venerdì 10 dicembre 2010

Il nuovo Benito, modello dell’Utri





Sanno bene gli storici quanto sia ingannevole il paragone delle vicende del passato con i fatti del presente. Non fosse altro per quel paradossale effetto di legittimazione carismatica che il riverbero della storia di ieri trasmette ai protagonisti di oggi. Anche in negativo.

Così la persistenza della figura di Mussolini nella narrazione nazionale, non solo certifica la vitalità della vulgata anti-antifascista, quasi settant’anni dopo Piazzale Loreto, ma costringe di continuo a fare i conti con quei tratti del carattere politico nazionale che il fascismo, “autobiografia della nazione”, tanto durante il regime che nel tragico finale di Salò, ha sedimentato nella storia d’Italia. Il gioco continuo delle somiglianze, nel fare la prima mappatura delle storie su cui abbiamo costruito il racconto dell’Ultima lettera di Benito, suonava come un allarme, un caveat per evitare gli effetti collaterali del vissuto politico quotidiano sull’interpretazione storica di un passato ormai lontano.

Pagine inedite
E si faceva fatica con Barbara Raggi, mentre compulsava le migliaia di pagine inedite delFondo Petacci conservate in un’apposita cassaforte dell’Archivio centrale dello Stato, a scansare il terreno infido delle analogie. Che per parte loro spingevano per emergere verso la storia con tutta la loro geometrica potenza. Come rinunciare infatti a illuminare quel passaggio in cui Mussolini, con succinta prosa e piglio giornalistico, racconta a Clara il suo trionfale viaggio a Milano, quando al Teatro Lirico cercò per l’ultima volta di rianimare con il suo carisma il fascismo repubblichino ormai consapevole della sconfitta? “Hai già saputo che ho sempre girato in piedi sul predellino”. Passando anche per San Babila, ovviamente!

E così sarà colpa del clima di cupio dissolvi che accompagna ogni finis regni, ma il vorticoso giro di mignotte professionali e amanti occasionali che ruotano intorno a Mussolini fa riflettere ancora, con la testa alla cronaca politica che stiamo attraversando. È Clara nelle sue lettere fluviali, miscelando senza soluzione di continuità amore e politica, sesso e affari di Stato, mutande e dossier, a svelare il risiko erotico messo in campo dai suoi nemici, i “bravi” della moglie Rachele e dietro di loro il fascismo intransigente del partito che non sopporta la sua influenza sul Duce. Si incontrano così loschi figuri, che poi troveremo coinvolti nella fondazione del Movimento sociale, intenti a piazzare intorno a Mussolini nuove donne prezzolate per la bisogna, con lo scopo di spodestare la prima amante in carica. Clara: “Queste sono le donne che la tua segreteria politica, quel gruppo di greppinati fetidi, ti servono per eliminare definitivamente me … di una marchettara possono servirsene anche loro e manovrarla … con me non c’è nulla da fare!”. Reagisce Mussolini scrivendo a Clara per ricomporre l’ultima crisi personale, messo sotto pressione dalle trame combinate della famiglia e del partito fascista, fra complotti dei servizi segreti e intemerate della moglie: “Allo stato delle cose tutto ciò esce dal campo domestico per entrare in quello politico”. Citazione che non sfigurerebbe in una cronaca contemporanea di Filippo Ceccarelli. Che infatti nel suo Letto e potere, un classico, fin dalla prima edizione, aveva individuato nella vicenda di Benito e Clara il prototipo di ogni storia di amore e politica.

In nome di una par condicio storiografica, dobbiamo qui ricordare quanti grattacapi siano scaturiti dagli affari della famiglia di Clara. In primis Myriam che vuole fare l’attrice a Berlino facendosi raccomandare da Mussolini a Gobbels. Ma il familismo amorale attinge ai vertice del trash affaristico politico con Marcello Petacci, l’immancabile fratello. Uno pseudocognato, di fatto. Fino al punto che lo stesso Mussolini è costretto a mettervi argine scrivendo spazientito a Clara: “Ti prego di dire a Marcello di non fare delle richieste fantastiche. In tutta l’Italia repubblicana non c’è quanto ha chiesto”.

In un gioco di riflessi nel quale il mendace fa agio sul vero, il falso trascolora nel presunto, il farlocco si fa contiguo dell’autentico l’uscita dei falsissimi Diari mussoliniani di Dell’Utri ci costringe a riflettere ancora sull’uso politico della Storia. A dire tutta la verità come autori dell’Ultima lettera di Benito avevamo maturato la ferma condizione di astenersi da esprimere giudizi ormai definitivamente archiviati dalla storiografia. Un atto di presunzione, che non ha resistito alla prova vetrina, però. Vedere infatti negli scaffali delle librerie italiane i falsi di Dell’Utri impilati, addirittura esposti in bella mostra dietro il vetro delle strenne librarie, accanto alle vere lettere di Mussolini e di Clara Petacci, ha fatto vacillare molte certezze. Compresa le convinzione illuminista che la Storia abbia le gambe lunghe e la falsa credenza le gambe corte.

Paragone ingiusto?
Come sa raccontare Umberto Eco, che nel Cimitero di Praga conferma la sua grande capacità di saper inventare il vero, non si capirebbe altrimenti perché e come i falsissimi Protocolli degli Anziani di Sion dell’Ottocento siano riusciti a incidere nella storia reale del Novecento ispirando la “soluzione finale del problema ebraico” immaginata e realizzata da Hitler. Il parallelo può sembrare asimmetrico, sproporzionato, persino ingiusto. A prima vista. E va detto che Dell’Utri non è nemmeno l’autore dei suoi falsi. Però, ha voluto a tutti i costi figurare come proprietario, anche se tecnicamente non lo è, e se ne è fatto editore e promotore, diffusore e divulgatore, paladino e difensore a dispetto di ogni buon senso storiografico. Ecco, qui sta il baco, nascosto e camuffato dietro la più nobile della parole del vivere civile: “opinione”. Che siano falsi è infatti un’opinione, “legittima” ovviamente, certamente “democratica”, assolutamente “liberale”, ma pur sempre contraria e opposta all’opinione che siano veri, perché altrettanto “legittima”, “democratica” e “liberale”. Pari e patta, quindi?
La strategia è imbattibile. Poco importa discutere e tantomeno provare, come è stato provato, se iDiari di Dell’Utri siano veri o falsi! Conta invece rafforzare l’idea di un nuovo Mussolini addirittura pacifista, sempre avverso a Hitler, che si rammarica per l’incidente occorso a Matteotti, da lui fatto assassinare, insomma un Mussolini vittima ancora una volta degli storici italiani che hanno tramandato una pessima immagine su di Lui e il suo Ventennio. Già: come al solito senza preoccuparsi dell’immagine storica dell’Italia. In questo contesto l’opinione dello storico Emilio Gentile, di eccellenza internazionale, può essere considerata alla stessa stregua di quella di Lele Mora, anche lui coinvolto nello spaccio dei Diari falsi.

La Storia non è un’opinione
Nella civiltà dell’opinione di massa, c’è un deficit di illuminismo: la democrazia si è rivelata incapace di escogitare un meccanismo efficace con cui regolare, come con il voto si è trovato il modo di regolare democraticamente la rappresentanza, anche la formazione dell’opinione pubblica. Il mercato dell’opinione infatti non distingue fra buono e cattivo, vero e falso. Fino al punto che la politica trova nella bugia la sua arma migliore. Spetta allora all’informazione cercare di raddrizzare il legno storto della democrazia. Come? Per esempio facendo le domande giuste.

Chissà perchè nessuno le ha fatte a Dell’Utri ospite dell’Infedele, per parlare di mafia e di Mussolini, proprio all’indomani della pubblicazione del dispositivo della sentenza di secondo grado che lo ha condannato a 7 anni per “concorso esterno in associazione mafiosa”? Eppure sarebbe bastato attingere alla relazione del 2005 di Emilio Gentile, richiesta dall’Espresso, in cui si dimostrava fatto per fatto la falsificazione evidente dei Diari. Per esempio: come si spiega che un brano del 20 febbraio del 1935 sia copiato pari pari dalla cronaca della Tribuna? E che dire della pagina del 27 agosto 1936 presa, parola più parola meno, dal Corriere della Sera del 29 agosto? Ci sarebbe poi la storia del carrarmato tedesco Tigre su cui Mussolini avrebbe discettato per spiegare la supremazia della industria militare tedesca già nel 1939 sebbene sia sceso in campo solo nel 1942. Preveggenza? No, un’opinione! E se anche la mafia sia un’opinione. Dei giudici stavolta, invece che degli storici. Ecco: la storia serve anche a questo: sottrarre i fatti alle opinioni.

Di Pasquale Chessa

Dal Fatto Quotidiano dell’8 dicembre 2010


Legittimo impedimento, De Siervo: “Rinvio udienza a gennaio”


In origine la Corte Costituzionale l'aveva fissata il 14 dicembre, ma la concomitanza con la fiducia il neopresidente l'ha fatta slittare. Si deciderà l'11 o il 25 gennaio. "Inaccettabile e offensivo definirci di parte"

Il neopresidente della Consulta Ugo De Siervo

La Corte Costituzionale rinvierà l’udienza (e quindi non solo la decisione) sul ‘legittimo impedimento’ il prossimo gennaio, in origine fissata il 14 dicembre, per “giudicare in un clima più tranquillo” vista la concomitanza con il voto di fiducia al governo in Parlamento. Questa la prima decisione del neopresidente della Consulta Ugo De Siervo, eletto questa mattina. E’ ”inaccettabile”, oltreché “sbagliato e particolarmente offensivo” dire che la Corte Costituzionale “abbia orientamenti precostituiti”, ha voluto precisare De Siervo.

Lo spostamento della discussione, e dunque della decisione sul legittimo impedimento, appare opportuno, ha detto De Siervo, “per evitare un eccesso di sovraccarico mediatico” data “la curiosa coincidenza con il voto di fiducia alle Camere”. Gli stessi difensori di Berlusconi, (Niccolò Ghedinie Piero Longo) ha ricordato il presidente della Consulta, “essendo parlamentari, hanno chiesto di essere liberi da udienze per poter partecipare al voto”. L’udienza pubblica sulla legge, che prevede uno ‘scudo’ per le quattro più alte cariche dello Stato dai processi penali, si terrà quasi certamente l’11 gennaio prossimo, prima data utile dopo la pausa natalizia. Se ciò non fosse possibile per procedure processuali, la causa sarà messa a ruolo il 25 gennaio.

“Il clima esterno – ha sottolineato De Siervo – sarà meno infuocato rispetto al 14 dicembre, quando verrebbero a coincidere due dimensioni diverse, quella politica e quella della Corte, che è bene che non vengano confuse”. A chi gli chiede il perché di uno slittamento di un mese, e non di un solo giorno – inizialmente una delle ipotesi riguardava lo svolgimento dell’udienza il 15 dicembre, e non più il 14 – il nuovo presidente della Corte Costituzionale ha rilevato come, “per la complessità del problema, la nostra sensazione netta è stata quella per cui la decisione sulla costituzionalità della norma sarebbe stata presa comunque in gennaio. Dunque, meglio avvicinare i due momenti, quello della discussione e quello della sentenza”.

De Siervo, in ogni caso, spiega con forza che la Corte “di certo è sensibile al fatto di non essere confusa con un organo politico: preferiamo giudicare in un clima più tranquillo, spero non ci saranno letture improprie. Non regaliamo nulla, per il presidente Berlusconi lo slittamento del mese non cambia nulla”. Quella sul legittimo impedimento, conclude De Siervo, “sarà una decisione significativa”: il nuovo presidente della Corte ha definito lui stesso e il suo vice, nominato oggi,Paolo Maddalena, come “ultimi dei moicani”, poiché sono gli unici giudici che “per la terza volta si trovano a decidere su questioni delicate”, come in precedenza furono il lodo Schifani e il lodo Alfano. “Spero – ha rilevato De Siervo – che non ci saranno letture politicizzate”.

Ugo De Siervo è successo nella carica a Francesco Amirante, il cui mandato novennale è scaduto lo scorso 6 dicembre. Ad eleggerlo sono stati, a scrutinio segreto, i 15 giudici della Consulta. Alla Corte è arrivato nel 2002 eletto dal Parlamento su indicazione del centrosinistra. Nella corsa alla presidenza è stata rispettata l’anzianità di carica e De Siervo – già vicepresidente con Amirante – ha avuto la meglio sull’altro candidato, il giudice costituzionale Alfonso Quaranta. Il primo importante appuntamento per la Corte sarà l’udienza della prossima settimana sul ‘legittimo impedimentò, il cui mandato novennale è scaduto lo scorso 6 dicembre.

De Siervo, fino ad oggi vicepresidente della Corte, è nato nel 1942 a Savona. Laureato con il massimo dei voti nel 1965 in diritto costituzionale all’Università di Firenze, ha iniziato la sua carriera nel ’69 come assistente nella stessa università. Attualmente è professore in aspettativa di diritto costituzionale nell’Ateneo fiorentino. Autore di molti scritti di storia costituzionale, è stato componente dal 1970 al 1974 del comitato regionale di controllo della Regione Toscana, mentre dall’86 al 93 ha fatto parte del Consiglio superiore della pubblica amministrazione. Dal 1997 al 2001, poi, è stato tra i membri dell’autorità garante per la protezione dei dati personali.


Povero Assange! - Tratto da: Siamo veramente messi male. - di Viviana Vivarelli


Assange è stato arrestato e ora vedremo quale paese avrà il piacere di far valere l’estradizione. Ma il danno resterà-
Intanto la Clinton sta passando settimane a tranquillizzare i leader europei incazzati contro gli USA. A ognuno dirà che è il miglior amico dell’America.
Ma restano da pubblicare 250.000 file e il danno antiamericano potrebbe aggravarsi sempre più. Ipotizzo che il suo diventerà una mission impossibile.
Curioso pensare che i 250.000 file sono contenuti in un database da 1,6 gigabyte, in una minuscola pendrive.
Verne sarebbe impazzito a immaginare una cosa simile.
Questo archivio sconvolgente è stato messo nelle mani di numero testate giornalistiche e minaccia l’impalcatura di inganni e ipocrisie di tutto il mondo, con una rottura di immagine devastante. Se l’America ha posto il suo potere sulla propaganda e sulla costruzione di una icona, quell’icona sta andando in pezzi.
100.000 persone lo possiedono. 100.000 piccoli Davide contro il piccolo Golia. Il che è come dire che il mondo interni può minacciare l’America.
..
Per Zucconi, esperto di cose americane, la Clinton è da compassionare. Aveva sognato grandi cose, poi si è trovata a dover conservare la faccia accanto a un marito fedifrago e ora la obbligano a salvare la faccia di un’America che ha perduto la faccia. Dallo scorso week end ha dovuto rabbonire leader irritati e svergognati: il presidente pachistano Zardari, la presidente argentina Kirchner, la presidente liberiana Sirleaf, il ministro degli Esteri canadese Cannon, il ministro degli Esteri tedesco Westerwelle, il ministro degli Esteri francese Alliot-Marie, quello inglese Hague, l’afgano Karzai, il saudita Al-Faisal e ben due “pezzi da 90″ cinesi, il consigliere di Stato Bingguo e il ministro Jechi. Quando è arrivata a Berlusconi era talmente demoralizzata da pensare di tornare a fare l’avvocato. Era evidente la sua rabbiosa stanchezza disgustata dietro quel sorriso troppo forzato accanto a B in Kazakhstan, nel tributargli una medaglia di serietà e di credibilità alle quali, come rivelano le sue corrispondenze diplomatiche riservate, non crede.
E’ stata una via crucis di scuse e di abbracci per li così orgogliosa e forte, un calvario di rassicurazioni, di giuramenti d’amore culminato con i salamelecchi di circostanza a un uomo che le ricordava troppo suo marito e con cui deve aver pensato alla farse di Kissinger: “un diplomatico è una persona pagata per mentire a nome del suo Paese”. Da qui, il conato di nausea espresso.
“La sola differenza fra un uomo e una donna in politica – aveva detto durante la sfortunata corsa alla Casa Bianca – è che una donna impiega molto più tempo per rifarsi la faccia prima di uscire”. Ma a volte neppure il make up più sapiente riesce a nascondere le rughe della verità.


Nessuno tocchi Cenerentolo. - di Marco Travaglio



L'altra sera, durante le ultime scene di "Cenerentola ", centinaia di migliaia di bambini si sono ritrovati di fronte una scena raccapricciante che ha trasformato la favola in film horror: al posto del principe azzurro, è comparso il volto maculato di Bruno Vespa che, sormontato dalla scritta rasserenante "Yara e Sarah: come difendere i nostri figli? ", ammoniva i minori all'ascolto con grave sprezzo della sintassi: "Stiamo vedendo Cenerentola, che ha fatto sognare intere generazioni. Ma chi mai potrebbe immaginare che una bambina di 13 anni scompare in 700 metri di strada o che un'altra di 15 finisce in un garage e non ne esce?". Attenti, piccini, domani potrebbe toccare anche a voi. Poi, senza soluzione di continuità, riappariva la strega cattiva: un sollievo, per i baby-telespettatori.

Qualcuno pensava all'interferenza di un altro cartoon disneyano, la "Carica dei 101". Altri in preda agli incubi invocavano la mamma. Altri ancora chiamavano direttamente il Telefono azzurro. Il dalmata del
mezzobustismo irrompeva nella fiaba per sponsorizzare, una volta tanto, non il suo libro, ma la trentesima puntata di Porta a Porta sul "giallo" di Avetrana in condominio con quello di Brembate di Sopra: gli unici argomenti con cui riesce ancora a fare ascolti. Una sua lettera al Corriere aiuta a comprendere meglio la tetra irruzione: il Vespa si considera il Cenerentolo della tv, censurato, boicottato, reietto nel "lazzaretto degli appestati" perché è un "moderato che non indossa l'elmetto" e soprattutto conduce "l'unica trasmissione di un certo peso non schierata a sinistra tra le tante che vanno in onda sulla Rai", naturalmente "trasmessa nell'orario più sacrificato" (solo quattro sere a settimana, per giunta non in mondovisione, al modico stipendio di 2,1 milioni l'anno). Accerchiato da un palinsesto tutto bolscevico (compresi Tg1, Tg2, L'arena di Giletti, Ultima parola, Unomattina, La vita in diretta, I fatti vostri, il segnale orario, le previsioni del tempo e le estrazioni del lotto, dove peraltro l'appestato riesce sempre, non si sa come, a piazzare i suoi libri), il Sacharov de noantri denuncia anche la vile aggressione subita in una libreria di Milano a opera di Piero Ricca, che ha attentato alla sua vita a domanda armata: Vespa sostiene che Ricca "è venuto a insultarmi", ma Ricca spiega al Corriere, e documenta
con un video, che le sue erano solo domande. L'ultima volta che i due s'incontrarono, Ricca gli spiegò che l'editore dei suoi libri possiede la Mondadori grazie a una sentenza comprata da Previti con soldi di B., ma lui disse che non gli risultava che Previti fosse stato condannato
per Mondadori (uno spettatore distratto avrebbe potuto dedurne che il giornalista di Rai1 fosse l'informato Ricca, non il disinformato Vespa). Ieri, fallita la missione sul Corriere, Cenerentolo ci ha riprovato con un'intervista al Giornale. Ha rivelato che, "se B. non fosse sceso in
campo 17 anni fa, avremmo avuto un'Italia meno libera" e che "Minzolini è un direttore scomodo" (mai come le sue note spese). Ha chiesto la cacciata di Loris Mazzetti: "Scrive da anni articoli contro la sua azienda" e "negli Usa sarebbe stato licenziato da un pezzo" (e chissà che ne sarebbe, negli Usa, di un mezzobusto Rai che chiede il licenziamento di un dirigente della sua azienda).

Infine la solita gnagnera: "Se non stai a sinistra, vieni collocato tra
i servi di Berlusconi". Nooo! Quale mente malata ha mai potuto anche solo pensarlo? Ora il Sacharov della tv teme per la propria incolumità, anche se gira con scorta, autoblu e lampeggiante: "L'11 dicembre a Roma, durante la mobilitazione Pd, qualcuno mi suggerisce di starmene
a casa. Perché magari qualche compagno della base... Io me ne andrò in giro tranquillamente". Bravo: lui marcerà come un sol uomo alla manifestazione anti-B.
Anche al prezzo della vita. Costi quel che costi. Anche perché, minaccia, "quando i moderati sbottano possono esserci
conseguenze imprevedibili": nel lazzaretto, potrebbero persino raddoppiargli lo stipendio.

http://ilgiornalieri.blogspot.com/2010/12/nessuno-tocchi-cenerentolo.html


La procura indaga su compravendita deputati


Cicchitto: "Grave intromissione della magistratura". Casini: "Non tutti siamo in vendita nel Palazzo". Verdini e Bondi annunciano la presentazione di un controesposto alla procura. Palamara: "Nessuna intromissione"

La procura di Roma ha aperto una inchiesta sulla presunta compravendita di deputati affinché assicurino la fiducia al governo Berlusconi in vista del voto del 14 dicembre. L’iniziativa nasce ad un esposto fatto oggi da Antonio Di Pietro. Al vaglio dei pm c’è già un altro fascicolo aperto, sulla base di notizie di stampa, riguardante la presunta compravendita di senatori.

Il numero uno dell’Italia dei Valori è stato interpellato per circa un’ora dal procuratore Giovanni Ferrara. Di Pietro ha verbalizzato così i suoi sospetti relativi, soprattutto, alle posizioni di due parlamentari del suo stesso partito, Domenico Scilipoti ed Antonio Razzi, passati al partito di ‘Noi Sud’. Il leader dell’Idv si è riservato anche di depositare nei prossimi giorni una memoria più approfondita. Di Pietro ha mostrato ai magistrati anche un dossier con alcuni articoli di giornale che si erano occupati della questione ‘compravendita dei deputati’. Nei confrontidi Scilipoti l’Idv avrebbe preso provvedimenti. Il medico siciliano è stato condannato in secondo grado a pagare 200mila euro, per una vicenda che nel luglio scorso si è trasformata in un avviso di garanzia per calunnia e produzione di documenti falsi. Il medico ha abitazione e altri sei immobili pignorati. Una condizione che poco si concilia con lo statuto del partito dipietrista. Che vede però la sua squadra di deputati scendere da quota 24 a 22, vicino alla fatidica soglia dei 20 necessari per mantenere in vita il Gruppo.

Un altro fascicolo, affidato al procuratore aggiunto Alberto Caperna, è stato aperto dopo un articolo del quotidiano La Repubblica. I magistrati stanno valutando per quale ipotesi di reato procedere. La più compatibile con ‘la compravendita di deputati’ sembra essere quella di corruzione. Anche se dal punto di vista giudiziario, è molto difficile provare il reato di corruzione. Non esiste, infatti, giurisprudenza in merito.

L’unico ‘precedente’ risale al 2008 dove nel provvedimento di archiviazione della posizione diSilvio Berlusconi, allora capo dell’opposizione al governo Prodi, su un presunto tentativo di avvicinamento a pochi giorni dall’approvazione della Legge finanziaria, di alcuni deputati della maggioranza di centrosinistra per convincerli a passare col centrodestra. Venne citato il caso di una interrogazione parlamentare ‘comprata’ fatta allora dall’onorevole Paolo Cirino Pomicino. Iniziativa per la quale il Parlamento non diede poi l’autorizzazione a procedere.

Il Pdl si è scagliato contro le indagini. L’intervento della procura di Roma “è gravissimo e apre una questione istituzionale molto rilevante perché‚ costituisce una gravissima intromissione nella libera dialettica parlamentare”, ha detto Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera. “Quando in questa legislatura – spiega – un numero assai significativo di Parlamentari ha abbandonato il PdL, la procura di Roma si è guardata bene dall’intervenire. Quando nel 1999 circa 30 parlamentari passarono dal centro-destra al centro-sinistra, anche allora silenzio assoluto. Adesso perch‚ Bersani, Violante, Di Pietro alzano la voce, allora la Procura di Roma interviene. Siamo di fronte all’estremizzazione dell’uso politico della giustizia e ciò è la dimostrazione che la situazione è insostenibile e pone problemi istituzionali assai seri”.

I conti interni a Fli. “Sette-nove parlamentari di Futuro e libertà, alcuni dei quali hanno firmato la mozione di sfiducia, hanno inviato una lettera al presidente della Camera Fini”. A rivelarlo èGiampiero Catone, deputato di Futuro e Libertà, intervenendo su Radio 24 alla Zanzara. In questa lettera, secondo Catone, “i parlamentari sostengono di essere favorevoli a un Berlusconi bis senza passare per le dimissioni del presidente del Consiglio in una fase delicata come questa”. L’obiettivo, dice Catone, e’ ottenere almeno “la liberta’ di voto al momento di scegliere in aula”. “Spero- dice Catone a Radio 24 – che la discussione possa riprendere dentro il partito. Non sarebbe democratico se decidessero solo, Briguglio, Bocchino e Granata”.

Immediata la reazione del Partito Democratico. “Cicchitto si confonde, il suo partito non è ancora riuscito ad eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale nè ad impedire alle procure di avviare autonomamente le indagini. Forse a furia di annunciare riforme della giustizia volte a controllare direttamente e indirettamente i pubblici ministeri, lo stesso Cicchitto si è autoconvinto di aver superato la base della nostra democrazia ovvero la separazione e distinzione dei poteri. Le sue parole sono in ogni caso molto gravi”, ha detto la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti.

Intanto Pierferdinando Casini, dato per disponibile a sostenere un eventuale Berlusconi bis, smentisce le voci. “Io voglio dire ai cittadini che non tutti siamo in vendita nel Palazzo”, ha detto il leader dell’UDc. Circa l’apertura di una inchiesta della Procura di Roma sulla presunta compravendita di voti in Parlamento in vista della fiducia al Governo Berlusconi e sulle proteste del Pdl, l’ex presidente della Camera ha detto: “Mi meraviglio che il Pdl protesti: perché, si sente chiamato in causa forse? Io credo che in questi momenti – ha proseguito Casini – stanno avvenendo fatti che umiliano fortemente la politica e le istituzioni. E la responsabilità -ha aggiunto- non è solo di chi fa questa campagna acquisti, è anche e soprattutto di chi si fa acquistare, di chi viene meno ad un dovere che è quello di crearsi un’opinione e di votare nell’interesse dei cittadini. Quando un politico non si crea un’opinione ma fa una scelta di convenienza, magari perchè c’è una sorta di trattativa parallela, quel politico umilia la gente e l’Italia”.

Bondi e Verdini annunciano la presentazione di un controesposto alla procura. “Poiché in questi giorni abbiamo assistito a tutta una serie di calunnie su una presunta compravendita di parlamentari da parte del PdL, sfociata addirittura in una denuncia alla procura di Roma che ha già aperto un’inchiesta, vogliamo che se deve essere fatta chiarezza questo avvenga a 360 gradi. Nel corso degli ultimi due anni – dicono i due coordinatori del Pdl – ci siamo ben guardati dal denunciare le stranezze di chi, in modo più che sospetto, ha usato il tram del PdL, salvo poi scendervi in corsa per passare ad altri schieramenti o per formarne di nuovi. Non solo non abbiamo detto nulla noi, ma di certo non abbiamo sentito una voce dei vari Bersani, Fini e Di Pietro, così pronti oggi a lanciare accuse infondate”.

La risposta dell’Anm. “L’apertura di un fascicolo sulla presunta compravendita di deputati non è assolutamente un’intromissione”. Così dice Luca Palamara, interpellato in merito alle polemiche sollevate dalla maggioranza dopo l’apertura di due fascicoli presso la Procura di Roma sulla presunta ‘compravendita’. Ci troviamo invece davanti – ha aggiunto Palamara – alla solita mistificazione dell’operato della magistratura, la quale svolge i compiti che la Costituzione e la legge le impongono”.





Iran, la tv smentisce la liberazione di Sakineh



La televisione iraniana in inglese PressTv ha smentito oggi il rilascio di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, sottolineando che la donna e' stata portata nella sua abitazione solo per realizzare un programma che sara' trasmesso questa sera.

La notizia della liberazione della donna, condannata alla lapidazione per adulterio e in attesa di sentenza in un processo per l'uccisione del marito, era stata data ieri sera dal Comitato internazionale contro la lapidazione, con sede in Germania.

Il rappresentante del Comitato in Italia aveva detto che Sakineh e suo figlio, Sajjad Ghaderzadeh, anch'egli arrestato nell'ottobre scorso, erano stati visti nel cortile della loro casa di Tabriz, nel nord-ovest dell'Iran. La televisione PressTv aveva effettivamente diffuso fotografie di Sakineh e del figlio nella casa. Ma 'contrariamente ad una vasta campagna di propaganda da parte dei mezzi di informazione occidentali secondo cui l'assassina Sakkineh Mohammadi-Ashtiani e' stata rilasciata - spiega oggi sul suo sito PressTv - una nostra equipe televisiva, ha concordato con l'autorita' giudiziaria di seguire la Ashtiani nella sua abitazione per produrre una ricostruzione video dell'omicidio sulla scena del delitto''.

Il Comitato internazionale contro la lapidazione aveva annunciato il 2 novembre scorso anche l'impiccagione per il giorno dopo di Sakineh.

Il suo caso è diventato uno dei simboli della battaglia per i diritti civili. Ieri la notizia della presunta liberazione (smentita oggi). La notizia era stata data da Commissione internazionale, una Ong con sede in Germania. Secondo la Ong la donna era stata liberata assieme al figlio, all'avvocato e a due giornalisti tedeschi arrestati in connessione con il caso.

L'11 ottobre infatti la vicenda si era complicata con l'arresto del figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh e del suo avvocato Houtan Kian, nonchè di due giornalisti tedeschi: le forze di sicurezza iraniane hanno fatto irruzione nello studio del legale nel corso di un'intervista.

Questo ha portato anche la Germania a esercitare forti pressioni su Teheran per la liberazione dei suoi cittadini (un falso allarme c'è stato il 4 novembre quando Amnesty International ha annunciato la liberazione, poi smentita, del figlio e dell'avvocato).

Il 16 novembre scorso una donna, identificata come Sakineh dalla tv iraniana, era comparsa in video chiedendo "perdono" per i suoi peccati; immagini che avevano allarmato il mondo facendo pensare a una esecuzione imminente.

LA CONDANNA - Sakineh Mohammadi Ashtiani, madre di due figli, è stata condannata nel maggio 2006 per aver avuto una "relazione illecita" con due uomini ed è stata sottoposta a 99 frustate, come disposto dalla sentenza. Successivamente è stata condannata a morte per "adulterio durante il matrimonio" e per complicità nell'omicidio del marito. Nel 2007, però, una corte d'appello iraniana aveva commutato la pena all'impiccagione per complicità nell'omicidio del marito in dieci anni di reclusione, confermando invece la lapidazione per il reato di adulterio.

IL BRACCIO DELLA MORTE -
La donna è rinchiusa dal 2006 nel braccio della morte della prigione di Tabriz, nella zona nord-occidentale dell'Iran.

MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE - Diversi Paesi, tra cui anche Stati Uniti e Brasile, avevano offerto asilo alla donna per tentare di salvarle la vita; offerta respinta dall'Iran, secondo cui gli altri Paesi "non hanno gli elementi per giudicare la vicenda". Grande il coinvolgimento nella vicenda anche di diversi paesi europei fra cui in prima fila l'Italia e la Germania.

Iran, Sakineh libera solo per un programma tv.


La tv di Stato smentisce la scarcerazione. Accusata di omicidio e adulterio, rischia la lapidazione. Secondo gli attivisti "Sakineh era stata davvero liberata. Il regime ha usato il suo rilascio per la questione nucleare"

Sakineh Ashtiani, la donna iraniana incarcerata per adulterio e concorso in omicidio per la morte del marito

E’ giallo sul rilascio di Sakineh Ashtiani, la donna condannata a morte per adulterio e concorso nell’omicidio del marito dal regime di Teheran. La televisione iraniana in lingua inglese PressTv ha smentito la notizia del suo rilascio diffusa ieri sera dal Comitato internazionale contro la lapidazione, con sede in Germania. La donna è stata portata nella sua abitazione solo per registrare un’intervista televisiva che andrà in onda questa sera.

La televisione ha spiegato che le immagini diffuse (che mostravano la donna nella sua casa) facevano parte di un documentario che andrà in onda questa sera con lo scopo di ribadire la sua colpevolezza nell’omicidio del marito. Nessuna conferma da parte iraniana era venuta ieri sul rilascio e fonti diplomatiche contattate avevano detto di non sapere nulla in proposito.

”Sakineh era stata effettivamente liberata, forse tre giorni fa. Il regime ha usato il suo rilascio perché, intanto, erano in corso i colloqui tra l’Iran e il gruppo del 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania, ndr) sulla questione nucleare”. E’ quanto sostiene Taher Djafarizad, attivista del Comitato antilapidazione che ieri è stato tra i primi ad annunciare la liberazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, poi smentita dalla tv iraniana. La versione della televisione locale Presstv secondo cui l’iraniana si trovava effettivamente nella sua abitazione di Tabriz, ma solo per rilasciare un’intervista non convince Djafarizad. “Sakineh era stata davvero liberata. Lo avevano annunciato anche alcuni quotidiani vicini al regime. Ma poi l’hanno riportata in carcere ingannando ancora una volta lei e la comunità internazionale. E’ stata usata da Teheran come carta da giocarsi ai colloqui sul nucleare” a Ginevra di pochi giorni fa, ha osservato l’attivista.

Sakineh Mohammadi-Ashtiani, 43 anni, di Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, è stata condannata nel 2006 alla lapidazione per adulterio, con sentenza poi sospesa nel luglio scorso, ed è in attesa di sentenza in un processo per l’uccisione del marito.

Il rappresentante in Italia del Comitato internazionale contro la lapidazione aveva detto ieri che Sakineh e suo figlio, Sajjad Ghaderzadeh, anch’egli in carcere, erano stati visti nel cortile della loro casa di Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran. La televisione PressTv aveva effettivamente diffuso brevissime immagini di Sakineh e del figlio nella casa per presentare un documentario che andrà in onda oggi. Ma “contrariamente ad una vasta campagna di propaganda da parte dei mezzi di informazione occidentali secondo cui l’assassina Sakineh Mohammadi-Ashtiani è stata rilasciata – spiega oggi sul suo sito PressTv – una nostra equipe televisiva ha concordato con l’autorità giudiziaria di seguire la Ashtiani nella sua abitazione per produrre una ricostruzione video dell’omicidio sulla scena del delitto”.

Il Comitato internazionale contro la lapidazione aveva diffuso il 2 novembre scorso anche la notizia, poi risultata infondata, su una imminente impiccagione della donna.