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venerdì 24 settembre 2021

Dpcm, crolla un’altra balla contro Conte: che ne dirà Cassese? - Peter Gomez

 

Mes, Reddito di cittadinanza, Dpcm: otto mesi dopo la nascita del governo Draghi, l’osservatore onesto dovrebbe ammettere che nel 2020, durante la prima fase della pandemia, i giornali, i commentatori e i politici si sono resi protagonisti solo di dibattiti privi di senso. O meglio di dibattiti che, come spesso accade in Italia, non scaturivano dalla logica o dall’ideologia (sempre legittima in democrazia), ma solo dalla necessità di dire l’esatto contrario rispetto all’avversario del momento. In quel caso, l’esecutivo Conte-2.

Ad archiviare le richieste di fare altro debito (il Mes) per finanziare una sanità il cui problema non era l’assenza di fondi, subito stanziati, ma semmai l’incapacità di spenderli, è stato Mario Draghi, un uomo a cui si può dire di tutto tranne che non capisca di finanza e di bilanci. E sempre Draghi si è poi ritrovato ad affermare un’altra ovvietà che ha placato i media e buona parte della politica: in un Paese civile, i soldi ai poveri vanno dati. Ora è il turno della Corte costituzionale. Ieri la Consulta ha posto fine a un’altra discussione utile solo per esacerbare gli animi degli italiani, già messi a dura prova dalla pandemia: quella sui famigerati Dpcm.

I decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri, emanati d’urgenza da Palazzo Chigi per fronteggiare il repentino evolversi della situazione sanitaria, non erano uno “scandalo incostituzionale” come sosteneva Matteo Renzi e non erano nemmeno “un golpe giuridico” come affermava la Lega. Erano semplicemente quello che sono sempre stati i decreti ministeriali: degli atti amministrativi utili per attuare ciò che è stato stabilito tramite una legge o un decreto legge.

La decisione della Corte, nella sua ovvietà, servirà dunque a spegnere le residue polemiche (che tra l’altro, a dimostrazione di quanto fossero strumentali, si erano già ridotte non appena nella scorsa primavera l’esecutivo Draghi ne aveva adottato uno). Noi, però, da inguaribili ottimisti, speriamo che la sentenza faccia di più. Che spinga tv e giornali a smettere di trattare il giurista Sabino Cassese come una sorta di oracolo di Delfi. Perché ascoltare l’opinione di Cassese va bene, visto che si tratta di un giudice emerito della Consulta. Trasformarlo nell’unico depositario della verità no. Se non altro perché, all’epoca delle polemiche più dure, presidenti emeriti della Consulta come Gustavo Zagrebelsky la pensavano in maniera diametralmente opposta alla sua. Così, se Cassese affermava sicuro “Prima o poi anche la Consulta boccerà le misure anti-Covid del governo Conte (…) allora si riconoscerà che i Dpcm sono illegali”, si faceva la ola in mezzo Parlamento e su buona parte della stampa. Ma se Zagrebelsky ribatteva “il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento”, poco mancava che venisse trattato da vecchio rincoglionito.

Certo, lo sappiamo. In democrazia si sceglie anche in base alla simpatia o all’antipatia, si vota pensando ai propri interessi o per semplice tifo. Oggi che al governo ci sono dentro tutti e che sopratutto a palazzo Chigi siede un premier invocato per mesi e mesi da editori, banche e industriali in pochi notano come si proceda a ritmi record di decreti legge e voti di fiducia. Ma sebbene ci venga un po’ da sorridere pensando alla maggioranza bulgara di cui dispone il nuovo premier, non ci sogneremmo mai di gridare alla “deriva autoritaria” come faceva fino allo scorso anno Forza Italia. Perché finché un esecutivo ha i voti e rispetta la costituzione quello che fa, anche se non piace, non si chiama golpe, ma governare.

ILFQ

mercoledì 3 marzo 2021

Emeritocrazia. - Marco Travaglio

 

Non so voi, ma io sono seriamente preoccupato per l’emerito Sabino Cassese, scomparso dai radar da alcuni giorni: più o meno da quando, dopo l’annuncio “Mai più Dpcm, solo decreti”, si è saputo che Draghi stava per firmare il primo Dpcm, che conferma e anzi inasprisce l’ultimo di Conte. Sappiamo bene quali atroci sintomi provochi ciascun Dpcm al fisico del pur arzillo Cassese: arrossamenti cutanei, orticarie, eczemi, bolle, piaghe da decubito. Tant’è che si sospettava che quel diavolo di Conte ne sfornasse a getto continuo per farlo soffrire. “Basta Dpcm, ci vogliono i decreti legge!”, tuonava l’Emerito, dimentico del fatto che i decreti vengono convertiti in legge dal Parlamento dopo 50-60 giorni, quando in tempi di pandemia sono già stati superati da altri tre o quattro. “Chi ha scritto i Dpcm andrebbe mandato alla colonia penale, servirebbe la Siberia”, si accalorava. “Conte abusa dei Dpcm, siamo vicini all’usurpazione dei poteri, prima o poi interverrà la Consulta”, si spettinava tutto.

Poi in effetti la Consulta è intervenuta, per ben due volte, ma per dare ragione a Conte che aveva impugnato una legge regionale della Val d’Aosta in controtendenza con le sue misure anti-Covid. L’Emerito, prima di sparire nel nulla, ha commentato le due sentenze sul Corriere. Ma, siccome davano ragione a Conte, si è prodotto in un triplo salto mortale carpiato con avvitamento: “Più che la regione, è stato bocciato il governo stesso”. Che ha, sì, visto accolto il suo ricorso, ma “aveva imboccato la strada sbagliata, nonostante fosse stato messo sull’avviso” (ovviamente da lui). Quindi è ufficiale: quando la Consulta dà ragione a Conte, Conte ha torto. Ora però il governo Draghi – buono per definizione perché non è presieduto da Conte e recluta protégé di Cassese come se piovesse (da Mattarella jr. alla Cartabia) – ha un’ottima occasione per rimediare. Come? “Condividendo dati e valutazioni con la conferenza Stato-regioni, preparando insieme le decisioni e monitorando congiuntamente la loro esecuzione”. Proprio come faceva Conte all’insaputa di Cassese. Peccato solo per quel Dpcm di Draghi, pressoché identico a quelli di Conte, anche se ora il premier lo firma ma finge che non sia roba sua: si chiamano Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ma lui li fa illustrare da Speranza (manco fossero dei DpcS) e Gelmini (DpcG). E purtroppo, proprio quando servirebbe un Cassese con la consueta grinta per avviare anche Draghi alla colonia penale anzi in Siberia per abuso e usurpazione di poteri, l’Emerito scompare. Si chiami dunque Chi l’ha visto?, si mobiliti il soccorso alpino, si sciolgano i cani da valanga. O almeno un altro generale degli Alpini.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/03/emeritocrazia/6119800/

sabato 27 febbraio 2021

Quando c’era Conte i dpcm erano un “golpe giuridico”. Ora li firma anche Draghi e Forza Italia, Lega, renziani tacciono. - Marco Procopio

 

Dopo la firma del primo decreto del neopresidente del Consiglio, nessun commento dal Carroccio o da Renzi che prima parlava di "diritti costituzionali calpestati". Mentre l'azzurra Gelmini è passata dal definirlo uno “strumento discutibile” a trattarne i contenuti con le Regioni.

È stato utilizzato come arma contundente contro il governo Conte durante tutta la gestione della pandemia. Il leghista Riccardo Molinari ha più volte gridato al “golpe giuridico“, Matteo Renzi ha parlato di “diritti costituzionali calpestati” e poi c’è chi, come Sabino Cassese, ha auspicato l’intervento della Consulta o chi ha strattonato direttamente il capo dello Stato. Tutti contro i famigerati dpcm, provvedimenti emanati d’urgenza dal presidente del Consiglio per rispondere in modo tempestivo al coronavirus e bollati dal centrodestra, renziani e anche da una parte del Pd come incostituzionali. Ora che a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi, però, ed è in arrivo un dpcm che durerà addirittura fino a Pasqua, chi ieri era sulle barricate e oggi fa parte della squadra di governo ha deposto le armi, la neoministra Mariastella Gelmini di Forza Italia è passata dal definirlo uno “strumento discutibile” a trattarne i contenuti con le Regioni e gli emeriti costituzionalisti che per mesi hanno attaccato l’ex premier dalle pagine dei giornali, gonfiando le vele a no-mask e “gilet” vari, sembrano aver ammorbidito i toni. Solo il partito di Giorgia Meloni, rimasto all’opposizione, sottolinea la continuità con l’esecutivo precedente. Matteo Salvini invece ha scelto una nuova strategia: da un lato ha smesso di attaccare la forma degli atti governativi, e dall’altro chiede di riaprire il Paese mentre mezza Europa è barricata in casa e gli ospedali tornano a riempirsi per le varianti.

Da Cassese a Baldassarre, “emeriti” contro i dpcm – Il primo decreto del presidente del Consiglio dei ministri per contrastare l’avanzata del virus risale al 25 febbraio 2020. Sono i giorni in cui è stato accertato il paziente 1 a Codogno e i 10 comuni del Lodigiano vengono messi in zona rossa insieme a Vo’ euganeo con un apposito decreto-legge. Il dpcm si muove dentro questa “cornice” legislativa ed estende alcune misure (stop agli eventi sportivi e alle gite scolastiche, lavoro agile, didattica a distanza nelle scuole) a Emilia Romagna, Friuli, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte. Nel giro di poco tempo si arriva alla chiusura di tutte le scuole, al lockdown nazionale e alla lista di attività non essenziali costrette a fermarsi. Un’emergenza continua, con i casi di Covid che corrono a livello esponenziale, e i dpcm che si susseguono a cadenza pressoché settimanale. Non appena viene scavallato il picco dei contagi, però, parte il coro di politici, giornali e costituzionalisti. Il più duro è Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta: “Invece di abusare dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri”, dice a Il Dubbio, bastava “ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali“, cioè del Quirinale. “È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”. In un’altra intervista, a La Verità, allude persino alla possibilità che prima o poi anche la Corte costituzionale possa pronunciarsi sulla questione.

Al fianco di Cassese – che oggi chiede a Draghi di “mettere in soffitta i dpcm” – in quei giorni si schiera anche il presidente emerito della Corte Antonio Baldassarre, secondo cui Conte fa un “uso frequente e spregiudicato dei dpcm che scavalcano tutti i controlli”. Poi c’è il giurista Giovanni Guzzetta, che chiede direttamente a Sergio Mattarella di riconoscere “la centralità” dei tradizionali decreti legge per fronteggiare le emergenze. Tanti altri, invece, difendono la linea dell’esecutivo. Come Gustavo Zagrebelsky: “Il governo non ha usurpato poteri che non gli fossero stati concessi dal Parlamento. Undici decreti sono tanti, ma l’autorizzazione data al governo prevede precisamente che l’attuazione sia, per così dire, mobile, seguendo ragionevolmente l’andamento dell’epidemia”, spiega a Il Fatto Quotidiano l’1 maggio. “Le restrizioni dei diritti costituzionali in situazioni come quella che stiamo vivendo e nei limiti ch’essa richiede devono avvenire in base alla legge, ed è ciò che è avvenuto“.

Centrodestra, renziani e dem: chi attaccava il governo e ora tace – La battaglia sui dpcm si combatte anche in Parlamento, dove il centrodestra si mostra compatto più che mai. Tanto che il 29 aprile Fi, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia presentano una mozione congiunta per denunciare i “numerosi provvedimenti sostanzialmente amministrativi” adottati da Conte. Addirittura parlano di una “violazione delle fonti del diritto, trattandosi di una fonte normativa secondaria”. Tra i firmatari c’è la berlusconiana Mariastella Gelmini, che se in quel periodo parlava dei dpcm come uno “strumento discutibile”, oggi spalleggia Roberto Speranza nella linea del rigore in qualità di ministra per gli Affari regionali del governo Draghi. Una piroetta simile a quella del partito di Maurizio Lupi: anche lui aveva sottoscritto la mozione, mentre ora può contare su un suo sottosegretario (Andrea Costa) al ministero della Salute. Tra i leghisti, a fare la voce grossa nei mesi più duri della pandemia, ci sono invece il capogruppo a Montecitorio Molinari e Claudio Borghi. Che parlano di “dittatura sanitaria” e “golpe giuridico”. Il deputato Igor Iezzi va anche oltre: “Noi saremo la nuova Resistenza”, dice in Aula tra i cori del centrodestra al grido “Libertà, libertà”.

L’elenco si allunga con Paolo Romani (“Non si può governare un Paese a suon di dpcm”), il forzista Giorgio Mulé (“Conte è un servo della legge, non è il monarca, deve rientrare in un recinto costituzionale di regole”), Lucio Malan (“Nella Costituzione non sono previsti i dpcm”), Benedetto Della Vedova, che oggi è sottosegretario agli Esteri: (“Non capiamo perché si debba procedere a colpi di dpcm“). Persino la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, uscendo bruscamente dal suo ruolo istituzionale, bombarda l’esecutivo accusandolo di aver “gestito tutte le fasi dell’emergenza con un ricorso esagerato a Dpcm, emanati senza preventiva e dovuta consultazione con un voto del Parlamento”. E polemiche non sono mancate nemmeno in casa Pd, con il deputato Stefano Ceccanti costretto in tutta fretta a ritirare un emendamento con cui si chiedeva che i nuovi decreti del presidente del Consiglio venissero sottoposti una settimana prima al parere delle Camere.

Tutti loro oggi non battono ciglio di fronte al primo dpcm dell’era Draghi. Così come Matteo Renzi, che durante la prima ondata era arrivato a parlare apertamente di “scandalo incostituzionale“. È fine aprile, il Paese si appresta a entrare nella “fase 2” della pandemia e Palazzo Chigi decide di fare tutto per gradi, riaprendo negozi, attività e spostamenti un passo alla volta. Il leader di Italia viva vorrebbe invece di più: il governo “pensi ai posti di lavoro, non a calpestare la Costituzione“. La ministra Elena Bonetti, nel frattempo rimasta al suo posto nonostante il giro di vite nel Palazzo, è d’accordo: “Il dpcm è un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, per sua natura non viene condiviso all’interno del Cdm e nemmeno in Parlamento”, quindi certe misure, come lo stop alle messe, andrebbero prese “in modo più condiviso”, dice. Il renziano Marco Di Maio rivendica pure un emendamento, a firma De Filippo, il cui obiettivo implicito è quello di “scoraggiare l’uso dei Dpcm e favorire quello dei decreti legge”. A chiudere il cerchio in perfetto asse con le destre ci pensa Michele Anzaldi: “Ora Italia Viva dice no a chi limita le libertà coi Dpcm ed esautora il Parlamento“.

Conte a Firenze: “Ecco perché è lo strumento più adatto” – A niente, nel corso dei mesi, sono servite le spiegazioni date da Giuseppe Conte, dalla necessità di usare uno strumento “agile” per rispondere al virus alla “copertura legislativa” fornita dai vari decreti-legge che hanno sempre accompagnato i suoi provvedimenti. Non è un caso che l’ex premier, dopo essere stato costretto alle dimissioni, abbia scelto proprio questo argomento per la sua lectio magistralis all’università di Firenze. Non solo un ritorno in cattedra, ma anche un modo per rimarcare che sì, il nuovo governo è in continuità con il precedente. Con la sola differenza che a Palazzo Chigi ora c’è Mario Draghi e la maggioranza è stata allargata a chi, fino a poche settimane fa, ancora parlava di dittatura sanitaria. “La strategia normativa” per il Covid, “è stata costruita su tre pilastri: ordinanze del ministro della Salute, dichiarazione stato di emergenza nazionale, l’adozione di decreti legge e Dpcm”, ha spiegato Conte agli studenti. “Non sarebbe stato possibile lasciare l’intera regolamentazione ai solo decreti legge, poiché l’imprevedibilità dell’evoluzione pandemica ci ha costretto a intervenire svariate volte anche a distanza di pochi giorni e, come sapete, la conversione dei decreti-legge va operata dal Parlamento entro 60 giorni, con la conseguenza che la medesima conversione sarebbe intervenuta, il più delle volte, a effetti ormai esauriti o comunque superati dal successivo decreto“. Questa strategia, conclude, “ha permesso al nostro sistema democratico di reggere a questa dura prova, evitando che lo ‘stato di emergenza’ potesse tramutarsi in ‘stato di necessità'”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/27/quando-cera-conte-i-dpcm-erano-un-golpe-giuridico-ora-li-firma-anche-draghi-e-forza-italia-lega-renziani-tacciono/6114811/

venerdì 26 febbraio 2021

Nuovo Dpcm, il governo al lavoro. Ordinanze valide dal lunedì, lite su lockdown Pasqua.

 

Salvini contro le chiusure a Pasqua: 'Irrispettoso per gli italiani'. Zingaretti: 'Risolva i problemi, non li cavalchi. E' tempo di una rigenerazione del Pd'.


E' la Pasqua con misure restrittive anti-Covid il primo, vero terreno di scontro per la maggioranza che sostiene il governo Draghi, con Nicola Zingaretti contro Matteo Salvini, mentre zone rosse si profilano da sabato nelle province di Pistoia e Siena e arancione scuro in quella di Bologna. E anche a Brescia la situazione dei contagi resta critica: gli ospedali sono vicini al collasso e stanno mandando alcuni pazienti in altre strutture della regione, come a Bergamo e a Cremona.

L'Italia si colora ormai di rosso e arancione scuro a macchia di Leopardo, secondo la maggiore incidenza del Covid e soprattutto delle sue varianti.

Così, è rossa Cecina, nel Livornese. Lo sono da alcuni giorni quattro Comuni nel Lazio: Colleferro, Carpineto Romano in provincia di Roma, Torrice (Frosinone), Roccagorga (Latina). In Alto Adige è stata superata la soglia critica per le terapie intensive a Bolzano e a Trento. In Basilicata sono in aumento i casi e l'Rt, la Regione rischia di finire arancione. In Sardegna è zona rossa a San Teodoro. In Molise si registra un balzo di positivi: c'è stato un sopralluogo di militari per allestire terapie intensive di emergenza. In Piemonte l'Rt è sopra 1, la Regione va verso l'arancione e l'inasprimento delle misure. A Pescara, dilaga la variante inglese. è record di contagi. "Mi rifiuto di pensare ad altre settimane e altri mesi, addirittura di chiusura e di paura - attacca Salvini -. Se ci sono situazioni locali a rischio, si intervenga a livello locale. Però parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani".

Replica Zingaretti: "Vedo che sulla pandemia Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l'Italia. Buon senso e coerenza è avere una linea indicata dal Governo e rispettarla. Così si sta in una maggioranza e si danno certezze alle persone". Scintille sulla linea del rigore confermata dal nuovo premier, mentre si delineano aperture alle Regioni nel metodo se non nel merito. Le ordinanze del ministro della Sanità sui colori dei territori, in seguito al monitoraggio del venerdì, d'ora in poi entreranno in vigore il lunedì e non la domenica: lo promette la ministra delle Autonomie Mariastella Gelmini in un vertice con gli Enti locali. Ciò per evitare il caos - e le perdite economiche - di ristoranti e bar aperti un giorno su due nel weekend (che costituisce l'80% del fatturato settimanale secondo Coldiretti). Nella riunione Gelmini e il ministro della Salute Roberto Speranza hanno assicurato un'altra novità: la bozza del nuovo Decreto del presidente del Consiglio, in vigore dal 6 marzo, sarà mandata domani ai governatori, dunque in notevole anticipo sulla scadenza di quello attuale. Un gesto di apertura alle Regioni, che hanno chiesto a più riprese di evitare decisioni 'last minute' con l''effetto sci', impianti pronti a riaprire stoppati la sera prima.

"Per rendere più agevole la programmazione delle attività economiche, le chiusure non entreranno più in vigore di domenica ma di lunedì", sintetizza Gelmini, che parla anche del sistema delle fasce. "Verrà mantenuto - dice -. Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l'obiettivo principale anche per i prossimi mesi". Anche perché, pur prevedendo delle modifiche ai parametri, come chiesto dalle Regioni specie per l'Rt, "un modello alternativo ad oggi non c'è" e se ne parlerà semmai in un tavolo tecnico. Rinviando al Comitato tecnico scientifico (Cts) il tema spinoso della chiusura delle scuole per vaccinare i docenti - come chiedono quasi tutti i governatori -, la ministra nota una "contraddizione nella richiesta di scuole chiuse e attività economiche aperte" da parte delle Regioni. Gelmini parla quindi di "una graduale riapertura dei luoghi di cultura, con misure di sicurezza adeguate, superato il mese di marzo".

Il Cts si pronuncerà sul protocollo del ministro Dario Franceschini, che chiede di riaprire cinema, musei e teatri dal 27 marzo: gli esperti ribadiranno che dipenderà dall'andamento della curva dei contagi. Reduci dal ridimensionamento della Corte Costituzionale, secondo cui spetta allo Stato, non alle Regioni, determinare le misure di contrasto della pandemia, i governatori con Stefano Bonaccini vedono "prime risposte positive" del governo. Ma ora "occorre una decisa accelerazione sul piano vaccini, una revisione dei criteri per l'assegnazione delle fasce e una valutazione preventiva sull'impatto delle varianti", aggiunge. Ma intanto la variante inglese produce zone scure sempre più numerose.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/25/covid-salvini-lockdown-a-pasqua-irrispettoso-per-gli-italiani_f6fe803d-25dc-44fc-b8fd-8a00f5a87c68.html

giovedì 25 febbraio 2021

Oh no! Il nuovo rinascimento è fermo ai dpcm. - Antonio Padellaro

 

Il mio manuale personalizzato di rieducazione “Cancella il Conte che è in te” si fonda (anzi si fondava) su due capitoli fondamentali. Il titolo del primo è un imperativo categorico: Basta con i Dpcm!

Impone lo studio mnemonico della dottrina di cui siamo debitori al professore Sabino Cassese che sul tema si è più volte espresso con parole severe ma giuste. “Prima o poi anche la Corte costituzionale boccerà le misure anti-Covid del governo Conte, allora si riconoscerà che i Dpcm e i decreti sono illegali. Mancavano strumenti adatti? Lo strumento c’è ed è il decreto legge” (intervista a La Verità del 4.1.2021). Secondo il giudice emerito della Consulta, i limiti costituzionali previsti per interventi straordinari come il famigerato Dpcm non sono stati superati con la pandemia da Covid-19. Leggiamo avidamente che “la Costituzione ne detta tre: straordinarietà, necessità e urgenza. Prenda la seconda ondata della pandemia: era straordinaria? Non era stata prevista? Non si potevano, quindi, apprestare per tempo gli strumenti per fronteggiarla?”. Parole sacrosante, alle quali dal giorno della meritata cacciata di Conte ho cercato di uniformarmi, convinto che, generosamente, il professor Cassese aveva preferito non calcare la mano: la necessità di contrastare il cosiddetto Covid non era stata forse ampiamente sopravvalutata?

Si può immaginare dunque il mio sgomento alla notizia che il governo Draghi – sigh, il governo Draghi – ha approvato un nuovo Dpcm valido fino al 6 aprile, inclusa Pasqua. Mi sono sentito come lo sciamano Jake Angeli spedito da Donald Trump all’assalto di Capitol Hill e poi indegnamente mollato. Tradimento! Non riuscivo a raccapezzarmi finché non è comparsa la figura del ministro Speranza, lascito del passato regime e sicuramente parte attiva nella losca congiura del Dpcm riesumato. Senza arrossire, egli ha spiegato che per contrastare le varianti del virus occorre fare in fretta e il Dpcm resta “lo strumento più immediato”. Un grido erompe dal mio foro interiore: perché il professor Cassese tace! Calma, non dubitare, probabilmente l’emerito già invoca sollecite pronunce contro il mostro giuridico mentre batte pancia a terra i tribunali della Repubblica. Spero a questo punto che non si rinneghi il secondo caposaldo del nuovo Rinascimento di Palazzo Chigi: basta riunioni con il favore delle tenebre! “Penso che alle 11 di sera ci sia poca gente lucida”, ha detto un altro saggio, Franco Bernabè. Vero, e spesso ci scappa anche il ruttino.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/25/oh-no-il-nuovo-rinascimento-e-fermo-ai-dpcm/6113033/

giovedì 10 dicembre 2020

Dpcm di Natale, ecco le Faq del governo: cosa si potrà fare e cosa no.

 

Spostamenti, visite, turismo: dal 21 dicembre al 6 gennaio ecco le regole per le seconde case e i ricongiungimenti.

Chi si dovrà spostare per l'Italia in occasione delle feste di fine 2020 lo dovrà fare prima del 20 dicembre o dopo il 7 gennaio, sia per andare nelle seconde case o per fare un po' di turismo: rimangono le deroghe solo per casi specifici, assistenza a persone non autosufficienti, separati che incontrino i figli minori, i ricongiungimenti familiari presso la casa abituale. E' quanto specificano le Faq (risposte alle domande più frequenti) della presidenza del Consiglio, "per il periodo 21 dicembre 2020 - 6 gennaio 2021".

Con la precisazione che per le regole per negozi, ristoranti e spostamenti rimangono valide le distinzioni tra aree rosse, arancioni e gialle.

ASSISTENZA A NON AUTOSUFFICIENTI - Lo "spostamento per dare assistenza a persone non autosufficienti sarà consentito anche dal 21 dicembre al 6 gennaio, anche tra comuni o regioni in aree diverse, ove non sia possibile assicurare loro la necessaria assistenza tramite altri soggetti presenti nello stesso comune/regione".

"Non è possibile, comunque, spostarsi in numero superiore alle persone strettamente necessarie a fornire l'assistenza necessaria: di norma la necessità di prestare assistenza non può giustificare lo spostamento di più di un parente adulto, eventualmente accompagnato dai minori che abitualmente egli già assiste", spiega la nota. 

VISITE A PARENTI SI' ENTRO IL 20 - "Gli spostamenti per fare visita o per andare a vivere qualche giorno con parenti o amici, inclusi i propri genitori, saranno possibili per tutti solo se ci si muove da un luogo in area gialla a un altro luogo in area gialla, esclusivamente fino al 20 dicembre e a partire dal 7 gennaio. 

"Dal 21 dicembre al 6 gennaio, questi spostamenti saranno consentiti, sempre esclusivamente tra luoghi in area gialla, solo se si ha la residenza o il domicilio o la propria abitazione nella regione/provincia autonoma di destinazione.

Alla domanda "i miei genitori, anziani ma in buona salute, vivono in una regione diversa dalla mia. Posso andare a trovarli per le feste?", la risposta è: "nei giorni 25 e 26 dicembre e 1 gennaio sarà comunque possibile spostarsi solo all'interno del proprio comune. In ogni caso, sarà possibile spostarsi tra comuni/province/regioni diversi per motivi di lavoro, necessità o salute".

SEPARATI POTRANNO SPOSTARSI PER ANDARE DA FIGLI MINORI - I genitori separati o affidatari possono spostarsi tra il 21 dicembre e il 6 gennaio per andare in comuni o regioni diverse o all'estero per trascorrere le feste con i figli minorenni, nel rispetto dei provvedimenti del giudice o degli accordi con l'altro genitore. Questi spostamenti "rientrano tra quelli motivati da necessità, pertanto non sono soggetti a limitazioni. Nel caso di spostamenti da o per l'estero, è comunque necessario consultare l'apposita sezione sul sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per avere informazioni sulle specifiche prescrizioni sanitarie relative al Paese da cui si proviene o ci si deve recare".

SECONDE CASE - Gli spostamenti verso le seconde case in una regione diversa dalla propria sono consentiti soltanto entro il 20 dicembre e dopo il 7 gennaio e comunque esclusivamente se il luogo di partenza e quello di destinazione si trovano entrambi in area gialla. Pertanto, se una famiglia si trasferisce in una seconda casa, in un'altra regione, entro il 20 dicembre, ed uno dei componenti deve tornare al lavoro nella nella regione di provenienza per alcuni giorni, non potrà tornare da loro entro il 6 gennaio. Lo spostamento dalla seconda casa al luogo di lavoro nel periodo tra il 21 dicembre e il 6 gennaio non può essere infatti addotto come motivo giustificativo di un nuovo rientro nella seconda casa, in un'altra regione, nello stesso periodo. 

RIENTRO AL DOMICILIO -"Le persone che per motivi di lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma che si riuniscono ad esso con regolare frequenza e periodicità nella stessa abitazione, potranno spostarsi per ricongiungersi per il periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 nella stessa abitazione in cui sono soliti ritrovarsi".

Le faq precisano quali sono i significati della "residenza", del "domicilio" e "dell'abitazione". Il dpcm del 3 dicembre 2020 prevede, infatti, che, nonostante i divieti, dal 21 dicembre al 6 gennaio si possa comunque far rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione.

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/12/09/dpcm-ecco-le-faq-del-governo-cosa-si-potra-fare-e-cosa-no_47b96784-69be-4a80-928a-2e670c4ce04c.html

venerdì 4 dicembre 2020

Covid: Conte firma il nuovo Dpcm. Stretta sulle feste di Natale.


Regioni, il decreto approvato senza averci interpellato.

Con la firma del premier Conte sul nuovo Dpcm, il governo blinda il Natale. 'Non possiamo abbassare la guardia.

Dobbiamo evitare una terza ondata a gennaio che potrebbe essere violenta. Intanto, non faremo un un nuovo lockdown generalizzato. Niente divisioni, è il momento di agire uniti', dice Conte presentando le misure. Tensione con le Regioni, che esprimono rammarico per il metodo con cui è stato approvato il decreto con le regole per gli spostamenti dal 21 dicembre al 6 gennaio. Per il presidente della Lombardia Fontana, 'è inaccettabile il divieto di spostarsi a Natale e Santo Stefano per i ricongiungimenti familiari'. Toti: 'Le misure del governo non stanno in piedi'. 

 

Il governo blinda il Natale e va allo scontro con le Regioni imponendo il divieto di spostamento anche tra i Comuni per il 25 dicembre, Santo Stefano e Capodanno. "Abbiamo evitato il lockdown generalizzato - sintetizza all'ora di cena il premier Giuseppe Conte spiegando il provvedimento - ma ora non dobbiamo abbassare la guardia. Dobbiamo scongiurare una terza ondata che potrebbe arrivare già a gennaio e non essere meno violenta della prima". E' una misura "ingiustificata" rispondono i presidenti in rivolta, secondo i quali si crea una disparità di trattamento tra chi abita in una grande città e i milioni di italiani che vivono invece nei piccoli comuni. Ma lo scontro è anche nel Pd, con 25 senatori che chiedono al premier di rivedere le "misure sbagliate" e il segretario Nicola Zingaretti che ribadisce la necessità di "misure rigorose".

Qualche deroga sarà però concessa, anche alla luce del parere del Comitato tecnico scientifico secondo il quale, proprio in considerazione della differenza di dimensioni tra città metropolitane e comuni minori, vanno comunque garantiti per le realtà più piccole gli spostamenti "per situazioni di necessità e per la fruizione dei servizi necessari", a partire dal non lasciare gli anziani da soli. Lo stesso Conte conferma che tra i motivi che rientrano nello "stato di necessità" c'è l'assistenza alle persona non autosufficienti, così come sarà possibile sempre rientrare non solo alla propria residenza ma anche nel luogo "dove si abita con continuità", una formula per consentire il ricongiungimento delle coppie conviventi. Prevale dunque la linea dei rigoristi nel giorno in cui l'Italia registra purtroppo il record di vittime per Covid dall'inizio della pandemia, 993 in 24 ore. Il decreto legge 'cornice', già in vigore, e il Dpcm valido dal 4 dicembre fino al 15 gennaio, contengono tutte le restrizioni già annunciate nei giorni scorsi e nessuna delle 'concessioni' che erano state ipotizzate o chieste dai governatori. Niente centri commerciali aperti nei fine settimana e nei festivi, ristoranti chiusi la sera, niente sci fino al 7 gennaio, quarantena per chi viene dall'estero. Ma è sulle misure previste dal 21 dicembre al 6 gennaio che si è acceso lo scontro più duro. Chi va all'estero dovrà poi rimanere due settimane in quarantena, chi decide di passare l'ultimo dell'anno in albergo dovrà cenere in camera ma soprattutto non ci si potrà muovere dal proprio Comune a Natale, Santo Stefano e Capodanno, giorno questo in cui anzi il coprifuoco sarà posticipato dalle 5 alle 7. Unica concessione, l'apertura dei ristoranti a pranzo il 25 e 26 dicembre e il 1 gennaio, anche se il divieto di muoversi sarà comunque un ostacolo.

"C'è stupore e rammarico per il mancato confronto", attaccano le Regioni sottolineando che il metodo utilizzato dal governo "contrasta con lo spirito di legale collaborazione" tra istituzioni e impedisce di arrivare a "soluzioni più idonee per contemperare le misure di contenimento e il contesto di relazioni familiari e sociali tipiche" del Natale. I governatori criticano anche il fatto che né nel decreto legge né nel Dpcm si faccia riferimento ai ristori promessi per le attività costrette a chiudere. Il divieto di andare da un comune all'altro è una "limitazione ingiustificata e lunare" dice Attilio Fontana mentre Luca Zaia chiede "quale tecnico sanitario abbia avallato una cosa del genere". E se il presidente della Liguria Giovanni Toti definisce quello del governo un comportamento "scorretto" che "mortifica i sacrifici dei cittadini", quello della Valle d'Aosta Erik Lavevaz parla di una misura "iniqua" e Massimiliano Fedriga di "disparità di trattamento" tra chi abita in una grande città e chi invece nei piccoli comuni.

Posizione condivisa da Matteo Salvini. "Il governo non conosce l'Italia e i suoi ottomila comuni e divide le famiglie - accusa il leader leghista - Un conto è abitare a Milano o Roma, un altro è essere residente dei 5.495 comuni che hanno meno di 5mila abitanti e che spesso hanno figli e genitori, nonni e nipoti, divisi da una manciata di chilometri". Ai governatori risponde Boccia ribandendo che coprifuoco e limitazione alla mobilità sono punti "inamovibili": è "incomprensibile - afferma il ministro - "il loro stupore. Le norme sono state discusse in due riunioni durate 7 ore". Una crepa si apre però anche nel governo. Le ministre di Italia Viva Teresa Bellanova ed Elena Bonetti avrebbero chiesto che il verbale del Cdm registri la loro netta contrarietà alla misura e 25 senatori del Pd, molti vicini all'ex leader Matteo Renzi, chiedono di modificare la norma rendendo possibili i ricongiungimenti familiari a Natale. E' una misura "sbagliata" dice il capogruppo Andrea Marcucci, rivolgendosi direttamente al premier. A stoppare la fronda è pero il segretario Nicola Zingaretti: con mille morti, "rifletta chi non capisce quanto è importante tenera alta l'attenzione con regole rigorose". Una sponda a Conte che arriva anche dai sindaci, con il presidente dell'Anci Antonio Decaro che invita il governo a "non dare segnali di allentamento". Non c'è stato al momento scontro, invece, sul ritorno a scuola dei ragazzi delle superiori dopo le feste, con il premier che non ha escluso la possibilità di turni pomeridiani anche se la decisione sarà lasciata alle realtà territoriali. Dal 7 gennaio saranno in presenza al 75% e nel frattempo partirà un tavolo con i prefetti per affrontare il problema irrisolto da settembre, quello dei trasporti. Nella bozza del Dpcm era al 50% ma, dicono dall'Istruzione, su sollecitazione della ministra Lucia Azzolina si è arrivati al 75%.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/03/covid-regioni-il-decreto-approvato-senza-averci-interpellato_c334c149-36b8-4936-9652-48570e52123f.html

mercoledì 2 dicembre 2020

Nuovo Dpcm e vaccini, informativa del ministro della Salute Speranza al Senato.

Informativa a Palazzo Madama del ministro della Salute su Dpcm e vaccini.


Nuovo Dpcm e vaccini, informativa del ministro della Salute Speranza al Senato

Le ordinanze sono scelte ispirate dal principio di precauzione che hanno aiutato a ridurre il contagio e il numero dei nuovi casi. Il governo si è assunto la responsabilita' di scelte difficili ma necessarie.

Senza di esse la pressione sugli ospedali diverrebbe insostenibile. Dall'analisi dei dati nel loro quadro evolutivo emerge che le misure adottate iniziano a dare primi incoraggianti risultati e tutto lascia prevedere che prossimo monitoraggio dovrebbe confermare il calo di rt . Sono fiducioso che a breve l'indice possa scendere sotto1, ha affermato Speranza

Per la stabilizzazione dei primi risultati c'è bisogno di altre settimane di sacrifici e poi di una cura di mantenimento. L'onda resta ancora molto alta quindi attenzione a non scambiare un primo raggio di sole con scampato pericolo. Non facciamoci illusioni, se abbassiamo la guardia la terza ondata è dietro l'angolo, ha proseguito il ministro. 

L'obiettivo del governo è piegare la curva senza un lockdown generalizzato - ha proseguito il ministro -. L'esperienza di queste settimane ci dice che la scelta di un modello su gradi di rischio appare essere in grado di appiattire la curva del contagio senza un lockdown. La situazione pero è seria e non puo' essere sottovalutata.

Dobbiamo disincentivare gli spostamenti tra regioni il 25, 26 e primo gennaio e limitare anche gli spostamenti tra comuni. Dobbiamo affrontare le feste con massima serieta' se non vogliamo nuove chiusure a gennaio. Per le feste le limitazioni previste dovranno essere rafforzate anche nel quadro di un coordinamento europeo. Bisogna limitare il piu' possibile i contatti tra persone.

Compatibilmente con l'evoluzione del quadro epidemiologico è obiettivo del governo riportare in presenza le scuole superiore.

L'acquisto del vaccino è centralizzato e sara' somministrato gratuitamente a tutti gli italiani, ha detto ancora Speranza. "E' probabile che saranno necessarie due dosi per ogni vaccinazione, l'Italia ha opzioni 202 milioni di dosi. Le prime dosi - ha affermato ancora - potranno cominciare ad essere disponibili da gennaio".

Ad oggi sono state indicate due date da Ema: 209 dicembre per vaccino Pfizer e 12 gennaio per vaccino Moderna. da queste aziende avremo 8mln di dosi da Pfizer e 1,346mila dosi da Moderna. Cuore della campagna vaccinale secondo le previsioni sarà tra la prossima primavera e l'estata, ha detto il ministro della salute al Senato.

Le categorie da vaccinare con priorita', per primi, sono gli operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale delle Rsa per anziani, persone in età avanzata per ottenere una maggiore copertura vaccinale e coprire persone con maggiori fattori di rischio. Lo ha detto il ministro Speranza con l'aumento delle dosi si vaccineranno anche le altre categorie, come le persone dei servizi essenziali come personale scolastico e forze dell'ordine. Nel caso poi di focolai in aree del paese, saranno destinate scorte di vaccini rispetto ai territori in difficolta'.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/02/nuovo-dpcm-e-vaccini-informativa-del-ministro-della-salute-speranza-al-senato-la-diretta_5febc2b0-9a81-4de1-9c18-156ec749237d.html

venerdì 27 novembre 2020

Covid, Il nuovo dpcm confermerà le 3 fasce. Misure ad hoc per il Natale.

 

Boccia: 'Non è eresia far nascere Gesù due ore prima o seguire la messa due ore prima' dice il ministro parlando del coprifuoco alle 22. La Lombardia resta rossa fino al 3 dicembre.

I presidenti delle Regioni hanno chiesto al governo nella videoconferenza in vista del prossimo Dpcm di valutare la chiusura delle frontiere in caso di divieto di riapertura degli impianti da sci. L'obiettivo dei governatori sarebbe evitare così la concorrenza degli Stati europei che invece dovessero permettere le vacanze sulla neve.

Il governo ha confermato che di riapertura degli impianti si potrà parlare soltanto dopo le feste di Natale. "Gli impianti da sci e il sistema vacanze invernali che sono fondamentali per la nostra economia riapriranno quando l'epidemia si sarà raffreddata, speriamo nel giro di un mese, un mese e mezzo.

I ristori saranno garantiti per tutte le attività che non potranno aprire". E' quanto avrebbe detto il ministro Boccia alle Regioni, secondo quanto si apprende. "La sicurezza delle persone e la salute vengono prima di tutto. Dobbiamo chiudere questa seconda ondata evitando la terza e mantenendo la convivenza con il virus con il massimo della sicurezza - ha aggiunto Boccia-. Anche in Germania si è scelta la linea della massima prudenza, nella consapevolezza che -ha detto oggi il ministro Helge Braun- 'davanti a noi ci sono mesi invernali difficili, e questo vale fino a marzo' .

"Seguire la messa, e lo dico da cattolico, due ore prima o far nascere Gesù bambino due ore prima non è eresia. Eresia è non accorgersi dei malati, delle difficoltà dei medici, della gente che soffre". E' quanto ha detto il ministro Boccia alla videoconferenza con gli Enti locali, secondo quanto si apprende. "Questa è eresia non facciamo i sepolcri imbiancati - ha aggiunto l'esponente Pd -. Papa Francesco ha dato un esempio bellissimo a tutti nella scorsa Pasqua, a partire dalla Via Crucis. Il Natale non si fa con il cronometro ma è un atto di fede". Usa l'ironia per far capire che il governo non intende deflettere dalla linea della massima prudenza durante le festività. E il premier Conte lo dice chiaramente: "Altri sacrifici? E' necessario, non possiamo abbassare la guardia, gli italiani sono consapevoli che sarà un Natale diverso o ci esponiamo a una terza ondata a gennaio, con il rischio di un alto numero di decessi". Concetto ribadito da Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: " passare un Natale ordinario con il cenone è piuttosto azzardato".

Altro punto all'ordine del giorno dell'incontro tra governo e regioni la scuola. "Le regioni unanimamente hanno ritenuto di suggerire al governo di procrastinare al 7 gennaio ogni riapertura della didattica in presenza per chi è ancora oggi in didattica a distanza". Lo ha detto nel punto stampa quotidiano sul covid il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti in merito alla riunione tra i ministri Boccia, Speranza e la conferenza regioni, l'Anci con Decaro e le province italiane. "Tutte le regioni hanno unanimamente ritenuto di dire al Governo che si tratterebbe di una mossa inopportuna in questo momento soprattutto alla vigilia della pausa festiva delle scuole - ha detto Toti - in assenza di un programma di scaglionamento degli ingressi e in assenza di un servizio pubblico che oggi prevede capienza al 50% e andrebbe ritoccata".

Restano diversi altri punti da definire per il Dpcm di Natale. Uno è quello degli orari di apertura delle attività commerciali per lo shopping dei regali e di quelle di ristorazione. L'altro quello degli spostamenti tra regioni per raggiungere i parenti: anche su questo l'orientamento prevalente del governo sarebbe rigoroso, con il divieto totale, a prescindere dalle colorazioni, eventualmente con qualche deroga. Oggi torneranno a riunirsi i capi delegazione di maggioranza, e potrebbero esserci anche Cts e Istituto superiore di sanità. A giorni, forse prima, saranno riconvocate le Regioni. Il nuovo dpcm sulle misure anti contagio dovrebbe confermare l'impianto del decreto attuale, con la divisione delle Regioni in tre fasce, e introdurre specifiche restrizioni per il Natale. È l'orientamento che emerge da più fonti di governo. Dovrebbero restare in particolare gli automatismi, legati al monitoraggio, che prevedono il passaggio progressivo da zona gialla ad arancione o rossa o viceversa (senza "salti" di due da rossa a gialla). Ma è ancora aperta nel governo la discussione sulle misure per il Natale - che dovrebbero confluire con le altre in un unico dpcm - e non si sarebbe discusso, nel vertice a Palazzo Chigi di ieri , neanche del tema scuola. Oggi si faranno nuove valutazioni, dopo il confronto con Cts e Iss, anche alla luce dei dati del nuovo monitoraggio.

 Intanto la Lombardia resta rossa fino al 3 dicembre.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/11/26/covid-regioni-dad-fino-a-gennaio-rientro-il-7.-sci-chiudere-le-frontiere_9f97ab81-0849-4ab6-b27b-82e1d7648a14.html