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venerdì 20 novembre 2020

Mondo di Mezzo: confisca beni a Carminati e Buzzi per 27 milioni.

 

Confisca definitiva dei beni riconducibili, tra gli altri, a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi imputati principali nel maxiprocesso al Mondo di Mezzo. Il provvedimento è stato eseguito dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza.

Il valore complessivo della confisca è di circa 27 milioni di euro. Tra i beni 13 unità immobiliari e un terreno a Roma e in provincia; 13 automezzi e 69 opere d'arte di importanti esponenti della scena artistica della seconda metà del XX secolo (Pop Art, Nouveau Réalisme, Futurismo e Surrealismo).

Il provvedimento ha riguardato anche i beni nella disponibilità di Riccardo Brugia, secondo gli inquirenti braccio destro di Carminati, Roberto Lacopo, Agostino Gaglianone, Fabio Gaudenzi, Cristiano Guarnera e Giovanni De Carlo, tutti arrestati nel dicembre del 2014 nell'ambito della prima operazione dell'inchiesta della Procura di Roma."La confisca - è detto in una nota della Gdf - rappresenta l'epilogo delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli indagati e dei loro "prestanome", delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria ai sensi del "Codice antimafia" (D.Lgs. 159/2011), in una cornice di coordinamento investigativo con l'Arma dei Carabinieri. Gli specialisti del Gico "hanno ricostruito il "curriculum criminale" dei proposti, accertando la sussistenza dei requisiti di "pericolosità sociale" e della rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni accumulati nel tempo, necessari affinché il Tribunale capitolino emettesse vari decreti di sequestro, su richiesta della Procura della Repubblica, eseguiti a partire dalla fine del 2014". A Carminati sono state confiscate, tra l'altro, la villa di Sacrofano e opere d'arte per un valore stimato di oltre 10 milioni di euro. Un'altra villa, nella stessa località, è stata affidata in comodato d'uso gratuito, per vent'anni, all'A.S.L. Roma 4 per la realizzazione di una importante struttura sociosanitaria per aiutare le famiglie di pazienti con autismo. Nei confronti di Buzzi la misura patrimoniale ha ad oggetto due immobili a Roma nonché le quote e il patrimonio di due società, per un valore stimato di oltre 2,6 milioni di euro. (ANSA).

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domenica 21 giugno 2020

Mondo di Mezzo, Buzzi a Radio Radicale: «Ho finanziato 'sti papponi e dopo arresto hanno detto "Roma liberata"».

Mondo di Mezzo, Buzzi a Rado Radicale: «Ho finanziato 'sti papponi e dopo arresto hanno detto

«Sono stato dipinto come il "grande corruttore", ma le persone non le ho corrotte, erano corrotte di loro. La sentenza della Cassazione che certifica l'entità delle corruzioni ammontano a 65mila euro, su un fatturato di 180 milioni. Allora dico, non è giusto corrompere, pagare tangenti, ma se io pago 65mila euro di tangenti su un fatturato di 180 milioni di fatturato sono stato bravo e lo rivendico. Tutti mi chiedevano soldi, favori, assunzioni: è la realtà imprenditoriale a Roma, lo abbiamo visto con Parnasi, lo vedremo successivamente con qualche altro disgraziato, ma un imprenditore che fa impresa a Roma, nei servizi con il Comune di Roma si ritrova con persone da assumere, manifestazioni da sponsorizzare e poi se tutto diventa corruzione...». Così Salvatore Buzzi a Radio Radicale, durante il lungo dibattito organizzato dall'associazione Nessuno Tocchi Caino, commenta l'inchiesta di Mafia Capitale, dissoltasi fino alla recente scarcerazione di Massimo Carminati.

E precisa: «Io tante corruzioni le ho avute perché non riuscivo a incassare i miei crediti legittimi: ogni mese mi servivano 5milioni di euro per pagare dipendenti, fornitori, ma se il Comune non pagava? - incalza retorico Buzzi - La famosa intercettazione nella quale avrei detto a una mia collaboratrice 'si guadagna più con la droga che con i migrantì è un falso, è stata montata ad arte. È un'intercettazione ambientale che dice ben altro - attacca - elaborata dal colonnello Russo dei Ros. C'è stato un attacco alla cooperazione sociale mettendo in bocca anche frasi non volute. In relazione alle intercettazioni ambientali che colpiscono oggi i magistrati, con le chat di Palamara, con il trojan, dicono che tra amici si dicono delle cose. E noi? Noi non possiamo dire stupidaggini? No, perché è come se parli davanti a un ufficio notarile».
Poi Buzzi nel dibattito di Nessuno Tocchi Caino entra nel merito delle accuse «politiche». «Tutta questa storia di Mafia Capitale che ha consentito la desertificazione della cooperazione sociale a Roma e alla Raggi di diventare sindaco, è stata un'operazione fatta a tavolino per colpire alcune parti politiche: la destra, Alemanno, Gramazio e Tredicine, e la sinistra, ma guarda caso tutti gli esponenti di Bersani, gli altri erano tutti innocenti. Questa è la cosa grave: poi vedendo le chat di Palamara si scopre che ci sono tante altre cose». E ancora: «Quando ci arrestano il 2 dicembre per mafia nessuno di tutti gli amici con i quali eravamo cresciuti ha detto a Pignatone che stava sbagliando, anzi, addirittura Orfini ha dichiarato che lo ringraziava per aver liberato Roma dalla mafia. La solidarietà vera l'ho avuta dal Partito Radicale, da Sansonetti, da Sgarbi, da pochissime persone ».
«Mi sono fatto da mafioso 5 anni e 18 giorni in alta sicurezza al confine con l'Austria - continua Salvatore Buzzi - mia moglie arrestata, 2 anni e 2 mesi ai domiciliari, mia figlia l'ho ritrovata come un'estranea, aveva 5 anni l'ho ritrovata a 10. Ho querelato tg 5 e tg La7, la Sciarelli perché a me del mafioso non me lo puoi dare più. Bisogna dare un segnale, incominciare a ribellarsi. Non mi sorprende quanto accaduto in altre aziende, quella di Cavallotti l'ho seguita alle Iene. Noi in cooperativa avevamo livelli retributivi elevatissimi, i soci prendevano 16 mensilità, con la legalità si sono ritrovati il cambio di contratto, 13 mensilità quando li pagava, la riduzione del 30% degli stipendi e ora che sono falliti la metà sono disoccupati. Questa è stata la legalità. E le cavallette che hanno depredato la nostra cooperativa, adesso stanno spolpando altre aziende». 
«Sono stato condannato per corruzioni per versamenti pubblici - conclude il fondatore della cooperativa 29 giugno - Con Ozimo per 20mila euro messi a bilancio, con Tredicine 20mila euro messi a bilancio, con Gramazio 15mila euro messi a bilancio. Non li finanziavo in nero, ho sempre finanziato in chiaro: ad esempio con Tredicine, che non è che ha una nomea carina a Roma, non ho telefonate in 2 anni e 2 mesi, ma quale favore mi ha mai fatto se non l'ho mai incontrato? Finanzi la politica perché lo chiedevano. Quando stavo in carcere avevo il rimpianto di aver finanziato 'sti papponi. Trecento mila euro l'anno gli davo legalmente, più quelli illegali, e poi quando ci hanno arrestato per mafia Orfini andava a dire 'ho liberato Roma, ma da chi?'».

sabato 10 settembre 2016

Buzzi: "Abbiamo finanziato tutti, Rutelli, Veltroni, Alemanno, Marino, Zingaretti e anche Renzi".

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LA LETTERA. Dal carcere di Nuoro il presidente della cooperativa '29 giugno' Salvatore Buzzi, scrive a due sue collaboratrici. Nella missiva lo sfogo: "Noi non abbiamo mai finanziato illegalmente la politica, ma tutto legalmente".


"Il vero scopo di questa inchiesta è costringermi a cedere raccontando la corruzione a Roma nell'ultimo decennio ma io non posso inventarmi le cose che non so, perché noi non abbiamo mai finanziato illegalmente la politica, ma tutto legalmente: Rutelli, Veltroni, Alemanno, Marino, Zingaretti, Badaloni, Marrazzo, tutti praticamente, anche Renzi: tutti contributi dichiarati in bilancio".
Lo scrive il presidente della cooperativa '29 giugno' Salvatore Buzzi, durante la detenzione nel carcere di Nuoro, a due sue collaboratrici. La missiva, del dicembre 2014, e' negli atti allegati all'inchiesta bis su 'Mafia Capitale'.

"L'inchiesta e' colma di lacune, di imprecisioni, priva dei piu' elementari riscontri. Penso che molte carte non sono state lette o, peggio, lette e non capite - continua nella missiva Salvatore Buzzi che coglie l'occasione per sfogarsi "contro le tante inesattezze scritte contenute nelle migliaia di pagine di intercettazioni e relazioni prodotte dai Ros", inesattezze che, a suo dire, avrebbero "fuorviato" il lavoro della procura.

Poi un lungo passo della lettera e' dedicato all'ex Nar, Massimo Carminati, ritenuto l'altro capo del sodalizio criminoso: "Lo conosco da oltre 30 anni e ho iniziato a frequentarlo nella seconda meta' del 2012, quando non aveva nessuna pendenza con la giustizia. Lui ha collaborato con la cooperativa, diventandone anche socio, in maniera del tutto legittima e legale: aveva in gran conto il lavoro che noi tutti della '29 giugno' facevamo per favorire l'integrazione sociale di tante persone, di cui ben 300 detenuti ed ex detenuti".

Buzzi difende poi la sua cooperativa: "La '29 giugno' e' stata criminalizzata del tutto ingiustamente, facendo un danno enorme non solo alla cooperativa ma a tutta la cooperazione sociale italiana, ma anche qui sarebbe bastato poco per scoprire che tutta la 'frenetica attivita'' svolta era in funzione della crescita e del rafforzamento di una cooperativa dove al 2 dicembre lavoravano 1254 persone, in gran parte svantaggiate con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Un gruppo con un fatturato di 60 milioni di euro, 4 di utili e 20 di patrimonio reale".

"La mia legittima attivita' di lobbing - scrive ancora Buzzi - e' stata denigrata con aggettivi dispregiativi sparsi qua e la': noi viviamo in uno Stato di diritto e non in uno Stato etico. Sono molto addolorato perche' trent'anni di duro lavoro sono andati in frantumi, la mia reputazione perduta". Infine, lamentandosi della sua detenzione in Sardegna ("sono stato deportato"), il presidente della cooperativa '29 giugno' saluta il pm, al quale attribuisce "un atteggiamento guascone", con una battuta :"Ti piace vincere facile? ".


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Alcuni dei benficiari dei versamenti in chiaro e relative cifre corrisposte da Salvatore Buzzi tra febbraio 2008 e gennaio 2015.

mercoledì 10 agosto 2016

Buzzi e Boschi, telefonate misteriose. - Ivan Cimmarusti

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Prima della cena elettorale del Pd contatti tra il ministro e il ras di Mafia Capitale "Le abbiamo dato una lettera per Matteo". Alla fondazione di Renzi 15mila euro.

«Abbiamo consegnato alla Boschi la lettera per Matteo». Sono le 22:05 del 7 novembre 2014, giorno della cena elettorale del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il ras delle coop di Mafia Capitale, Salvatore Buzzi, ha partecipato a quella raccolta fondi. Ne parla con una sua amica e racconta dei presunti rapporti che avrebbe avuto con il ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento. La telefonata è contenuta nell’incartamento giudiziario della Procura della Repubblica di Roma, depositato al maxi processo contro la presunta cupola mafiosa capitolina.

Gli atti, dunque, svelano retroscena finora inediti. Tutti legati a quella cena di novembre del 2014 per finanziare il Partito democratico e Matteo Renzi. Un particolare di cui parla anche con Michele Nacamulli, esponente romano del Pd: «Se becchi Renzi gli ricordi che abbiamo finanziato la Leopolda e oggi gli abbiamo dato 15mila euro. Potevamo dirlo alla Boschi cazzo». «Ok», risponde Nacamulli, «la Boschi è qui». C’è da dire che, stando a fonti difensive, i tabulati telefonici nasconderebbero anche altre conversazioni avute tra il ministro Boschi e Buzzi. Conversazioni che non hanno alcun profilo penale ma che si riferiscono a un periodo precedente alla cena di novembre. Tra settembre e ottobre, infatti, Buzzi sembra dialogare col ministro per avere informazioni sulla cena. È pronto a partecipare versando un proprio contributo. D’altronde l’imprenditore era stato per anni il fiore all’occhiello delle coop vicine alla vecchia sinistra di Roma. E con l’arrivo di Renzi intendeva riposizionarsi politicamente e, magari, fare un salto di qualità.

L’obiettivo era di arrivare a incassare appalti sempre più ampi per ingrassare le casse delle cooperative legate a doppio filo al presunto boss, Massimo Carminati. Nei suoi interrogatori, infatti, Buzzi ha precisato che finanziando le campagne elettorali «ti fai un’assicurazione sulla vita, sul futuro». «Ma perché - ha aggiunto - me chiama Renzi a cena, 15mila euro a Renzi (...) ci hanno chiamato i finanziatori». Dai tabulati telefonici, però, risulterebbero suoi contatti direttamente con la Boschi. Un’ennesima grana per il ministro, dopo lo scandalo della Banca Etruria. Stando a quanto emerso, alla cena di autofinanziamento del Partito democratico Buzzi avrebbe pagato la somma pattuita versando il denaro che sarebbe finito nelle casse della Fondazione Open, gestita dall’intimo amico del premier, l’imprenditore Marco Carrai, recentemente tra i papabili a gestire la cybersecurity italiana. D’altronde, nella stessa Fondazione Open risulta esserci la stessa Boschi. 
Le intercettazioni del 6 novembre 2014 sull’utenza di Buzzi confermano il pagamento per la cena elettorale. Al telefono ci sono il ras delle coop e il suo stretto collaboratore Carlo Guarany. I due discutono della cena e decidono di informarsi meglio con Lionello Cosentino, ex segretario del Pd di Roma che a dicembre 2014 è stato commissariato da Matteo Orfini. I giorni successivi alla cena Buzzi continua a discutere della candidatura di Renzi con l’allora direttore generale di Ama, Giovanni Fiscon. Racconta di aver fatto due versamenti (uno da 15mila euro per la cena e un altro da 5mila per la Leopolda).

giovedì 5 novembre 2015

Mafia Capitale, diretta del processo: “Carminati pronto a parlare”. Il legale di Buzzi: “La mafia a Roma non esiste”.



CRONACA ORA PER ORA - Al via il maxi-dibattimento con 46 imputati. Il presunto boss ex terrorista e il capo delle cooperative sociali in collegamento in videoconferenza. I loro legali: "Cosa Nostra è una cosa seria, qui c'è solo un cattivo costume". Odevaine presente in aula: "Ho fatto errori, ma ora collaboro". Ressa di fotografi e tv, anche straniere. Gabrielli: "Città ancora molto malata".


Massimo Carminati pronto a parlare, “ha intenzione di difendersi in modo diverso”. Il legale di Salvatore Buzzi che dice che la mafia a Roma non esiste: “C’è un cattivo, cattivissimo costume, ma non la mafia”. Inizia così la giornata dell’inizio del maxi-processo su Mafia Capitale. A giudizio sono in 46. Tra i primi a entrare dall’ingresso per il pubblico un dipendente delle cooperative sociali coinvolte nell’inchiesta, “venuto a vedere questi delinquenti”, dice. Armando Finotella, 56 anni, ex dipendente di aziende della holding di Salvatore Buzzi. “Ho perso il posto e mi sono costituito parte civile da solo con un avvocato d’ufficio. A 56 anni non mi prende più nessuno. Facevo l’addetto alle pulizie e ho perso tutto”.
Per entrare nell’aula Vittorio Occorsio c’è la folla di avvocati e giornalisti. Gli addetti alla sicurezza si sono raccomandati di tenere i cellulari spenti almeno in questa prima fase. Vari imputati saranno in collegamento in videoconferenza per seguire questa prima udienza. Tra di loro gli stessi Massimo CarminatiSalvatore Buzzi e Franco Panzironi, ex amministratore delegato dell’Ama, l’azienda romana dei rifiuti, in collegamento da diversi penitenziari. In aula sono presenti, tra gli altri imputati, Luca Odevaine, da alcuni giorni agli arresti domiciliari, e l’imprenditore Daniele Pulcini. A seguire il processo ci sono anche l’ex consigliere comunale Marcello De Vito e la deputata Roberta Lombardi, entrambi del Movimento Cinque Stelle: “Ci siamo costituiti parte civile come cittadini e referenti di un movimento politico di cittadini stanchi di pagare tasse e di vederci restituiti mafia capitale e disservizi”.
Di certo appare subito chiara la linea degli avvocati dei principali imputati a processo. Da una parte la contestazione del reato di associazione mafiosa. Lo dice l’avvocato di Massimo CarminatiGiosuè Naso: “La mafia sotto il profilo penale è qualcosa di diverso e molto più grave”. Lo ribadisce Fabrizio Gallo, che è il difensore di Roberto Lacopo, il gestore del distributore che secondo i pm faceva da quartier generale di Carminati: “Questa non è mafia, la mafia è una cosa seria. Questo processo doveva chiamarsi Corruzione Capitale”. Lo ripete Alessandro Diddi, avvocato di Salvatore Buzzi: “A Roma la mafia non esiste, c’è un cattivo, cattivissimo costume, ma non la mafia”. 
L’altro fronte degli avvocati è quello delle accuse al cosiddetto circuito “mediatico-giudiziario” e al “clima”, come lo chiama lo stesso Naso. Mafia Capitale, infatti, ha già avuto le sue prime sentenze, le quattro condanne in rito abbreviato una delle quali con l’accoglimento dell’aggravante mafiosa (riconosciuta per Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi). “Si tratta di una decisione ampiamente attesa – risponde Naso – arrivata in forma assolutamente tempestiva. Noi da un anno stiamo aspettando di comparire davanti al tribunale e, guarda il caso, gli immediati verranno celebrati proprio alla vigilia di questa sentenza gup e dell’arresto di alcuni giorni fa della dirigente Eur Spa, Clelia Logorelli, per corruzione. Questo per far capire il clima. Secondo me c’è una regia facilmente identificabile che vuole tutto questo. In aula lo dirò a chiare lettere”.
Il legale ha poi auspicato che “sia un processo normale: tutta questa montatura mediatico-giudiziaria – dice – non fa bene al processo. Se un processo deve dare risposte ad esigenze meta-giuridiche non va bene, i processi dovrebbero essere dei semplici tentativi di accertare verità singole”.
CRONACA ORA PER ORA
12.05 – Il legale di Carminati: “Questo è un processetto dopato dai media”
“Questo è un processetto dopato e montato da una campagna mediatica”. Così Bruno Giosuè Naso, legale dell’ex nar Massimo Carminati, ritenuto dalla procura il capo della presunta organizzazione nota come Mafia Capitale, degli uomini a lui vicini Riccardo Brugia e Fabrizio Franco Testa.”Quali sono le ragioni che rendono Bruggia, Testa e Buzzi diversi da tutti gli altri imputati?” Aggiunge l’avvocato Naso in riferimento al fatto che i tre, oltre a Massimo Carminati, potranno essere presenti fisicamente in aula ma solo attraverso videoconferenza.
11.54 – Il legale di Buzzi: “Vedrete che la mafia non c’è”
“Abbiamo tantissime cose da dimostrare. Spero che abbiate la costanza di oltre un anno di processo per vedere che non c’è la mafia a Roma. L’accusa di associazione mafiosa l’abbiamo sempre negata. Sono sempre più convinto che della mafia a Roma non ci sia proprio traccia”. Lo ha detto Alessandro Diddi, avvocato di Salvatore Buzzi.
11.15 – Anche Povia davanti al tribunale
Anche il cantante Povia davanti al tribunale di Roma per promuovere il prossimo cd “contro l’euro” – così lo ha definito – sfruttando la presenza massiccia della stampa alla prima udienza del maxiprocesso Mafia Capitale. Reso celebre qualche anno fa da “I bambini fanno oh”, Povia ha intonato alcune strofe di una sua nuova canzone.
11.14 – “No bavaglio”, sit-in in difesa dei giornalisti denunciati
“No bavaglio” recita lo striscione portato dalla Fnsi, il sindacato dei giornalisti, davanti al tribunale di Roma a sostegno dei 93 cronisti denunciati da un gruppo di avvocati difensori di imputati nel maxiprocesso Mafia Capitale per aver diffuso le intercettazioni telefoniche. Con alcuni giornalisti sono presenti anche rappresentanti dell’associazione Articolo 21 a difesa della libertà di stampa, come il direttore Stefano Corradino e l’ex parlamentare del Pd Vincenzo Vita.
11.11 – Odevaine: “Settore delle coop ha bisogno di compromessi”
Nel settore delle coop “bisogna arrivare a dei compromessi di natura fiscale perché lo Stato non paga”. Così Luca Odevaine, imputato presente in aula e da pochi giorni ai domiciliari dopo 11 mesi di carcere. Il settore delle coop sociali è al centro dell’inchiesta Mafia Capitale.
11.08 – Ok dei giudici alle riprese televisive
I giudici del maxi-processo a Mafia Capitale hanno dato il consenso nel corso della prima udienza alle riprese televisive all’interno dell’aula dove si svolge il processo, ma solo da parte della Rai e solo in differita. Rosanna Ianniello, presidente del collegio giudicante, ha motivato la scelta anche con “l’interesse sociale rilevante del processo” che si è aperto stamane a piazzale Clodio e proseguirà nell’aula bunker di Rebibbia dalla prossima settimana.
11.03 – Odevaine: “A Roma non c’è sistema mafioso”
“A Roma non c’è un sistema mafioso che gestisce la città. A Roma le cose si trascinano. A Roma la mafia investe in attività legali. Con Carminati non c’entro nulla. Affronto serenamente questo processo dopo un percorso che mi ha portato a collaborare con i magistrati”. Così Luca Odevaine ex membro del tavolo nazionale sull’immigrazione tra gli imputati nel processo denominato Mafia Capitale durante una pausa della prima udienza al tribunale di Roma.
10.57 – Codacons chiede che Comune sia responsabile civile
Mossa a sorpresa del Codacons. Gli avvocati dell’associazione hanno chiesto di inserire nel processo il Comune non come parte civile, ma come responsabile civile, per via dell’alto numero di funzionari del Campidoglio (101) collusi o legati al sistema mafioso degli appalti. Il Comune, è la tesi del Codacons, non solo non si è accorto degli illeciti, ma non ha svolto nemmeno un’attività di prevenzione e vigilanza. La gestione irregolare degli appalti ha prodotto un danno ai cittadini di Roma per circa un miliardo, secondo il Codacons.
10.37 – Ressa di fotografi e tv fuori da tribunale
Da circa tre ore decine di fotografi e giornalisti e operatori delle tv sono all’esterno del Tribunale di Roma, all’ingresso di via Varisco, in attesa di sapere se e con quali modalità il collegio del maxiprocesso per Mafia Capitale permetterà di prendere immagini all’interno del Tribunale e dell’aula. Tra loro anche diverse troupe di testate straniere, come quelle delle agenzie di stampa France Press (Afp) e la britannica Reuters.
10.28 – Odevaine: “Ho fatto errori, ma ora collaboro”“Ho fatto degli errori, ho ammesso le mie responsabilità e ora sto collaborando con i magistrati”. E’ quanto afferma Luca Odevaine parlando a margine del processo per Mafia Capitale che lo vede imputato di corruzione. L’ex membro del Tavolo nazionale sull’immigrazione ha ribadito “di essere dalla parte delle istituzioni”.  Odevaine alla vigilia del maxiprocesso ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo 11 mesi di carcere.
10.12 – Gabrielli: “Roma è ancora molto malata”
“Roma è una città ancora profondamente malata”. Lo ha detto il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, intervistato da SkyTg24. I circa due mesi trascorsi dal 27 agosto, quando il governo affidò a Gabrielli un ruolo di coordinamento sulla sicurezza e su alcune opere pubbliche dopo l’inchiesta di Mafia Capitale, “ci hanno consentito di vedere come ancora il lavoro da fare è tantissimo”.
9.42 – Il legale del benzinaio: “Questa non è mafia”
“Questa non è mafia, la mafia è una cosa seria. Questo processo doveva chiamarsi Corruzione Capitale”. Lo ha detto entrando in tribunale a Roma Fabrizio Gallo, avvocato di Roberto Lacopo, il benzinaio gestore dell’area di servizio di Corso Francia considerata una delle basi di Massimo Carminati, presunto capo di mafia capitale. Lacopo è accusato di associazione mafiosa e altri reati.
9.33 – Aperto il processo su Mafia Capitale
Si è aperto nell’aula Occorsio del tribunale di Roma il maxi processo a Mafia Capitale. Presiede il collegio Rosanna Ianniello. 9.12 – Odevaine è in aula Luca Odevaine, ex membro del tavolo sui migranti del Ministero dell’Interno e imputato al processo a Mafia Capitale, è entrato nell’aula Occorsio del tribunale di Roma dove tra poco si aprirà il procedimento. Lo accompagna il suo legale Luca Petrucci.
8.55 – L’avvocato di Buzzi: “La mafia a Roma non esiste”
Salvatore Buzzi chiederà nuovamente il patteggiamento. Lo dice il suo difensore, Alessandro Diddi, a pochi minuti dal via al processo di mafia capitale, spiegando che in precedenza la richiesta era subordinata al consenso della procura mentre ora sarà il tribunale a decidere. Quanto alle accuse di mafia, secondo Diddi, “a Roma la mafia non esiste, c’è un cattivo, cattivissmo costume, ma non la mafia”. Salvatore Buzzi assisterà oggi alla prima udienza del maxiprocesso per Mafia Capitale in video conferenza dal carcere di Tolmezzo (Udine), ma non rilascerà dichiarazioni.
8.36 – Il legale di Carminati: “Nel processo parlerà”
“Massimo Carminati in questo processo parlerà, è intenzionato a difendersi in modo diverso dal solito perché vuole chiarire un sacco di cose e lo farà”. E’ quanto annuncia l’avvocato Giosuè Naso, difensore dell’ex terrorista che secondo la Procura di Roma sarebbe a capo del clan di Mafia Capitale. A pochi minuti dall’inizio della prima udienza, Naso afferma che il suo cliente, che dal giorno dell’arresto non ha mai parlato con i pm, quando toccherà a lui sarà pronto a parlare davanti ai giudici della X sezione penale. Carminati seguirà l’udienza in videoconferenza. “Di tutta questa storia a Carminati ha dato particolarmente fastidio il fatto che il suo nome sia stato accostato alle parole ‘mafia’ e ‘droga’. Con la mafia non c’entra proprio nulla e la droga gli fa veramente schifo”.

venerdì 13 febbraio 2015

#Affittopoli: dal M5S esposto a Corte Conti contro Marino. - m5s




"Abbiamo presentato stamane un esposto alla Corte dei Conti contro il sindaco di Roma Ignazio Marino, chiedendo alla magistratura contabile di far luce sullo scandalo "Affittopoli" che in questi giorni ha investito la giunta comunale. 
La storia si ripete, già nel 1995 a Roma scoppiò il caso di affitti di favore concessi dal Comune di Roma ai soliti amici degli amici. 
Dopo vent’anni, però, oltre all'indignazione popolare e a indagini penali senza esito, poco o nulla è cambiato. 
Chiediamo dunque alla Corte dei Conti di far luce quanto prima su una vicenda che rischia di macchiare nuovamente l’immagine della nostra amata città, già offesa dalla vergogna di "Mafia Capitale". 
Tra l'altro, siamo alla seconda parte della saga, visto che uno di questi immobili pare sia stato assegnato proprio alla cooperativa 29 Giugno di Salvatore Buzzi. 
Chiediamo al sindaco Marino di svelare la lista degli inquilini di queste abitazioni cedute a prezzi agevolati. 
Vogliamo l’elenco dei fortunati. 
Perché tra anziani e indigenti, chissà, potrebbe nascondersi qualche nome più illustre. Quello in atto è un autentico abuso da parte dell’amministrazione capitolina e un insulto verso le migliaia di famiglie che da anni, invano, attendono l’assegnazione di una casa da parte del Comune di Roma." 

I portavoce M5S in Parlamento e in Consiglio comunale di Roma

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domenica 7 dicembre 2014

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati" - Matteo Scarlino

Salvatore Buzzi

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati"

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati"
Per la "29 Giugno - Onlus" un fatturato di 25,2 milioni di euro e un utile di 800 mila euro. Destra e sinistra, nessuna differenza per Buzzi. L'importante è fare affari su immigrati e rifiuti.

Buzzi, il signore delle coop rosse sodale del 'Nero' Carminati: "La droga rende meno degli immigrati".
Un uomo di sinistra, dell'ultrasinistra, di quelli che però quando si tratta di fare affari non guarda in faccia a nessuno. E' l'immagine di Salvatore Buzzi, tratteggiata dal pubblico ministero Michele Prestipino durante la conferenza stampa per raccontare gli arresti di Mondo di MezzoDetenuto negli '70 e '80 per omicidio, Buzzi uscito dal carcere ha un'intuizione: far soldi con le cooperative degli ex detenuti. E' l'inizio di un piccolo impero, costruito, si evince ora grazie all'ordinanza di custodia cautelare, anche grazie alla contiguità con Carminati. Un impero che riesce a mettere allo stesso tavolo destra e sinistra che riesce a far soldi tanto con una parte politica che con l'altra. Un lavoro di lobbying instancabile che sfrutta il mondo di sotto per corrompere il mondo dei vivi. La cooperativa 29 Giugno, il consorzio Eriches 29 le sue creature più conosciute.
Così viene descritto Buzzi nell'ordinanza firmata dal Gip Flavia Costantini: "Salvatore Buzzi, organizzatore, gestisce, per il tramite di una rete di cooperative, le attività economiche della associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, della  accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico e negli altri settori oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo, si occupa della gestione  della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti".
Buzzi faceva soldi con gli immigrati. Un sistema consolidato per il quale aveva corrotto Luca Odevaine ex vicecapo di gabinetto all'epoca del'amministrazione Veltroni. Quest'ultimo è la chiave di un sistema che prende il suo nome. "Un signore che attraversa, in senso verticale e orizzontale, tutte le amministrazioni pubbliche più significative nel settore dell'emergenza immigrati". Ancora nell'ordinanza si legge che Odevaine "utilizzava i propri contatti istituzionali per suggerire soluzioni ed indirizzare le autorita' competenti ad assecondare le indicazioni dallo stesso suggerite, dirette ad agevolare gli interessi degli imprenditori che con lo stesso condividevano interessi di natura economica, ed avvalendosi del credito garantito anche della sua qualificata posizione istituzionale nell'ambito del Tavolo di Coordinamento Nazionale".
E Odevaine era stipendiato da Buzzi. Cinquemila euro al mese. Lo ricorda in più passaggi dell'ordinanza. Soldi che però rientrano tutti dice con soddisfazione: "Noi quest'anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato. I soldi li abbiamo fatti sui zingari, sull'emergenza alloggiativa e sugli immigrati".
Più immigrati, più soldi. Strutture da trovare, da affittare o da comprare e da riempire con i migranti provenienti dall'Africa. E proprio nel periodo emergenza Africa ha influenzato le decisioni dell'amministrazione nel biennio 2012 2014. Tutto con una perfetta divisione delle quote di mercato con l'Arciconfraternita, che Buzzi nomina più volte nei suoi discorsi. Un'ossessione gli immigrati per il signore delle coop rosse. In un'intercettazione il perché: "Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno".
Non solo immigrati però. Buzzi faceva soldi, e tanti, anche grazie ai rapporti con Ama. L'amministratore pubblico di riferimento per lui durante il periodo della Giunta Alemanno, risultava Franco Panzironi, arrestato, ex amministratore delegato Ama. "Vantando uno strettissimo rapporto con l`allora sindaco, Panzironi, a fronte del periodico pagamento di tangenti e di versamenti in favore di Fondazioni della sua stessa area politica, si è reso disponibile per l`aggiudicazione di appalti, lo stanziamento di fondi del Comune di Roma e lo sblocco dei relativi pagamenti alle società cooperative controllate dal sodalizio" hanno sottolineato gli investigatori. "Ci sono tre appalti che finiscono a società vicine a Carminati attraverso la corruzione dei dirigenti: quello per l'assegnazione differenziata del 2011, quello per la raccolta delle foglie e un altro appalto" ha detto il procuratore aggiunto Michele Prestipino nel corso della conferenza stampa sull'operazione Mondo di Mezzo.
Caduto Alemanno ed eletto Marino, Buzzi si è messo subito a bussare alle porte dei dipartimenti per "vendere il prodotto". Il successo, a suo dire, era stato ottenuto con Coratti: "Ohh... me so comprato Coratti", esclama il manager della 29 giugno. Per arrivare a lui aveva messo a libro paga il suo caposegretaria Figurelli, con 1000 euro al mese. Diecimila solo per incontrare Coratti a pranzo. E al presidente dell'Aula Giulia Cesare erano stati promessi 150.000. Questo sempre secondo il racconto fatto da Buzzi, riportato nell'ordinanza. Obiettivo far sbloccare un appalto per la raccolta multimateriale di Ama.
Di che business parliamo? Nessuna carta "giudiziaria" ma, semplicemente, la relazione di Salvatore Buzzi in occasione dell'assemblea di bilancio della 29 Giugno. I dati risalgono al 29 maggio 2014. Quel giorno, in via del Frantoio a Roma, sede della 29 Giugno, erano presenti molti esponenti politici e, chi non c'era, è stato pubblicamente ringraziato (compresi alcuni indagati). Ebbene, le previsioni di bilancio del 2014 parlano, per la "29 Giugno - Onlus", di un fatturato di 25,2 milioni di euro e di un utile di 800 mila euro. Per la "29 Giugno - servizi" di un fatturato di 9,9 milioni di euro e di un utile di 130 mila euro. Per la "Eriches 20" di un fatturato di 13,08 milioni e di un utile di 250mila euro. Sommando questi soldi ad altre imprese del gruppo, ecco un fatturato di 55,9 milioni e un utile di 1,5 milioni.

Dalla Melandri a Veltroni, da Zingaretti ad Alfano. La carriera di un pregiudicato per spaccio che diventa Capo della polizia provinciale di Roma ma non può portare la pistola. - Fabio Carosi




Zingaretti, Gabrielli, Odevaine, Paluzzi

Sul caso Odevaine, l'uomo che il re delle Coop e reggente di Mafia Capitale Salvatore Buzzi diceva di stipendiare con 5 mila euro al mese, le carte parlano chiaro. Nell'aria c'era qualcosa che non funzionava ma tutti tacevano o facevano finta di non sentire, trincerandosi dietro l'alibi della battaglia politica o dietro quell'espressione "macchina del fango" che è stata usata dalla politica per difendersi dagli attacchi scomodi.
TRASPARENZA ALLA ROMANAChe Luca Odevaine non fosse un esempio di specchiata limpidezza non poteva non accorgersene Nicola Zingaretti. Il "suo" capo della Polizia Provinciale, passato indenne dal rapporto fiduciario con Giovanna Melandri ministro per i Beni Culturali e poi chiamato a fare il Vice capo di Gabinetto con Veltroni, secondo la regola che i più efficienti, venivano premiati, già al Campidoglio si infila nei guai. 
E' il 2011 e secondo le indagini della magistratura la "macchina infernale" di Massimo Carminati e del socio Salvatore Buzzi è già in azione. Luca Odevaine finisce sotto processo per abuso d'ufficio. Al centro dell'inchiesta condotta da Maria Cordova c'è l'affitto di un fabbricato per alcune famiglie senza casa che sarebbe stato "noleggiato" a prezzi superiori a quelli di mercato. Il business per chi affitta è notevole: ogni anno il Campidoglio spendeva oltre 33 milioni di euro che lieviteranno ancora sotto Alemanno. Odevaine si difenderà dall'accusa sostenendo che per quel contratto era stata fatta una "regolare gara tra privati". La tecnica è quella in uso da sempre nella pubblica amministrazione: la somma urgenza giustifica una richiesta di offerta a pochi soggetti e in un batter d'occhio il lavoro è aggiudicato.
Nel frattempo Odevaine è già alla Provincia di Roma. A chiamarlo è stato Nicola Zingaretti che gli affida la Polizia Provinciale e la Protezione Civile. Ma qualcuno sente puzza di bruciato sul personaggio e spedisce al presidente una serie di interrogazioni. Affaritaliani.it le ha rintracciate in un vecchio scatolone, poiché negli archivi pubblici non ce n'è più traccia. C'è il nodo del cognome cambiato; c'è il dubbio sul perché un comandante di polizia Giudiziaria non porti la pistola, la richiesta di sapere come sono stati spesi i soldi della sala operativa provinciale della Protezione Civile, le società che ne curano la manutenzione e il motivo per cui oltre allo stipendio di 120 mila euro l'anno lordi, Odevaine riceve anche un assegno ad personam di altri 14 mila euro l'anno.
IL COMANDANTE SENZA PISTOLA. Due sono gli atti in cui l'allora consigliere Roberto Petrocchi chiede al presidente Zingaretti di spiegare il perché il "capo della guardie" non ha la pistola d'ordinanza come i suoi colleghi sottoposti.
Il primo atto è del 5 novembre del 2009. Scrive l'interrogante: ".. per conoscere per quale motivo il Comandante della Polizia Provinciale non figuri nell'elenco dei dirigenti dotati di arma o abilitati all'uso".
Ancora il 24 novembre del 2011: Petrocchi interroga Zingaretti e chiede il motivo per cui Odevaine è pur essendo il "capo" non ha la qualifica prevista dalla legge regionale di "ufficiale di pubblica sicurezza" e poi aggiunge: "Se l'attribuzione della su indicata qualifica sia impedita da pregressa obiezione do coscienza o da quali impedimenti legali o precedenti vicende di qualsivoglia natura". E' un dubbio che rimane sospeso perché negli archivi non c'è traccia di risposta. E' evidente che se Nicola Zingaretti fosse in grado di produrre copia della replica, affaritaliani.it pubblicherebbe volentieri il documento. Aiuterebbe a fare chiarezza.
LUTTO IN CASA ODEVAINE. Le cronache della Provincia narrano di una vicenda surreale legata al cognome del dirigente. In occasione della morte del padre compaiono sui giornali una serie di necrologi bizzarri. Nato nel 1929 a Barcellona, José Ramòn Larraz viene ricordato anche come José Ramón Larraz Gil, Joseph Braunstein, Joseph L. Bronstein, Jos L. Gil, J. R. Larrath, Joseph Larraz, Jos R. Larraz, Jos Larraz, J. R. Lazzar e, infine, come Remo Odevaine. Beato chi ci capisce in una selva di nomi o pseudonimi che impediscono la riconducibilità del lutto familiare a Luca Odevaine, che avrebbe già cambiato il suo cognome per via della condanna per droga rimediata in gioventù, poi cancellata con l'indulto.
Dopo dieci anni di prima linea con Melandri, Veltroni e Zingaretti, ora la carriera del 58 enne affabile e con la faccia da attore, sembra conclusa. Ci ha pensato Salvatore Buzzi: "Lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese... ogni mese... ed io ne piglio quattromila". 
E' in carcere. Secondo il gip era pronto a fuggire in Venezuela, paese d origine della moglie o dell'ex moglie, dove avrebbe trasferito il suo "tesoro".
http://www.net-parade.it/cgi-bin/link.aspx?utente=informare

Io mi rifiuto di credere che nessuno sapesse....