lunedì 26 settembre 2011

I costi della Papi’s Tax. - di Lavoce.info






A metà giugno lo spread fra i Btp decennali e i bund con la stessa scadenza era di quasi 70 puntiinferiore a quello dei titoli di stato decennali spagnoli. Al momento di scrivere lo spread dell’Italia è di oltre 40 punti superiore a quello della Spagna. L’andamento dei due spread è visualizzabile qui.

Dato che i due paesi sono stati colpiti dagli stessi shock esterni e hanno goduto entrambi dall’8 agosto degli interventi di acquisto della Bce, i 105 punti persi rispetto alla Spagna sono probabilmente attribuibili ai ritardi con cui il nostro governo ha reagito alla crisi. Per verificare questa spiegazione nel grafico riportiamo i due spread e la differenza fra i due mettendo in evidenza (con indicatori verticali) gli eventi economici e politici più rilevanti specifici dei due paesi, selezionati sulla base di una lettura dei giornali negli ultimi tre mesi.

Quando parla Berlusconi
Degno di nota il fatto che la situazione relativa dell’Italia è drammaticamente peggiorata dopo che Giulio Tremonti, messo sotto accusa per la vicenda di Marco Milanese, per difendere la sua posizione ha sostenuto che era lui il garante dei conti pubblici “chi mi attacca, attacca il Paese”(punto 4 in nero nel grafico).
In effetti è stato il segnale peggiore che si potesse dare ai mercati. Un ministro con un minimo di senso dello Stato avrebbe dovuto sostenere che, indipendentemente dall’evoluzione della sua situazione personale, i conti pubblici sarebbero stati tenuti comunque sotto controllo. Un altro evento che ha fatto aumentare considerevolmente lo spread italiano rispetto a quello spagnolo è il discorso di Silvio Berlusconi alla Camera e Senato il 3 agosto. Era stato annunciato come un discorso fondamentale, ma in realtà era privo di qualsiasi novità rilevante per gli investitori: come sempre questi discorsi sono molto peggio dei non discorsi. Poi ancora la decisione di tenere chiuse le Camere per 6 settimane nel mezzo della tempesta, proprio mentre il da poco dimissionario José Luis Zapatero annunciava che avrebbe rimandato le sue ferie. Tutti gli eventi muovono lo spread nella direzione che, a priori, si ritiene plausibile. L’unica eccezione è l’annuncio di Berlusconi circa il fatto che sarebbe stata varata una nuova manovra entro il 18 agosto. Questo annuncio (punto 9 in nero) non sembra avere avuto alcun effetto sulla posizione relativa dell’Italia. A quanto pare contano i fatti più che gli annunci soprattutto quando gli annunci sono del nostro presidente del Consiglio. La rapida approvazione della prima manovra a inizio luglio sotto la pressione di Giorgio Napolitano (punto 5 in nero) ha, invece, migliorato la posizione relativa dell’Italia.
Guardando alla Spagna, l’approvazione della riforma delle pensioni (punto 3 in rosso), l’introduzione di nuove misure di contenimento fiscale (punto 6 in nero) e la decisione di includere nella Costituzione il pareggio di bilancio (punto 9 in rosso) sembrano essere stati efficaci nel migliorare la posizione relativa della Spagna. L’annuncio a fine luglio da parte di Zapatero dell’anticipo a novembre delle elezioni (punto 4 in rosso) rispetto alla loro scadenza naturale non sembra aver peggiorato lo spread spagnolo che era invece aumentato dopo che il quotidiano El Paisaveva chiesto le sue dimissioni dieci giorni prima (punto 2 in nero).
Quindi quei 110 punti di ritardo accumulati sin qui rispetto alla Spagna sembrerebbero proprio riflettere ritardi nella reazione del nostro governo almeno rispetto a quello (pur dimissionario) spagnolo. Significativo il fatto che siano state organizzate visite di ministri e banchieri spagnoli aNew York e nei grandi centri finanziari per promuovere i titoli di stato iberici e che il sito del Tesoro spagnolo, a differenza del sito del Tesoro italiano, pubblichi sistematicamente informazioni utili agli investitori e metta in rilievo ogni riforma varata in quel paese.
Durante una crisi di credibilità conta invertire le aspettative e per questo la comunicazione è fondamentale. Nonostante il nostro presidente del Consiglio abbia grande competenza in merito non sembra certo averla messa al servizio del paese. Forse aveva altre cose da fare….

Le conseguenze dello spread
Cosa significano 110 punti base in più di interessi da pagare.? A regime implicano una spesa aggiuntiva per interessi sul debito superiore a un punto di Pil, circa 20 miliardi. La spesa per interessi cresce per fortuna gradualmente, man mano che i titoli vanno a scadenza e vengono rinnovati con nuove emissioni. Circa quattro miliardi in più nel primo anno, poi otto nel secondo anno fino a raggiungere venti miliardi nell’arco di sette-otto anni. Quindi siamo ancora in tempo se vogliamo evitare di pagare questa tassa legata all’inadeguatezza del nostro governo. Ma il tempo stringe perché diventa ogni giorno più difficile invertire le aspettative, che tendono a consolidarsi quando lo spread rimane alto così a lungo.

C’è anche un problema di credibilità personale del nostro presidente del Consiglio nella dinamica dello spread relativo. Ci sono studi tra l’economia e la psicologia, basati su tecniche di priming, che documentano come gli individui messi a conoscenza di particolari poco edificanti sulla vita privata dei leader politici rinuncino a comprare i titoli di stato di quei paesi. Questo spiegherebbe il nuovo allargamento dello spread dopo la pubblicazioni delle nuove intercettazioni sulla vita privata del nostro premier. Per capire quanto sia rilevante, ponetevi la seguente domanda: comprereste un auto usata da chi, ne avete la prova, in pubblico dice una cosa e, in privato, ne fa un’altra? Finché rimane a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi è, volenti o nolenti, il primo venditore dei nostri titoli di stato e non vi è dubbio che il mercato ci fa pagare un prezzo anche per la sua scarsa credibilità personale. Dato che ai nostri ministri piacciono i termini inglesi per denominare i nuovi balzelli, diciamo che una parte non piccola di quei 110 punti potrebbe essere una …. Papi’s tax.

di Tito Boeri



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/26/i-costi-della-papis-tax/160069/

Mostratelo a Maroni, magari un motivo per sfiduciarlo lo trova!

Quel biglietto in tasca al boss che accusa il ministro Romano


Il numero di telefono che vedete qui sopra appartiene al ministro Saverio Romano … trascritto dietro il bigliettino di "Pronto pizza", è stato trovato in tasca al boss agrigentinoAlberto Provenzano, il giorno del suo arresto.
Mostratelo al ministro Roberto Maroni, che proprio ieri confermava che la Lega Nord non voterà la mozione di sfiducia  ("Non vedo perché sfiduciare Romano", ndr) nei confronti diRomano (indagato per mafia) … magari un motivo per sfiduciarlo lo trova!


Il massimo del peggio, come toccare il fondo.








Il nostro governo fa acqua da tutte le parti.
Competenza? Zero!
Onestà? Zero!
Etica? Under ground!
Perchè ancora resiste? Per salvaguardare un corrotto, corruttore, puttaniere, evasore fiscale, oltretutto, ricattabilissimo.


Il massimo del peggio che possa aver fatto questo governo, però, lo abbiamo toccato con la nomina a ministro dell'Istruzione Pubblica della sig.ra Gelmini!
Ma non per la sua ignoranza conclamata e dabbenaggine, sappiamo benissimo come sceglie i suoi collaboratori il corruttore al governo (e, badate bene, non nelle sue aziende, perchè lì li sceglie con cura da certosino): debbono essere dotati di una buona dose di servilismo, non debbono spiccare per intelligenza e dimostrare di possedere un attaccamento spropositato al denaro. Di esempi se ne possono fare tanti e non c'è bisogno che ve li faccia io.


La sig.a Gelmini ha una peculiarità in più rispetto agli altri collaboratori: ODIA LA SCUOLA PUBBLICA! Le ha dichiarato guerra! La vuole distruggere!


La sig.ra, infatti, ha dovuto cambiare ben tre licei prima di ottenere la maturità in un liceo privato, si è laureata con tre anni di ritardo e con una media tutta da andare a controllare, vista la sua scarsa conoscenza delle basi della lingua italiana.


Ora cerchiamo di immaginare cosa passa nella mente di un'ottuso quando parla in pubblico rivestendo una carica prestigiosa, pensando a tutti quelli, colleghi e insegnanti, che l'hanno, magari presa in giro o derisa durante l'arco della sua vita studentesca....e traiamone le conclusioni.



Stupiti dell'ennesima gaffe della Gelmini? Leggete il suo Curriculum.





Dopo l'ennesima gaffe del ministro Gelmini, secondo la quale l'Italia "avrebbe contribuito con circa 45 milioni di euro alla costruzione del tunnel tra il Cern ed il Gran Sasso" (leggi il comunicato del ministero), ci sembra il caso di riproporre il suo invidiabile curriculum vitae.
Scuole Superiori
Ha cambiato 3 licei nel corso dei 5 anni, l'ultimo dei quali, dove si è diplomata, privato.
Università
Laureata con 3 anni fuori corso
Voto di laurea 100, e tesi valutata meno di 1 punto!
Il ricordo del professor D' Andrea, suo relatore: «Per quella tesi non ho voluto dare neanche un punto in più alla media dei voti. Non soltanto per come era stata scritta, a tirar via, ma soprattutto per come la Gelmini venne ad esporla in sede di discussione».
Esame di Stato
Mariastella Gelmini ha superato l’esame di Stato per la Professione di Avvocato presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, dopo 1 anno di praticantato a Brescia ed il secondo a Reggio Calabria.
(Nella sessione della Gelmini risulta quasi il 57% di ammessi agli orali. Il doppio rispetto a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Giustificazione: Così facevan tutti, dice Mariastella)
Divenuta Ministro, poi ha iniziato a puntare il dito contro le scuole meridionali "...alcune scuole del Sud abbassano la qualità della scuola italiana. In Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata organizzeremo corsi intensivi per gli insegnanti".
Carriera Politica
Nel 1998 risulta la prima degli eletti alle amministrative ricoprendo, fino al 2002, la carica di Presidente del consiglio del comune di Desenzano.
Nel 2000 viene sfiduciata da presidente del consiglio comunale per inoperosità (delibera del consiglio comunale n. 33 del 31/03/2000).

L’azienda pubblica paga l’affitto ai figli del ministro Tremonti. - di Vittorio Malagutti





L'affare con l'Autostrada Pedemontana, di proprietà della Milano-Serravalle dello scandalo che ha coinvolto Filippo Penati: la società ha preso in locazione gli uffici al centro di Milano di proprietà degli eredi di mister Economia.

Azioni? Obbligazioni? Titoli di Stato? Macché, quando si tratta di investire il gruzzolo di casa, la famiglia Tremonti gira alla larga dai mercati finanziari e va sul sicuro. Anzi, sul mattone. Lo rivelano i bilanci delle società controllate dal ministro dell’Economia e dai suoi parenti stretti, moglie e figli. C’è l’Immobiliare Crocefisso srl, che due anni fa, come Il Fatto Quotidiano ha già raccontato, si è comprata un intero palazzo d’epoca (tre piani) nella centralissima via Clerici a Milano. Quest’ultimo acquisto è andato ad aggiungersi agli uffici di via Crocefisso, pure questi nel centro di Milano, dove ha sede lo studio tributario fondato da Tremonti e ora affidato ai suoi storici collaboratori Enrico VitaliDario Romagnoli Lorenzo Piccardi.

La vera sorpresa arriva però da un’altra società. Si chiama Nitrum e risulta intestata ai due figli del ministro, Luisa, 33 anni, e Giovanni, 26. Anche Nitrum, come vuole la tradizione di famiglia, ha puntato sul mattone. Tra l’altro possiede un intero piano di uno dei palazzi più alti di Milano, un grattacielo costruito negli anni Cinquanta in piazza Repubblica a Milano, vicino alla stazione Centrale. Ebbene, chi ha preso in affitto i locali degli eredi di Tremonti? Le carte ufficiali consultate dal Fatto rivelano che in quelle stanze si è insediata un’azienda pubblica, l’Autostrada Pedemontana lombarda. Proprio lì, al sesto piano del grattacielo milanese, si trovano gli uffici della società che sta realizzando una delle opere più costose e discusse degli ultimi anni. Una nuova autostrada che tagliando il varesotto e poi la Brianza dovrebbe diventare una nuova arteria di collegamento veloce tra il nordovest della Lombardia e Bergamo. Nel 2007 i vertici della Pedemontana, all’epoca presieduta da Fabio Terragni, hanno deciso di cambiare sede. E la scelta per i nuovi uffici, 650 metri quadrati in tutto, è caduta proprio sull’immobile di proprietà della famiglia Tremonti.

Risultato: i figli del ministro dell’Economia, tramite la società Nitrum, incassano l’affitto, che ammonta ad alcune centinaia di migliaia di euro l’anno, da una società a controllo pubblico. L’ufficio stampa della Pedemontana, contattato dal Fatto Quotidiano, ha ritenuto di non commentare né di rispondere alla richiesta di dettagli. Sta di fatto che da principio quel sesto piano era di proprietà di un istituto di credito, la Banca Carige. Nel 2001 arriva la Nitrum che all’inizio si accontenta di un leasing del valore complessivo di 3,8 milioni di euro. Nel 2009, alla scadenza del contratto, l’immobile è stato riscattato dalla società dei figli di Tremonti. Nel frattempo, a metà del 2007, gli uffici sono stati presi in affitto dalla Pedemontana, che nel suo bilancio ha spiegato il trasloco con l’esigenza di avvicinarsi alle “sedi delle istituzioni”. In effetti, non lontano da piazza della Repubblica si trova anche la sede della Regione Lombardia.

La quota di maggioranza della società Autostrada Pedemontana è di proprietà della Milano Serravalle, proprio la società tornata alla ribalta in questi mesi per lo scandalo che ha travoltoFilippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, fino a pochi mesi una dei più importanti esponenti del Pd al Nord. La Serravalle, a sua volta, ha come soci principali Provincia e Comune di Milano. Azionisti a parte, la Pedemontana è però legata a filo doppio al mondo politico. I finanziamenti pubblici per la nuova autostrada lombarda arrivano grazie al Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica di cui Tremonti, come ministro dell’Economia, è vicepresidente. Ma oltre a questa relazione istituzionale c’è, come abbiamo visto, anche una connection familiare: la Pedemontana paga l’affitto ai figli del ministro, Luisa e Giovanni. Gli eredi di Tremonti hanno comprato la Nitrum, che già possedeva un importante patrimonio immobiliare, a metà del 2006. Un affare tutto in famiglia. A vendere è stata la signora Tremonti, cioè la mamma degli acquirenti. Che se la sono cavata con poco: 37 mila euro.



Troppi bluff sullo sviluppo. - di Alberto Orioli




Se esiste un caso Tremonti, ha un corollario. È l'idea che finora ha "disegnato", nell'ambito delle politiche economiche, il concetto di sviluppo e di crescita. E, per questa via, anche i poteri e il raggio d'azione del ministero ad esso preposto (lo Sviluppo economico, appunto) e degli altri dicasteri orientati alle misure per l'avanzamento economico del Paese.
Poteri sempre meno, risorse quasi zero.
Una china che ha portato al progressivo deterioramento della portata strategica delle idee di rilancio dell'azione economica, anche se a costo zero.
L'idea che la manovra da 54 miliardi ha degli investimenti nella banda larga è emblematica di una intera cultura di governo. I pochi fondi ancora destinati all'ammodernamento delle reti tecnologiche di base (con l'obiettivo di colmare il digital divide italiano) sono la prima voce di "garanzia" nel caso in cui venisse a mancare il gettito previsto per l'incremento dell'Iva o se non funzionassero i tagli ai ministri. Basta questa clausola di salvaguardia contabile a rendere quel "tesoretto", destinato in apparenza allo sviluppo, una voce solo virtuale e non spendibile.
È questa la considerazione di fondo nel Governo per gli investimenti nella modernità. Piccoli bluff, come questo del fondo per la banda larga, e grandi bluff come la conclamata azione di revisione costituzionale dell'articolo 41, in nome del "tutto è permesso tranne ciò che sia espressamente vietato", la madre di tutte le liberalizzazioni che altro non produrrebbe se non una marea di "leggi di divieto", con buona pace delle semplificazioni.
È in atto – per dirla con parola tristemente in voga – un downgrading del peso politico di quei ministri e di quelle azioni volte alla crescita, creato, giorno dopo giorno, in nome di una doverosa ma ambigua preoccupazione per il rigore nei conti. Le idee – dalla più incisiva riforma delle pensioni, con l'obiettivo di superare quelle di anzianità, alla spinta alle liberalizzazioni soprattutto dei servizi locali, regno del socialismo municipale; dall'attenzione alla ricerca e alla diffusione di know how tecnologico tra università e imprese alla messa in atto delle infrastrutture sempre invocate, ma mai cantierate – ancora una volta trovano sede di discussione nei molti tavoli aperti con le parti sociali.
Si tratta di altrettanti argomenti proposti e riproposti in altre stagioni, quando ci sarebbero state anche più risorse – nel rispetto del rigore finanziario – per poterle far attecchire. Ora è alto il rischio che questa riedizione dell'azione riformatrice sia un colpo d'immagine per dare un belletto a un Esecutivo dilaniato dalle polemiche e incerto nelle alleanze.
L'inchiesta pubblicata a pagina 2 e 3 dimostra che la strada dello sviluppo è lastricata di incompiute, di mezze riforme, di riformine, di ripicche tra ministri e di tira-e-molla sulle risorse. Con un'idea sfuocata su quale debba essere il Paese tra 10 anni e dove l'Italia debba indirizzare le sue eccellenze e i suoi talenti nel futuro medio lungo.
Il recente passato ha triturato Industria 2015 e il suo corredo di 600 milioni di euro per i settori innovativi, lo Statuto dell'impresa e il riordino degli incentivi, la revisione della rete di assistenza per l'export, la legge annuale sulla concorrenza (mai varata). E ancora i crediti d'imposta al Sud, gli stessi fondi Fas destinati al Mezzogiorno.
Di energia non si parla in modo organico e razionale da anni: si giocano partite un po' casuali sugli incentivi, si guarda poco ai grandi temi come sono i protocolli europei, ma anche ai piccoli temi come sarebbe stato un piano casa ben calibrato con le regioni per arrivare all'efficienza energetica e al risparmio sui consumi.
È noto che il rilancio di un'economia e di un intero Paese non si fa per decreto. Ma con riforme serie di struttura dal welfare, al fisco alla pubblica amministrazione come Il Sole 24 Ore chiede da tempo nel suo Manifesto per la crescita, Manifesto mutuato in gran parte anche dalle parti sociali, pronte a rilanciare con forza i temi delle riforme.
Ora la casa brucia, i mercati ci attaccano quotidianamente in nome di una crisi di fiducia e credibilità e, nostro tramite, attaccano l'euro e l'Europa tutta. Il Paese è smarrito e assiste, un po' assuefatto un po' impotente, all'imbarbarimento del costume pubblico, al degrado della vita istituzionale cui solo l'alto magistero del Quirinale cerca quotidianamente di porre freno con gli atti e con lo stile. 
Nel sentire comune dei tecnici della finanza globale la traslazione tra Italia e Grecia è quasi nelle cose: ma è un errore marchiano che non considera i fondamentali di un'economia manifatturiera di eccellenza, di un'industria che esporta nel mondo un intero stile di vita, di un patrimonio di intelletti e di saperi, oggetto di una diaspora che deve far pensare tutti. Per primo chi mette a punto la politica economica.
Con la casa in fiamme, il Governo corre ai ripari e riunisce quelle energie che non ha finora voluto considerare; ripropone quelle ricette finora disconosciute con alterigia; chiede un'impossibile supplenza a un'autorevolezza persa e irrecuperabile. Più passano le ore, più sembra tardi.