giovedì 20 settembre 2018

Donatori in rivolta contro l’Unicef. “Chiarite sui Renzi o basta soldi”. - Giacomo Amadori

L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono
14/08/2018 – Dopo gli sviluppi delle indagini sul cognato dell’ex premier e sui suoi fratelli, i sostenitori inondano l’ente di messaggi inferociti: «Vogliamo subito spiegazioni». La denuncia spetta alla casa madre di New York . Il caso dei fondi delle organizzazioni umanitarie finiti, secondo la Procura di Firenze, in modo indebito sui conti di Alessandro Conticini e in parte riciclati anche dal fratello Andrea Conticini, cognato di Matteo Renzi, sta diventando un affaire internazionale sulla direttrice Firenze, Roma, Ginevra, New York. E i donatori si stanno rivoltando sui social.
Stiamo parlando dei 10milioni di dollari di donazioni per i bambini dell’Africa che dal 2008 al 2016 l’Unicef, la fondazione Pulitzer (attraverso Operation Usa) e altre organizzazioni misero a disposizione di tre società di Alessandro Conticini (in particolare della Play therapy Africa limited).
Nel luglio del 2016 alcuni giornali rivelarono l’iscrizione sul registro degli indagati per appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio dei fratelli Alessandro, Luca (delegato insieme con il padre a operare sui conti) e Andrea Conticini.
La notizia uscì in modo semi clandestino e i principali quotidiani nemmeno la ripresero. Il motivo è presto detto: Matteo Renzi era presidente del Consiglio. Nel decreto di perquisizione non era specificata l’entità del presunto maltolto e i media parlarono genericamente di «qualche centinaio di migliaia di euro», Le case dei Conticini vennero perquisite sia a Rignano sull’Arno, dove vive Andrea con Matilde Renzi, sia a Castenaso, dove risiedevano gli altri due fratelli.
L’inchiesta venne innescata dalla Cassa di risparmio di Rimini che aveva segnalato operazioni sospette alla Banca d’Italia (gli altri due istituti utilizzati per le presunte operazioni illecite erano alle Seychelles e a Capo Verde). I magistrati cercarono subito di mettersi in contatto con le organizzazioni umanitarie e, per esempio, i referenti italiani dell’Unicef informarono la Procura che, essendo il fondo per l’infanzia un’agenzia dell’Onu, occorreva inoltrare una richiesta ufficiale attraverso la rappresentanza italiana delle Nazioni unite.
C’è stato il contatto e l’Unicef ha collaborato con gli inquirenti?
La notizia è ancora coperta dal segreto, ma due anni dopo i pm Luca Turco e Giuseppina Mione hanno spedito un invito a presentarsi ai tre fratelli per interrogarli. indicando questa volta cifre molto precise: gli indagati si sarebbero appropriati illecitamente di 6,6milioni di dollari di offerte destinandoli, secondo l’accusa, a investimenti immobiliari e societari, compreso l’acquisto di quote della Eventi 6 della famiglia Renzi (per questo il cognato Andrea è sotto inchiesta per riciclaggio). Solo 2,8 milioni sarebbero stati devoluti per scopi umanitari.
Un altro indizio che lascia immaginare che un abboccamento ci sia stato è rappresentato dal fatto che nei giorni scorsi gli inquirenti hanno inviato una rogatoria ufficiale per chiedere all’Unicef e alla Fondazione Pulitzer di presentare denuncia: infatti dall’aprile 2018 l’appropriazione indebita può essere perseguita solo su querela di parte.
Paolo Rozera, direttore generale di Unicef Italia, spiega: «Il nostro ufficio legale internazionale si sta relazionando con la magistratura italiana e ha comunque tre mesi di tempo per presentare denuncia e rispondere ai magistrati».
Ma perché dopo due anni il fondo per l’infanzia dell’Onu non ha ancora ritenuto di comunicare ai donatori la propria posizione ufficiale su questo caso?
«Io ho fatto delle richieste all’ufficio di Ginevra che le ha girate a quello di New York».
Facciamo notare a Rozera che la presa di posizione dell’Unicel è fondamentale, altrimenti potrebbe sembrare che l’agenzia sia complice o che sia tutto in regola. Il dg ha ben chiaro il problema: «Sui social tutti vogliono avere risposte entro la giornata, ma ci sono delle procedure da rispettare. La gente scrive: “Voi dell’Unicef dovete dare spiegazioni se no noi non vi faremo più le donazioni”. Ma noi non c’entriamo niente e per questo abbiamo interesse a mettere subito dei paletti. Spero che presto arriverà una posizione ufficiale dell’Unicef New York. Posso assicurarle che da noi i controlli sono serrati, abbiamo bisogno della fiducia dei donatori e non ci possiamo permettere danni d’immagine».
Quindi vi costituirete parte civile contro i Conticini?
«Se la magistratura ci invita a fare querela evidentemente è convinta di avere qualcosa in mano e, se le accuse saranno accertate, l’Unicef agirà per riavere indietro i propri soldi. Sa quanti vaccini si possono comprare con tutto quel denaro?».
L’avvocato dei tre fratelli, Federico Bagattini, annuncia: «Entro settembre-ottobre noi presenteremo una memoria e ci faremo interrogare per dare tutte le spiegazioni del caso. Ci eravamo offerti di farlo a novembre-dicembre ma ci siamo sentiti presi in giro. Addirittura uno dei miei assistiti comprò un costoso biglietto aereo e all’ultimo il pubblico ministero ha cambiato programma e ha fatto saltare tutto. Probabilmente non gli andava bene sentirli in quel momento. Però i tempi della difesa li detta la difesa».
Dunque, dopo due anni di indagini, gli inquirenti non hanno ancora una versione dei Conticini in mano?
«Sostanzialmente no», ammette Bagattini. Il quale, prima di chiudere la telefonata, lancia un avvertimento: «State attenti a non esagerare con i titoli, perché si rischia la querela. Oggi un quotidiano ha scritto: “Sei milioni di euro nei conti dei Renzi”. È ipotizzabile la diffamazione». E Matteo Renzi, su Facebook, ha rincarato la dose: «Un’indagine aperta da ben DUE (maiuscolo, ndr) anni su un fratello del marito di una mia sorella per presunte irregolarità (presunte), nel suo lavoro di dirigente della cooperazione. Prove? Dopo due anni di indagini non risultano, le vedremo al processo. Ma tanto basta solo evocare la vicenda per andare sui giornali oggi – esattamente come due anni fa – con un’altra condanna: quella dei titoli ad effetto. E con i social che sputano sentenze. Vedremo che cosa diranno le sentenze. Anche quelle per risarcimento danni perché essere buoni va bene, ma il mutuo di casa lo pagheremo con i risarcimenti». Il riferimento è al milione di euro che ha preso in prestito per il villone di via Tacca a Firenze. Pare di capire che l’ex premier sia alla ricerca di nuove entrate. 
LaVerità 11 agosto 2018

Giuseppe Conte: "La pace fiscale si farà: è imprescindibile. E non è un condono". -



"La pace fiscale si farà: è imprescindibile", "non è un condono", "così come, con gradualità, attueremo flat tax, reddito di cittadinanza e riforma della legge Fornero". Lo dice in una intervista a tutto campo in apertura di prima pagina a La Verità il premier Giuseppe Conte, che sul crollo di Genova fa sapere che si chiederà ad Autostrade di anticipare i soldi, "e poi la ricostruzione avverrà a prescindere dal loro intervento". E sulle tensioni nella maggioranza, in vista della manovra, evidenzia di "non aver mai visto vacillare" il ministro Tria.
Alla domanda se il reddito di cittadinanza comincerà dalle pensioni, il premier risponde: "Al momento non mi sento di fare anticipazioni. Mi limito a osservare che l'impatto di questa riforma sarà subito significativo", "perché il reddito di cittadinanza funzioni davvero - aggiunge - bisogna prima riformare i centri per l'impiego". Sulla pace fiscale spiega: "Noi proponiamo un meccanismo totalmente diverso dove l'azzeramento delle pendenze è funzionale per partire con un nuovo rapporto con il fisco".
Conte parla anche del ministro Tria: "Non ha minacciato le dimissioni. Se lo avesse fatto lo avrei saputo, e non mi risulta". Sul rapporto con i vicepremier dice: "Sono molto presenti perchè è una condizione che ho posto io". "Io penso - spiega - che Lega e Cinque Stelle offrano una rappresentazione e un percorso istituzionale alla rabbia e all'insoddisfazione popolare. Io stesso ho accettato l'incarico perchè sono convinto che serva una soluzione alla frattura fra elite e popolo. Perciò dico che sono orgogliosamente populista".
"Questo governo - sottolinea - ha condiviso in modo corale la strategia sull'immigrazione. E ci possiamo permettere di dire no all'accoglienza indiscriminata perchè nel nostro progetto c'è attenzione alla tutela dei diritti fondamentali". "Non siamo razzisti. Dobbiamo sottrarci a questo ricatto che nasce da una soggezione culturale". Sul tema, Conte sferza il presidente francese Macron: "Diciamo che la sua posizione non è in linea con le conclusioni da lui stesso approvate al Consiglio europeo".
Sul crollo del ponte di Genova Conte conferma che la procedura per la revoca delle concessioni autostradali è avviata, "non si interrompe con il prossimo decreto", "sarebbe stato gravemente irresponsabile, politicamente e giuridicamente, se non avessimo avviato la procedura di contestazione".

Andrea Scanzi: “Orfini la dice giusta, peccato sia Orfini”. - Andrea Scanzi




Sabato scorso è accaduto un prodigio inaudito: Matteo Orfini è parso dire qualcosa di sensato. Addirittura condivisibile. L’evento, di cui certo si occuperanno i libri di storia, ha stupito milioni di persone in Italia e ancor più nel mondo, perché Orfini è da sempre idolo delle folle e delle masse, che varca con agio i confini nazionali, europei e financo mondiali. A lui il Pianeta Terra sta stretto. Orfini è uomo dalle mille doti. Vive da sempre dentro il partito, ma non si è mai accorto di Mafia Capitale. Amava definirsi “giovane turco”, senza mai esser stato né turco né giovane. Più dalemiano di D’Alema, di cui tuttora scimmiotta la timbrica sabinaguzzantesca e quel gusto astratto per il politichese, ne è da anni uno dei più massimi detrattori, a conferma di un’altra sua cifra distintiva: la coerenza. Una coerenza che gli ha permesso di trasformarsi in turborenziano dopo esser stato fermamente (va be’) antirenziano, garantendosi con ciò lo scranno di presidente del Pd. Un ruolo che Orfini ha interpretato da par suo: fedelissimo a una linea che non c’era e non c’è, il virgulto romano 44enne ha saputo contribuire fattivamente alla distruzione del partito. Tale apocalisse, lenta e inesorabile, lo ha visto in prima linea come fiancheggiatore zelante e privo di guizzi: nelle direzioni rideva alle battute del Tondo di Rignano ridimensionando il dissenso allo stesso, nelle interviste dava la colpa ai 5 Stelle o a Minniti (l’unico nel Pd ad averci cavato qualcosa), nei talkshow induceva tutti alla catalessi. Nei rari ritagli di tempo, Orfini soleva rilassarsi dando consigli su Twitter agli allenatori del Milan (poi tutti esonerati), oppure interpretando lo spot di un noto marchio di patatine, o magari chiedendo a Carlo Verdone la parte di Fabris nel remake di Compagni di scuola.
Dopo un periodo di parziale inabissamento, Orfini è tornato sabato a palesarsi. E lì ha avuto luogo il Prodigio. Ascoltiamo il Verbo del Profeta, giacché egli ci ha parlato: “Cambiare nome non basta, il partito non funziona. Sciogliamolo”. Inaudito: Orfini ha detto il giusto. Certo che cambiare nome non basta. Certo che il partito non funziona. Certo che il Pd va sciolto. E’ vero, si potrebbe ricordare al nostro nuovo Mahatma che a tali considerazioni c’è arrivato un po’ tardi, ma non è il caso di essere puntigliosi: Orfini è nel giusto, que viva Orfini! Mentre stavo sostituendo il poster di Rosario Dawson sadomaso con quello di Orfini in pigiama cremisi, ho però voluto leggere di nuovo l’intervento-prodigio di Orfini. Ho così scoperto che l’intervento integrale era un po’ diverso: “Cambiare nome non basta, il partito non funziona. Sciogliamolo e rifondiamolo”. Tristezza, dolore, afflizione: Orfini non era più il Profeta, ma era già tornato Orfini. In quel finale “e rifondiamolo” c’è l’ennesima prova di non avere ancora capito nulla. Non è che il Pd non funzioni per un maleficio della storia: non funziona perché è composto – perlomeno nella sua dirigenza nazionale – da gente come Orfini. Una volta sciolto, va sì rifondato: Orfini è però l’ultimo a doversene occupare. Lui deve fare altro: il mimo, l’ufologo, il tronista dalla De Filippi. Quello che vuole. Ma il politico proprio no. Un “nuovo Pd” può avere senso solo se dentro non ci saranno più gli Orfini, gli Andrea Romano, le Boschi e compagnia cantante. Se devono essere gli Orfini a rifondare il Pd, evitatevi la fatica ed evitateci il maquillage: state così sulle palle al mondo reale che gli italiani, anche quelli di sinistra, pur di non votarvi sarebbero disposti ad appoggiare chiunque. Persino Salvini.
(Il Fatto Quotidiano, 18 settembre 2018)