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sabato 18 marzo 2023

Il mostro marino più antico dei dinosauri trovato su un’isola artica. - Angelo Petrone

 

Il fossile anticipa l’origine degli ittiosauri, che hanno dominato gli oceani per milioni di anni.

Gli ittiosauri, rettili marini con un corpo simile alle moderne balene, hanno dominato gli oceani per oltre 160 milioni di anni mentre i dinosauri vagavano per la terraferma. I loro resti fossili sono stati trovati in tutto il mondo, ma ora un team di paleontologi svedesi e norvegesi ha scoperto i resti più antichi di questi animali sulla remota isola artica di Spitsbergen. A raccontarlo è la rivista ‘Current Biology‘. Secondo i libri di testo, i rettili si avventurarono per la prima volta in mare aperto dopo l’estinzione di massa del tardo Permiano, che devastò gli ecosistemi marini e aprì la strada all’alba dell’era dei dinosauri quasi 252 milioni di anni fa. Secondo la storia, i rettili terrestri con zampe hanno invaso ambienti costieri poco profondi per sfruttare le nicchie dei predatori marini lasciate vuote da questo evento catastrofico. Nel corso del tempo, questi primi rettili anfibi sono diventati più efficienti nel nuotare e alla fine hanno modificato i loro arti in pinne, hanno sviluppato una forma del corpo “simile a un pesce” e hanno iniziato a partorire. Ciò ha interrotto il loro ultimo legame con la terraferma, non dovendo uscire dall’acqua per deporre le uova. Nuovi fossili scoperti su Spitsbergen rivedono questa teoria a lungo accettata. Durante una spedizione nel 2014, è stata raccolta una grande quantità di concrezioni dall’area, dove gli strati rocciosi erano fango dal fondo del mare circa 250 milioni di anni fa.

Ora i ricercatori hanno identificato pesci ossei e strane ossa di anfibi “simili a coccodrilli”, insieme a undici vertebre della coda articolate di un ittiosauro. Inaspettatamente, queste vertebre sono state trovate all’interno di rocce presumibilmente troppo antiche per gli ittiosauri. Le vertebre sono identiche a quelle di ittiosauri dal corpo più grande geologicamente molto più giovani, e conservano persino la microstruttura ossea interna che mostra caratteristiche adattative in rapida crescita, un metabolismo elevato e uno stile di vita totalmente oceanico. I test geochimici della roccia circostante hanno confermato l’età dei fossili, circa due milioni di anni dopo l’estinzione di massa della fine del Permiano. Data la scala temporale stimata dell’evoluzione dei rettili oceanici, ciò fa avanzare l’origine e la prima diversificazione degli ittiosauri prima dell’inizio dell’era dei dinosauri. Secondo i ricercatori, questo impone una revisione dell’interpretazione dei libri di testo e rivela che gli ittiosauri probabilmente si hanno popolato per la prima volta negli ambienti marini prima dell’evento di estinzione. La scoperta del più antico ittiosauro riscrive la visione popolare dell’era dei dinosauri come il periodo di sviluppo dei principali lignaggi di rettili. Ora sembra che almeno alcuni gruppi abbiano preceduto questo intervallo storico.

https://www.scienzenotizie.it/2023/03/16/il-mostro-marino-piu-antico-dei-dinosauri-trovato-su-unisola-artica-5367138?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

martedì 7 febbraio 2023

Energia rinnovabile: la scoperta che ha sconvolto gli esperti. - Paola Ferraro

 

Energia rinnovabile, pulita e infinita con un nuovo strabiliante dispositivo marino innovativo: vediamo di cosa si tratta e le sue prerogative sostenibili.


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Energia rinnovabile e la continua necessità di porla al centro della transizione energetica e del contrasto alle emissioni di CO2. Risorse e ricerca tutte convogliate nella reperibilità di nuove fonti di energia pulita. Le fonti rinnovabili naturali come il Sole, il vento e l’acqua rimangono i principali protagonisti delle tecnologie che implementano la produzione di energia green.

Le metodologie evolvono e si migliorano grazie agli scienziati e ai tecnici specializzati. Il lavoro è in continuo fermento e si concentra proprio sulla diversificazione delle risorse. Anche il mare, con il suo potente movimento, può risultare fondamentale ed essenziale nel contribuire alla produzione di energia elettrica pulita.

Un “aquilone” produce energia con la forza mare.

Si chiama Dragon Class ed è un’idea della Minesto, società svedese che implementa lo sviluppo delle tecnologie volte allo sfruttamento dell’energia mareomotrice. Tale energia è scarsamente utilizzata nonostante sia pulita, praticamente inesauribile e convertibile in energia elettrica. Ciò grazie alla forza meccanica dei movimenti dell’acqua.

Il mare presenta varie e diverse forme di energia come quella prodotta dalle correnti marine, quella dal moto ondoso e infine quella innescata dagli spostamenti d’acqua causati dalle maree, la cosiddetta mareomotrice. Quest’ultimo tipo di energia verde ha già favorito impianti di energia rinnovabile che sfruttano proprio l’energia delle maree.

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Ma le centrali hanno comunque un impatto ambientale che Dragon Class abbatte totalmente. Infatti il funzionamento si basa sulla tecnologia chiamata Deep Green che si rifà proprio a quella sfruttata dagli aquiloni. Ma invece che volare in aria i Dragon Class si muovono sott’acqua, mossi dalla forza idrodinamica delle correnti.

Dotati di ali, turbine e generatori, sfruttano il movimento del mare descrivendo delle traiettorie a forma di 8. In questo modo l’acqua scorre veloce sul dispositivo attraverso la turbina producendo elettricità. Ancorati al fondo marino presentano un sistema di controllo che codifica i corretti movimenti dei Dragon Class.

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Il progetto relativo a questi dispositivi consente la loro personalizzazione per adeguarli alla location nella quale sono attivati, in termini di dimensioni e numeri. Sono anche a basso costo sia per le spese di produzione che per quelle di assemblaggio e di manutenzione.. Ideali nelle zone con poca terra, hanno trovato applicazione proprie nelle Isole Faroe in Inghilterra, con sviluppi verso l’Irlanda e Taiwan.

Foto:Dragon Class-Facebook-collage OrizzontEnergia.it

https://www.orizzontenergia.it/2023/02/04/energia-rinnovabile-grazie-ad-un-aquilone-marino-che-sfrutta-le-maree/?fbclid=IwAR1FdOMheCQzpmXhlwnyrC8QwNFzIr2IagFXZonOs3ncIQWNHGKg1o7p1wc

giovedì 11 aprile 2019

BOLLITI E MARINATI - Marco Travaglio



L’assoluzione di Ignazio Marino dalle accuse di peculato e falso è una buona notizia per lui e una pessima notizia per chi – da Renzi e Orfini in giù – lo cacciò anzitempo dal Campidoglio nel 2015, spalancando le porte ai 5Stelle. Ma è anche un’ottima occasione per misurare la febbre del cosiddetto “rapporto fra politica e giustizia” che i partiti continuano a non risolvere a 27 anni da Tangentopoli e infatti continua a destabilizzare sia la politica sia la giustizia. La giustizia ha le sue regole: i reati li fissa il Codice penale, le indagini e i processi li regola il Codice di procedura, le indagini, i rinvii a giudizio e le sentenze li decidono i magistrati in base alle prove che è o non è riuscita a raccogliere la polizia giudiziaria, nei tempi biblici previsti dal nostro farraginoso sistema. La politica ha, o dovrebbe avere, le proprie regole che si basano, o dovrebbero basarsi, sui fatti e seguire logiche e tempi del tutto diversi. I fatti possono emergere da cronache giornalistiche, da denunce politiche, da indagini o sentenze giudiziarie, o da mille altre fonti: quando sono assodati, o almeno plausibili, e un partito li ritiene gravi e incompatibili col proprio Codice etico, può decidere di espellere, dimissionare o sfiduciare il dirigente o rappresentante che li ha (o è sospettato di averli) commessi.
Quali fatti erano addebitati a Marino? Aver messo in conto al Comune 56 cene spacciate per “istituzionali”, ma in realtà private, per 20 mila e rotti euro. La notizia emerse dagli uffici comunali, nella feroce faida fra Marino e i suoi oppositori interni al Pd. E venne a conoscenza del Fatto, che diede per primo la notizia, e delle opposizioni, fra cui i 5Stelle che la cavalcarono. Marino fu indagato dalla Procura, rifiutò di dimettersi e il Pd lo sfiduciò a viva forza con una raccolta di firme fra i consiglieri indetta dal commissario Orfini nello studio di un notaio. Senza neppure un dibattito e un voto di sfiducia in Consiglio comunale. In tribunale Marino fu assolto e in appello condannato a 2 anni. Ma sia le motivazioni dell’assoluzione sia quelle della condanna davano per assodato il fatto: cioè le cene a spese dei contribuenti. Il Tribunale lo assolse per mancanza di dolo, ritenendo che Marino avesse fatto pasticci con la carta di credito comunale a causa della gestione approssimativa della sua segretaria, che gli rimborsò quelle spese private a sua insaputa. La Corte d’appello invece ritenne che Marino lo sapesse, dunque che la sua condotta fosse dolosa. Ora la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna perché “il fatto non sussiste” (il “fatto” è la condotta contestata come illecita dall’accusa).
Il che, assodate le 56 cene a spese del Comune, può significare due cose soltanto: o non è provato il dolo di Marino, oppure cenare con moglie e/o amici a spese dei cittadini per importi dell’ordine di 20 mila euro non integra i reati di falso e peculato. Lo scopriremo dalle motivazioni. 
E dal processo parallelo a un’ex collaboratrice di Marino, che giurò di essere a cena con lui (mentre lui era con la moglie) ed è stata rinviata a giudizio per falsa testimonianza; e all’ex segretaria che gestì il pastrocchio delle note spese ed è a giudizio per falso. Ma è già imprudente la dichiarazione di Marino che, dolendosi comprensibilmente per essere stato cacciato da “sindaco eletto”, aggiunge: “Ripeto a testa alta che non ho mai utilizzato denaro pubblico per finalità private”: e allora perché restituì 20 mila euro al Comune a scandalo scoppiato? Imprudente anche la rivendicazione della sua “giunta impegnata a portare la legalità nella Capitale”: dimentica il suo vicesindaco e altri membri della maggioranza indagati o arrestati per Mafia Capitale. Imprudentissimo poi Zingaretti, che deduce dal dispositivo della Cassazione “la correttezza di Marino”: non tutto ciò che è penalmente irrilevante è eticamente e politicamente commendevole. Rischiano di aver ragione, a loro insaputa s’intende, Matteo Renzi e Matteo Orfini, quando rivendicano la sfiducia a Marino. Dice Renzi: “La vicenda degli scontrini è stata una violenta campagna di fango del M5S. Ma le dimissioni di 26 consiglieri Pd e il decadimento (sic, ndr) di Marino non avevano niente a che fare coi problemi giudiziari o con gli scontrini. Nel 2015 la scelta del Pd romano (sic, ndr) fu totalmente figlia di valutazioni amministrative legate al governo di Roma. Decisione politica, non guerriglia giudiziaria”. Dice Orfini: “Non devo scusarmi perché quella scelta l’ho assunta spiegando fin dall’inizio che non era legata all’inchiesta. Marino non era adeguato a quel ruolo, stava amministrando male Roma, la città era un disastro”.
Ma i due Matteo, parlandone da vivi, potrebbero dirlo solo se il Pd fosse uso rovesciare le sue svariate giunte comunali e regionali mal governate, anche molto peggio di quella di Marino: invece risulta averlo fatto solo quella volta, guardacaso prendendo a pretesto l’indagine prima giornalistica e politica (i 5Stelle fecero nient’altro che il proprio mestiere di oppositori), poi giudiziaria sulle cene a sbafo. Che, in un partito intransigente, avrebbe potuto bastare e avanzare, infatti all’estero ci si dimette anche per molto meno. Invece apparve subito come un pretesto ridicolo, ad Marinum, per un partito che teneva al governo noti indagati come De Filippo, Castiglione, Vicari, poi Lotti ecc.; che candidava, teneva e tuttora tiene in piedi un governatore plurimputato come De Luca; che si è appena alleato in Basilicata col suo ex governatore arrestato Pittella; e in Calabria ancora sostiene la giunta del governatore inquisito Oliverio. Ma c’è sempre una prima volta: ora Zingaretti potrebbe fissare un Codice etico valido per tutti e poi, tanto per cambiare un po’, applicarlo a tutti.

giovedì 5 novembre 2015

Mafia Capitale, diretta del processo: “Carminati pronto a parlare”. Il legale di Buzzi: “La mafia a Roma non esiste”.



CRONACA ORA PER ORA - Al via il maxi-dibattimento con 46 imputati. Il presunto boss ex terrorista e il capo delle cooperative sociali in collegamento in videoconferenza. I loro legali: "Cosa Nostra è una cosa seria, qui c'è solo un cattivo costume". Odevaine presente in aula: "Ho fatto errori, ma ora collaboro". Ressa di fotografi e tv, anche straniere. Gabrielli: "Città ancora molto malata".


Massimo Carminati pronto a parlare, “ha intenzione di difendersi in modo diverso”. Il legale di Salvatore Buzzi che dice che la mafia a Roma non esiste: “C’è un cattivo, cattivissimo costume, ma non la mafia”. Inizia così la giornata dell’inizio del maxi-processo su Mafia Capitale. A giudizio sono in 46. Tra i primi a entrare dall’ingresso per il pubblico un dipendente delle cooperative sociali coinvolte nell’inchiesta, “venuto a vedere questi delinquenti”, dice. Armando Finotella, 56 anni, ex dipendente di aziende della holding di Salvatore Buzzi. “Ho perso il posto e mi sono costituito parte civile da solo con un avvocato d’ufficio. A 56 anni non mi prende più nessuno. Facevo l’addetto alle pulizie e ho perso tutto”.
Per entrare nell’aula Vittorio Occorsio c’è la folla di avvocati e giornalisti. Gli addetti alla sicurezza si sono raccomandati di tenere i cellulari spenti almeno in questa prima fase. Vari imputati saranno in collegamento in videoconferenza per seguire questa prima udienza. Tra di loro gli stessi Massimo CarminatiSalvatore Buzzi e Franco Panzironi, ex amministratore delegato dell’Ama, l’azienda romana dei rifiuti, in collegamento da diversi penitenziari. In aula sono presenti, tra gli altri imputati, Luca Odevaine, da alcuni giorni agli arresti domiciliari, e l’imprenditore Daniele Pulcini. A seguire il processo ci sono anche l’ex consigliere comunale Marcello De Vito e la deputata Roberta Lombardi, entrambi del Movimento Cinque Stelle: “Ci siamo costituiti parte civile come cittadini e referenti di un movimento politico di cittadini stanchi di pagare tasse e di vederci restituiti mafia capitale e disservizi”.
Di certo appare subito chiara la linea degli avvocati dei principali imputati a processo. Da una parte la contestazione del reato di associazione mafiosa. Lo dice l’avvocato di Massimo CarminatiGiosuè Naso: “La mafia sotto il profilo penale è qualcosa di diverso e molto più grave”. Lo ribadisce Fabrizio Gallo, che è il difensore di Roberto Lacopo, il gestore del distributore che secondo i pm faceva da quartier generale di Carminati: “Questa non è mafia, la mafia è una cosa seria. Questo processo doveva chiamarsi Corruzione Capitale”. Lo ripete Alessandro Diddi, avvocato di Salvatore Buzzi: “A Roma la mafia non esiste, c’è un cattivo, cattivissimo costume, ma non la mafia”. 
L’altro fronte degli avvocati è quello delle accuse al cosiddetto circuito “mediatico-giudiziario” e al “clima”, come lo chiama lo stesso Naso. Mafia Capitale, infatti, ha già avuto le sue prime sentenze, le quattro condanne in rito abbreviato una delle quali con l’accoglimento dell’aggravante mafiosa (riconosciuta per Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi). “Si tratta di una decisione ampiamente attesa – risponde Naso – arrivata in forma assolutamente tempestiva. Noi da un anno stiamo aspettando di comparire davanti al tribunale e, guarda il caso, gli immediati verranno celebrati proprio alla vigilia di questa sentenza gup e dell’arresto di alcuni giorni fa della dirigente Eur Spa, Clelia Logorelli, per corruzione. Questo per far capire il clima. Secondo me c’è una regia facilmente identificabile che vuole tutto questo. In aula lo dirò a chiare lettere”.
Il legale ha poi auspicato che “sia un processo normale: tutta questa montatura mediatico-giudiziaria – dice – non fa bene al processo. Se un processo deve dare risposte ad esigenze meta-giuridiche non va bene, i processi dovrebbero essere dei semplici tentativi di accertare verità singole”.
CRONACA ORA PER ORA
12.05 – Il legale di Carminati: “Questo è un processetto dopato dai media”
“Questo è un processetto dopato e montato da una campagna mediatica”. Così Bruno Giosuè Naso, legale dell’ex nar Massimo Carminati, ritenuto dalla procura il capo della presunta organizzazione nota come Mafia Capitale, degli uomini a lui vicini Riccardo Brugia e Fabrizio Franco Testa.”Quali sono le ragioni che rendono Bruggia, Testa e Buzzi diversi da tutti gli altri imputati?” Aggiunge l’avvocato Naso in riferimento al fatto che i tre, oltre a Massimo Carminati, potranno essere presenti fisicamente in aula ma solo attraverso videoconferenza.
11.54 – Il legale di Buzzi: “Vedrete che la mafia non c’è”
“Abbiamo tantissime cose da dimostrare. Spero che abbiate la costanza di oltre un anno di processo per vedere che non c’è la mafia a Roma. L’accusa di associazione mafiosa l’abbiamo sempre negata. Sono sempre più convinto che della mafia a Roma non ci sia proprio traccia”. Lo ha detto Alessandro Diddi, avvocato di Salvatore Buzzi.
11.15 – Anche Povia davanti al tribunale
Anche il cantante Povia davanti al tribunale di Roma per promuovere il prossimo cd “contro l’euro” – così lo ha definito – sfruttando la presenza massiccia della stampa alla prima udienza del maxiprocesso Mafia Capitale. Reso celebre qualche anno fa da “I bambini fanno oh”, Povia ha intonato alcune strofe di una sua nuova canzone.
11.14 – “No bavaglio”, sit-in in difesa dei giornalisti denunciati
“No bavaglio” recita lo striscione portato dalla Fnsi, il sindacato dei giornalisti, davanti al tribunale di Roma a sostegno dei 93 cronisti denunciati da un gruppo di avvocati difensori di imputati nel maxiprocesso Mafia Capitale per aver diffuso le intercettazioni telefoniche. Con alcuni giornalisti sono presenti anche rappresentanti dell’associazione Articolo 21 a difesa della libertà di stampa, come il direttore Stefano Corradino e l’ex parlamentare del Pd Vincenzo Vita.
11.11 – Odevaine: “Settore delle coop ha bisogno di compromessi”
Nel settore delle coop “bisogna arrivare a dei compromessi di natura fiscale perché lo Stato non paga”. Così Luca Odevaine, imputato presente in aula e da pochi giorni ai domiciliari dopo 11 mesi di carcere. Il settore delle coop sociali è al centro dell’inchiesta Mafia Capitale.
11.08 – Ok dei giudici alle riprese televisive
I giudici del maxi-processo a Mafia Capitale hanno dato il consenso nel corso della prima udienza alle riprese televisive all’interno dell’aula dove si svolge il processo, ma solo da parte della Rai e solo in differita. Rosanna Ianniello, presidente del collegio giudicante, ha motivato la scelta anche con “l’interesse sociale rilevante del processo” che si è aperto stamane a piazzale Clodio e proseguirà nell’aula bunker di Rebibbia dalla prossima settimana.
11.03 – Odevaine: “A Roma non c’è sistema mafioso”
“A Roma non c’è un sistema mafioso che gestisce la città. A Roma le cose si trascinano. A Roma la mafia investe in attività legali. Con Carminati non c’entro nulla. Affronto serenamente questo processo dopo un percorso che mi ha portato a collaborare con i magistrati”. Così Luca Odevaine ex membro del tavolo nazionale sull’immigrazione tra gli imputati nel processo denominato Mafia Capitale durante una pausa della prima udienza al tribunale di Roma.
10.57 – Codacons chiede che Comune sia responsabile civile
Mossa a sorpresa del Codacons. Gli avvocati dell’associazione hanno chiesto di inserire nel processo il Comune non come parte civile, ma come responsabile civile, per via dell’alto numero di funzionari del Campidoglio (101) collusi o legati al sistema mafioso degli appalti. Il Comune, è la tesi del Codacons, non solo non si è accorto degli illeciti, ma non ha svolto nemmeno un’attività di prevenzione e vigilanza. La gestione irregolare degli appalti ha prodotto un danno ai cittadini di Roma per circa un miliardo, secondo il Codacons.
10.37 – Ressa di fotografi e tv fuori da tribunale
Da circa tre ore decine di fotografi e giornalisti e operatori delle tv sono all’esterno del Tribunale di Roma, all’ingresso di via Varisco, in attesa di sapere se e con quali modalità il collegio del maxiprocesso per Mafia Capitale permetterà di prendere immagini all’interno del Tribunale e dell’aula. Tra loro anche diverse troupe di testate straniere, come quelle delle agenzie di stampa France Press (Afp) e la britannica Reuters.
10.28 – Odevaine: “Ho fatto errori, ma ora collaboro”“Ho fatto degli errori, ho ammesso le mie responsabilità e ora sto collaborando con i magistrati”. E’ quanto afferma Luca Odevaine parlando a margine del processo per Mafia Capitale che lo vede imputato di corruzione. L’ex membro del Tavolo nazionale sull’immigrazione ha ribadito “di essere dalla parte delle istituzioni”.  Odevaine alla vigilia del maxiprocesso ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo 11 mesi di carcere.
10.12 – Gabrielli: “Roma è ancora molto malata”
“Roma è una città ancora profondamente malata”. Lo ha detto il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, intervistato da SkyTg24. I circa due mesi trascorsi dal 27 agosto, quando il governo affidò a Gabrielli un ruolo di coordinamento sulla sicurezza e su alcune opere pubbliche dopo l’inchiesta di Mafia Capitale, “ci hanno consentito di vedere come ancora il lavoro da fare è tantissimo”.
9.42 – Il legale del benzinaio: “Questa non è mafia”
“Questa non è mafia, la mafia è una cosa seria. Questo processo doveva chiamarsi Corruzione Capitale”. Lo ha detto entrando in tribunale a Roma Fabrizio Gallo, avvocato di Roberto Lacopo, il benzinaio gestore dell’area di servizio di Corso Francia considerata una delle basi di Massimo Carminati, presunto capo di mafia capitale. Lacopo è accusato di associazione mafiosa e altri reati.
9.33 – Aperto il processo su Mafia Capitale
Si è aperto nell’aula Occorsio del tribunale di Roma il maxi processo a Mafia Capitale. Presiede il collegio Rosanna Ianniello. 9.12 – Odevaine è in aula Luca Odevaine, ex membro del tavolo sui migranti del Ministero dell’Interno e imputato al processo a Mafia Capitale, è entrato nell’aula Occorsio del tribunale di Roma dove tra poco si aprirà il procedimento. Lo accompagna il suo legale Luca Petrucci.
8.55 – L’avvocato di Buzzi: “La mafia a Roma non esiste”
Salvatore Buzzi chiederà nuovamente il patteggiamento. Lo dice il suo difensore, Alessandro Diddi, a pochi minuti dal via al processo di mafia capitale, spiegando che in precedenza la richiesta era subordinata al consenso della procura mentre ora sarà il tribunale a decidere. Quanto alle accuse di mafia, secondo Diddi, “a Roma la mafia non esiste, c’è un cattivo, cattivissmo costume, ma non la mafia”. Salvatore Buzzi assisterà oggi alla prima udienza del maxiprocesso per Mafia Capitale in video conferenza dal carcere di Tolmezzo (Udine), ma non rilascerà dichiarazioni.
8.36 – Il legale di Carminati: “Nel processo parlerà”
“Massimo Carminati in questo processo parlerà, è intenzionato a difendersi in modo diverso dal solito perché vuole chiarire un sacco di cose e lo farà”. E’ quanto annuncia l’avvocato Giosuè Naso, difensore dell’ex terrorista che secondo la Procura di Roma sarebbe a capo del clan di Mafia Capitale. A pochi minuti dall’inizio della prima udienza, Naso afferma che il suo cliente, che dal giorno dell’arresto non ha mai parlato con i pm, quando toccherà a lui sarà pronto a parlare davanti ai giudici della X sezione penale. Carminati seguirà l’udienza in videoconferenza. “Di tutta questa storia a Carminati ha dato particolarmente fastidio il fatto che il suo nome sia stato accostato alle parole ‘mafia’ e ‘droga’. Con la mafia non c’entra proprio nulla e la droga gli fa veramente schifo”.

sabato 31 ottobre 2015

Marino si vendica del Pd: "Farò i nomi, tiro giù tutti". - Sergio Rame



Dopo le dimissioni Marino prepara la vendetta: "Ora farò tutti i nomi. Dirò chi del Pd mi ha proposto Coratti e Odevaine". E medita la possibilità di ricandidarsi con una propria lista.
"Ci avevano provato con la Panda rossa, i funerali di Casamonica, la polemica sul viaggio del Papa. Se non fossero arrivati questi scontrini, prima o poi avrebbero detto che avevo i calzini bucati o mi avrebbero messo della cocaina in tasca".
È l'amaro sfogo di Ignazio Marino. Il sindaco dimissionario l’ha presa malissimo."Cacciarmi? Se lo fate farò tutti i nomi - avrebbe detto ai suoi - chi del Pd mi ha proposto Mirko Coratti e Luca Odevaine (due degli arrestati di Mafia Capitale, ndr) come vicesindaco e come comandante dei vigili. Vi tiro giù tutti". Secondo voci vicine al Campidoglio riportate dal Corriere della Sera, Marino avrebbe ricordato di "avere tutto scritto nei miei quaderni" e di "avere anche degli sms di dirigenti nazionali del Pd".
Marino avrebbe già messo mano alle bozze di quello che sarà un libro "esplosivo". Secondo fonti ben informate l’ex caposegreteria Mattia Stella, dimessosi quest’estate dopo la relazione di Franco Gabrielli, gli starebbe curando tutto l'editing. Pagine scomode per Matteo Renzi e, più in generale, per il Partito democratico che, fino all'ultimo scandalo, ha provato a tenere a galla il sindaco marziano. Che, ora, prepara la vendetta. Nella testa gli ronza anche un'altra idea. "I romani sono con me - dice ai suoi - potrei anche presentarmi con una mia lista contro il Pd". Intanto ha venti giorni di tempo per ritirare le dimissioni. Un periodo abbastanza lungo per far ballare Renzi e tenere sulla graticola il Pd romano. Nonostante la valanga di scandali che lo hanno travolto, resta convinto di essere nel giusto, di non aver sbagliato nulla. Sulle note spese contestate, per esempio, dice di non sapere cosa ci hanno scritto sopra: "Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come si fa in questi casi. Non escludo che possa esserci stata qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi". Quindi, ribadisce di essere "disposto a pagare di persona le mie spese di rappresentanza di questi due anni: 19.704,36 euro. Li regalo al Campidoglio".
In una intervista alla Stampa, Marino rivendica di aver "rotto le uova nel paniere del consociativismo politico" e ricorda che "Roma sarà parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari". E ora si augura che "chi verrà dopo di me non riporti Roma indietro". Afferma poi che nel Pd solo in due gli hanno espresso vicinanza: il ministro Graziano Delrio e Giovanni Legnini, "entrambi molto avviliti per quanto accaduto". Ma il grande assente è Renzi. Che ieri ha dettato la linea da Palazzo Chigi. "Non avendo avuto l’opportunità di parlare col presidente del consiglio - dice Marino - non ho potuto conoscere qual è il suo giudizio".

domenica 11 ottobre 2015

Nell'ospedale dove iniziò il chirurgo Marino: "Così chiudemmo ogni rapporto". - Corrado Zunino

Nell'ospedale dove iniziò il chirurgo Marino: "Così chiudemmo ogni rapporto"

Parlano i medici del centro universitario di Pittsburgh in cui lavorò il sindaco: "Ha cominciato a operare con noi, gli abbiamo affidato il centro di Palermo. Poi abbiamo scoperto le doppie note spese e i suoi rapporti con altri ospedali americani". Tra le fatture, la ricarica per una stilografica: otto euro, chiesti due volte.

PITTSBURGH. Al 600 di Grant street dicono che quel nome - Ignazio Marino - vogliono solo dimenticarlo. "Era un chirurgo, trapiantava organi. Non era indispensabile, ci ha creato tanti problemi". Davanti alla fontana che spruzza acqua rosa, sotto la sede distribuita su venti piani, parlano due dirigenti del Medical center universitario di Pittsburgh, l'Upmc che gestisce venti ospedali nella Pennsylvania dell'Ovest e trentotto centri oncologici negli Stati Uniti: "Il dottor Marino si è formato da noi, ha iniziato a operare con noi, gli abbiamo affidato il centro di Palermo, una frontiera in Europa. Poi abbiamo scoperto le doppie note spese, i suoi rapporti con altri ospedali americani. Gli abbiamo imposto le dimissioni dall'Ismett di Palermo e non avremmo voluto più occuparci di quella storia, né del medico italiano. Avremmo solo sperato nel silenzio".

Invece quel medico italiano, 650 trapianti in carriera, 213 pubblicazioni, ambizioso non solo come clinico, a 51 anni è stato fatto senatore, a 54 si è candidato alla guida del Partito democratico  (perdendo) e a 58 si è lanciato nella campagna per diventare sindaco di Roma, mayor come dicono qui. E ha vinto. "Eravamo sorpresi che della storia degli ottomila dollari contestati non si fosse detto più nulla, ma noi non avevamo alcun interesse a sollevare un caso", dicono ancora gli amministrativi subito dopo aver chiesto di non essere citati.

L'Upmc aveva chiuso ogni rapporto con il dottor Marino come tante volte succede, e invece a tredici anni di distanza "siamo di nuovo qui". A riprendere in mano vecchi dossier, rileggere audit interni che rimandano a scontrini fiscali. "Sì, dopo tredici anni confermiamo: il dottor Marino aveva creato una doppia contabilità per le spese di trasferta. Una richiesta di rimborso la consegnava al suo centro di Palermo, l'Ismett appunto, e una alla nostra sede. Avevamo prove evidenti che la cosa fosse andata avanti per mesi e che fosse una scelta consapevole, non un caso, tanto meno un errore. Abbiamo agito subito, allora. Il 6 settembre 2002 inviammo un fax all'ospedale di Palermo e il dottor Marino nell'arco di mezza giornata controfirmò tutte le nostre condizioni. Aveva chiesto lui di dimettersi alcune settimane prima, il sei settembre abbiamo accettato senza esitazioni. Abbiamo chiuso lì ogni rapporto: uno dei nostri quattromila medici aveva perso la nostra fiducia, ma la carriera politica del dottor Marino non ci ha mai permesso di abbandonare quel dossier".

E' qui, dove la confluenza di Allegheny e Monongahela forma il fiume Ohio, non lontano dal Canada, che Ignazio Marino ha conosciuto i primi guai con le ricevute per le cene, qui che ha subito un oltraggio alla sua carriera e al consolidato orgoglio. Cresciuto sfiorando un nume tutelare della trapiantologia moderna, Thomas Starzl, che nel 1963 innestò il primo fegato su un bimbo di tre anni, nel 1997 Marino riuscì a farsi affidare da Jeffrey A. Romoff la direzione dell'Istituto Mediterraneo per trapianti e terapie ad alta specializzazione, ottanta posti letto voluti a Palermo dal governatore Cuffaro e inaugurati due anni dopo.

In quelle stagioni siciliane, oltre ad operare in sala, il dottor Marino iniziò a sperimentare l'arte dell'amministrazione pubblica, palestra per una futura politica già avvistata. "Gestivo venti milioni l'anno", ha raccontato. Ma è sulle minuzie che arrivano le contestazioni. Un precedente che tornerà negli anni da sindaco, una coazione a ripetere che taglierà le gambe prima a un chirurgo scalatore e poi a un intraprendente politico. Ottomila dollari contestati in nove mesi (in attesa di controllare a ritroso i cinque anni precedenti). Una piccola cresta. Messa così, nero su bianco il 6 settembre 2002, dal superpresidente Romoff: "Riteniamo di aver scoperto una serie di irregolarità intenzionali e deliberate con note scritte da lei a mano e sebbene le ricevute siano per gli stessi enti, i nomi delle persone indicate sulle ricevute presentate a Pittsburgh non sono gli stessi di quelli presentati all'Upmc di Palermo". Dozzine di ricevute duplicate, scrisse il presidente. Irregolarità intenzionali e deliberate, sottolineò. Dimissioni immediate, da controfirmare seduta stante. "Come restituzione dei rimborsi spese doppi da lei ricevuti accetta di rinunciare a qualsiasi pagamento erogato dall'Upmc ai quali avrebbe altrimenti diritto, compreso lo stipendio per il mese di settembre 2002". Ci sono anche le ferie pagate, eventuali malattie accumulate. Nulla da pretendere per il futuro da parte del direttore Ismett per rientrare degli 8.000 dollari.

A Marino fu concessa una settimana per liberare l'ufficio di Palermo, gli venne indicato nome e cognome della persona a cui lasciare auto, chiavi dell'auto e dell'appartamento, telefonino, cercapersone, computer portatili, carte di credito aziendali, gli fu anche intimato di non fare ritorno a Pittsburgh. "Tutti i libri e i giornali acquistati da noi dovranno restare nell'ufficio di Palermo", scrisse Romoff, "e se lei deciderà di trattenerne qualcuno potrà acquistarli a un prezzo ragionevole".

Oltre alle cene, si scopre oggi, il dottor Marino chirurgo di trapianti aveva l'abitudine - secondo gli accertamenti dell'audit dell'Upmc - di mettere in doppia contabilità tutte le spese personali. "C'è una fattura, rimborsata sia a Pittsburgh che a Palermo, sulla ricarica d'inchiostro per la penna stilografica del medico". Otto euro e quaranta, richiesti due volte.

Ignazio Marino successivamente avrebbe detto che, in realtà, quei fogli erano solo un fax di presa visione, che l'università di Pittsburgh gli era diventata ostile perché lui si era accordato per un nuovo incarico direttivo con l'ospedale Thomas Jefferson di Philadelphia, che era stata una sua scelta quella di dimettersi da Palermo quando aveva scoperto che in una gara d'appalto c'era un'azienda in odor di mafia e in corsia le pressioni per favorire alcuni clinici erano diventate opprimenti. Oggi i dirigenti dell'Upmc, qui a Pittsburgh, ribadiscono: "Nel 2002 il dottor Marino controfirmò una lettera di dimissioni immediate e quelle dimissioni dipesero soltanto dalla sua condotta contabile, non c'entrano Palermo né Philadelphia. Non è neppure vero che i controlli erano partiti dopo una segnalazione del medico, fu un'iniziativa del nostro audit di fronte a conti che non tornavano. Dopo quella lettera, sottolineaiamo, non c'è stata alcuna transazione e, d'altro canto, il dottor Marino non ci hai mai querelato né per falso né per danni subiti". Querela che, pure, il medico aveva promesso.

Il chirurgo romano riottenne, con la mediazione dell'avvocato Vittorio Angiolini, il pc utilizzato all'Ismett, alcune pubblicazioni e studi in archivio a Palermo. Tre anni dopo il senatore sarebbe riuscito a prendere 90 mila euro di risarcimento da parte di quattro giornali italiani e tredici giornalisti. Il Tribunale civile di Milano aveva riconosciuto un danno alla sua carriera nei modi in cui l'offesa di Pittsburgh era stata raccontata.


http://www.repubblica.it/politica/2015/10/09/news/nell_ospedale_dove_inizio_il_chirurgo_marino_ci_ha_creato_tanti_problemi_-124730271/

venerdì 13 febbraio 2015

#Affittopoli: dal M5S esposto a Corte Conti contro Marino. - m5s




"Abbiamo presentato stamane un esposto alla Corte dei Conti contro il sindaco di Roma Ignazio Marino, chiedendo alla magistratura contabile di far luce sullo scandalo "Affittopoli" che in questi giorni ha investito la giunta comunale. 
La storia si ripete, già nel 1995 a Roma scoppiò il caso di affitti di favore concessi dal Comune di Roma ai soliti amici degli amici. 
Dopo vent’anni, però, oltre all'indignazione popolare e a indagini penali senza esito, poco o nulla è cambiato. 
Chiediamo dunque alla Corte dei Conti di far luce quanto prima su una vicenda che rischia di macchiare nuovamente l’immagine della nostra amata città, già offesa dalla vergogna di "Mafia Capitale". 
Tra l'altro, siamo alla seconda parte della saga, visto che uno di questi immobili pare sia stato assegnato proprio alla cooperativa 29 Giugno di Salvatore Buzzi. 
Chiediamo al sindaco Marino di svelare la lista degli inquilini di queste abitazioni cedute a prezzi agevolati. 
Vogliamo l’elenco dei fortunati. 
Perché tra anziani e indigenti, chissà, potrebbe nascondersi qualche nome più illustre. Quello in atto è un autentico abuso da parte dell’amministrazione capitolina e un insulto verso le migliaia di famiglie che da anni, invano, attendono l’assegnazione di una casa da parte del Comune di Roma." 

I portavoce M5S in Parlamento e in Consiglio comunale di Roma

http://www.beppegrillo.it/2015/02/affittopoli_dal_m5s_esposto_a_corte_conti_contro_marinol.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+beppegrillo%2Fatom+%28Blog+di+Beppe+Grillo%29