sabato 11 giugno 2011

"Ancora festini, Silvio è malato" le telefonate Briatore-Santanché.


Nuovo capitolo delle vicende che riguardano Silvio Berlusconi e lo scandalo Ruby: l'affarista - intercettato nell'ambito di un'inchiesta per evasione fiscale - parla con il sottosegretario delle feste del premier: "Sta male come dice Veronica". Nelle trascrizioni si parla anche di Geronzi e Lei.


MILANO - "Lele Mora mi ha detto: tutto continua come nulla fosse". A parlare è Flavio Briatore e il 'tutto' che continua sono i festini di Silvio Berlusconi: "Non più lì ad Arcore - continua l'ex manager di Formula Uno - ma nell'altra villa. Tutto come prima". Sono le trascrizioni delle intercettazioni - disposte dalla procura di Genova nell'ambito di una inchiesta per evasione fiscale - di conversazioni tra Flavio Briatore e il sottosegretario Daniela Santanché che sono state inviate alla procura di Milano, dove sono in corso i procedimenti per il caso Ruby. Briatore e la Santanché sono stati soci nel Billionaire.

Le telefonate risalgono allo scorso aprile, quindi mesi dopo lo scoppio dello scandalo e l'apertura dell'inchiesta della procura di Milano nei confronti del premier, Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti.

Briatore racconta alla Santanché che Lele Mora è andato a trovarlo e gli ha raccontato che "tutto va avanti: stesso gruppo, qualche new entry, ma la base del film è uguale". In un'altra telefonata, sempre Briatore commenta con il sottosegretario una nuova festa del premier: "Ha ragione Veronica, è malato. Persino Lele Mora è in imbarazzo!". Dall'altra parte della linea la Santanché è lapidaria: "Ma allora qua crolla tutto".

Nelle intercettazioni, Briatore e Santanché parlano anche di economia e politica: Mediobanca, le
le dimissioni di Geronzi da Generali, le posizioni di Tremonti la nomina di Lorenza Lei come direttore generale della Rai ("Una mia carissima amica", dice il sottosegretario).

Su Repubblica in edicola, tutte le intercettazioni tra Flavio Briatore e Daniela Santanché..



Il premier pentito "Che errore dire che non voterò". - di AMEDEO LA MATTINA


Il timore: se va male, sarò considerato sconfitto come Craxi.

«Ho sbagliato. Mi è sfuggito, ma non riusciranno a darmi la spallata». Berlusconi si è pentito di avere detto che non andrà a votare per i referendum. Gli era stato consigliato di non pronunciarsi, di non attirare l’attenzione. Dopo la batosta delle amministrative gli «strateghi» del Pdl hanno capito che le parole del Cavaliere mobilitano, eccome se mobilitano di questi tempi, nel senso che tutti quelli che sentono l’odore del sangue (quello del premier) o che più semplicemente vogliono voltare pagina politica si precipitano a votare.

«Morditi la lingua», gli avevano detto in coro stereofonico Letta, Alfano, Verdini, Cicchitto. Invece il premier spontaneo non ce l’ha fatta. Ha inanellato involontariamente una serie di spot pro-referendum. Qualche giorno fa aveva detto che queste consultazioni sono «inutili e dannose». E a qualcuno dalla memoria robusta era venuto in mente quando Craxi disse, nel 1991, che quello sulla preferenza unica voluto da Mario Segni era «il più inutile fra i referendum». Memorabile il consiglio del leader socialista ai cittadini di andare al mare: venne giù il diluvio politico, si recarono a votare 27 milioni di elettori, pari al 62 per cento. Adesso i promotori del referendum del 12-13 giugno non sperano tanto, anche se sono convinti di essere vicinissimi alla fatidica soglia del 50 per cento più uno, sfatando la maledizione che dal ‘95 vede fallire tutte le consultazioni referendarie.

Cosa accadrà è ancora tutto da vedere, ma anche Berlusconi ha dei sondaggi con percentuali vicine al quorum. Però fa sapere di essere «tranquillo»: «Se questa sciagura del quorum dovesse accadere andremo avanti». Ma potrà farlo come se nulla fosse? Non ha gradito le recenti esternazioni del Capo dello Stato sul dovere di andare a votare che spingono gli italiani verso le urne. Come se non bastasse, anche le parole del Papa Benedetto XVI sul rispetto dell’ambiente e i pericoli del nucleare hanno lo stesso effetto spingi-quorum nell’elettorato cattolico. L’onda antiberlusconiana potrebbe diventare alta e il rischio di un «effetto Craxi» ha messo in serio allarme la war room del premier. Per questo lo stesso Cavaliere ha riconosciuto di avere sbagliato, di essersi fatto scappare quel «non vado a votare, è un diritto dei cittadini non recarsi alle urne». Come del resto ha detto Bossi, l’altro leader della maggioranza il cui destino è sempre legato a quello di Berlusconi. La vittoria del sì sarebbe la sconfessione di alcuni punti cardine del programma dell’esecutivo su giustizia, ambiente ed energia. Punti che sono altrettanti provvedimenti governativi che Berlusconi, con il suo invito ad astenersi, non difende nelle urne. Fallire il quorum invece sarebbe per il centrodestra una boccata d’ossigeno non indifferente alla vigilia della verifica parlamentare del 22 giugno. Sarebbe un analgesico sulle ferite delle amministrative.

Così, dopo l’errore del premier, gli «strateghi» del Pdl ieri hanno cercato di tamponare la falla. Si era pensato a una raffica di dichiarazioni dei big del Pdl e del governo per raddrizzare la gaffe del premier. Ma si è preferito tenere un profilo più basso per evitare di moltiplicare l’effetto spot contrario. Meglio dire che tutte le scelte - voto, non voto, astensione - sono legittime. E ribadire, come hanno fatto il capogruppo Cicchitto e la vice portavoce Bernini, che comunque vada a finire il governo non è in discussione. E’ esattamente quello che ieri Berlusconi ha voluto che filtrasse da Palazzo Chigi: mostrare tranquillità, dire che non ci saranno spallate al suo governo. Piuttosto, la maggioranza deve concentrarsi sulla verifica parlamentare voluta da Napolitano dopo il minirimpasto. E’ questa magari la preoccupazione maggiore, dicono i berlusconiani, perché il pallottoliere traballa dopo la mini-scissione di Miccichè e le permanenti fibrillazioni dei Responsabili. Elezioni alle viste nel 2012?



Da Fukushima, appello per il referendum.



Da Fukushima, Kumi Naidoo, Direttore di Greenpeace International e Junichi Sato, Direttore di Greenpeace Giappone, fanno un appello agli italiani per andare a votare Sì al referendum del 12 e 13 giugno.


La triste fine del Cavaliere Berlusconi DI GUILLERMO ALMEYRA

La Jornada

Silvio Berlusconi, l’uomo più ricco d’Italia e zar della televisione e dei mezzi di comunicazione, fra le tante cose, è nel momento più difficile della sua carriera imprenditoriale e politica cominciata, secondo le accuse che gli fanno, come prestanome della mafia nel ramo dell’edilizia e come protetto del grande corrotto e corruttore Bettino Craxi, che ha dovuto morire in esilio per non finire i suoi giorni in un carcere italiano.

Infatti Berlusconi affronta procedimenti giudiziari per corruzione, appropriazione indebita, abuso di potere, favoreggiamento della prostituzione, corruzione di minori, prevaricazione, falso in bilancio e svariati altri reati e se perdesse l’immunità che gli deriva dalla sua carica di primo ministro (e dalle leggi ad hoc votate dai suoi servitori per mantenerlo fuori dai tribunali), potrebbe andare in carcere o in esilio, come il suo predecessore e padrino Bettino Craxi.

Berlusconi aveva trasformato le recenti elezioni municipali in un referendum sul suo governo e la sua persona, perché si aspettava una sostanziosa vittoria.

Ebbene, queste elezioni sono state precisamente questo, un referendum, ma nel quale è stato ripudiato e condannato. Infatti, ) nonostante il primo ministro abbia usato al massimo il suo contollo sulla televisione privata (di sua proprietà) e su quella pubblica (la RAI), che controlla grazie ai suoi servi, e abbia riempito gli schermi con i suoi commenti e la sua immagine, il governo ha perso il controllo di città come Napoli, Torino, Milano, Cagliari, Trieste, Novara, Bologna, Arezzo, così come quelle della Toscana o Arcore, la sua città di residenza e il luogo dove realizza le orge, i famosi bunga bunga, fra gli altri peccati minori.

Al nord, bastione della Lega Nord, il suo principale alleato, separatista, razzista e xenofobo, e a sud, dove il voto conservatore e fascista è sempre stato importante, ha stravinto un centrosinistra rinnovato per lo meno per quanto riguarda i suoi canditati, perché invece dei vecchi rappresentanti di partito ha presentato personaggi nuovi e più giovani, con un discorso democratico più di sinistra che in passato.

Gli elettori hanno disatteso in questo modo gli avvertimenti di Berlusconi per il quale se il centrosinistra avesse vinto a Milano la città sarebbe diventata zingaropoli piena di moschee e rifugio di immigrati ed omosessuali.

Una città ricca e di classe media benestante e conservatrice (Milano) che la destra controllava da 20 anni, ha votato contro Berlusconi, così come lo ha fatto una parte importante degli imprenditori e del mondo finanziario, della chiesa cattolica, della stampa conservatrice, come Il Corriere della Sera, o anche il romano La Repubblica, e del bacino elettorale popolare della Lega Nord. Tutti costoro si rendono conto che un avventuriero e maniaco sessuale senza scrupoli né idee non garantisce niente a nessuno, neanche al capitalismo italiano.

Come risultato di questo tsunami politico, la Lega Nord è sulla difensiva e indebolita; l’alleanza con Berlusconi è in crisi, perché quelli del nord vedono che il primo ministro fa perdere loro appoggio popolare e come conseguenza, civettano con gli ex-comunisti di destra del Partito Democratico, che tendono loro la mano offrendo ponti, dimenticando la xenofobia e il separatismo dei leghisti.

Anche nel centrosinistra vincitore c’è crisi tra il Partito Democratico e l’elettorato della classe media e popolare più radicale, che ha neutralizzato e perfino conquistato settori popolari che prima votavano il Cavaliere.

Quest’ultimo è più isolato che mai anche sul piano internazionale, nonostante esistano ancora governanti, come il presidente dell’Argentina, che dicono con sorprendente superficialità che l’Italia è un modello da e imitare, ignorando che le medie imprese del nord si fondano sulla deregulation sindacale, la xenofobia, i salari in nero e e sull’eccessivo sfruttamento del lavoro familiare, così come sull’esportazione di capitali e sulla delocalizzazione verso i paesi dell’Europa orientale.

Berlusconi, che non si è ancora ripreso dal colpo ricevuto, dovrà affrontare il 12 e 13 del mese in corso una serie di quattro referendum che chiedono l’abrogazione del nucleare, che venga impedita la privatizzazione dell’acqua e che vengano posti ostacoli alla discrezionalità del governo sull’utilizzo di fondi pubblici. In altre parole i referendum si oppongono soprattutto al tentativo di lasciare il territorio e la salute in mano al capitale reintroducendo l’energia nucleare che era stata proibita da già quasi un quarto di secolo e regalando al grande capitale una risorsa di tutti come l’acqua.

L’unica possibilità che Berlusconi non sia nuovamente schiacciato dal voto di opposizione risiede nell’eventualità che i suffragi non arrivino al 50 per cento del corpo elettorale. Ma l’ opposizione è motivata e mobilitata, oltre che entusiasta, dalla possibilità di rafforzare il suo successo nelle amministrative con un’altra disfatta politica di Berlusconi che faccia precipitare la crisi nella coalizione di governo ed obblighi il Cavaliere a convocare elezioni anticipate perché, se si ostinasse ad arrivare al termine legale, nel 2013, la situazione economica e politica sarebbe ancora più sfavorevole.

Bisognerà aspettare quindi fino a metà giugno per vedere se il governo Berlusconi, ferito, sopravvive ancora un poco, se al contrario cade o se decide affossare il paese nel caos per conservare il potere (e la sua libertà personale) secondo il principio che ispirava Luigi XIV: Dopo di me, il diluvio.

Il destino del Cavaliere, come sempre, non dipende solo dalla volontà dell’elettorato o dai calcoli dei suoi alleati razzisti e reazionari, ma anche dalla pusillanimità e dall’opportunismo dei dirigenti del Partito Democratico e del centrosinistra, che temono di essere spazzati via dalla loro stessa vittoria.

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