domenica 27 novembre 2011

«Vi racconto perché Bossi è prigioniero di Berlusconi». - di Marco Sarti



Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi». E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui - continua la giornalista - ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale». Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania. Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia». Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega: «Nella vita di tutti i giorni non era mica quello di Pontida. Lì recitava un ruolo: urlava e le sparava grosse perché la gente lo voleva così. Ma lui era tutt’altro. Una persona furba e capace. Con una enorme lungimiranza. Figurarsi che già sei anni fa odiava Gianfranco Fini. A Berlusconi lo diceva sempre: “Vedrai che questo qui prima o poi ti tradirà”». Un politico di razza, insomma. Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui». La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità - rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti - probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto». In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca. «Sarà - continua la Sapori - ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi». Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell'istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite. Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. «A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca - continua la Sapori - chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo. Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”. Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana. Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera». Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita. Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani - spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio». Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito. «Glielo suggerì Aldo Brancher - ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio». E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo - taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”». Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire. Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone. «So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate.

Berlusconi: con Lega siamo uniti Calderoli: l'alleanza non c'è più.



Verona - (Adnkronos/Ign) - Il leghista all'Adnkronos replica alle parole dell'ex premier: "Ora c'è alleanza solo locale, per future intese dipenderà da come si comporta il Pdl in aula". Il Cavaliere al convegno dei Popolari liberali: "Pronti per le elezioni ma io resterò dietro le quinte". Acclamato dal pubblico, aggiunge: "Raddoppierò l'impegno, stiamo già lavorando per diffonderci capillarmente in tutta Italia".


Verona, 27 nov. (Adnkronos/Ign) - "Non so se la campagna elettorale sarà lunga, però dobbiamo essere pronti. E io lavorerò dietro le quinte". Lo ha detto l'ex premier Silvio Berlusconi al termine del suo intervento che ha concluso il quinto convegno nazionale di Liberali Democratici di Carlo Giovarnardi a Verona.
Un intervento breve che ha riscosso calorosi applausi dalla platea. Come tanti sono stati gli applausi che lo hanno accolto al suo ingresso all'hotel Leon d'Oro, accompagnato dal segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano: una volta in sala, oltre agli applausi, si è sollevato un coro: 'Silvio, Silvio, Silvio'.
Poi ha esordito: "Dobbiamo continuare a combattere per la libertà". L'ex premier ha quindi sottolineato le ragioni dell'impegno che lo vede in politica dal 1994: "Non volevamo che il Paese cadesse nelle mani di coloro che nel profondo erano e sono rimasti comunisti".
"Il comunismo -ha detto, fra l'altro, Berlusconi- è stato la tragedia più disumana nella storia dell'uomo e per questo noi siamo e resteremo in campo. Vogliamo vivere in un Paese democratico e libero e lo faremo con tutte le nostre forze sulla base dei valori che sono gli stessi della Carta del Ppe".
Berlusconi nel suo intervento ha anche ringraziato Angelino Alfano: "Sono davvero felice ogni volta che ti ascolto, ogni giorno, perché per me è una certezza: per la vittoria che dobbiamo conseguire siamo in ottime mani".
E alla folta platea Berlusconi ha assicurato: "Voglio garantirvi il mio impegno: raddoppierò l'impegno per l'organizzazione della nostra forza politica. Stiamo già lavorando per diffonderci capillarmente in tutta Italia, per stabilire anche grazie alla rete un contatto quotidiano con gli italiani, per scrivere il programma che è frutto del lavoro di questi ultimi dieci anni".
E il Cavaliere è quindi tornato a sottolineare che "i nostri valori sono i valori che fanno il bene dell'Italia, mentre dall'altra parte non c'è stata una evoluzione democratica che faccia del Pd di oggi un partito veramente democratico. Sono gli stessi di quando Bersani era il presidente della Regione Emilia Romagna e ribadiva i valori dell'Unione sovietica". Per questo, ha proseguito Berlusconi, "noi abbiamo il dovere di continuare a combattere per la nostra libertà che è il primo dei nostri diritti e dentro il diritto di libertà ci sono tutti gli altri".
Quanto all'alleanza con la Lega, Berlusconi ha assicurato che "è solida e non può assolutamente essere resa più debole con questi ultimi accadimenti e con il governo dei tecnici: i motivi dello stare insieme sono importanti e direi decisivi per il futuro del paese". E ha aggiunto: "Saremo certamente alleati anche alle prossime amministrative".
Poco dopo arriva, però, la replica del leghista Roberto Calderoli che con l'Adnkronos ha commentato: "Davvero ha parlato di alleanza? L'alleanza a livello nazionale non può essere solida perché non esiste più".
Raggiunto al telefono, il coordinatore delle segreterie della Lega ha spiegato che "l'alleanza esiste al livello del territorio, dove siamo al governo insieme". Per l'ex ministro della Semplificazione, dunque, l'avvenire è tutto da scrivere.
"Rispetto invece a un discorso di tipo nazionale o a future intese -ha fatto osservare - tutto dipenderà dal comportamento in aula del Popolo della libertà. E se in tale sede le distanze tra noi dovessero risultare confermate, è impossibile pensare a qualcosa in comune".



http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Berlusconi-con-Lega-siamo-uniti-Calderoli-lalleanza-non-ce-piu_312689336706.html

ECCO COME 10 ANNI DI GOVERNO BERLUSCONI HANNO DISTRUTTO L'ITALIA: TUTTI I DATI,GRAFICI E TABELLE.



10 anni di governo Berlusconi, dovevano essere gli anni della "Rivoluzione liberale", del "Meno tasse per tutti" e del "Nuovo miracolo italiano". Sono stati 10 anni di fallimenti, sotto ogni punto di vista. Sfiga, ignoranza, incapacità, o tutte e tre le cose messe assieme, sta di fatto che il baratro si spalancava sempre con il Cavaliere al potere. E i grafici qui sotto riportati lo dimostrano.










Altri grafici nel link più sotto riportato

http://www.free-italy.info/2011/11/ecco-come-10-anni-di-governo-berlusconi.html

“Piano dell’Fmi per salvare l’Italia” Ma a rischio è la sopravvivenza dell’euro.



Il Fondo monetario internazionale sarebbe pronto a prestare 400-600 miliardi al nostro paese a tassi inferiori a quelli di mercato. Così Monti avrebbe "12-18 mesi" per varare le riforme. Ma un altro progetto segreto di Francia e Germania punterebbe a creare un'eurozona "di serie A" riservata ai paesi più solidi, nel tentativo di salvare la moneta unica.


Il direttore dell'Fmi Christine Lagarde
Un piano segreto dell’Fondo monetario internazionale per salvare l’Italia, con uno stanziamento di circa 600 miliardi di euro da prestare al nostro paese a un tasso inferiore a quello che lo Stato è ormai costretto a pagare per Bot e Cct, in tempi di spread e tassi d’interesse impazziti che mettono a rischio la sopravvivenza stessa dell’euro, una prospettiva già all’esame delle grandi banche internazionali, come ha scritto il New York Times. Lo svela La Stampa di oggi, in un articolo di Maurizio Molinari. Secondo La Stampa, l’Fmi non ha ancora cominciato le ispezioni in Italia, annunciate al G20 di Cannes, perché il direttore Christine Lagarde “vuole dare tempo a sufficienza a Mario Monti per varare le riforme, riservandosi la possibilità di aiutarlo con un programma di aiuti finanziari che potrebbe arrivare a valere fino a 600 miliardi di euro”. Italia come Islanda, Portogallo e Grecia, paesi che hanno già beneficiato dell’intervento economico dell’organizzazione.

L’Fmi offrirebbe all’Italia denaro a condizioni migliori rispetto ai tassi del 7-8 per cento registrati negli ultimi giorni nel mercato dei titoli di Stato, in modo che Monti, sollevato dalla pressione quotidiana sul debito, abbia “12-18 mesi di tempo per varare le necessarie riforme”. L’Fmi presterebbe all’Italia una cifra compresa tra i 400 e i 600 miliardi di euro a un tasso “fra il 4 e 5 per cento”, scrive ancora La Stampa. Gli aiuti dell’Fmi furono respinti da Silvio Berlusconi al vertice di Cannes, poco prima delle sue dimissioni da premier, ma da allora la situazione è peggiorata. Ora la Germania, con un premier più credibile in Italia e la garanzia del Fondo monetario alle spalle, sarebbe più disponibile a un maggiore impegno della Banca centrale europea in soccorso dell’Italia.

Ma neppure con l’aiuti dell’Fmi Mario Monti è in condizioni di prendersela (relativamente) comoda. Perché a rischio non c’è soltanto l’Italia, ma l’esistenza stessa della moneta unica. L’8 dicembre è in programma una riunione del Consiglio europeo in vista del quale, secondo indiscrezioni del giornale tedesco Bild, Francia e Germania avrebbero messo a punto un piano segreto per formalizzare un’eurozona ristretta ai paesi più solidi, che si reggerebbe su vincoli di bilancio più stretti di quelli attuali. Per quella data, i partner europei pretendono di vedere già qualche provvedimento concreto del governo italiano, messo nero su bianco. In caso contrario l’Italia scenderebbe nella “fascia b”, perdendo contatto con l’asse franco-tedesco. Una prospettiva che Monti vuole assolutamente evitare.

Fare in fretta è ormai la parola d’ordine. Condivisa da Giuliano Amato, che su Il Sole 24 Oreracconta di “studi legali che già predispongono la conversione in valute nazionali dei contratti in euro”. Questo per dire che sono ormai in tanti a prendere in considerazione la prossima “disintegrazione” della valuta europea. E, scrive Amato citando l’Economist, “per molti la domanda non è più se accadrà, ma come accadrà. Se per il fallimento di una banca o invece per il fiasco di un’asta di titoli pubblici”. Quale che sia l’occasione, osserva l’ex presidente del consiglio, “è destinata a scaturire dal progressivo esaurimento della liquidità sui mercati europei”.

La responsabiltà del precipitare della situazione, però, è anche di Angela Merkel, scrive Guido Rossi sempre su Il Sole 24 Ore. Che “al vertice europeo di Strasburgo ha bloccato qualunque soluzione ipotizzata per risolvere la crisi, impedendo ulteriori interventi mirati della Bce sui titoli degli Stati membri e negando ogni possibile emissione di eurobond”. Un comportamento che rischia di “tradire” l’Europa così fortemente voluta dal suo predecessore Helmut Kohl.