giovedì 2 settembre 2021

“Non solo stalking: addio arresti anche per spaccio e frodi”. - Marco Pasciuti

 

Fabio Roia. Il giudice sui referendum.

“Non riesco a capire come un problema così macroscopico possa essere sfuggito”. Fabio Roia è presidente vicario del Tribunale di Milano, dove è a capo della sezione Misure di prevenzione. Il problema è che Il quinto quesito del referendum sulla giustizia proposto da Lega e Radicali prevede di abolire le misure cautelari, nonostante il pericolo di reiterazione del reato, nei confronti di persone sospettate di aver compiuto reati che non prevedono la violenza fisica con l’uso di armi o simili. Telefono Rosa e il ministro Mara Carfagna, che è stata promotrice e sua prima firmataria nel 2009, dicono che depotenzia la legge sullo stalking.

“Premetto: – dice Roia, esperto di reati di genere e Consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio – se c’è una volontà referendaria che va in questo senso, i magistrati la rispetteranno. Ma credo sia doveroso avvertire delle conseguenze”.

I promotori dicono di voler limitare gli abusi nell’applicazione della custodia cautelare.

Se il quesito dovesse passare, la si potrebbe disporre qualora vi sia un pericolo di violenza alla persona messa in atto o con armi o con mezzi violenti. Quindi c’è un richiamo solo alla violenza fisica. Ma lo stalking non è basato su quest’ultima. Tanto per restare ai reati di genere, resterebbero fuori tutte le attività, forse la maggior parte, che riguardano la violenza psicologica o morale, tipo le minacce o le molestie che sono una delle caratteristiche fondanti del reato, nonché dei maltrattamenti di familiari e conviventi, nonché le violenze sessuali commesse approfittando dell’incoscienza della persona.

Quando si dà alcol o droga a una ragazzae si abusa di lei.

È un reato in cui se non ci sono le altre due condizioni – il pericolo di fuga o quello di inquinamento delle prove – le misure restrittive non possono essere più applicate. L’onorevole Carfagna ha fatto bene a puntare l’attenzione sullo stalking, ma non è il solo caso. Le parlo di quello che vediamo tutti i giorni nelle aule di giustizia. Il quesito toglie una delle condizioni più frequenti per l’applicazione di misure limitative della libertà, che non sono solo la custodia in carcere ma anche gli arresti domiciliari. Ma questo ciò per tutta una serie di reati che non comprendono un’aggressione fisica o l’uso di mezzi violenti, ma che sono comunque gravi.

Qualche esempio.

Nel caso dello spacciatore, piccolo o grande, non c’è un rischio di inquinamento probatorio o di fuga. Ciò che mi porta ad applicare una misura – i domiciliari per il primo e il carcere per il secondo – è proprio la reiterazione del reato. Che già oggi la legge mi impone di motivare. Una legge che verrebbe spazzata via dal referendum.

È un tipo di reato con cui la gente è a contatto perché magari cel’ha sul marciapiede sotto casa.

Certo, la custodia serve proprio a impedire che si continui a spacciare e lo spaccio non si realizza attraverso atti violenti contro la persona. Un altro esempio è il furto in abitazione. Se passasse il referendum non potrebbe essere applicata nessuna misura cautelare perché non c’è un pericolo di reiterazione del reato basato sulla violenza, in quanto 9 volte su 10 il furto avviene in assenza dei proprietari. E in questo caso non sussistono i pericoli di fuga né di inquinamento delle prove. E poi arriviamo ai reati di frode fiscale o alle gravi bancarotte fraudolente.

Anche quelli?

Se non c’è un rischio di inquinamento o di fuga, ma solo di reiterazione– abbiamo a che fare con soggetti che hanno sviluppato una professionalità nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti o la costruzione di frodi a carosello – io non posso più dare alcun tipo di misura cautelare.

Sembra di capire che la modifica ricadrebbe sulla sicurezza dei cittadini.

L’effetto del quesito sarebbe devastante per la sicurezza pubblica perché finirebbe per depotenziare moltissimo gli strumenti di controllo. E non vorrei che tutto ciò finisse per essere scaricato sui magistrati.

In che senso?

Le misure cautelari vengono sempre date con estrema prudenza. Nel caso dell’omicidio di Vanessa (26 anni, uccisa ad Aci Trezza la notte del 23 agosto, ndr) una delle accuse che vengono mosse al giudice è di non aver dato all’assassino alcuna misura gravosa. Ecco, noi già oggi nel caso di un piccolo spacciatore non possiamo applicare alcuna misura efficace sul piano del contenimento perché magari costui non ha una casa e, invece del carcere, dobbiamo dargli l’obbligo di firma. Se passasse il quesito non potrei fare neanche più questo. E ciò sarebbe frustrante per le forze di polizia, che arrestano una persona, la portano di fronte al giudice e quello la scarcera. Non voglio fare una difesa della categoria, ma è bene che ognuno si assuma le sue responsabilità. Anche perché dell’aspettativa di sicurezza uno dei promotori di questo referendum ha fatto una battaglia politica.

A proposito, Giulia Bongiorno, che firmò la legge del 2009, ora difende il quesito che la depotenzia. Dice che per applicare le misure basterà che il giudice ravvisi nello stalker una “personalità proclive alla violenza”.

Come al solito ci viene chiesto di fare una forzatura interpretativa. Dovrei dire che chi molesta o fa appostamenti a una ragazza è incline alla violenza fisica. Dovrei, cioè, fare un’interpretazione fantasiosa. La strada indicata dall’onorevole Bongiorno, che pure io stimo per le battaglie fatte in favore delle donne, non mi sembra molto corretta. La custodia cautelare è un’extrema ratio, ma dove ci sono le condizioni deve essere applicata. Altrimenti poi altrimenti piangiamo un sacco di donne ammazzate.

ILFQ