domenica 28 febbraio 2021

Più rinnovabili in edilizia, industria e trasporti per arginare il riscaldamento globale. - Ivonne Carpinelli

Uno striscione di protesta appeso in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima del 2000 © Michel Porro/Newsmakers/Getty Images

Solo una revisione più ambiziosa della direttiva europea sulle rinnovabili con interventi incisivi su edilizia, industria e trasporti può rallentare in tempi brevi il riscaldamento globale.

La transizione energetica non sarà un percorso lineare e senza intoppi. Sarebbe illusorio supporre l’opposto. In ogni caso, impiegare tre decadi per frenare il riscaldamento globale e raggiungere la neutralità climatica significa perdere tempo. “Evidenze scientifiche mostrano che abbiamo meno di 15 anni per evitare un futuro molto cupo”, spiega in una nota stampa William Gillett, direttore del programma Energia del Consiglio delle accademie scientifiche europee, lo European academies’ science advisory council (Easac), ente di ricerca che monitora l’attuazione delle politiche per il clima nell’Unione europea. Accelerare è possibile, avverte, soprattutto quando c’è una porta aperta sul futuro: il riesame da parte della Commissione europea della seconda direttiva sulle energie rinnovabili (Red II).

Il Consiglio si rifà ai dati raccolti nello Special report 15 (Sr15), redatto dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), e ricorda che la temperatura globale rischierà di aumentare di 1,5 gradi già nel 2030 se le emissioni di gas a effetto serra (CO2) non diminuiranno in tutto il pianeta. “Gli effetti sul nostro clima saranno disastrosi”, prosegue Gillet, “certamente, gli scienziati continueranno a lavorare su cosa potrà essere fatto dopo il 2030, ma l’odierna Direttiva europea sulle energie rinnovabili dovrebbe chiarire come agire prima”.

La revisione della direttiva europea sulle rinnovabili.

Il 4 agosto 2020 l’esecutivo europeo ha aperto il processo di revisione della direttiva sulle energie rinnovabili, per capire come meglio integrare la politica sulle fonti intermittenti con la realizzazione delle ambizioni climatiche e ambientali del green deal europeo. “Per realizzare con successo l’ambizione del green deal abbiamo iniziato a valutare l’impatto che sortirebbero obiettivi climatici più ambiziosi per il 2030 e i diversi scenari per raggiungerli”, aveva dichiarato per l’apertura del procedimento la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson. Il dubbio riguarda se alzare l’attuale obiettivo dell’Unione europea di produzione di energia da rinnovabili, oggi di almeno il 32 per cento entro il 2030, per allinearlo all’abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra tra il 50 e il 55 per cento, rispetto a livelli pre-industriali, entro il prossimo decennio.

Le proposte dell’Easac per frenare il riscaldamento globale.

Edilizia, industria e trasporti sono i settori maggiormente responsabili dell’emissione di gas a effetto serra, la cui elevata concentrazione in atmosfera potenzia l’effetto serra e, a sua volta, il riscaldamento globale. Qui dovranno concentrarsi gli sforzi.

Per ciò che riguarda gli edifici, l’Easac propone di rivedere la definizione di edifici a energia quasi zero, i Nearly zero energy buildings – Nzeb, e di uniformarla per non ingenerare confusione tra gli stati membri. Questa dovrebbe tenere conto del consumo annuo di elettricità e calore di un edificio, soprattutto della percentuale di energia rinnovabile o prodotta dai rifiuti. L’assunto è che un edificio si possa dire efficiente perché risultato di una profonda riqualificazione. E un edificio davvero efficiente può garantire migliori condizioni di vita per chi vive in condizioni di povertà energetica.

Le uniche biomasse a poter essere considerate rinnovabili, prosegue il Consiglio, sono quelle che richiedono dai dieci ai quindici anni per bilanciare le emissioni prodotte dal loro utilizzo. Solo queste andrebbero computate nella fetta di energia prodotta da rinnovabili. Inoltre, non bisogna dimenticare che anche la costruzione di nuove infrastrutture e l’utilizzo delle fonti alternative sono responsabili di una fetta di emissioni.

Per ottimizzare l’uso intelligente dell’energia prodotta da rinnovabili all’interno dei sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento, conclude l’Easac, bisognerebbe stimolare il cosiddetto sector coupling, ossia sinergie nella generazione, trasporto e distribuzione di elettricità e gas. Confermando che il merito di questi suggerimenti, c’è da evidenziarlo, è che lo sguardo al futuro sostenibile non può prescindere da una visione olistica del comparto energia.

https://www.lifegate.it/riscaldamento-globale-direttiva-europea-rinnovabili

Sull’Arabia Saudita Renzi si intervista da solo. Rivendica i rapporti e i soldi ricevuti. E attacca Pd-M5s-Leu: “Uniti solo contro di me”.

 

Il leader di Italia viva risponde con una auto-intervista alle richieste di chiarimenti da parte degli ex alleati di governo sui suoi rapporti con il principe Bin Salman. L'ex premier si fa le domande e si dà le risposte da solo. E il report della Cia che accusa direttamente l'erede al trono dell'omicidio di Khashoggi non cambia le sue posizioni.

Aveva garantito che avrebbe convocato una conferenza stampa per chiarire i suoi rapporti con il regime saudita, alla fine ha deciso di auto-intervistarsiMatteo Renzi, di fronte alle richieste di Pd-M5s-Leu di spiegazioni sui legami con il principe Bin Salman e sulla sua partecipazione a Riad agli eventi della fondazione Future Investment Initiative Institute (del cui advisory board è membro con un compenso fino a 80mila euro annui), ha deciso di diffondere una Enews dove si fa da solo le domande e si dà le risposte. Solo ieri, l’amministrazione Biden ha diffuso un report della Cia che accusa direttamente il principe dell’efferato omicidio del giornalista Khashoggi. Lo stesso principe saudita “intervistato” dal leader di Italia viva, durante una conferenza per la quale è volato a Riad nel pieno della crisi di governo del Conte 2: un colloquio diffuso poi su Youtube nel quale l’ex premier parla in toni entusiastici di un presunto “nuovo Rinascimento” dell’Arabia saudita e si spinge a dire che invida il loro “costo del lavoro”. Secondo Pd-M5s-Leu, il chiarimento ora, alla luce delle accuse della Cia, non è più solo questione di “opportunità”, ma una faccenda di “interesse nazionale“.

Renzi alle critiche risponde auto-intervistandosi: rivendica non solo i rapporti, ma anche i soldi ricevuti. E attacca gli ex alleati di governo, dicendo che “sanno essere uniti solo contro di lui”. E soprattutto, nelle cinque risposte ai suoi stessi interrogativi non cita mai il principe Bin Salman e, di fatto, non entra mai nel dettaglio dei fatti che gli vengono contestati. “Tu, Matteo Renzi, svolgi attività stile conferenze o partecipazione ad advisory board o attività culturali o incarichi di docente presso università fuori dall’Italia?”, è la domanda 1, ovvero quella che dovrebbe chiarire la questione dei compensi. “Risposta: Sì. Svolgo attività previste dalla legge ricevendo un compenso sul quale pago le tasse in Italia. La mia dichiarazione dei redditi è pubblica. Tutto è perfettamente legale e legittimo“. 

Per evitare di entrare nel dettaglio degli 80mila euro, allora Renzi risparmia a se stesso la seconda domanda e passa subito a una domanda che riguarda presunti finanziamenti ai partiti italiani: “Il tuo partito, Pd prima e Italia Viva poi, ha ricevuto da governi stranieri – o agenzie collegate – finanziamenti per la propria attività politica?”. “Risposta. No. Il Pd sotto la mia gestione e Italia Viva dalla sua nascita non hanno mai ricevuto denari da governi stranieri o strutture ad essi collegati. Mi auguro che possano dirlo tutti gli altri partiti, a cominciare da chi in passato ha stretto rapporti strategici con il Venezuela”. Un riferimento a una vicenda sollevata dal giornale spagnolo Abc a giugno scorso su presunti finanziamenti al M5s, smentita dall’ambasciata di Caracas che parlò di un “documento contraffatto”. E che al momento non ha avuto alcuna conferma.

Archiviata quindi in poche righe la questione dei soldi ricevuti e come questi siano legati al regime saudita, Renzi passa appunto ai rapporti con il principe messo sotto accusa dalla Cia. Domanda 3, Renzi si chiede qualche dettaglio in più sui rapporti con il regime saudita. “E’ giusto intrattenerli”? “Risposta: Sì. Non solo è giusto, ma è anche necessario. L’Arabia Saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell’Occidente da decenni”. E per sostenere la sua tesi, cita il presidente degli Stati uniti: “Anche in queste ore il Presidente Biden ha riaffermato la necessità di questa amicizia in una telefonata al Re Salman. Biden ha, tuttavia, ribadito la necessità di procedere con più determinazione sulla strada del rispetto dei diritti. Non dimentichiamo che, fino a cinque anni fa, in Arabia Saudita le donne non potevano nemmeno guidare la macchina. Le esecuzioni capitali stanno scendendo da 184, nel 2019, a 27 nel 2020. Ma Biden ha chiesto giustamente di fare di più. Soprattutto sulla questione del rispetto dei giornalisti. Sulla quale rimando alla domanda numero 5″. A questo punto sarebbe stata necessaria un’altra domanda, piuttosto sull’opportunità di Renzi come senatore e leader di partito (non è un capo di Stato) di avere rapporti con il regime saudita. Ma anche in questo caso, ha deciso di non farsela.

Anzi, alla domanda 4, Renzi ha chiesto a se stesso di parlare di più del programma Vision 2030, ovvero il programma di riforme voluto, finanziato e portato avanti da Bin Salman. “Hai elogiato pubblicamente il Programma Vision 2030. Ti sei pentito di averlo fatto?”. “Risposta: No. Credo in questo programma. Vision2030 è la più grande possibilità per modernizzare l’Arabia Saudita. Ed è una grandissima opportunità anche per le aziende di tutto il mondo che lavorano lì, tra cui moltissime italiane. Rispettare i diritti umani è una esigenza che va sostenuta. Ma chi conosce il punto dal quale il regime saudita partiva sa benissimo che Vision 2030 è la più importante occasione per sviluppare innovazione e per allargare i diritti”. Insomma, Renzi non fa più ricorso all’infelice espressione “nuovo Rinascimento”, giù usata pubblicamente per magnificare l’Arabia saudita, ma di certo non rivede le sue posizioni.

Infine, solo alla domanda 5, arriva a parlare dell’efferato omicidio del giornalista Khashoggi, tagliato a pezzi nell’ambasciata saudita di Istanbul. “Perché tu, Matteo Renzi, non hai condannato la tragica scomparsa del giornalista saudita?”, si chiede. “Risposta: Ho condannato già tre anni fa quel tragico evento e l’ho fatto anche nelle interviste sopra riportate, su tutti i giornali del mondo. Difendere i giornalisti in pericolo di vita è un dovere per tutti. Io l’ho fatto sempre, anche quando sono rimasto solo, come nel Consiglio Europeo del 2015, per i giornalisti turchi arrestati. Difendere la libertà dei giornalisti è un dovere, ovunque, dall’Arabia Saudita all’Iran, dalla Russia alla Turchia, dal Venezuela a Cuba, alla Cina”.

Quindi, a conclusione della sua auto-intervista (“io non scappo mai”, dice a se stesso), parla degli ex alleati di governo. E li attacca per le richieste di chiarimento arrivate in queste ore: “Sono, del resto, felice perché in queste settimane, dopo la fine dell’esperienza del governo Conte (l’ex premier, peraltro, ha ripreso a insegnare proprio a Firenze, auguri sinceri di buon lavoro), i Cinque Stelle, il Pd e persino Leu sono dilaniati da polemiche interneLitigano su tutto, a cominciare dai posti al governo. Sono davvero felice di essere uno dei rari motivi di unità: si ricompattano solo per sparare a zero su di me”. E chiude: “Mi spiace solo che si utilizzi la vicenda saudita per coprire le difficoltà interne italiane e per giustificare un’alleanza dove – come spesso è accaduto a una certa sinistra – si sta insieme contro l’avversario e non per un’idea”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/27/sullarabia-saudita-renzi-si-intervista-da-solo-rivendica-i-rapporti-e-i-soldi-ricevuti-e-attacca-pd-m5s-leu-uniti-solo-contro-di-me/6116231/

Il regime, la promessa sposa, i diritti negati: perché deve lasciare. - Marco Lillo

 

L’incarico insostenibile.

Matteo Renzi deve dimettersi dal board del FII Institute. In verità non avrebbe mai dovuto accettare l’incarico da 80 mila dollari all’anno nell’istituto creato per decreto dell’anziano Re Salman di Arabia. Il FII Institute è nato dopo l’uccisione di Jamal Khashoggi. Teoricamente è un think tank che dovrebbe produrre eventi e idee per migliorare il futuro. In realtà serve a migliorare l’immagine del regime, acciaccata dall’omicidio del 2 ottobre 2018. Dopo la pubblicazione del rapporto Usa sull’assassinio di Khashoggi, Renzi dovrebbe scrivere due e-mail.

La prima al FII per dimettersi dal board. La seconda ad Amnesty International per donare i soldi incassati.

Nel rapporto dell’intelligence Usa, svelato dal presidente Joe Biden, si legge che “il principe regnante Mohammed bin Salman ha ordinato l’operazione di Istanbul per rapire o uccidere Jamal Khashoggi”. In realtà quel rapporto di 4 pagine aggiunge poco a quel che sapevamo già. I fatti sono gli stessi ricostruiti con gli audio e i video della Polizia turca nel rapporto dell’ispettrice speciale dell’Onu Agnes Callamard. Bastava guardare il documentarioThe Dissident per capire tutto: Khashoggi è stato attirato in una trappola al Consolato di Istanbul e un’operazione simile era inconcepibile senza un via libera. La novità è che gli Usa mettono nero su bianco le accuse contro il principe MbS un mese dopo il duetto di Renzi con lui al Future Investment Initiative a Riyadh.

Secondo la Polizia turca il corpo di Khashoggi sarebbe stato smembrato con una sega elettrica, trasportato a casa del console saudita e bruciato in un pozzetto riempito con una ventina di chili di carne bovina comprata in un ristorante del centro per confondere gli odori e far sparire il Dna.

Quindi Renzi non deve dimettersi da FII per Biden, ma per Hatice Cengiz. La 39enne turca avrebbe sposato Khashoggi. Mancava solo un documento e, solo per questa ragione d’amore, Khashoggi ha accettato il rischio di entrare in ambasciata il 18 ottobre 2018. Tutto era pronto per il matrimonio e lei attendeva fuori sperando di vedere uscire Jamal sorridente con il foglio. Invece dentro quell’edificio lo stavano facendo letteralmente a pezzi.

Hatice non parlava una parola di inglese. Ora lo ha imparato perché da due anni porta in giro per il mondo la sua battaglia per convincere i potenti come Renzi a far giustizia per Jamal. Anche Renzi cerca di migliorare il suo inglese ma poi lo usa per i salamelecchi a MbS sul Rinascimento saudita. Quando abbiamo chiesto a Hatice Cengiz un commento, lei ha replicato solo: “La storia giudicherà chi loda il regime”. Se Renzi lascerà il FII, perderà le relazioni, gli 80 mila dollari all’anno e i voli executive pagati. Chissà se migliorerà il giudizio della storia. Certamente quello di Hatice. E non è poco.

Renzi deve dimettersi anche per rispetto agli uomini e alle donne recluse nelle carceri saudite perché hanno osato dire quel che pensavano sul regime. Per i fratelli e gli amici di Omar Abdul Aziz, il 30enne vlogger in esilio, amico di Khashoggi, protagonista con la Cengiz del film The Dissident. Dovrebbe dimettersi per rispetto a Loujain al-Hathloul, l’attivista che ha pagato con 1.001 giorni di prigione la sua battaglia per i diritti delle donne. Rilasciata il 18 febbraio scorso, sostiene di avere subito torture. Renzi dovrebbe donare poi gli 80 mila dollari a Amnesty perché lui è libero di dire quel che pensa e loro no.

Il problema è che Renzi usa la sua libertà di parola per lodare il mercato del lavoro saudita. Proprio quello che per Amnesty è la prima ragione di violazione dei diritti umani in Arabia da parte delle imprese internazionali. Renzi poi dovrebbe dimettersi per tutelare l’onore degli italiani. L’ex sindaco di Firenze non può dire a davanti a MbS e al mondo che in Arabia intravede il neo-rinascimento.

Infine Renzi dovrebbe lasciare FII anche per rispetto di sé stesso. L’ex premier fa vanto della sua cultura cattolica e scout. Quante volte avrà spiegato ai suoi figli che non si sta dalla parte dei forti ma si sostengono le ragioni dei deboli? Quante volte avrà predicato che si aiuta la vittima anche se il carnefice è ricco, munifico e potente?

Se poi tutto questo non basta, almeno Renzi lasci per un suo interesse personale. Se vuole correre per il ruolo di Segretario Generale della Nato deve smarcarsi dal ruolo di paggio di MbS. A Biden non farà piacere la nomina dell’amico del mandante di un rapimento o di un omicidio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/28/il-regime-la-promessa-sposa-i-diritti-negati-perche-deve-lasciare/6116309/

E se c’ero dormivo. - Marco Travaglio

 

Una pandemia di encefalite letargica, detta Variante Italiana, sta colpendo i nostri migliori giuristi (a parte uno, vedi pag. 4). L’altro giorno erano tutti eccitati perché finalmente “si torna alla Costituzione”, ”articolo 92”: ministri e sottosegretari li nomina il presidente della Repubblica su indicazione del premier, senza passare per i partiti brutti, sporchi e cattivi. Ora, visti i nomi e soprattutto le facce, dicono che Mattarella e Draghi non c’entrano nulla: quelli volano alto, mica si occupano di queste miserie, han fatto tutto i partiti brutti, sporchi e cattivi (del resto, spiega Milan di Radio Confindustria, viceministri e sottosegretari non servono). Ohibò: e il ritorno alla Costituzione? E l’articolo 92? Nel 1994 Scalfaro depennò Previti da ministro della Giustizia di B. perché era l’avvocato di B. E nel 2018 Mattarella rimandò a casa Conte perchè aveva indicato all’Economia il prof. Savona, noto kamikaze delle brigate No Euro. Un giurista degno di questo nome gli domanderebbe ora come mai abbia accettato Sisto, avvocato di B., alla Giustizia e Moles, rappresentante del padrone del primo gruppo editoriale italiano, all’Editoria. Purtroppo non se n’è trovato uno sveglio.

Martedì fonti del governo annunciavano all’Ansa il “superamento dei Dpcm”, strumenti tipici della famigerata tirannide contiana, per “coinvolgere il Parlamento nei provvedimenti anti-Covid” con più democratici “decreti legge”. Sollievo e giubilo fra i giuristi di scuola Cassese. Ma due giorni dopo ecco il primo Dpcm di Draghi, che conferma e inasprisce quelli del deposto tiranno: neppure mezzo Cassese che stigmatizzasse quel rigurgito di dittatura. Draghi ne approfittava subito per cambiare il capo della Protezione civile per gestire i vaccini, all’insaputa di ministri (incluso quello della Salute), Parlamento e cittadini. Per molto meno, fino a un mese fa si sarebbe strillato al “favore delle tenebre”. Ma la Variante Italiana non aveva ancora colpito i nostri giuristi. Né i giornalisti che intervistavano un giorno sì e l’altro pure l’Innominabile, sdegnato con Conte e Di Maio che trattavano con Haftar per liberare i pescatori. Ora che l’amico Biden accusa Bin Salman di aver fatto uccidere e disossare Khashoggi, potrebbero domandargli se si dimette dalla fondazione, restituisce gli 80 mila dollari insanguinati e ha cambiato idea sul Rinascimento Saudita. Invece tutto tace: le cronache dei giornaloni sul rapporto della Cia, lontanissime dalle pagine politiche, non fanno alcun cenno al Rignanese. Ma qui l’encefalite letargica non c’entra. È che i giornaloni italovivi (tutti) non hanno capito che il Bin Salman di Biden è lo stesso di Lawrenzi d’Arabia: sospettano un’omonimia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/28/e-se-cero-dormivo/6116274/

Buchi neri supermassicci fatti di materia oscura. - Laura Leonardi

Rappresentazione artistica di una galassia a spirale racchiusa in una distribuzione più ampia di materia oscura invisibile, nota come alone di materia oscura (colorata in blu). Studi sulla formazione di aloni di materia oscura hanno suggerito che ogni alone potrebbe ospitare un nucleo molto denso di materia oscura, che potrebbe potenzialmente imitare gli effetti di un buco nero centrale, o eventualmente collassare per formarne uno. Crediti: Eso / L. Calçada

Uno studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society teorizza la formazione di buchi neri supermassicci a partire dalla materia oscura, e mostra come quest’ultima possa distribuirsi fra alone e centro di una galassia fino a dar luogo a un nucleo di materia oscura molto denso.

Come si sono formati i buchi neri supermassicci nell’universo primordiale? Questa è una delle domande più intriganti della ricerca astrofisica moderna e, ad oggi, uno dei maggiori problemi ancora aperti per chi si occupa di evoluzione galattica. I buchi neri supermassicci sono stati osservati già a partire da ottocento milioni di anni dopo il Big Bang, ma come possano formarsi ed evolvere così rapidamente rimane inspiegabile.

Un team di astrofisici guidato Carlos R. Argüelles – ricercatore all’Universidad Nacional de La Plata, in Argentina, e all’ IcraNet (centro internazionale con sede a Pescara) – suggerisce ora la possibilità di un meccanismo che consentirebbe la formazione di buchi neri supermassicci a partire dalla materia oscura presente nelle regioni ad alta densità nei centri delle galassie.

Negli scenari convenzionali, è la normale materia barionica – ovvero, gli atomi e gli elementi che compongono le stelle, i pianeti e tutti gli oggetti che conosciamo, noi compresi – a collassare sotto il peso della gravità, formando così i buchi neri supermassicci, che poi crescono e si evolvono nel tempo. La nuova ipotesi, illustrata sul numero di aprile di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, prendendo in esame la potenziale esistenza di nuclei galattici stabili fatti di materia oscura e circondati da un alone diffuso sempre di materia oscura, mostra come le zone centrali di queste strutture possano diventare così dense da collassare anch’esse in buchi neri supermassicci una volta raggiunta la soglia critica. Stando a questo modello, ciò avverrebbe molto più rapidamente di quanto non sia possibile attraverso altri meccanismi di formazione, al punto da consentire ai buchi neri supermassicci dell’universo primordiale di essersi formati prima delle stesse galassie in cui abitano – contrariamente a quanto si ritiene sia avvenuto.

«Questo nuovo scenario di formazione», dice infatti Argüelles, «può spiegare in modo naturale come i buchi neri supermassicci abbiano avuto origine nell’universo primordiale, senza richiedere che si fossero già formate le stelle né invocare la presenza di “semi” di buchi neri con tassi di accrescimento irrealistici».

Un altro aspetto interessante del nuovo modello è che la massa critica che induce il collasso in un buco nero potrebbe non essere raggiunta nel caso degli aloni di materia oscura più piccoli, come quelli che circondano alcune galassie nane. Gli autori suggeriscono che ciò potrebbe dar luogo a galassie nane con un nucleo centrale di materia oscura ma senza un buco nero. Un tale nucleo di materia oscura potrebbe imitare la firma gravitazionale di un buco nero centrale convenzionale, mentre la presenza dell’alone esterno di materia oscura potrebbe spiegare le curve di rotazione della galassia.

«Questo modello mostra come gli aloni di materia oscura possano ospitare al loro centro concentrazioni ad alta densità, che potrebbero avere un ruolo cruciale per comprendere la formazione dei buchi neri supermassicci», osserva Argüelles.

La speranza degli autori è che, a partire dal loro modello teorico, ulteriori studi saranno in grado di far luce sulla formazione dei buchi neri supermassicci nelle epoche primordiali dell’universo, oltre a indagare se i nuclei delle galassie non attive, inclusa la Via Lattea, possano ospitare questi densi nuclei di materia oscura.

https://www.media.inaf.it/2021/02/25/smbh-dark-matter/?fbclid=IwAR1y1ArhbBv1WfZs9SaxXVV2SIvKaBbjMggO-fzcd7RFmt1mOfSvNrem4lQ

sabato 27 febbraio 2021

All'Università di Firenze la lectio magistralis di Giuseppe Conte: "Dedicata a tutti gli studenti"

 

"Questa giornata segna il mio ritorno nella comunità accademica fiorentina nella quale ho trascorso lunghi anni. Esperienza che mi ha arricchito enormemente, anche dal punto di vista umano. Ho accolto con gioia ed emozione l'invito a tenere questa lezione. E' una lezione che dedico a tutti gli studenti con l'auspicio che possiate affinare le vostre idee e progetti di vita". Così l'ex premier Giuseppe Conte nella sua lezione all'Università di Firenze. La lezione si intitola 'Tutela della salute e salvaguardia della economia: lezioni dalla pandemia'  in diretta streaming dall'Ateneo di Firenze. 

La zona intorno al rettorato è blindata. Una decina di camionette di polizia a presidiare piazza San Marco in vista della manifestazione annunciata dai collettivi studenteschi. Transenne distese per una trentina di metri per impedire l'accesso all'ingresso del rettorato. 

Tutela salute ha permesso di difendere meglio le imprese. 

"Già dalle prime valutazioni empiriche appare chiaro che la tutela prioritaria della salute ha consentito di difendere meglio anche il tessuto produttivo del paese e che le economie più resilienti si stanno dimostrando quello in cui sono state introdotte adeguate misure contenitive del contagio accompagnati da interventi di sostegno alle famiglie e alle imprese" ha detto Conte. 

Usato strategia normativa basata su 3 pilastri. 

"La strategia normativa" per il Covid, "è stata costruita su tre pilastri: ordinanze del ministro della Salute, dichiarazione stato di emergenza nazionale, l'adozione di decreti legge e Dpcm. Non sarebbe stato possibile lasciare l'intera regolamentazione ai solo decreti legge per l'imprevedibilità della pandemia e i tempi della conversione del decreto in legge. C'era la necessità di uno strumento agile per intervenire prontamente" ha spiegato l'ex premier. 

Mai usato potere sostitutivo Stato, ma dialogo. 

"Alle Regioni e alle Province autonome spetta la organizzazione dei servizi sanitari", ma "il potere sostitutivo del Governo è un potere poi che viene declinato in una legge speciale, l'articolo 8 della legge 131 del 2003 in caso di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica: ebbene, non abbiamo mai preso inconsiderazione la possibilità di esercitare il potere sostitutivo dello Stato" ha continuato Conte. "Anche per un indirizzo squisitamente politico - ha spiegato- abbiamo preferito coltivare un costante dialogo con le autorità territoriali, pur tra varie difficoltà e momenti critici, nella convinzione che il coinvolgimento dei vari attori istituzionali in una prospettiva di leale collaborazione ci avrebbe garantito una maggiore coesione nazionale, e una più solida tenuta delle comunità di riferimento, in un contesto del tutto inedito". 

Alla politica spetta l'assunzione di responsabilità. 

"Solo alla politica spetta l'assunzione finale di responsabilità, perché è la politica  che ha l'opera di una valutazione complessiva degli interessi in gioco superando i conflitti nel segno di un bilanciamento che contemperi la massima tutela della salute dei cittadini con il minore sacrificio degli altri diritti costituzionalmente protetti" ha sottolineato. 

A inizio pandemia si sostenne primato dell'economia. 

Sullo sfondo" di posizioni che sostenevano "l'incompatibilità delle misure restrittive con il quadro dei nostri valori costituzionali", all'inizio della pandemia in Italia, "sono emerse nel corso del tempo concezioni anarchiche della libertà, o anche concezioni che di fatto finiscono per attribuire, riconoscere il primato alla ratio economica rispetto alla salvaguardia dei valori della persona" ha ricordato detto l'ex premier. "I momenti iniziali in particolare sono stati molto complicati. L'Italia, per prima nel mondo occidentale, è stata chiamata a operare scelte risolute e del tutto inedite,vagliandone la compatibilità sul piano costituzionale,l'efficacia sul piano sanitario, l'efficienza sul piano economico, la sostenibilità sul piano sociale, e anche le ricadute sul piano psicologico". 

Uno Stato ripiegato su se stesso e isolato non vince le sfide.

"Dobbiamo essere ormai consapevoli che uno Stato nazionale, ove ripiegato su se stesso, non può essere in grado di rispondere alle sfide più complesse: le esperienze della solitudine, dell'isolamento, possono essere molto pesanti per i singoli individui, ma diventano gravi iatture per gli stati nazionali" ha aggiunto Conte. "Quale Europa - ha aggiunto - vogliamo? Di quale Europa abbiamo bisogno? Come ci percepiamo, come rappresentiamo noi stessi nel continente europeo? Ecco, queste sono domande che interpellano la nostra intelligenza, la nostra coscienza: richiedono un patto intergenerazionale, meritano la massima considerazione, la più schietta autenticità di risposta, in un mondo globalizzato in cui l'economia sembra avere preso il sopravvento rispetto alla politica e al diritto, dove abbiamo più volte constatato che il peso di una scelta economica assunta a molte longitudini di distanza può avere stringenti ripercussioni anche sulla nostra comunità nazionale". 

Politica abbia europeismo critico, non è una moda. 

"La politica deve perseguire un europeismo critico, non fideistico: un approccio di autentica conversione che consapevolmente recuperi e rilanci, attualizzandole, le ragioni fondative del sogno europeo" ha detto ancora l'ex premier. "C'è euforia - ha osservato- per le professioni di fede europeista che si sono moltiplicate anche in Italia in queste ultime settimane, tanto più che alcune di queste sono giunte inopinate".  Tuttavia, ha continuato, "l'europeismo non è una moda", e "il modo migliore per contrastare i ripiegamenti identitari è lavorare con lungimirante concretezza per rafforzare la credibilità, l'affidabilità della casa comune europea: altrimenti, quando il vento cambierà e torneranno a spirare i venti nazionalisti, sarà molto complicato riuscire a contrastarli con la forza di soluzioni solide ed efficaci". 

Rettore Firenze, grati a Conte per il servizio reso al Paese.

"Con piacere accogliamo il rientro in Ateneo del professor Giuseppe Conte, dopo una complessa e difficile esperienza al servizio del Paese, per la quale mi sento di esprimere un sincero sentimento di apprezzamento e gratitudine" ha detto il rettore Luigi Dei, introducendo la lezione dell'ex presidente del Consiglio per gli studenti della Scuola di Giurisprudenza. "Lo saluto - ha aggiunto Dei - e gli do il benvenuto, il bentornato, a nome di tutta la comunità accademica e mio personale. Lunedì prossimo inizieranno le lezioni dei corsi di insegnamento della Scuola di giurisprudenza: possiamo considerare quindi la lezione odierna una sorta di anteprima della ripresa delle attività didattiche. Lo facciamo a distanza, per i motivi che ben conoscete, con l'auspicio che prima possibile si possa tornare all'università che amiamo, quella nelle aule, socializzante e satura di forti interazioni umane". 

Conte torna prof a Firenze: terrà lezioni, seminari e conferenze .

Lezioni, conferenze e seminari nell'ambito degli insegnamenti già programmati dei corsi di laurea di giurisprudenza, nonché dei corsi del dottorato di ricerca in Scienze giuridiche e della Scuola di specializzazione per le professioni legali. Questi gli impegni didattici, per il secondo semestre di questo anno accademico, per Giuseppe Conte all'Ateneo di Firenze, dove rientra essendosi conclusa l'aspettativa obbligatoria legata al suo incarico di premier. Gli impegni sono stati definiti nel corso dell'incontro che Conte ha avuto questo pomeriggio a Firenze con la presidente della  presidente della Scuola di Giurisprudenza, Paola Lucarelli, e con il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche, Andrea Simoncini.

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Firenze-lectio-magistralis-giuseppe-conte-la-dedica-agli-studenti-24aed5d1-faa5-430a-957b-5ed9240b8dc6.html

Pinocchiocrazia. - Marco Travaglio

 

Al netto di tutti i Peggiori che lo compongono, l’aspetto peggiore del Governo dei Migliori è che d’ora in poi nessuno crederà più alla parola di alcun politico. Non che prima la categoria apparisse granché sincera, ma qualcuno ancora si salvava. Per esempio, Mattarella: ora, dopo aver detto e fatto filtrare mille volte “dopo Conte c’è solo il voto” e averci poi regalato Draghi&C., fa onore al suo predecessore Napolitano, che giurò e spergiurò “no al secondo mandato” e poi si fece rieleggere dopo lunghi tormenti durati 10 minuti. Pensate poi a tutte le campagne del centrosinistra contro la Lega fascista, razzista, sovranista, populista, lepenista, orbanista, trumpista, bolsonarista, casapoundista ecc.: ora gli ex partigiani del Pd e LeU ci governano insieme e devono ringraziare la Meloni che s’è tirata via. Tutto ciò che avevano detto di Salvini (e dei 5Stelle suoi “complici” nel Conte-1) era pura propaganda e, si spera, eviteranno di ripeterlo alle prossime elezioni. Idem per le tirate del Cazzaro Verde contro la sinistra che tradisce i sacri confini e fa i soldi coi migranti, anzi va a prenderli in Africa. E per i 5Stelle, che almeno un limite se l’erano dato: tutti, ma non B. Infatti governano con B. e digeriscono senza neppure un ruttino il suo avvocato Sisto sottosegretario alla Giustizia (dove non hanno neppure tentato di far confermare Bonafede) e il suo prestanome all’Editoria.

Gli unici che possono dire qualcosa agli elettori senza essere sputacchiati sono – come ha scritto Moni Ovadia – la Meloni e Fratoianni. Ai quali aggiungerei i “dissidenti”, anzi i coerenti 5Stelle che si son fatti espellere pur di non ingoiare il rospo. Ma anche un altro personaggio. Quello che si “candida al Senato alle suppletive di Sassari per blindare il suo governo” (Repubblica, 5.6). Vuole “un ministero o il suo partito per restare in gioco” (Giornale, 4.2). Anzi “Draghi lo nomina commissario europeo” (Repubblica, 4.2). “Ministro degli Esteri o vicepremier nel governo Draghi” (Tpi, 4.2). “Punta alla Nato” (Libero, 6.2). “Cerca protezioni con Casalino per sopravvivere alla caduta” (Domani, 4.2). “Potrebbe correre a sindaco di Roma” (Repubblica, 4.2). “Mendica poltrone: ministro o sindaco di Roma” (Giornale, 7.2). “Cerca poltrone ma perde pure la cattedra” (Giornale, 11.2). “Correrà alle suppletive di Siena per entrare alla Camera” (Corriere, 9.2). “Cerca un’exit strategy: ministro, sindaco o presidente M5S” (Domani, 9.2). “Diventa un caso umano: che fare di lui?”, “Le paturnie del Conte in cerca di poltrona (Verità, 10.2). Lui è interessato a restare in politica, ma dice: “Non cerco poltrone, torno a fare il professore”. E tutti giù a ridere. Ieri ha tenuto la sua prima lezione all’Università di Firenze.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/27/pinocchiocrazia/6115448/

Quando c’era Conte i dpcm erano un “golpe giuridico”. Ora li firma anche Draghi e Forza Italia, Lega, renziani tacciono. - Marco Procopio

 

Dopo la firma del primo decreto del neopresidente del Consiglio, nessun commento dal Carroccio o da Renzi che prima parlava di "diritti costituzionali calpestati". Mentre l'azzurra Gelmini è passata dal definirlo uno “strumento discutibile” a trattarne i contenuti con le Regioni.

È stato utilizzato come arma contundente contro il governo Conte durante tutta la gestione della pandemia. Il leghista Riccardo Molinari ha più volte gridato al “golpe giuridico“, Matteo Renzi ha parlato di “diritti costituzionali calpestati” e poi c’è chi, come Sabino Cassese, ha auspicato l’intervento della Consulta o chi ha strattonato direttamente il capo dello Stato. Tutti contro i famigerati dpcm, provvedimenti emanati d’urgenza dal presidente del Consiglio per rispondere in modo tempestivo al coronavirus e bollati dal centrodestra, renziani e anche da una parte del Pd come incostituzionali. Ora che a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi, però, ed è in arrivo un dpcm che durerà addirittura fino a Pasqua, chi ieri era sulle barricate e oggi fa parte della squadra di governo ha deposto le armi, la neoministra Mariastella Gelmini di Forza Italia è passata dal definirlo uno “strumento discutibile” a trattarne i contenuti con le Regioni e gli emeriti costituzionalisti che per mesi hanno attaccato l’ex premier dalle pagine dei giornali, gonfiando le vele a no-mask e “gilet” vari, sembrano aver ammorbidito i toni. Solo il partito di Giorgia Meloni, rimasto all’opposizione, sottolinea la continuità con l’esecutivo precedente. Matteo Salvini invece ha scelto una nuova strategia: da un lato ha smesso di attaccare la forma degli atti governativi, e dall’altro chiede di riaprire il Paese mentre mezza Europa è barricata in casa e gli ospedali tornano a riempirsi per le varianti.

Da Cassese a Baldassarre, “emeriti” contro i dpcm – Il primo decreto del presidente del Consiglio dei ministri per contrastare l’avanzata del virus risale al 25 febbraio 2020. Sono i giorni in cui è stato accertato il paziente 1 a Codogno e i 10 comuni del Lodigiano vengono messi in zona rossa insieme a Vo’ euganeo con un apposito decreto-legge. Il dpcm si muove dentro questa “cornice” legislativa ed estende alcune misure (stop agli eventi sportivi e alle gite scolastiche, lavoro agile, didattica a distanza nelle scuole) a Emilia Romagna, Friuli, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte. Nel giro di poco tempo si arriva alla chiusura di tutte le scuole, al lockdown nazionale e alla lista di attività non essenziali costrette a fermarsi. Un’emergenza continua, con i casi di Covid che corrono a livello esponenziale, e i dpcm che si susseguono a cadenza pressoché settimanale. Non appena viene scavallato il picco dei contagi, però, parte il coro di politici, giornali e costituzionalisti. Il più duro è Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta: “Invece di abusare dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri”, dice a Il Dubbio, bastava “ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali“, cioè del Quirinale. “È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”. In un’altra intervista, a La Verità, allude persino alla possibilità che prima o poi anche la Corte costituzionale possa pronunciarsi sulla questione.

Al fianco di Cassese – che oggi chiede a Draghi di “mettere in soffitta i dpcm” – in quei giorni si schiera anche il presidente emerito della Corte Antonio Baldassarre, secondo cui Conte fa un “uso frequente e spregiudicato dei dpcm che scavalcano tutti i controlli”. Poi c’è il giurista Giovanni Guzzetta, che chiede direttamente a Sergio Mattarella di riconoscere “la centralità” dei tradizionali decreti legge per fronteggiare le emergenze. Tanti altri, invece, difendono la linea dell’esecutivo. Come Gustavo Zagrebelsky: “Il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento. Undici decreti sono tanti, ma l’autorizzazione data al governo prevede precisamente che l’attuazione sia, per così dire, mobile, seguendo ragionevolmente l’andamento dell’epidemia”, spiega a Il Fatto Quotidiano l’1 maggio. “Le restrizioni dei diritti costituzionali in situazioni come quella che stiamo vivendo e nei limiti ch’essa richiede devono avvenire in base alla legge, ed è ciò che è avvenuto“.

Centrodestra, renziani e dem: chi attaccava il governo e ora tace – La battaglia sui dpcm si combatte anche in Parlamento, dove il centrodestra si mostra compatto più che mai. Tanto che il 29 aprile Fi, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia presentano una mozione congiunta per denunciare i “numerosi provvedimenti sostanzialmente amministrativi” adottati da Conte. Addirittura parlano di una “violazione delle fonti del diritto, trattandosi di una fonte normativa secondaria”. Tra i firmatari c’è la berlusconiana Mariastella Gelmini, che se in quel periodo parlava dei dpcm come uno “strumento discutibile”, oggi spalleggia Roberto Speranza nella linea del rigore in qualità di ministra per gli Affari regionali del governo Draghi. Una piroetta simile a quella del partito di Maurizio Lupi: anche lui aveva sottoscritto la mozione, mentre ora può contare su un suo sottosegretario (Andrea Costa) al ministero della Salute. Tra i leghisti, a fare la voce grossa nei mesi più duri della pandemia, ci sono invece il capogruppo a Montecitorio Molinari e Claudio Borghi. Che parlano di “dittatura sanitaria” e “golpe giuridico”. Il deputato Igor Iezzi va anche oltre: “Noi saremo la nuova Resistenza”, dice in Aula tra i cori del centrodestra al grido “Libertà, libertà”.

L’elenco si allunga con Paolo Romani (“Non si può governare un Paese a suon di dpcm”), il forzista Giorgio Mulé (“Conte è un servo della legge, non è il monarca, deve rientrare in un recinto costituzionale di regole”), Lucio Malan (“Nella Costituzione non sono previsti i dpcm”), Benedetto Della Vedova, che oggi è sottosegretario agli Esteri: (“Non capiamo perché si debba procedere a colpi di dpcm“). Persino la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, uscendo bruscamente dal suo ruolo istituzionale, bombarda l’esecutivo accusandolo di aver “gestito tutte le fasi dell’emergenza con un ricorso esagerato a Dpcm, emanati senza preventiva e dovuta consultazione con un voto del Parlamento”. E polemiche non sono mancate nemmeno in casa Pd, con il deputato Stefano Ceccanti costretto in tutta fretta a ritirare un emendamento con cui si chiedeva che i nuovi decreti del presidente del Consiglio venissero sottoposti una settimana prima al parere delle Camere.

Tutti loro oggi non battono ciglio di fronte al primo dpcm dell’era Draghi. Così come Matteo Renzi, che durante la prima ondata era arrivato a parlare apertamente di “scandalo incostituzionale“. È fine aprile, il Paese si appresta a entrare nella “fase 2” della pandemia e Palazzo Chigi decide di fare tutto per gradi, riaprendo negozi, attività e spostamenti un passo alla volta. Il leader di Italia viva vorrebbe invece di più: il governo “pensi ai posti di lavoro, non a calpestare la Costituzione“. La ministra Elena Bonetti, nel frattempo rimasta al suo posto nonostante il giro di vite nel Palazzo, è d’accordo: “Il dpcm è un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, per sua natura non viene condiviso all’interno del Cdm e nemmeno in Parlamento”, quindi certe misure, come lo stop alle messe, andrebbero prese “in modo più condiviso”, dice. Il renziano Marco Di Maio rivendica pure un emendamento, a firma De Filippo, il cui obiettivo implicito è quello di “scoraggiare l’uso dei Dpcm e favorire quello dei decreti legge”. A chiudere il cerchio in perfetto asse con le destre ci pensa Michele Anzaldi: “Ora Italia Viva dice no a chi limita le libertà coi Dpcm ed esautora il Parlamento“.

Conte a Firenze: “Ecco perché è lo strumento più adatto” – A niente, nel corso dei mesi, sono servite le spiegazioni date da Giuseppe Conte, dalla necessità di usare uno strumento “agile” per rispondere al virus alla “copertura legislativa” fornita dai vari decreti-legge che hanno sempre accompagnato i suoi provvedimenti. Non è un caso che l’ex premier, dopo essere stato costretto alle dimissioni, abbia scelto proprio questo argomento per la sua lectio magistralis all’università di Firenze. Non solo un ritorno in cattedra, ma anche un modo per rimarcare che sì, il nuovo governo è in continuità con il precedente. Con la sola differenza che a Palazzo Chigi ora c’è Mario Draghi e la maggioranza è stata allargata a chi, fino a poche settimane fa, ancora parlava di dittatura sanitaria. “La strategia normativa” per il Covid, “è stata costruita su tre pilastri: ordinanze del ministro della Salute, dichiarazione stato di emergenza nazionale, l’adozione di decreti legge e Dpcm”, ha spiegato Conte agli studenti. “Non sarebbe stato possibile lasciare l’intera regolamentazione ai solo decreti legge, poiché l’imprevedibilità dell’evoluzione pandemica ci ha costretto a intervenire svariate volte anche a distanza di pochi giorni e, come sapete, la conversione dei decreti-legge va operata dal Parlamento entro 60 giorni, con la conseguenza che la medesima conversione sarebbe intervenuta, il più delle volte, a effetti ormai esauriti o comunque superati dal successivo decreto“. Questa strategia, conclude, “ha permesso al nostro sistema democratico di reggere a questa dura prova, evitando che lo ‘stato di emergenza’ potesse tramutarsi in ‘stato di necessità'”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/27/quando-cera-conte-i-dpcm-erano-un-golpe-giuridico-ora-li-firma-anche-draghi-e-forza-italia-lega-renziani-tacciono/6114811/