Repubblica — 20 aprile 2004 pagina 20 sezione: POLITICA INTERNA
PALERMO - «Tra il 1974 ed il 1976 Marcello Dell' Utri ha messo volontariamente Berlusconi nelle mani di Cosa nostra e c' è stato il tentativo di fare diventare la Fininvest un' impresa amica dell' associazione mafiosa. Berlusconi non lo sapeva, ma Dell' Utri sì». Questa la tesi dei pubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonino Ingroia che rappresentano l' accusa nel processo al senatore Marcello Dell' Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Una tesi espressa ieri mattina nella terza udienza dedicata alla requisitoria dei pm, che hanno così distinto le posizioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (che negli anni scorsi era stato iscritto nel registro degli indagati: ma poi l' accusa fu archiviata) e del suo delfino Dell' Utri che avrebbe organizzato incontri con boss di Cosa nostra, con i quali Berlusconi in qualche occasione sarebbe stato «costretto» a entrare in contatto. E a questo proposito il pm Gozzo ha ricordato alla Corte - presieduta da Leonardo Guarnotta - il periodo trascorso a Milano dal defunto boss Vittorio Mangano, ex stalliere della villa del Cavaliere ad Arcore. Una presenza, quella di Mangano, pilotata secondo l' accusa da Marcello Dell' Utri con l' intento di «proteggere» Silvio Berlusconi dalle minacce di sequestro nei confronti dei suoi familiari. «L' intervento di Dell' Utri - ha affermato il pubblico ministero - fa terminare queste minacce, anche se l' imputato sostiene di non essere mai intervenuto. Quindi, la presunta vanteria di cui ha parlato Dell' Utri al suo ex amico Filippo Rapisarda (avere conosciuto mafiosi, ndr) lascia il tempo che trova. E in queste dichiarazioni il senatore non ha potuto negare la verità. Quelle frasi a Rapisarda le ha dette davvero. Le minacce a Berlusconi cessano soltanto perché Dell' Utri ha condotto una trattativa». Così Gozzo ha definito Dell' Utri: «è un soggetto che tiene il piede in due scarpe». E proprio per evitare il rischio di sequestri dei familiari di Berlusconi l' ex capo di Publitalia avrebbe assunto Mangano. Quest' ultimo, secondo l' accusa, avrebbe partecipato nella villa di Arcore anche a una cena alla quale sarebbero stati presenti lo stesso Dell' Utri, Berlusconi, il principe Dangerio (che la mafia avrebbe tentato invano di sequestrare) e Fedele Confalonieri. E Mangano sarebbe stato tra i commensali perché, secondo il pm, oltre a essere un esperto di cavalli «era il rappresentate di Cosa nostra e per questa ragione veniva considerato una persona importante». A questo punto il rappresentante dell' accusa ha dato del bugiardo a Fedele Confalonieri che in un interrogatorio aveva negato la partecipazione a quella cena. Perché lo ha fatto? «Probabilmente -ha spiegato Gozzo - perché la presenza di Mangano e della moglie sarebbe stata pregiudizievole per Berlusconi e per Dell' Utri». Immediata la replica del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri: «Mi ritengo offeso dall' arbitraria e indimostrata affermazione del pubblico ministero, che considero frutto di pura foga accusatoria. Ribadisco che fra i partecipanti a quella cena nella villa di Arcore Vittorio Mangano non c' era. E se il pubblico ministero sostiene che io sul punto ho mentito, allora io dico che a mentire è lui. Mi riservo ogni azione a tutela della mia onorabilità». - FRANCESCO VIVIANO
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