiprocesso al Mondo di Mezzo. Il provvedimento è stato eseguito dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza.
Il valore complessivo della confisca è di circa 27 milioni di euro. Tra i beni 13 unità immobiliari e un terreno a Roma e in provincia; 13 automezzi e 69 opere d'arte di importanti esponenti della scena artistica della seconda metà del XX secolo (Pop Art, Nouveau Réalisme, Futurismo e Surrealismo).
Il provvedimento ha riguardato anche i beni nella disponibilità di Riccardo Brugia, secondo gli inquirenti braccio destro di Carminati, Roberto Lacopo, Agostino Gaglianone, Fabio Gaudenzi, Cristiano Guarnera e Giovanni De Carlo, tutti arrestati nel dicembre del 2014 nell'ambito della prima operazione dell'inchiesta della Procura di Roma."La confisca - è detto in una nota della Gdf - rappresenta l'epilogo delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli indagati e dei loro "prestanome", delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria ai sensi del "Codice antimafia" (D.Lgs. 159/2011), in una cornice di coordinamento investigativo con l'Arma dei Carabinieri. Gli specialisti del Gico "hanno ricostruito il "curriculum criminale" dei proposti, accertando la sussistenza dei requisiti di "pericolosità sociale" e della rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni accumulati nel tempo, necessari affinché il Tribunale capitolino emettesse vari decreti di sequestro, su richiesta della Procura della Repubblica, eseguiti a partire dalla fine del 2014". A Carminati sono state confiscate, tra l'altro, la villa di Sacrofano e opere d'arte per un valore stimato di oltre 10 milioni di euro. Un'altra villa, nella stessa località, è stata affidata in comodato d'uso gratuito, per vent'anni, all'A.S.L. Roma 4 per la realizzazione di una importante struttura sociosanitaria per aiutare le famiglie di pazienti con autismo. Nei confronti di Buzzi la misura patrimoniale ha ad oggetto due immobili a Roma nonché le quote e il patrimonio di due società, per un valore stimato di oltre 2,6 milioni di euro. (ANSA).
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mercoledì 11 novembre 2020
Carrai e quei soldi dal Togo. Open, i donatori nel mirino. - Antonio Massari e Valeria Pacelli
Firenze - Altri guai per l’amico di Renzi e la moglie: riciclaggio.
Non ci sono solo nomi importanti della politica, come quello di Matteo Renzi o degli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti. L’indagine della procura di Firenze sulla Fondazione Open potrebbe allargarsi ai finanziatori, a coloro che negli anni scorsi hanno elargito donazioni a quella che è stata la cassaforte del renzismo. I magistrati fiorentini ritengono che la Open sia stata “un’articolazione politico-organizzativa del Pd (corrente renziana)” e vogliono andare avanti su questa strada. Tanto che nel mirino della Procura ora potrebbero finire alcuni finanziatori. Non tutti ovviamente. Finanziare una fondazione non è un reato, il problema sorge quando le donazioni non vengono iscritte a bilancio. Quindi la lista di chi finisce sotto accusa potrebbe allungarsi.
Nel frattempo sono già stati iscritti nel registro degli indagati Renzi, Lotti e Boschi: sono tutti accusati di finanziamento illecito. Secondo i pm, dal 2012 al 2018 hanno ricevuto 7,2 milioni di euro, in violazione della norma sul finanziamento illecito ai partiti. “Somme – riporta il capo di imputazione – dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”. “E comunque – è scritto nell’invito a comparire – perché Renzi, Lotti e Boschi ricevevano dalla Fondazione contributi in forma diretta e indiretta, in violazione della normativa”. In quanto membri del consiglio direttivo della Open in questa indagine sono accusati di finanziamento illecito anche l’avvocato Alberto Bianchi e Marco Carrai, l’imprenditore ritenuto molto vicino a Renzi.
Per Carrai non è l’unica indagine in cui è coinvolto. Lo ha anticipato ieri Il Corriere Fiorentino: è accusato di concorso in riciclaggio con la moglie Francesca Campana Comparini. Secondo il quotidiano, le indagini sarebbero partite dopo che nel corso di un controllo all’aeroporto di Firenze furono trovati 160mila euro in contanti a una passeggera originaria del Togo in arrivo nel capoluogo toscano. Dalle stesse indagini sarebbe emerso che il denaro sarebbe stato destinato alla moglie di Carrai, per il pagamento dell’affitto di un appartamento di sua proprietà nel centro di Firenze. Secondo l’accusa, riporta sempre Il Corriere Fiorentino, il contratto di locazione dell’abitazione sarebbe stato fittizio, e sarebbe servito per far arrivare il denaro dal Togo in Italia. La Procura sta cercando di ricostruire il movimento di quel denaro. La difesa di Carrai, riferisce il quotidiano, sostiene che sia tutto lecito, dal momento che sarebbe stato lo stesso Carrai a chiedere informazioni su come fare arrivare quel denaro dal Togo senza incorrere in sanzioni.
Francesca Campana Comparini, classe ’88, è nota a Firenze anche per essere l’organizzatrice del Festival delle religioni, un appuntamento annuale dagli importanti ospiti. Nel 2019 c’era per esempio il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin e ovviamente il sindaco Dario Nardella. Il festival è “copromosso dal comune di Firenze” con il contributo della Fondazione Cr Firenze, un ente senza scopo di lucro che tra i consiglieri del cda annovera proprio il marito Marco. Sono storie fiorentine queste. Quelle della procura invece sono invece indagini penali. Che Renzi sembra star mal digerendo. Dopo le affermazioni del leader di Italia Viva dei giorni scorsi, una quindicina di consiglieri del Csm hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela dei magistrati di Firenze. L’ex premier, insorgono i togati del Csm, “ha definito i magistrati della Procura di Firenze come ‘ossessionati’, mossi da ‘ansia di visibilità’, e ai quali ‘la ribalta mediatica piace più del giudizio di merito’. Si tratta di dichiarazioni che destano preoccupazione in quanto con esse vengono attribuiti ai magistrati intenti e finalità diverse e distorte rispetto all’accertamento della verità”.
Quelli di Renzi, continuano i magistrati, sono comportamenti che appaiono “lesivi del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione tali da determinare un turbamento al regolare svolgimento o alla credibilità della funzione giudiziaria”. Renzi, però, respinge le accuse. “Nessuna guerra di religione” di berlusconiana memoria assicura, anche perché, è il ragionamento, fare di tutta l’erba un fascio impedisce un’analisi seria, serena e serrata dei singoli procedimenti.
giovedì 30 luglio 2020
Gettoni in pieno lockdown. Indaga la Corte dei Conti. - Giacomo Salvini
Non basterà la restituzione, ex post, dei rimborsi spese incassati dai consiglieri regionali di tutta Italia durante il lockdown, nonostante non dovessero spostarsi per andare in aula. Adesso, sulla questione anticipata sabato dal Fatto, si stanno muovendo i giudici contabili con l’ipotesi di danno erariale: in Friuli-Venezia Giulia la procuratrice della Corte dei Conti Tiziana Spedicato ha aperto un fascicolo sul “bonus trasferte” riscosso dai 49 consiglieri durante e da ieri un’inchiesta è stata avviata anche in Toscana. Nel mirino della procuratrice, Acheropita Rosaria Mondera, c’è la delibera dell’Ufficio di Presidenza del 25 maggio che, fissando le regole delle sedute telematiche, stabiliva che per i rimborsi forfettari dei consiglieri valessero le stesse regole delle sedute in presenza. Anche quelli relativi agli spostamenti verso Firenze, la sede del consiglio regionale. I giudici contabili stanno facendo tutti i conti per capire se si possa ipotizzare un danno erariale e individuare le relative responsabilità amministrative di quell’atto. Un fascicolo che potrebbe preoccupare non poco Eugenio Giani, candidato governatore del Pd alle prossime Regionali, e che da presidente del consiglio regionale quell’atto ha firmato. Lui sulla questione, è lapidario: “Era pienamente legittimo” spiega al Fatto.
Nel frattempo spunta un’altra delibera, successiva di un mese a quella del 25 marzo, che crea altri imbarazzi in Toscana. Non contento del primo atto, il 4 maggio l’Ufficio di presidenza stabilisce le modalità delle nuove sedute in presenza per la “fase 2” e conferma tutte le “disposizioni” di quelle via telematica già messe nero su bianco un mese prima. La delibera riguarda le quattro commissioni che, per rispettare le regole anti-Covid, si sarebbero riunite quasi tutte via Skype. Continuando quindi a incassare anche il “rimborso spese” anche se collegati da casa. Da inizio marzo ad oggi, i 40 consiglieri toscani si sono riuniti via computer 36 volte per partecipare a sedute di commissione per un totale di circa 3mila euro di “rimborsi chilometrici” per ogni seduta. Fino a luglio, le indennità dei consiglieri arrivavano a un totale di 229 mila euro su 2 milioni di stipendio totale. Ad agosto poi, quando il consiglio regionale chiuderà per ferie, come ogni anno i 40 rappresentanti continueranno a prendere un rimborso spese, nonostante la fine delle attività istituzionali: 40 mila euro che, per cinque anni di legislatura, portano il totale a 200 mila euro. Non pochi spiccioli. Intanto ieri, nella penultima seduta della legislatura, si è discusso del caso e tutti i consiglieri si sono dimostrati filantropi, ex post: molti hanno annunciato di aver già fatto donazioni con quei soldi ma Giani non ci sta e ha chiesto a tutti di restituire quei soldi entro 15 giorni. “In un momento in cui chiediamo sacrifici ai toscani, è stato inopportuno prendere quei rimborsi” ammette ora il candidato governatore dem. Il M5S, unico gruppo ad aver donato 85 mila euro, tramite la candidata Irene Galletti attacca: “Non basta, quei soldi vanno rendicontati”. La patata bollente passa al prossimo consiglio. Dopo le elezioni.
sabato 18 luglio 2020
“I soldi, altrimenti racconto tutto” Il ricatto al contabile filo-leghista - Valeria Pacelli
martedì 14 luglio 2020
Danno da 2 milioni: i finanzieri da Arcuri. - Valeria Di Corrado - Il Tempo
martedì 9 giugno 2020
Operazione contro la camorra, arrestati tre fratelli del senatore Cesaro.
Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio.
Colpiti i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci", sequestrati beni per 80 milioni di euro.
martedì 26 maggio 2020
Bufera Procure, nuove intercettazioni su Palamara.
Palazzo dei Marescialli
Pm romano ascoltato mentre parla del Pm Perugia Miliani.
Secondo la ricostruzione del quotidiano, l'ex presidente dell'Anm, e già consigliere a Palazzo dei Marescialli, riteneva ci fosse stato un ritardo nell'iscrizione dopo la trasmissione degli atti dalla Procura di Roma. L'intercettazione si riferisce alla notte del 16 maggio 2019. La conversazione venne registrata dal trojan piazzato sul telefono. "M'ha detto una cazzata Alberto...", inveisce Palamara riferendosi probabilmente a una comunicazione di un collega che gli avrebbe fatto capire che l'indagine era stata archiviata. Spina - scrive ancora La Nazione - ribatte: "Non lo so, non ce l'hanno mandata... può essere pure che qualcuno che se ne sta per andare in pensione te la vuole far pagare ed intanto ti manda questa cosa... eh... e poi la richiesta di archiviazione".