sabato 6 dicembre 2025

Cosa vuole fare l'Europa degli asset russi. - Luciana Grosso

 

L'idea di utilizzarli per finanziare lo sforzo bellico ucraino non mette d'accordo tutti, col Belgio in particolare a fare resistenze. Si temono, infatti, le possibili ritorsioni da parte di Mosca.

L’ultima puntata della saga dell’impotenza europea nei confronti della Russia e della sua violenza ha la forma degli asset russi. Si tratta di beni di vario tipo che le istituzioni europee e britanniche (oltre che, in minor parte, statunitensi) hanno congelato nell’ambito della campagna di sanzioni avviata nel 2022 dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Quei beni sono stati sequestrati, non confiscati. Il che significa che restano di proprietà russa, solo che i russi non ne possono godere. Allo stesso modo, sono in custodia europea (o di chi li abbia sequestrati) ma comunque gli europei non ne possono godere. Sono lì, fermi. In attesa che l’evoluzione della guerra ne consenta lo sblocco. 

Secondo le stime, il loro valore complessivo è di poco meno di 250 miliardi di euro, una cifra che se confermata equivarrebbe a poco meno dell’intera riserva monetaria della Russia. Ma anche una cifra che potrebbe servire molto all’Ue impegnata, ormai praticamente da sola, dopo il progressivo ritiro degli USA, a sostenere la spesa militare ucraina.

Il nodo del se e del come.

Per questo, da mesi, l’idea di usare gli enormi fondi russi fermi nei forzieri europei ha preso a farsi strada a Bruxelles. Prima usandone, cosa perfettamente legale, gli interessi generati. Poi, più di recente, con la volontà di attingere direttamente da quei fondi espressa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell'Unione: “Dobbiamo trovare urgentemente una nuova soluzione per finanziare lo sforzo bellico dell'Ucraina usando i beni russi bloccati. Grazie alle disponibilità liquide associate a tali beni, potremo fornire all'Ucraina un prestito di risarcimento (Reparations Loan). [...]. L'Ucraina rimborserà il prestito solo una volta che la Russia avrà pagato i risarcimenti. I fondi aiuteranno l'Ucraina nell'immediato,ma saranno cruciali anche per la sua sicurezza a medio e lungo termine. Ad esempio finanzieranno il rafforzamento delle forze armate come prima linea di garanzie di sicurezza”.

Le minacce della Russia.

Il problema però è che l’uso di questi fondi, che sono stati sequestrati e non confiscati, pone una serie di problemi di legittimità dal punto di vista del diritto internazionale. Non è impossibile, ma è difficile. E soprattutto rischioso. 

A questo quadro, gia complesso circa la legittimità di usare o meno i fondi russi per pagare le armi da spedire in Ucraina si unisce infatti un altro tassello: le minacce, tutt’altro che velate di Mosca nel caso in cui una decisione del genere venisse presa. Un articolo di New York Times riporta che il 15 settembre, commentando l’ipotesi che l’Ue potesse usare i fondi russi, Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio per la sicurezza nazionale russo, ha dichiarato che la Russia “avrebbe perseguito gli Stati dell'UE e i "degenerati europei di Bruxelles" che hanno tentato di confiscare le proprietà russe "fino alla fine dei tempi" e "con ogni mezzo possibile, anche in via extragiudiziale”.

Ma al di là dele parole minacciose di Medvedev, un personaggio sul cui reale ruolo e peso a Mosca ci sono molti dubbi, lo stesso articolo del New York Times riferisce anche che ci potrebbero essere vari modi con cui la Russia potrebbe rifarsi. “Gli esperti - scrive il giornale - affermano che il Cremlino potrebbe, in risposta, sequestrare i beni europei in Russia. Ciò potrebbe includere i cosiddetti conti di tipo C, in cui Mosca ha sequestrato i guadagni russi di entità e individui stranieri dopo che l'Occidente ha congelato i suoi beni sovrani. Gli stranieri possono prelevare beni dai conti di tipo C solo con l'approvazione del governo russo. Mosca potrebbe anche sequestrare beni e azioni di società straniere in Russia e venderli. Dall'inizio della guerra, Mosca ha rilevato le attività di diverse società europee in Russia, tra cui quelle del produttore di birra danese Carlsberg. Alexander Kolyandr, ricercatore senior non residente presso il Center for European Policy Analysis, afferma che Mosca potrebbe seguire la strategia europea ed emettere un prestito a valere sulle attività presenti nei conti di tipo C per finanziare il suo bilancio statale in difficoltà”.

Uno stallo alla messicana.

Insomma una situazione non semplice, una specie di stallo alla messicana. 

Uno stallo che si potrebbe rompere se, almeno, da parte europea ci fosse unità di intenti e decisione sulla linea da seguire. Non è questo il caso. E non per colpa dei ‘soliti’ recalcitranti e filo russi leader di Ungheria e Slovacchia, ma anche per l’esitazione di un Paese come il Belgio, il cui premier, Bart De Wever, nel Consiglio di ieri, ha fermato tutto e fatto rinviare la decisione a dicembre. Il problema sollevato da De Wever non è di poco conto. Perché la stragrande maggioranza dei fondi russi sequestrati si trova nei forzieri della società belga Euroclear, cosa che potrebbe mettere il Belgio nel mirino di Mosca e di eventuali richieste di risarcimento. Secondo Politico, De Wever avrebbe chiesto: "Se la Russia può effettivamente reclamare il denaro per qualsiasi motivo... il denaro deve essere disponibile immediatamente. Chi fornirà questa garanzia? 'Siete voi? Sono gli Stati membri?”. A questa domanda, nota il quotidiano, “non è stata data risposta con uno tsunami di entusiasmo attorno al tavolo”. Così il Consiglio si è chiuso con un generico auspicio a che la Commissione trovi, entro il prossimo dicembre un modo per aiutare l’Ucraina senza esporsi a rischi di natura legale e senza esporre il Belgio a ritorsioni. Un modo che, un po’ come la difesa europea, è ancora tutto da scrivere. 

https://tg24.sky.it/mondo/2025/10/24/asset-russi-ue

Cosa prevede la proposta della Commissione sui beni russi? - Luciana Grosso

 

L'Unione ha urgenza di trovare i fondi per continuare a finanziare la difesa ucraina, e per farlo vuole utilizzare i beni congelati a Mosca dopo l'invasione. Ma la proposta presenta una serie di criticità che devono essere superate. Ecco come potrebbe accadere.

L’Ue si trova da alcuni mesi di fronte a un dilemma: come finanziare la difesa ucraina senza che questo leda la sua stessa liquidità. Il problema non è da poco, perché l’Unione, di fatto, dispone di risorse molto limitate: circa 2 mila miliardi di euro ogni sette anni, pari alla somma dell’1% del reddito nazionale lordo dei Paesi che la compongono, con i quali l’Ue deve fare fronte a tutte le sue spese. Spese che per la stragrande maggioranza non riguardano né la guerra né il sostegno a Paesi terzi, ma sono dedicati per lo più a coesione, sviluppo e agricoltura.

Così, da mesi, e soprattutto da quando la presidenza Trump ha deciso di smettere di fornire armi all’Ucraina, per iniziare a venderle all’Ue affinché sia quest’ultima poi la girarle all’Ucraina, le istituzioni europee si stanno interrogando su dove e come trovare i soldi per finanziare la difesa di Kiev. Il tutto è accompagnato dall’urgenza del fatto che, dati alla mano, al più tardi in primavera le casse ucraine non avranno più abbastanza fondi per fare fronte alle normali spese di gestione, come stipendi pubblici, apparecchiature sanitari e manutenzione.

I beni russi congelati in Europa ammontano a circa 200 miliardi.

La soluzione potrebbe arrivare dall’uso di circa 200 miliardi di beni russi congelati in Europa al momento dell’invasione che l’Ue, con un sardonico contrappasso, potrebbe usare per finanziare la difesa di Kiev. L’uso di questi asset però è reso problematico dal fatto che, in teoria, il loro congelamento equivale a una requisizione solo temporanea e che vale fin tanto che valgono le sanzioni nei confronti di Mosca. A guerra finita e sanzioni tolte, i beni russi che l’Ue ha congelato, in via teorica, dovrebbero essere restituiti tal quali ai loro proprietari. Una cosa che, evidentemente, non potrebbe succedere se, nel frattempo, fossero stati usati e consumati. 

Così, da mesi, l’Ue è ferma a un bivio: da un lato c’è l’uso di beni russi dei quali non è certa di poter disporre, dall’altro la necessità urgente di usarli. 

Sulla questione, come era prevedibile, ci sono molte discussioni, e se la Commissione insiste affinché l’uso di questi beni venga sbloccato, il Consiglio, che dovrebbe autorizzarne l’uso, appare più diviso del solito. Questo perché a essere contrari a finanziare in questo modo la difesa dalla Russia non sono solo i ‘soliti sospetti’ Ungheria e Slovacchia, ma anche il Belgio, Paese nel quale è fisicamente custodita la stragrande maggioranza (140 miliardi) di questi beni e che, non senza motivo, teme che un domani la Russia possa rifarsi sulle casse belghe di eventuali ammanchi. Per questo, da mesi, il Paese dice di non essere contrario in toto all’operazione, purché la responsabilità e il complessivo rischio finanziario siano condivisi da tutta l’Unione.

passo indietro della Bce.

Una prima soluzione al tema era parsa quella di una garanzia della Bce, ipotesi che però è sfumata pochi giorni fa, quando la Banca comunitaria ha detto che questo tipo di garanzia violerebbe il suo mandato. 

Così, si è cercata un’altra strada. Quest’altra strada, nello specifico, è stata presentata ieri dalla Commissione. “In base alla proposta - scrive Politico- l'Ue presterà 165 miliardi di euro all'Ucraina. Il prestito include 25 miliardi di euro di beni statali russi immobilizzati, detenuti in conti bancari privati ​​in Francia, Germania, Belgio, Svezia e Cipro, oltre a 140 miliardi di euro detenuti presso la banca Euroclear con sede a Bruxelles”. Si trattarebbe appunto di un prestito che l’Ucraina dovrebbe restituire solo quando la Russia dovesse porre fine alla guerra e pagare i danni di riparazione, un’ipotesi che ad oggi suona se non impossibile, piuttosto improbabile.

Certo rimane il problema delle garanzie condivise che il Belgio chiede a gran voce. La soluzione, in questo senso potrebbe arrivare dal fatto che, secondo Politico, “i governi dell'Ue forniranno garanzie finanziarie bilaterali fino a 105 miliardi di euro fino al 2028 per garantire che il Belgio non sia l'unico a gestire i rischi associati all'iniziativa”. Il principio di base è che le capitali dell'Ue versino collettivamente l'intero importo del prestito qualora il Cremlino riesca a recuperare i suoi fondi, cosa che la Commissione ritiene improbabile. Per rassicurare ulteriormente il Belgio, inoltre, la Commissione istituirà un "meccanismo di liquidità" che consentirà di erogare prestiti ai governi per garantire che le garanzie possano essere erogate in qualsiasi momento.

I nodi ancora da sciogliere.

Soluzione trovata? Non del tutto, perché rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere.

Per esempio non sappiamo se queste garanzie saranno considerate sufficienti dal Belgio. Se così non fosse, l’Ue potrebbe ricorrere all’extrema ratio di sottoscrivere un nuovo debito comune, ipotesi piuttosto remota, dal momento che per questo sarebbe richiesta l’unanimità del Consiglio e non solo la maggioranza qualificata necessaria per avere accesso agli asset russi.

Poi, sempre nella colonna dei nodi da sciogliere, c’è il fatto che gli asset sono congelati fin tanto che sono in vigore le sanzioni. Ma le sanzioni non sono in vigore a tempo indeterminato fino alla fine della guerra. Al contrario devono essere rinnovate dall’unanimità ogni sei mesi. In questo quadro è del tutto evidente che sarebbe sufficiente un solo voto contrario al rinnovo per mettere a repentaglio l’intero sistema. Per questo l’esecutivo comunitario sta valutando una manovra possibile ma ardita, ossia l’attivazione di una clausola dell'articolo 122 del trattato Ue,  che consente ai governi di decidere "in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure appropriate alla situazione economica". In altre parole, il rinnovo delle sanzioni potrebbe avvenire a maggioranza qualificata e non all’unanimità. Secondo Politico, “la Commissione intende interpretare questa affermazione nel senso che, alla luce dell'enorme posta in gioco finanziaria in questo caso, una maggioranza qualificata di nazioni sarà sufficiente per approvare il rinnovo delle sanzioni, privando l'Ungheria - o altri - di un potenziale diritto di veto. I giuristi dell'Ue concordano sul fatto che la fluidità del testo dell'articolo 122 giustifichi una revisione dell'unanimità, poiché un'inversione delle sanzioni avrebbe ripercussioni devastanti sull'economia europea”.

https://tg24.sky.it/mondo/2025/12/04/asset-russi-commissione-ue-proposta?intcmp=nl_editorial_insider_null.