domenica 27 dicembre 2009

Carcere di Teramo, muore il «negro» - Il detenuto testimone del pestaggio.

Di lui parlava in un nastro anonimo mandato ai giornali il capo dei secondini: «Il negro» ha visto tutto.

MILANO - Un detenuto, Uzoma Emeka rinchiuso nel carcere di Castrogno, è morto venerdì scorso in circostanza misteriose nell'ospedale di Teramo. Nigeriano, 32 anni, condannato a due anni per spaccio di stupefacenti, l'uomo aveva assistito il 22 settembre al pestaggio di un altro detenuto. In quell'occasione scoppiarono le polemiche perché un nastro anonimo, che parlava delle violenze, fu affidato alla stampa: «Non si massacrano così i detenuti in sezione, si massacrano sotto... il negro (Uzoma Emeka) ha visto tutto». Queste parole, dette da Giuseppe Luzi, capo delle guardie carcerarie ad un sottoposto, furono registrate da qualcuno e inviate al quotidiano locale La Città. Luzi fu sollevato dall'incarico dal ministro della Giustizia Alfano. Ora, a distanza di tre mesim arriva il decesso di Uzom. La procura ha aperto un'inchiesta anche su questa morte e secondo il quotidiano La Stampa, che lunedì mattina riportava la notizia, i giudici hanno disposto che l'autopsia del giovane nigeriano sia filmata.

MANCONI - Sentitosi male alle 8.30 mentre era al telefono con la moglie, Uzoma Emeka, è stato ricoverato in ospedale nel pomeriggio quasi cinque ore dopo ed è morto. «Non sappiamo, ma in ogni caso è certo che a Teramo si è verificato l’ennesimo caso di ’abbandono terapeutico’», commenta in una nota Luigi Manconi, presidente dell’associazione A buon diritto. «Ora, va da sé - aggiunge - si parla di ’morte per cause naturali’: ma sappiamo che oltre il 50% dei decessi in cella è classificato come dovuto a cause da accertare». Autolesionismo, abusi, morti improvvise, overdose presentate come suicidi, suicidi presentati come overdose, mancato aiuto, assistenza negata, «è un vero e proprio regime di omissione di soccorso - dice Manconi - quello che governa il sistema penitenziario italiano. Sullo sfondo di questo tragico avvenimento, l’ultimo di una lunga teoria di morti o inspiegate o sospette, c’è la vicenda del ’negro ha visto tutto’, del ’massacro’ involontariamente confessato, dei testimoni che esitano a parlare. Forse non ci sono ’misteri’ nel carcere di Teramo, ma certamente c’è un bubbone che va eliminato».

I DATI - Con il detenuto nigeriano morto nel carcere di Teramo le morti in carcere nel 2009 toccano quota 172: viene così superato il triste record del 2001, che aveva segnato con 171 detenuti morti, il numero più alto di morti in carcere nella storia della Repubblica. I dati sono dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere. Negli ultimi 10 anni, nelle carceri italiane, sono morte 1.560 persone, di queste 558 si sono suicidate. Per la maggior parte si trattava di persone giovani, spesso con problemi di salute fisica e psichica, spesso tossicodipendenti.

http://www.corriere.it/cronache/09_dicembre_21/detenuto-testimone-morto-teramo_0ffb1548-ee23-11de-9127-00144f02aabc.shtml

Il caso di Stefano Cucchi si infittisce..........




Violenza politica e aggressione a Berlusconi. L'Economist: “Attenti alle rivolte popolari”!

Nel 2010 la violenza sociale e politica, causata dalla grande crisi economica e occupazionale, che nel mondo produrrà oltre 60 milioni di disoccupati in più rispetto al 2008 e 200 milioni di lavoratori “a rischio” che potranno basarsi su un salario di appena 1,30 euro al giorno, metterà a rischio elevato la stabilità di 78 stati.
E’ questa l’analisi fatta dall’Unità di Intelligence dell’autorevole settimanale inglese Economist e confermata da analoghi studi svolti dal Fondo Monetario Internazionale, dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e dalle Nazioni Unite.
Insomma, uno scenario a tinte fosche, che rischia di aggravare le tensioni sociali che, almeno per ora, in Europa sono state controllate dalle organizzazioni sindacali, dai movimenti politici di opposizione e dalla tenuta di una “pax” sociale, figlia di alcuni decenni di economia altalenante ma pur sempre in espansione.

Su 166 Stati monitorati, dunque, 78 sono considerati ad alto rischio di rivolte popolari: in maggioranza nell’Africa Sub-sahariana e centrale, ma anche nell’Europa dell’Est, nell’Asia (compresa la Cina in continua espansione industriale) e in America latina e centrale. Rischio medio per 51 paesi e più contenuto per altri 37.
In queste due ultime categorie vengono compresi la maggior parte dei membri dell’Unione Europea, con punte critiche per Gran Bretagna, Francia, Irlanda, Spagna e Portogallo, oltre ad Islanda e alle tre Repubbliche Baltiche (Lettonia, Estonia e Lituania).

Una situazione, sostengono gli analisti, che continuerà oltre il 2010, in quanto la fine della recessione (la peggiore degli ultimi 80 anni, rispetto a quella già drammatica del 1929) non porterà nuova occupazione, ma vedrà “la crescita di povertà e disuguaglianze, riduzione delle classi medie e il rincaro dei prezzi delle derrate alimentari, oltre ad una cura di austerità dopo gli alleggerimenti fiscali accordati nel 2009”.
Uno stato di crisi sociale, aggravata dunque dall’estensione del numero dei disoccupati e della caduta dei livelli salariali in tutto il mondo, che ha spinto il Senato degli Stati Uniti ad ascoltare in un’audizione speciale il capo dei Servizi segreti interni, il DNI (la CIA invece opera all’estero), l’ammiraglio Dennis Blair, che ha parlato dei danni legati alle conseguenze potenziali del rischio per l’instabilità politica provocata proprio dalla crisi, divenuta così “la principale preoccupazione degli Stati Uniti a breve termine in materia di sicurezza”.
Rispetto alla fine degli anni Sessanta e metà degli anni Settanta, quando non solo la crisi economica dovuta al primo stop della crescita economica del dopoguerra, ma anche l’esplosione della contestazione culturale e sociale di studenti e giovani lavoratori, portarono a forme di violenza di piazza e, in alcuni paesi, come Italia e Germania, anche alla nascita di gruppi “rivoluzionari” armati (Brigate Rosse, Prima Linea, a sinistra, e Ordine Nuovo a destra, in Italia, la RAF in Germania federale), questa volta non si prevede almeno per ora il ripetersi di organizzazioni terroristiche.

Oggi , sostengono gli analisti dell’Economist, stiamo vivendo “la calma prima della tempesta”, tanto che: “Gli elettori finora non hanno votato in massa per l’estrema sinistra o per la destra populista.
Le vittime della crisi hanno per lo più sofferto in silenzio.
Ma non per questo finora non è detto che questo allarme non sia fondato! E’ troppo presto per affermarlo.
Alcuni elementi lasciano pensare che il 2010 potrebbe essere un anno di sconvolgimenti”.

In questo contesto, all’interno del numero speciale dell’Economist-Courrier International, ci si domanda come faccia “l’instancabile Cavaliere a resistere a tutti gli scandali, alla popolarità in calo, ad un bilancio economico critico”.

Certo il “Nababbo dei media”, che si comporta come un “Nerone”, sostiene l’Economist, “beneficia ancora dell’importante sostegno popolare, seppure in ribasso” e ce la metterà tutta per mantenere il suo potere, nonostante o grazie anche al suo “viso da clown, con un sorriso smagliante sotto una coltre di fondo tinta sempre più spesso”.

Molto dipenderà anche dall’opposizione, ritenuta ancora debole, seppure rafforzata dalla nuova leadership del PD, guidato da Bersani, “uomo competente e intransigente, antico esponente comunista, un avversario molto combattivo per Berlusconi”.

Ma la crisi economica ancora forte, il debito pubblico troppo alto, l’impossibilità di basarsi sulla ripresa delle esportazioni e una bassa crescita del PIL per il 2010, saranno le spine nel fianco del governo di questa destra che ha reso “l’Italia un’anomalia nel mondo occidentale, un paese diretto da un populista, una società che resiste ferocemente alle liberalizzazioni”, che fa ancora dichiarare l’Economist: Berlusconi “inadatto a dirigere l’Italia”!
Gli ultimi dati ISTAT sulla disoccupazione che cresce in maniera esponenziale, la fine degli ammortizzatori sociali per gran parte di cassintegrati e lavoratori “atipici”, la riduzione dello stato di benessere delle classi medie, la chiusura di tante fabbriche e l’aumento degli “inoccupati” (soprattutto giovani neolaureati), creeranno quelle condizioni di allarme sociale che, appunto, l’Economist segnala nel suo Rapporto di fine anno.
Altro che giornali e programmi televisivi e giornalisti istigatori di violenza e incubatori di terrorismo!

Le gioiose, pacifiche e responsabili manifestazioni popolari del 3 ottobre e del 5 dicembre dimostrano come i movimenti spontanei, il “popolo della Rete”, grazie alla forza di penetrazione del WEB e dei “socialnetwork”, hanno fatto crescere una coscienza critica matura che si oppone a questo “regime mediatico autocratico” della “destra anomala italiana”, come la definiscono tutti i più autorevoli giornali internazionali ( la stragrande maggioranza di orientamenti conservatori!).

Sono questi il baluardo della moderna democrazia. Altro che censurarli o ridurre al silenzio.
Norme repressive contro qualsiasi forma di comunicazione ed espressione di contestazione di piazza possono portare solo ad acuire lo scontro sociale.

E’ già successo negli anni Settanta, quando solo grazie alla determinazione e senso dello Stato del Partito Comunista, dei sindacati, dei movimenti pacifisti e di una parte della magistratura si riuscì ad isolare e battere la violenza e il terrorismo di estrema sinistra e di destra, e a scompaginare la “strategia della tensione e delle stragi”, messa in atto da settori deviati dello stato e dei servizi segreti e dagli ambienti affaristico-politici (come i piduisti).

Altro che le ricostruzioni astruse di una giovane ministra, Mara Carfagna, in quegli anni appena nata, che rifà la storia secondo i suoi interessi di parte, stravolgendo i fatti che insanguinarono l’Italia, da Piazza Fontana ai tanti martiri per la libertà, molti dei quali uccisi o gambizzati perché “servi del padrone e del PCI”.
Dopo l’aggressione a Berlusconi ha infatti dichiarato che: “L'impressione è che l'opposizione, debolissima ed egemonizzata da quell'Antonio Di Pietro che ancora oggi non si vergogna di scherzare col fuoco e, di fatto, porta fuori il suo partito da quell'insieme di regole democratiche condivise fatte di confronto duro ma corretto, stia facendo come negli anni Settanta, quando il PCI, per non dovere affrontare la propria base, chiuse un occhio e cullò al suo interno quelli che sarebbero diventati terroristi assassini".

Anche questo revisionismo storico, dannoso e infantile, ci spinge come Articolo 21 a manifestare per la difesa della Costituzione repubblicana, messa in pericolo proprio dalla maggioranza di destra, che vorrebbe stravolgerne i contenuti, per consegnare tutti i poteri ad un monarca mediatico, “allergico” a qualsiasi contrappeso istituzionale.

L’ultimo Governo Prodi è stato in carica per un totale di 722 giorni, ovvero 1 anno, 11 mesi e 19 giorni, dal 17 maggio al 7 maggio del 2008, e dal primo giorno dopo la vittoria dell’Ulivo, fino all’ultimo giorno, Berlusconi e tutto l’apparato mediatico suo alleato non lo riconobbero mai, anzi lo accusarono di non aver vinto, ma di aver imbrogliato “il voto popolare”; né Berlusconi telefonò mai a Prodi per riconoscerne la vittoria.
Era ritenuto un “nemico” e non un “avversario”, un “usurpatore” e non un leader eletto democraticamente a Palazzo Chigi!
Questa è stata la strategia mass-mediatica della destra, che poi culminò con la manifestazione di San Giovanni contro il governo Prodi, zeppa di urlanti gruppi della destra estrema, che scandivano slogan violenti, come tutte le TV ripresero.

Il 2010 sarà ancora un “annus horribilis” per l’Italia e per gli altri paesi occidentali in crisi. “Attenzione alle rivolte popolari”, ammonisce l’Economist!
Attenzione, quindi, al malessere generalizzato che potrebbe esprimersi fuori da qualsiasi schema e senza che le organizzazioni storiche del consenso (partiti, sindacati e movimenti) potranno controllare e convogliare in dissenso democratico.
In quel caso, se le previsioni si avverassero, saremmo tutti perdenti e la democrazia ne uscirebbe ferita e sconfitta.

Altro che leggi censorie contro Facebook, giornali, giornalisti e programmi televisivi “indigesti”.

http://www.articolo21.org/6302/editoriale/violenza-politica-e-aggressione-a-berlusconi.html

E' quello del segreto di stato sulle intercettazioni il codice deontologico del partito dell'Amore?

Articolo 21 ha appreso dal Quotidiano Il Fatto che è stato posto il segreto di stato sull’archivio riservato del Sismi sequestrato il 5 luglio 2006 dalla Digos su mandato della Procura di Milano nell’ufficio segreto di via Nazionale 230 a Roma e gestito dall’analista Pio Pompa, fedelissimo dell’allora direttore Niccolò Pollari.
La motivazione è direttamente legata all’autorizzazione che sarebbe stata data a quelle intercettazione dal presidente del Consiglio dei ministri.
«E’ ora di farla finita con la schedatura degli avversari». – afferma l’associazione Articolo 21, il cui portavoce Beppe Giulietti appare nell’elenco degli intercettati -
«E’ questo il nuovo clima, quello richiamato dal Partito dell’amore? Non è che tra gli istigatori ci sono proprio alcuni che parlano di questo partito?». – sono alcune delle domande che pone l’associazione.

Da parte sua il portavoce dell’associazione Beppe Giulietti afferma che «per quel che mi riguarda preferisco non parlare del mio caso specifico.
Ci sono persone più esposte, magistrati che ogni giorno si impegnano contro le mafie e la camorra e direi di dedicare la nostra attenzione a loro.
Sul piano politico» – prosegue Giulietti - «è forse è giunto il momento di aprire una grande campagna per chiedere che nel nostro Paese il segreto di Stato venga tolto non solo su questa vicenda ma anche su Piazza Fontana, Piazza della Loggia; sugli atti di mafia e di camorra.
Ci sono troppe carte secretate». – conclude Giulietti. «Se davvero si vuole promuovere una stagione del dialogo, si rendano pubbliche tutte le carte che rendono difficile il dialogo, in modo da liberarsi di tutti i veleni e di tutte le metastasi alcune delle quali ancora operanti».


http://www.articolo21.org/1213/news/e-quello-del-segreto-di-stato-sulle.html