domenica 3 novembre 2013

Casi umani. - Rita Pani


La vera Rivoluzione, illustre ministro Cancellieri, sarebbe quella di esigere non più l’abolizione dei vostri privilegi, ma l’estensione di questi a tutto il popolo italiano. 
In questo paese che gira al contrario, voi pedalate all’inverso con l’arroganza di chi ha capito che a qualunque vostro insulto, non sortirà alcuna reazione, se non l’assurda proliferazione di “nuovi guru” e salvatori di altri interessi privati, che guideranno altri piccoli eserciti di marionette dalla faccia pulita e dalle mani senza calli.
Oggi in tanti esigono le sue dimissioni, e gridano allo scandalo, all’ennesimo sopruso. 
In questo mondo che gira al contrario io vado controcorrente, e data la sua propensione all’umanità le chiedo di restare e di continuare a lavorare per la “Rivoluzione del diritto di tutti”.
Un ottimo ministro umanitario, già da stamattina avrebbe dovuto telefonare a giudici e tribunali per far sì che venissero liberati dal carcere tutti i ladri e i rapinatori che hanno compiuto reati per la sopravvivenza. 
Tutti quei disgraziati tossicodipendenti, finiti in galera per disperazione. 
Gli assassini che hanno ucciso il proprio sfruttatore. 
E quella miriade di persone senza volto e senza nome, che vivono dimenticati dentro le patrie galere, senza nemmeno avere la possibilità di un’assistenza legale che consenta loro di poter arrivare fino a lei, fino al vertice di questa “catena alimentare”, che tutti ci divora.
600  milioni di buco, gravi danni economici a 12.000 piccoli risparmiatori e oggi “casi umani” che meritano l’interessamento diretto di un ministro?
Spregevoli ladri, che dai tempi di Bettino Craxi hanno depredato la vita di tutti noi, continuando col ladrocinio istituzionalizzato da un ventennio berlusconista, che alla fine della razzia ci aveva insegnato a credere che fossimo vittime di questa fantomatica crisi economica. 
Tutta gente raccontata come appartenente ai “salotti buoni” della nostra economia, che a pensarci verrebbe da chiedersi: “se questi son quelli del salotto buono, chi entrerà mai dalla porta di servizio?”
Non è il suo gesto umanitario, a sconvolgermi, Ministro Cancellieri, semmai la solerzia con la quale ci si impegna per tirar fuori, o non far mai finire in galera, tutti gli adepti di questa banda di criminali, che  dovrebbero risarcire un intero paese depredato e ridotto in ginocchio, da un tempo ormai troppo lontano. 
Da quando Mister 5% inventava e perfezionava sistemi tangentizi, corruzione e ladrocinio.
È proprio questa gente ad essere oggi responsabile, almeno moralmente, di tutti quei piccoli reati che hanno portato in galera persino chi ha rubato il cibo per sfamare i suoi figli. 
Gente che almeno in galera ha un pasto garantito.
Si faccia raccontare che significa per una famiglia senza lavoro, avere anche il pensiero di un figlio, un padre o un fratello in galera. 
Si faccia raccontare la disperazione di chi non ha futuro, e soprattutto si faccia ricordare, ancora una volta, che è proprio grazie a gente come quella che merita il suo interessamento, che tantissimi altri non riescono più a vedere il futuro, e che a volte vanno a cercarsi almeno un domani, con una pistola giocattolo dentro un supermercato.

SICILIA, CASABLANCA DELLO SPIONAGGIO INFORMATICO. ISRAELE-CONNECTION. - Salvatore Parlagreco

internet
Da tredici anni Israele è collegata con la Sicilia con cavi sottomarini in fibra ottica che trasportano scambi su web e comunicazioni telefoniche. L’Isola sconta una servitù di passaggio senza avere firmato patti e concessioni con alcuno. Accade con il gas, il petrolio, l’energia elettrica.
Come è diventata la Casablanca dello spionaggio informatico internazionale? Chi ha trattato con i partner internazionali? Quale parte hanno avuto Terna e Telecom nella realizzazione dell’hub siciliano?
Lo scandalo Datagate ha gettato una luce nuova sulle telecomunicazioni. Non è più una questione industriale, un affare fra aziende private, uno scippo, l’ennesimo, di prerogative e poteri decisionali, la prova di una povertà decisionale, ma la certificazione del ruolo opaco, misterioso e inquietante esercitato dalla Sicilia.
Giorno dopo giorno le rivelazioni di Snowden, il tecnico “pentito” della Nsa, e le informazioni pubblicate dalla stampa internazionale, delineano l’esistenza di un mondo parallelo, che spia quello in cui viviamo. E di questo mondo parallelo, l’Isola è protagonista inconsapevole.
Ci sono tutti dentro, meno quelli che “ospitano” le nuove macchine intelligenti costruite per dominare il mondo. La pesca a strascico delle informazioni, da parte della Nationale Security Agency, è soltanto la punta dell’iceberg. Gli inglesi lavorano a braccetto con gli americani, servizi francesi, tedeschi o israeliani non se ne stanno a guardare. La proverbiale efficienza del Mossad israeliano si sarebbe inceppata davanti allo strapotere della Nsa? E il governo italiano è rimasto all’oscuro di tutto?
La Sicilia è un hub internazionale nelle telecomunicazioni e ciò ne fa uno snodo essenziale nell’incrocio di dati e informazioni “grezze”, che vengono “trattate” da vari soggetti attraverso programmi estremamente sofisticati.
L’Isola, insomma, offre la materia prima. La rete di cavi sottomarini risponde ai bisogni del mondo reale, nasce per rendere un servizio pubblico ai paesi che l’utilizzano, ma è una struttura “infiltrata”, senza la quale non sarebbe possibile il reperimento delle informazioni. Uso proprio ed improprio, dunque. I flussi delle comunicazioni vengono “filtrate” dai soft, smistati, decrittati ed utilizzati attraverso target che ne giudicano automaticamente i livelli di utilità.
Due programmi della Nsa, Lithium e Stormbrew, di cui non si sa praticamente niente, “trattano” il materiale raccolto da Upstream, a monte, nei luoghi in cui viaggiano i flussi di comunicazione. Il “prelievo” avviene quando le fibre ottiche salgono in superficie a conclusione del loro viaggio in immersione.
Fairview, altra sigla della Nsa, vigila sulla proprietà delle reti telefoniche e internet a raggio internazionale. Esercita un controllo discreto sul mercato. Il collegamento fra la Sicilia e Israelepotrebbe essere perciò un affare americano, non solo israeliano.
L’alveare della Nsa opera in una mondo “parallelo” affollato, il suo strapotere non gli regala alcun monopolio, ma “solo” una influenza rilevante. La gestione dell’alveare costituisce il problema della Casa Bianca: è materialmente impossibile controllare dei quell’esercito di scienziati informatici, ben 4000, che sotto le varie sigle “spiano” il mondo.
Si sospetta che la megastruttura di spionaggio, ricevute le regole d’ingaggio all’indomani dell’attentato alle torri gemelle, grazie al Patriot act, abbia fatto quel che ha voluto, ed abbia agito liberamente, interpretando in modo indipendente la strategia di contrasto del terrorismo. Nella migliore delle ipotesi, è stato inserito un pilota automatico. La Nsa sarebbe una superpotenza in sè, pur agendo al servizio del suo governo.
Al servizio di chi svolge la sua attività l’hub siciliano? Essenziale al sistema di controllo mondiale delle informazioni, non è un partner istituzionale. Concepito da aziende di telecomunicazioni italiane ed estere, e vigilato dai servizi dei paesi interessati, Italia compresa, è una gigantesca struttura fantasma, ignorata da chi la ospita.
Se è impensabile che il Mossad trascuri le attività d’intelligence “informatico” degli americani – cavi sottomarini in fibra ottica e le antenne della sughereta di Niscemi – è del tutto plausibile che i siciliani non ne sappiano niente e che nei Palazzi romani si abbiano solo conoscenze superficiali e poco attendibili sul ruolo affidato alla Sicilia. Nella guerra al terrorismo ed alle mafie?
No, la finanziarizzazione dell’economia mondiale ha altre priorità.

Telefono amico...



"Sono intervenuta per una detenuta che rischiava di morire, non siamo tutti uguali davanti alla legge? Escludo che ci siano detenuti di serie A e di serie B. Rispondo sempre a chiunque mi telefoni per sollecitarmi un caso importante".
Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri 

Bene, fatelo! Vediamo chi risponde.


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Alfano, per il ministro decine di collaboratori. E una spesa da 3 milioni. - Emiliano Liuzzi


Berlusconi gli ha tolto la segreteria del Pdl, ma l'ex delfino rimane uno degli uomini più potenti del Paese. Da vicepremier e ministro degli Interni ha uno staff ristretto che in indennità costa 1,35 milioni l'anno. A cui si aggiungono addetti stampa, membri del gabinetto e responsabili degli uffici scelti direttamente da lui.

I detrattori lo chiamano Beghelli, per via di quella calvizie arrivata anzitempo; quelli che a capo del Pdl lo avevano sponsorizzato – Gianni Letta su tutti – si limitavano a definirlo servizievole. Questo almeno fino al 2011, quando ha capito che il “gangster”, inteso come Berlusconi, aveva qualche pupa in meno e pochi proiettili ancora da sparare. Perché Angelino Alfano, probabilmente, la parte dell’allegro fessacchiotto, l’ha solo recitata. La faccia vera, quella del delfino che non ha voglia di farsi sbranare, l’ha mostrata il 2 ottobre 2013, giorno della fiducia. Quando ha riunito le colombe che si sono trasformate negli squali assetati di Silvio Berlusconi.
Oggi, l’onorevole Angelino Alfano dalla piana di Agrigento, è uno degli uomini più potenti (o almeno ci prova) di questo Paese. Da servitore a servito. Tra le cariche colleziona quella di vicepremier dell’amico di vecchia data, tempi dc per intendersi, Enrico Letta, ministro dell’Interno e, ovviamente, parlamentare. La carica di segretario Pdl gliel’ha tolta Berlusconi, ma la vicenda dello scontro interno al centrodestra deve ancora essere conclusa.
Tutto questo vuol dire avere al fianco più che una serie di collaboratori, un’industria che arriva a tre milioni di fatturato all’anno solo per i collaboratori scelti direttamente da lui. Per quello che è dato sapere, visto che il fu delfino alcuni emolumenti ai dipendenti del ministero, nonostante siano obbligatori, non ci pensa proprio a renderli noti. Un esercito di persone più che fidate, a partire dalla segretaria, Danila Subranni, ufficialmente stipendiata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con un compenso (diretta collaborazione dice il riepilogativo) di 50 mila euro all’anno che vanno a sommarsi allo stipendio previsto per i dipendenti di fascia E del ministero, che sono pari a 91.364 euro lordi ogni anno. Questo nel ruolo di portavoce e per la parte di emolumenti ministeriali, quelli che potrebbe ricevere dal partito, ovviamente non sono resi noti.
A Capo della segreteria particolare del vicepremier siede invece Giovanni Antonio Macchiarola, professione avvocato: lo stipendio, pagato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, 185.097 euro, divisi tra le voci di “trattamento economico fondamentale”, “accessorio” e “indennità di collaborazione”. Stipendio che per il capo di cabinetto, Manlio Strano, arriva – sempre diviso tra le tre voci – a 195.389 euro lordi all’anno. Salvatore Mazzamuto, che di Alfano è consigliere per le questioni giuridiche, ha uno stipendio ufficiale uguale a quello della portavoce Subranni, 91.364 euro lordi al-l’anno.
L’industria Alfano non si ferma a questi nomi, ovviamente. Marco Villani, consigliere diplomatico di Alfano, percepisce un compenso annuo lordo di euro 92.846,71. Marco Canaparo, anche lui consigliere del super ministro , 55.354,82. Isabella Rauti (figlia dello storico leader della Fiamma Tricolore Pino Rauti, moglie di Gianni Alemanno), consigliere per le politiche di contrasto alla violenza di genere ha un compenso annuo 74.480,98 euro. La nomina al ministero di Rauti è avvenuta – ma si tratta di una casualità o comunque non abbiamo elementi per dire il contrario – lo stesso giorno in cui il marito ha perso la poltrona di sindaco.
Ufficialmente a titolo gratuito è l’incarico a collaboratore della segreteria del ministro dell’ex consigliere comunale di Agrigento Davide Tedesco, parente dell’attuale deputato Pdl all’Assemblea Regionale Siciliana Enzo FontanaRoberto Rametta, anche lui collaboratore della segreteria del ministro, ha uno stipendio di 41.600 euro. Tutti sul tetto dei 41 mila euro l’anno anche gli altri collaboratori, come Natascia Marani, Alfonso Gallo CarrabbaAngelo Pisanu PetriniAldo Piazza (ex sindaco di Agrigento), Ivan Paci (ex consigliere provinciale e capogruppo del Pdl di Agrigento).
Siamo alla modestissima cifra di un milione e 354 euro e rotti, ma parliamo solo di quello che riguarda lo staff ristretto del vicepremier. A questa cifra vanno aggiunti gli addetti stampa (solo i direttori dei vari settori sono cinque), e il gabinetto del ministro che può contare su 12 uffici e, i responsabili degli uffici, sono tutti inquadrati come prefetti con uno stipendio che si aggira attorno ai 150.000 euro all’anno, per un totale di un milione e ottocentomila euro all’anno.

Triste realtà.



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Dai consulenti ai portaborse, più di un milione di persone vivono di politica. - Salvatore Cannavò

Dai consulenti ai portaborse, più di un milione di persone vivono di politica


Non ci sono solo gli eletti in Parlamento e negli enti locali. Secondo uno studio della Uil, coloro che traggono una fonte durevole di guadagno da ruoli legati all'amministrazione pubblica sono in 1.128.722. E i costi, diretti e indiretti, ammontano a 23,9 miliardi.

Un milione di persone. Nemmeno Max Weber, quando scriveva ’La politica e la scienza come professioni’ pensava ci si potesse spingere a tanto. Il grande sociologo tedesco scriveva infatti nel 1919: “Si vive ‘per’ la politica oppure ‘di’ politica”. Chi vive ‘per’ la politica costruisce in senso interiore tutta la propria esistenza intorno ad essa” […] Mentre della politica come professione vive colui che cerca di trarre da essa una fonte durevole di guadagno”.
Secondo uno studio della Uil, invece, coloro che cercano “di trarre dalla politica una fonte durevole di guadagno” sono più di un milione: 1.128.722. Un “paese nel paese” ma non nella forma poetica in cui Pier Paolo Pasolini definiva il Pci. Piuttosto “un mondo a sé”, come lo descrive il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy che ha curato la ricerca. La cifra viene ricavata sommando voci tra loro diverse ma tutte legate alla politica: gli eletti e gli incarichi di Parlamento e governo (1.067) quelli nelle Regioni (1.356),nelle Province (3.853) o nei Comuni (137.660). L’incidenza delle cariche elettive sul numero totale non è molto alta, il 12%.
La forza del sottoboscoI numeri si fanno più forti man mano che ci si addentra nel sottobosco: i Cda delle aziende pubbliche ammontano, infatti, a 24.432 persone; si sale a 44.165 per i Collegi dei revisori e i Collegi sindacali delle aziende pubbliche; 38.120 sono quelli che lavorano a “supporto politico” nelle varie assemblee elettive. I numeri fondamentali della ricerca sono riscontrabili nelle due ultime voci, quelle decisive: 390.120 di“Apparato politico” e 487.949 per “Incarichi e consulenze di aziende pubbliche”. “Quest’ultimo dato si basa su numeri certi e verificati” assicura Loy, mentre quello relativo agli “apparati” costituisce una “stima della stessa Uil ma una stima attendibile”. Nella nota metodologica, infatti, il sindacato spiega che i numeri derivano da banche dati ufficiali e da quello “che ruota intorno ai partiti” (comitati elettorali, segreterie partiti, collegi elettorali, “portaborse”, ecc.”. Loy la spiega così: “Ventimila voti di preferenza non sono il risultato solo di un voto ideologico ma espressione di relazioni concrete”. E, in tempi in cui l’ideologia è fortemente in crisi, “si affermano gli interessi e la spinta ad aumentare il proprio tenore di vita, l’affermazione di un sistema economico”.
La politica si fa industria, quindi. E il dato è riscontrabile nei numeri. Si pensi al costo dei CdA dei quasi settemila enti e società pubbliche: si tratta di 2,65 miliardi mentre per “incarichi e consulenze” la cifra è di oltre 1,5 miliardi di euro. Stiamo parlando di gente che lavora, ovviamente. Alcuni di loro, come i dipendenti di Rifondazione comunista, sono anche finiti in cassa integrazione oppure, come in An, licenziati. “Ma non hanno fatto alcuna selezione pubblica, non hanno seguito nessun merito” commenta Loy, “e vengono pagati con soldi di tutti”. Parliamo di collaborazioni dirette nei vari ministeri, assessorati, consigli elettivi, incarichi elargiti da questo o quel politico di turno. Oltre ai Francesco Belsito, Franco Fiorito, ai diamanti della Lega, alle ricevute di Formigoni o alle consulenze di Alemanno, gli esempi possono essere tutti leciti ma del tutto interiorizzati dalla politica.
I vari ministeri hano speso, nel 2012, oltre 200 milioni per collaborazioni dirette. Tra i dicasteri più attivi, gli Interni, l’Economia e Finanze, la Difesa e la Giustizia. Del ministero diretto da Alfano ci occupiamo a parte. Il Mef dispensa centinaia di incarichi nelle società partecipate. Alla Difesa, il ministro dispone di ben 18 collaboratori quanti ne ha quello della Giustizia. Gli incarichi sono quasi tutti di pertinenza politica. Come proprio addetto stampa, ad esempio, il ministro ha la stessa persona che ha lavorato per Pierferdinando Casini dal 2006 al 2013 e prima, ancora, con l’Udc Vietti, attuale videpresidente del Csm. Una “ricollocazione” avvenuta tutta nei rapporti della politica.
Fedeli al ministroNell’Ufficio di gabinetto troviamo l’autrice di un libro, Guerra ai cristiani, troppo presto dimenticato e scritto insieme allo stesso Mauro. Più esemplare è il caso del “Consigliere per gli affari delegati, del Sottosegretario di stato alla Difesa On. dott. Gioacchino Alfano”, Nicola Marcurio. L’interessato ha iniziato la carriera politica nel Comune di Sant’Antonio Abate, dove organizzava le iniziative religiose per il Giubileo. Diviene consigliere comunale nel 2000 e di nuovo nel 2005. Poi va a lavorare presso il Commissariato per l’emergenza di Pompei, da lì alla Protezione civile per il G8 dell’Aquila. Finisce al ministero come consigliere di Gioacchino Alfano il quale, guarda caso, è stato sindaco proprio di Sant’Antonio Abate. L’altro sottosegretario, Roberta Pinotti, Pd, tiene nel proprio staff Pier Fausto Recchia, deputato non rieletto alle ultime elezioni e quindi ricollocato. Tra i collaboratori del ministro della Giustizia, Cancellieri, troviamo Roberto Rao, già deputato, non rieletto, e già portavoce di Casini ma anche Luca Spataro, già segretario Pd di Catania. Se un deputato non viene rieletto gli si trova un nuovo incarico. Come a Osvaldo Napoli, pidiellino molto presente in tv, bocciato lo scorso febbraio e oggi vicepresidente dell’Osservatorio Torino-Lione. Moltiplicando questi casi per l’intero numero delle cariche elettive si può avere un’idea del fenomeno. Alla Regione Lazio, il presidente Zingaretti dispone di un ufficio stampa con ben dieci addetti mentre in Lombardia, i consulenti della Regione sono passati, con la gestione Maroni, da 57 a 93, tutti riscontrabili sul sito ufficiale. Per questa voce l’ente regionale spende 2,6 milioni di euro l’anno. L’esercito della politica vive e si autoalimenta così.
Un tesoretto da 10,4 miliardi
Secondo lo studio della Uil i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,9 miliardi di euro. Per il funzionamento degli organi istituzionali si spendono 6,4 miliardi di euro, le consulenze e il funzionamento organi delle società partecipate 4,6 miliardi di euro, per altre spese (auto blu, personale di “fiducia politico” ecc) 5,8 miliardi di euro, per il sistema istituzionale 7,1 miliardi di euro. La somma che equivale al 11,5% del gettito Irpef pari a 772 euro medi annui per contribuente. La Uil quantifica in almeno 7,1 miliardi di euro i risparmi possibili con “una riforma per ammodernare e rendere più efficiente il nostro sistema istituzionale”. Tra le proposte, l’accorpamento “degli oltre 7.400 comuni al di sotto dei 15 mila abitanti”, con un risparmio di circa 3,2 miliardi. Se le Province “si limitassero a spendere risorse soltanto per i compiti attribuiti dalla Legge”, il risparmio sarebbe di 1,2 miliardi. “Con una più ‘sobria’ gestione del funzionamento degli uffici regionali”, si potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di euro mentre 1,2 miliardi di euro l’anno potrebbero arrivare da una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale. Aggiungendo a questi, una riduzione del 30% dei costi di funzionamento delle istituzioni si potrebbe arrivare a 10,4 miliardi di risparmi annui.