domenica 22 novembre 2020

Paradisi fiscali, ecco quali Paesi «rubano» più soldi a tutti gli altri. - Mario D’Angelo


 










L’evasione fiscale è responsabile del «furto» di $427 miliardi dalle casse pubbliche ogni anno. Ecco i maggiori paradisi fiscali.

Quanto costa l’evasione fiscale nel mondo? Uno studio senza precedenti, effettuato su scala globale, lo ha scoperto. La cifra è agghiacciante: 427 miliardi di dollari tolti ogni anno alla spesa pubblica degli Stati: soldi che potrebbero essere utilizzati per istruzione, sanità, servizi.

Quanto costa l’evasione fiscale nel mondo.

Il Tax Justice Network ha diffuso il suo primo rapporto State of Tax Justice, il primo studio a misurare con accuratezza quanti soldi perdono i Paesi del mondo ogni anno a causa di evasione fiscale aziendale e privata.

“Un sistema di tassazione globale che perde $427 miliardi l’anno non è un sistema rotto, è un sistema programmato per fallire”, ha detto Alex Cobham, executive di Tax Justice Network.

Secondo il Tax Justice Network, che ha svolto la ricerca, gli Stati perdono ogni secondo l’equivalente di uno stipendio annuo di un infermiere. Di questa perdita - lo studio è molto chiaro su questo - i responsabili sono gli Stessi Paesi che non mettono in campo misure efficaci di contrasto all’evasione.

Quali sono i maggiori paradisi fiscali.

“Sotto la pressione dei colossi corporate e delle potenze dei paradisi fiscali come Paesi Bassi e la rete del Regno Unito, i nostri governi hanno programmato il sistema fiscale globale per dare la priorità ai desideri delle aziende e degli individui più ricchi rispetto ai bisogni di tutti gli altri”, ha aggiunto.

Secondo il rapporto, l’impatto dell’evasione fiscale sul pubblico non è mai stato così evidente. La pandemia di coronavirus, salvo poche eccezioni, ha esposto la difficoltà di reazione di sistemi pubblici sotto-finanziati, dal punto di vista di tecnologia e monitoraggio, sanitari e coscienza civile. Nei Paesi più poveri, i soldi persi a causa dell’evasione fiscale corrispondono al 52% della spesa sanitaria.

I principali responsabili, però, sono i Paesi occidentali. I paradisi fiscali delle Isole Cayman, dell’orbita britannica, sono la causa della perdita di $70 miliardi fondi pubblici degli altri Paesi. Il Regno Unito si porta via altri $42 miliardi. Al terzo posto ci sono i Paesi Bassi ($36,4 miliardi), al quarto il Lussemburgo ($27,6 miliardi). Gli Stati Uniti sono al quinto posto nel mondo, togliendo ad altri Paesi $23,6 miliardi ogni anno.

Bertolaso nel cda del colosso che ricostruirà Milano Nord. - Vincenzo Bisbiglia e Marco Pasciuti

 

Il caso - Dal 29 maggio è consigliere di Milanosesto Spa: con Prelios farà la riqualificazione di Sesto San Giovanni, “la più grande d’Europa”.

La nomina porta la data del 29 maggio 2020. Quel giorno, nel silenzio più totale, Guido Bertolaso viene nominato consigliere di amministrazione di Milanosesto Spa, società controllata dalla Prelios, la ex Pirelli Re, colosso della gestione immobiliare in Italia e in Europa. L’ex capo della Protezione civile ai tempi del G8 del 2009 e del terremoto all’Aquila, è richiestissimo, a lui si affidano le Regioni per far fronte alla scarsità di posti Covid negli ospedali. Il 14 marzo Attilio Fontana l’ha fatto consulente della Lombardia per l’emergenza, otto giorni dopo Luca Ceriscioli lo ha voluto nello stesso ruolo per le Marche e il 4 novembre si è assicurato i suoi servigi anche la governatrice leghista dell’Umbria Donatella Tesei. Nel frattempo è arrivato l’incarico nella società che ha il compito di firmare la rinascita urbanistica di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano.

Capitale sociale da 84 milioni di euro, Milanosesto Spa gestisce la più grande operazione immobiliare in atto nel Paese: la riqualificazione dell’ex area industriale Falck di cui è proprietaria, sulla quale sorgerà la nuova Sesto. Un progetto da 1,5 milioni di metri quadrati di cui un milione di edilizia privata, gestito con Prelios e imperniato sulla Nuova Città della Salute – 135mila mq e 600 posti letto affidati all’Istituto nazionale dei tumori e all’Istituto neurologico “Carlo Besta” – attorno a cui nasceranno una stazione ferroviaria, cinque piazze, viali, parchi, torri, uffici, quartieri residenziali, attività commerciali e 45 ettari di verde. Uno “shopping center con un parco divertimenti”, secondo Renzo Piano che dopo aver realizzato il masterplan nel 2016 si era fatto da parte “amareggiato” per la perdita di “una grande occasione”. L’avvio dei lavori è previsto a giugno 2021 per il primo lotto, sul quale il colosso Usa Hines e la Kuwait Investment Authority metteranno 500 milioni.

Cosa ci fa Bertolaso nel cda della società che metterà in opera “la più grande rigenerazione urbana d’Europa”, popolato negli anni da manager di altissimo livello e storici boiardi di Stato? Il presidente è Enrico Laghi, ex commissario di Alitalia e di Ilva insieme a Piero Gnudi, ex numero uno di tutto tra cui Enel e Iri, che di Milanosesto Spa fu consigliere tra il 2011 e il 2012. L’ad è il leghista Giuseppe Bonomi, già presidente di Sea, società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa, ed ex ad di Arexpo, proprietaria dell’area di Expo 2015. C’era anche Raffaele Tiscar, democristiano, ex dirigente della Regione Lombardia con Formigoni e segretario generale della presidenza del Consiglio con Renzi, uscito di scena un mese prima dell’ingresso di Bertolaso, che scadrà nel 2022 con il resto del cda. “La nomina l’ha decisa l’azionista, in questo caso Prelios”, spiegano da Milanosesto. “L’ad Bonomi non lo ha neanche mai incontrato”, sottolinea un’altraa fonte. Comunque sia “è un consigliere senza alcuna delega operativa”. Tradotto: prende “un gettone” di cui non viene comunicata l’entità. E si torna al primo quesito: perché “sprecare” un “uomo del fare”, come lo definì Silvio Berlusconi, per un’alzata di mano?

Fra l’altro, il coinvolgimento di Bertolaso nella galassia Prelios potrebbe creare qualche imbarazzo nella sua Roma, dove pare in procinto di tornare da candidato sindaco del centrodestra. Fedelissimo dell’ex Cavaliere, Antonio Tajani l’ha proposto per il Campidoglio incassando l’ok di Matteo Salvini. Con il veto iniziale di Fratelli d’Italia che ora vacilla, visto che Giorgia Meloni gli contrappone solo la sua “figlioccia” Chiara Colosimo, la quale però sconta un evidente deficit di popolarità. Il prossimo sarà anche il sindaco del Giubileo 2025 (Bertolaso è stato vicecommissario all’evento nel 2000), con relativa pioggia di milioni pronta a scendere sulla città. Proprio Prelios da anni mira a espandersi nella Capitale. Già nel 2015, dopo lo scandalo Affittopoli, l’ex Pirelli ottenne da Ignazio Marino la gestione degli immobili comunali al posto della Romeo Gestioni, mentre la manager dell’epoca, Claudia Bugno, volava ai vertici del Comitato di Roma 2024: l’intero quadro venne cancellato da Virginia Raggi, che revocò Prelios in favore della pubblica Aequa Roma e fermò la candidatura ai Giochi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/bertolaso-nel-cda-del-colosso-che-ricostruira-milano-nord/6012158/

Quel solido asse Conte-Mattarella. - Antonio Padellaro

 

“Oltre che uomini a sangue ghiaccio, Mattarella e Conte hanno un’altra caratteristica comune. Sono entrambi giuristi. Ma giuristi di discipline assai diverse. Diritto civile da una parte e diritto costituzionale e parlamentare dall’altra… Tra Mattarella e Conte c’è una grammatica comune: la grammatica giuridica”.

Paolo Armaroli, “Conte e Mattarella” (La Vela)

È il premier più sottovalutato (e insultato) dall’opposizione – quella sovranista e quella televisiva –, mentre la cosiddetta grande stampa continua a osservarlo con un misto di stupore e disappunto, come se si trattasse di un intruso che prima o poi sarà sloggiato da Palazzo Chigi. Certo, nessuno è eterno, figuriamoci nella politica italiana, ma ciò che sorprende è, in particolare da parte di chi legittimamente lo detesta, l’analisi sommaria del personaggio e delle circostanze che si è trovato a governare. Colpisce il giudizio superficiale, sempre pencolante tra sonore bocciature (tante) e striminziti apprezzamenti, come se l’esercizio del governo del Paese al tempo del Covid fosse frutto di un’interpretazione personale e improvvisata. E non invece il procedere di un asse portante che si è saldato, sulle decisioni fondamentali da prendere, tra il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica. Tra Giuseppe Conte e Sergio Mattarella.

Se n’è accorto un giurista, Paolo Armaroli, già parlamentare di An, tutt’altro che schierato con Conte ma interessato a esplorare il rapporto tra due personaggi assai diversi, e dalla storia assai diversa, che il destino (non solo quello politico) ha collocato al vertice delle istituzioni in una emergenza drammatica, forse la più drammatica della storia repubblicana. Chi vuole saperne di più su questa strana ma funzionante diarchia legga il libro di Armaroli: a noi qui interessa cogliere la mediocrità politica di un’opposizione (con dattilografi al seguito) che continua a dare formidabili testate contro un muro che si ostina a non cedere. Quello edificato sulla triangolazione Quirinale, Palazzo Chigi, Commissione europea. Quello del gradimento all’avvocato di Volturara Appula che, antipatico a lorsignori, nei sondaggi oscilla sempre intorno al sessanta per cento. Quello cementato sull’emergenza Covid che, a dispetto di Salvini&Meloni, rischia di resistere fino alle elezioni del 2023. E forse anche oltre. Come auspica il premier che nel settembre scorso, interpellato alla Festa del “Fatto Quotidiano” su un secondo mandato di Mattarella, rispose entusiasta: “Se ci fossero le condizioni, anche da parte sua, lo vedrei benissimo”. E i ripetuti inviti del Colle alle forze politiche per trovare un modo di collaborare per il bene del Paese, non suonano come una richiesta al sovranismo riottoso affinché non si ostacoli chi è al timone nel mare in tempesta? Per carità, mai dire mai, ma sottovalutare il nemico da abbattere non è mai saggio. Nel caso in esame rinviamo alla godibile cronaca dell’esame a cui furono sottoposti da Di Maio e Salvini, al tempo del patto gialloverde, Conte e Giulio Sapelli in una specie di finale per la scelta del futuro premier. “Vince Conte non ai punti ma per ko”, sentenzia Armaroli. L’uno “elegante, prodigo di parole al miele, arrendevole quanto basta e disponibile a indossare i panni dei due interlocutori”. L’altro che, “vestito come capita”, “mette bene i puntini sulle ‘i’, pone condizioni”, detta quasi la lista dei ministri e rende subito chiaro “che se lui va a Palazzo Chigi, intende esercitare le sue prerogative”. Ahi! A fare fuori Conte bisognava pensarci allora, adesso è un po’ tardi. Vero Salvini?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/quel-solido-asse-conte-mattarella/6012177/

L’angolo del buonumore. - Marco Travaglio













Sono tempi bui e il buonumore è merce rara. Ringraziamo dunque il noto fornitore a sua insaputa Alessandro Sallusti che, a pochi giorni dall’arresto di due dei pochi berlusconiani rimasti a piede libero – Verdini (bancarotta fraudolenta) e Tallini (voto di scambio con la ‘ndrangheta) – apre il Giornale col titolone “GLI INDECENTI”, affiancato da quest’altro: “Orgoglio Berlusconi”. Ma B., essendo solo un pregiudicato per frode fiscale, 9 volte prescritto e tuttora imputato per varie corruzioni sfuse, fa parte dei decenti. Gli indecenti sono Nicola Morra, Ciro Grillo e Chiara Appendino. Il primo per aver detto un’ovvietà: e cioè che i calabresi sapevano che Jole Santelli era gravemente malata di tumore, ma l’han votata lo stesso e ora si ritrovano il noto cabarettista Spirlì. L’ovvietà ha destato grande scandalo in tutti i partiti, M5S incluso (in America, al primo raffreddore, i candidati a qualunque carica devono esibire la cartella clinica). E il direttore di Rai3 Franco Di Mare – detto Mister Pampers perché ogni tanto gli scappa un goccio di censura (vedi la guerra termonucleare a Mauro Corona) – ha cacciato Morra da un programma. Perché sia chiaro che alla Rai entrano cani e porci, ma il presidente dell’Antimafia è off limits. Il secondo “indecente” è un giovane privato cittadino indagato per presunti reati sessuali, che ha la sfortuna di non essere iscritto a Forza Italia (altrimenti sarebbe un martire del moralismo togato), di non risiedere a villa San Martino (sennò la presunta vittima sarebbe la nipote di Mubarak) e per giunta di essere figlio di Beppe Grillo. La terza “indecente” è Chiara Appendino, una delle persone più oneste mai viste in politica, imputata a Torino per una disgrazia: il fuggifuggi di piazza San Carlo, causato da malviventi armati di spray urticante (1500 feriti e tre morti). Dunque “indecente” anche lei, secondo l’house organ dei pregiudicati.

Altro giornale, altre risate: sul Messaggero Antonio Tajani, vicepresidente di FI, invoca “il vincolo di mandato” contro chi “cambia casacca”. Come la Ravetto e gli altri due forzisti appena trasvolati nella Lega. Purtroppo Tajani non precisa a quando risalga la sua conversione al nobile proposito che, quando lo propugnava il M5S, era peggio di un golpe. Ma dev’essere una cosa recente, visto che il primo e il terzo governo B. si ressero su parlamentari eletti all’opposizione e acquisiti in saldo, mentre il Prodi-2 cadde perchè B. s’era comprato il dipietrista De Gregorio per 3 milioni e Mastella era ripassato al centrodestra. Quindi la nuova Costituzione della Repubblica Tajana dirà così: “Per chi vuole uscire da FI, vige il vincolo di mandato. Per chi vuole entrare resta il vincolo di comprato”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/langolo-del-buonumore/6012149/

Morra e la realtà parallela. - Tommaso Merlo

 

Mafiosi e criminali di ogni risma vengono invitati in televisione di continuo. Il presidente dell’antimafia grillino viene lasciato fuori dalla porta della televisione pubblica. I mafiosi vengono candidati e quando finiscono in galera ormai non fanno nemmeno più notizia. Al presidente dell’antimafia grillino basta una gaffe per venire massacrato come persona umanamente e politicamente indegna a reti unificate. La reazione del vecchio regime partitocratico contro Morra è stata davvero impressionante. Le sfortunate frasi sulla defunta governatrice calabrese potevano generare malintesi e andavano evitate. Il resto del discorso di Morra invece è vecchio come il mondo. I cittadini hanno il governo che si meritano. Non puoi votare per decenni le stesse classi dirigenti colluse e predatorie e poi lagnarti che non hai neanche uno ospedale decente in cui curarti. Ancora più grave se li voti per un pacco di pasta o per conformismo e menefreghismo. Ma vogliono la testa di Morra o meglio quella del governo ed ogni scusa è buona. Vedremo se la macchina del fango riuscirà ad avere la meglio. Ormai siamo oltre le fake news, siamo alla realtà parallela. Una deriva piccolissima per la democrazia e non certo solo nel nostro piccolo. Negli Stati Uniti le infermiere raccontano che molti pazienti muoiono arrabbiati e negando il virus fino all’ultimo respiro. Questo mentre alla Casa Bianca Trump nega arrabbiato la sua sconfitta fino all’ultimo giorno. Non fake news. Realtà parallela. Stesso andazzo nel nostro piccolo. Soprattutto dalle parti sovraniste. L’odio sociale cavalcato dal sovranismo li ha trascinati oltre la propaganda tradizionale. Fino a fargli sposare il complottismo strisciante. Non più manipolazione puntuale dei fatti per tornaconto politico, ma costruzione di una realtà parallela di convenienza. Emblematica la sceneggiata dell’avvocato di Trump Rudy Giuliani che ha farneticato di complotti assurdi e ridicoli mentre gli colava la tinta dei capelli sulla faccia. Il complottismo da bar è arrivato fino alla Casa Bianca passando per tutta la giungla sovranista occidentale. Realtà parallele che la rete sparge capillarmente portando milioni di persone a vivere in una bolla di menzogne. Milioni di repubblicani sono certi di brogli anche se non è emersa nessuna prova. Vivranno i prossimi anni convinti di essere stati truffati. Un danno enorme per la loro convivenza civile e per la loro democrazia. Stesso andazzo nel nostro piccolo. Coi media tradizionali impotenti perché a furia di giocherellare con le fake news han perso credibilità. Con le istituzioni impotenti perché il sovranista crede solo a quello che predica il suo sovrano. Nel nostro piccolo a Morra sono bastate delle frasi infelici ed evitabili per essere trattato peggio dei mafiosi. Questo quando il vecchio regime partitocratico con la malavita ci sguazza da sempre ed oggi pretende indignato la testa del presidente dell’antimafia grillino. Questo quando i cittadini votano la stessa malapolitica da decenni e poi piagnucolano quando non hanno neanche un ospedale decente in cui curarsi. Come se non si meritassero la politica che hanno sempre votato. Un concetto vecchio come il mondo. Ma imperversa l’odio sociale, ma imperversa il sovranismo complottista. Dal nostro piccolo bar fino alla Casa Bianca. Siamo oltre la propaganda tradizionale e le fake news. Siamo alla realtà parallela. Una deriva piccolissima per la democrazia.

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2020/11/21/morra-e-la-realta-parallela/?fbclid=IwAR2vCcxUbe_Isg8q0Bsj8Iz8Esb0-EkQOhjthBiIAKfFeyIwJFtc17NnuTc

Incapaci di intendere e volere. - Massimo Erbetti














È vero, qualcuno ha offeso i calabresi e li ha offesi in modo indegno, reputandoli incapaci di intendere e volere e non è stato sicuramente Morra a farlo, ma chi si è stracciato le vesti per le sue parole…è offendere qualcuno dire: "...Se però ai calabresi questo è piaciuto, è la democrazia, ognuno dev’essere responsabile delle proprie scelte…."
Sapete cosa è offensivo? Cosa è veramente vergognoso? Far passare il messaggio che i calabresi non sappiano cosa votano, chi votano e perché lo votano…oppure i calabresi sono obbligati a votare certi soggetti? Perché se lo fossero veramente, la cosa sarebbe ancor più grave, ma grave veramente…in Calabria non c'è democrazia? In Calabria le persone votano, anzi più correttamente "sono costrette a votare" qualcuno in particolare?
L'autodeterminazione dei popoli, vale per tutti, ma non per i calabresi? Ci sono dubbi sulla veridicità delle elezioni calabresi? Perché chi dice che Morra offende fa passare questo messaggio.
Ognuno è responsabile delle proprie scelte…o lo sono tutti tranne i calabresi? Se io fossi calabrese, mi sentirei offeso, umiliato e denigrato, da chi afferma il contrario, significherebbe che non sono in grado di scegliere i miei rappresentanti…
C'è poi chi per portare avanti la tesi dell'incapacita di intendere e volere dei calabresi è andato dalle parole ai fatti ed è il caso di RAI 3, che ha pensato bene di non mandare in onda, l'intervista a Morra, motivandola cosi:
"Lo abbiamo invitato tre giorni fa, poi le sue parole hanno stravolto lo scenario. Parole offensive nei confronti della memoria di Jole Santelli e nei confronti dei calabresi"... Anche in questo caso, qualcuno si erge a paladino dei calabresi perché loro non hanno la capacità di farlo?
Ma non finisce qui :
"La direzione della Rai ha deciso che il senatore Nicola Morra questa sera non doveva essere qui"....la direzione ha deciso? La direzione? A quale titolo? Per quale assurdo potere? E potere conferito da chi?...Si chiama "servizio pubblico", non dittatura pubblica.
E poi l'apoteosi: "Sono molto in imbarazzo" afferma la conduttrice "ma probabilmente questa è la scelta giusta"...scelta giusta per chi? Per cosa?... Scelta giusta per i calabresi che non sono in grado di decidere qualcosa da soli, che non sanno cosa e chi votano…e hanno bisogno di un tutore? Di qualcuno che indirizzi le loro scelte?...Si è proprio vero qualcuno ha vergognosamente offeso i calabresi…ed è stato chi li ha fatti passare per un popolo incapace di intendere e volere.

https://www.facebook.com/photo?fbid=10218769720019738&set=a.2888902147289

Tutti contro la Rai che caccia Morra (già in sala trucco). - Gianluca Roselli

 

Antimafia - Il presidente oscurato.

Alla fine la bomba deflagra tra i piedi di mamma Rai. E in particolare dell’ad Fabrizio Salini, che venerdì sera, insieme al direttore di rete Franco Di Mare, ha deciso di bloccare la partecipazione di Nicola Morra alla trasmissione Titolo V su Rai3. Morra era già arrivato nella sede Rai di Napoli, dove sarebbe dovuto essere ospite della puntata insieme a Jasmine Cristallo, Sergio Rizzo e il direttore del Mattino Federico Monga.

Era già in sala trucco quando è arrivato lo stop da Viale Mazzini. E a quel punto ha dovuto girare i tacchi e andarsene. “Ero già arrivato presso gli studi Rai di Napoli quando ho appreso dalla vicedirettrice di Rai3 che, per decisione della direzione di rete, veniva annullata la mia partecipazione al programma. Questo dovevo dirvi e questo vi dico. Credo non si debba aggiungere altro”, ha scritto Morra in un post di Facebook delle 21.20 di venerdì.

Ma cosa è successo nelle ore precedenti? Come mai si è arrivati a sbarrare le porte di un programma della tv pubblica al presidente della Commissione antimafia? Occorre fare un passo indietro. Per tutto venerdì era montata la polemica per le parole di Morra su Jole Santelli. “Era noto a tutti che fosse gravemente malata ma i calabresi l’hanno votata lo stesso. Ognuno è responsabile delle proprie scelte”, aveva detto il senatore giovedì ai microfoni di Radio Capital, in un ragionamento un po’ fumoso. Parole che avevano provocato attacchi da ogni dove, compresa la presa di distanza da parte del M5S. Dal centrodestra, invece, si evocavano a gran voce le sue dimissioni. E critiche arrivavano anche dal Pd.

Dunque venerdì Morra era atteso a Titolo V. L’invito era arrivato martedì per una puntata in cui si doveva tornare a parlare della Calabria, dopo lo scoop della trasmissione sul mai redatto piano Covid del commissario alla Sanità Saverio Cotticelli, poi costretto a dimettersi. Nel tardo pomeriggio, mentre impazzano le polemiche sul caso Morra-Santelli, qualcuno in azienda si accorge che in serata Morra è atteso in Rai e scatta l’allarme rosso. Franco Di Mare inizia a chiedersi se sia il caso di confermare l’ospitata e, alle 8 di sera, si confronta con Salini. Che ne parla con il suo staff. Secondo alcune fonti parlamentari, poi, Salini e Di Mare alzano il telefono e parlano con alcuni big pentastellati. Fatto sta che, a 20 minuti dalla messa in onda, Salini e Di Mare decidono di cancellare la partecipazione di Morra. L’obbiettivo dei piani alti di Viale Mazzini è di evitare ulteriori possibili gaffe da parte del senatore.

Tesi confermata, del resto, anche dalla lunga nota di ieri dell’azienda, secondo cui “la decisione è stata presa poiché da ore era in corso un dibattito particolarmente acceso su un argomento molto delicato (…) pur nella consapevolezza di prendere una decisione comunque controversa, la Rai ha preferito adottare una linea di massima prudenza per evitare di alimentare altre polemiche”. Rammaricandosi poi con Morra per le modalità in cui gli è stato comunicato lo stop, gli si dice che egli “avrà altre opportunità, nelle reti Rai ed eventualmente anche a Titolo V, per esprimere i suoi punti di vista”.

Ieri, poi, se da una parte sono continuati gli attacchi a Morra con Lega e Fdi pronti a disertare i lavori dell’antimafia se il presidente non si dimette (e con Matteo Salvini che annuncia querela contro il senatore), gli attacchi si sono spostati verso la tv pubblica. Anche da parte dei 5 Stelle. “Inaccettabile la censura della Rai a Morra”, afferma Paola Taverna. “Qualcuno si dovrebbe dimettere e non è Morra”, sostiene Alessandra Maiorino. Altri, come Alessandro Di Battista, fanno muro intorno al senatore. “Hanno intervistato il figlio di Totò Riina e censurano me”, rincara la dose lo stesso Morra. E per Salini, dopo l’avviso di sfratto che gli è quasi giunto dal Pd tramite Roberto Gualtieri, arriva un’altra tegola che complica i suoi rapporti pure con una parte dei 5 Stelle.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/tutti-contro-la-rai-che-caccia-morra-gia-in-sala-trucco/6012164/