mercoledì 12 agosto 2015

IL COLLASSO DELLA BIOSFERA: LA PIU' GRANDE BOLLA ECONOMICA DI SEMPRE. - GLEN BERRY

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EcoInternet

La terribile diseguaglianza per cui 200 persone possiedono metà delle ricchezze della terra mentre più di un miliardo vive con meno di 1,50$ al giorno è il diavolo incarnato e ci ucciderà” - Dr. Glen Barry

I giornali sono pieni di avvertimenti disastrosi che potrebbero verificarsi nel caso in cui l’economia della Grecia non dovesse tornare a crescere, o qualora quella cinese perdesse un paio di punti in termini di crescita. Raramente, nella storia dell’essere umano, così tanti si sono sbagliati in modo così lampante sull’importanza e l’opportunità, o anche solo la possibilità, di una crescita economica perpetua.

La vera minaccia al benessere dell’essere umano non è la scarsa crescita economica, ma il fatto che c’è troppo e che abbiamo oltrepassato il limite oltre il quale la crescita va verso la distruzione del nostro ambiente condiviso.
La crescita industriale economica sta saccheggiando gli ecosistemi naturali. Grandi quantità di capitale naturale -inclusa l’acqua, la soia, le foreste antiche, il pesce selvatico, ecc- sono state saccheggiate per gonfiare artificialmente i numeri della crescita economica di breve periodo.
La miope lente del capitalismo moderno industriale che usa la crescita del PIL come parametro di una società in stato di benessere ha completamente fallito nel tener conto dei reali e rovinosi costi di liquidazione dei sistemi naturali terrestri.
Una crescita infinita in un pianeta finito è la ricetta del disastro. Niente cresce per sempre. Niente cresce per sempre e il tentarlo squarcia inevitabilmente il sistema che tenta di farlo.
Continuare a devastare gli ecosistemi naturali della terra per una crescita sul breve periodo è la più grande bolla economica mai vista. Un tale breve periodo, uno sguardo miope sulla crescita economica può solo finire in un collasso sociale ed ecologico.

Il problema
Il sistema ecologico globale sta collassando, sta morendo. La biosfera- il nostro ambiente condiviso che rende la terra abitabile- vede i suoi ecosistemi costitutivi liquidati per lo sfruttamento delle sue risorse. L’eccessivo e ineguale consumo ha raggiunto un punto in cui i confini ecologici del pianeta sono stati sorpassati, arrivando alla reale possibilità di tirar giù la biosfera quando noi collasseremo.
Ci siamo spinti oltre, al punto in cui il brusco cambiamento climatico nelle sue varie forme di perdita dell’ecosistema naturale quali zone oceaniche morte, erosione terrestre, deposito di nitrogeno e molti altri aspetti del declino ecologico si incorporano e si danneggiano gli uni con gli altri.
Questa improvvisa crescita dell’impatto umano sull’evoluzione naturale della biosfera –gli esseri umani sono passati da uno a sette miliardi in un secolo- può onestamente essere definito come un ecocidio intenzionale.
Questa implacabile crescita industriale continua ancora ad essere, in modo del tutto erroneo, accostata al progresso. Molti non saranno disposti a cogliere le avvisaglie di un tragico epilogo da parte degli scienziati fino a che questi non saranno notevolmente più a disagio e preoccupati di quanto siano ora. Sarà comunque troppo tardi.
Il processo intrapreso per evitare il collasso della biosfera globale è stato bloccato da molti altri mali che affliggono la condizione umana incluse le condizioni di disuguaglianza, le guerre permanenti, le malattie, la miserabile povertà e l’autoritarismo. Un’orrenda iniquità, dove 200 persone possiedono metà dei beni presenti sulla Terra mentre più di un miliardo vive con meno di 1,50$ al giorno, è l’incarnazione del diavolo e ci ucciderà tutti.

La visione
Una crescita economica esponenziale in una Terra finita può portare solo a un collasso. L’umanità deve accettare una situazione economica stabile –in cui l’incremento del capitale naturale raccolto viene rigenerato annualmente- o la sua stessa fine. Ampi e connessi ecosistemi naturali devono rimanere il teatro della società umana.
L’umanità eviterà il collasso della biosfera se sceglieremo di vivere in modo più semplice, condividendo di più con gli altri, tornando al valore della terra, avendo meno figli, proteggendo e ricostituendo gli ecosistemi, nutrendoci di più del nostro cibo, smettendo di usare i combustibili fossili e accogliendo la giustizia sociale e l’amore.
Coloro che sono intelligenti e che lavorano più duramente continueranno ad avere di più ma non in maniera così grottesca. I bisogni primari di tutta l’umanità, degli ecosistemi naturali e delle specie simili verranno così soddisfatti.
La sfida del nostro tempo è di abbracciare rapidamente questi bisogni cercando di rimanere liberi ed estendere i benefici di un’esistenza libera ed economicamente sicura a tutti gli abitanti della Terra. Gli insediamenti umani devono essere costretti a vivere sottostando ai limiti delle loro bioregioni, agganciando l’essere umano ai limiti ecologici locali.
Il fallimento nel tentativo di generare un minor numero di figli, di terminare l’uso dei combustibili fossili, di restaurare gli ecosistemi naturali, comporterà la diffusione e il peggioramento del caos ecologico, morti in massa e una sorta di anarchia, prima che l’umanità ricada nel nulla più completo.

La transizione
Una vita migliore delle tossiche cazzate che uccidono noi e gli altri, è possibile. Richiede un ritorno a un involucro primordiale di sistemi naturali che rivalutino l’esperienza del troppo. Si conosce già molto in termini di tecniche per vivere e lavorare in modo più sostenibile, per educare se stessi e iniziare la transizione della propria famiglia verso una vita più leggera sulla Terra.
Dobbiamo cercare di tornare alla terra. Il più della nostra sussistenza dovrà venire da quello che produciamo dalla terra, dalla soia, dal sole e dal duro lavoro. Il futuro del lavoro risiede nella permacultura, imprese rivitalizzate, e una propria espressione creativa che alimenti la conoscenza e l’evoluzione umana.
La visione Jeffersoniana di una democrazia agraria richiede uno stile di vita totalmente sano sulla terra, frutto delle nostre mani e menti, con la volontà di respingere l’autoritarismo e il suo odio deleterio, il bigottismo e i capri espiatori. Dobbiamo partecipare assieme agli altri alla nostra comunità per rilocalizzare le nostre esistenze, e abbracciare la famiglia globale.
Il capitalismo potrà avere un qualche futuro nel momento in cui ci mobilitiamo per evitare il collasso della biosfera, introduciamo una tassa sul carbone che cerchi di abolire gradualmente l’emissione di combustibili fossili e una deindustrializzazione di tutte le attività che hanno un impatto negativo sulla biosfera; tutto ciò sarà essenziale. Altrimenti il capitalismo industriale dovrà essere sostituito a tutti i costi.
Negli Stati Uniti e nel mondo stiamo già assistendo alla crescita della demagogia autoritaria. La natura ciarlatana di tale pensiero politico dev’essere espulso come segno del nostro impegno verso una libertà verde. Assieme possiamo farcela.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15422

VIVA IL MODELLO AMERICANO ! O FORSE NO, QUESTI DIMOSTRANO UN'ALTRA VERITA'. - Marcello Foa

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Il Cuore Del Mondo

Confesso : sono stato, in gioventù, un grande ammiratore degli Stati Uniti. Poi, da inviato speciale, ho iniziato a girare questo grande Paese in lungo e in largo ma non nelle solite, note grandi città – New York, San Francisco, Boston, Washington – bensì nell’America profonda, quella, noiosissima, mai battuta dai turisti e dove i giornalisti si recano solo se costretti dai loro direttori. Un paio di anni fa con la mia famiglia abbiamo trascorso le vacanze negli Usa ; lasciammo la Grande Mela per addentrarci nello Stato di New York, su verso Albany e Catskills Mountains, sedotti dalla descrizione, letta sulle guide turistiche, dei tipici, deliziosi villaggi, simbolo di una vecchia America.

Bastarono poche decine di chilometri per restare sconcertati: i villaggi erano davvero vecchi ma tutt’altro che deliziosi. Erano angoscianti, costellati di case derelitte e talvolta piegate su ste stesse ; viaggiavamo su strade piene di buche da cui spuntavano erbacce che nessuno strappava più da tempo e intorno a noi vedvamo solo povera gente. I più fortunati vivevano in baracche di legno, gli altri vagavano trascinando i propri cenci nei carrelli della spesa.
Scoprimmo, allora, l’altro volto dell’America, quello che i turisti non vedono mai sulla Fifth Avenue o nel centro di San Francisco ed è un’America molto più numerosa di quanto si immagini, isolata, ignorata da tutti, abbandonata a se stessa.

Capii allora che erano veritiere le denunce di un commentatore molto coraggioso l’economista Paul Craig Roberts; non uno qualunque, ma uno dei principali collaboratori del presidente Reagan, docente universitario, pluripremiato. Craig Roberts sostiene che parte dei dati concernenti gli Usa, a cominciare da quelli sulla disoccupazione, non sono attendibili, in quanto manipolati alla fonte. Per intenderci : è uno di destra, un liberale. Ma con gli occhi aperti e un’autentica passione civica al servizio del proprio Paese.

Ora, grazie alla segnalazione di un amico, scopro uno studio di due docenti americani, Hershey H. Friedman e Sarah Hertz, intitolato: “Gli Stati Uniti sono il miglior Paese al mondo? Ripensateci”, basato su una serie di statistiche internazionali, da cui trova conferma il ritratto di un Paese in fase di evidente involuzione sociale, politica ed economica. Qualche dato: nella classifica sulla percentuale della popolazione che vive in povertà, gli Usa sono al 35 esimo posto su 153. Quella riguardante i bambini in povertà nei Paesi occidentali è ancora più disastrosa: gli Usa sono 34esimi su 35, solo la Romania fa peggio. Sono il quarto Paese al mondo con la maggior disuguaglianza reddituale, dietro a Cile, Messico e Turchia. E gli stessi americani non si sentono molto felici: sono appena al diciassettesimo posto della classifica mondiale. L’aspettativa di vita è bassa: gli Usa sono appena 42esimi, mentre battono tutti riguardo la popolazione carceraria: hanno 2,2 milioni di detenuti, molto più della Cina (1,6 milioni) che però ha una popolazione oltre 3 volte maggiore e della Russia dell’orribile Putin (600 mila). Secondo una fonte insospettabile, l’Economist, nemmeno Stalin raggiungeva queste cifre.
Potrei continuare ma mi fermo qui. Intuisco lo sconcerto del lettore, che si chiede: ma come? Io pensavo che l’America… Già, lo pensavamo tutti, ma per valutare davvero questo Paese non ci si può limitare agli annunci ufficiali, che descrivono solo una parte della realtà, ignorando tutto quello che non collima con la verità ufficiale, con il mito che Hollywood e le tv continuano ad alimentare.
Quanti film avete visto sui 45 milioni di americani in povertà?
Quante denunce giornalistiche?
Chi solleva questo tema nei dibattiti televisivi?
La risposta è sempre la stessa: nessuno.

Tutti pavidi e conformisti, tranne pochi commentatori coraggiosi come Paul Craig Roberts.
That’s America. Purtroppo.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15427