lunedì 31 dicembre 2012

Buon 2013.

Foto: Buon anno nuovo a tutti!

(Sono esclusi: Napolitano, Berlusconi, Monti, Casini, Bersani, etc., etc....)

Anch'io!



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Un anno se ne va, un altro arriva...



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Insetto stecco Black Beauty (Peruphasma schultei)



La natura e le sue meraviglie.

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Freedom...



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AGENDA MONTI ? PIU’ INTERESSANTE LA SUA RUBRICA. - Giuseppe Germinario



Alcuni amici mi hanno sconsigliato di indugiare sul promemoria di Montihttp://www.ilpost.it/2012/12/24/agenda-monti/agenda-monti-01/ Una perdita di tempo per un documento dal sapore preelettorale. Quanto all’ecumenismo, ha poco da invidiare alla letteratura che ha infestato le precedenti e infesterà l’attuale campagna. Già a poche ore di distanza dalla pubblicazione, la cruda realtà degli eventi comincia a beffarsi, però, delle intenzioni pie e ipocrite impresse a futura memoria. A pagina 12, il documento recita “Per aiutare la crescita sostenibile del settore agroalimentare italiano occorre fermare la cementificazione e limitare il consumo di superficie agricola come proposto nel disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo”; a poche ore di distanza lo stesso Monti, sostenuto dai buoni uffici di Corrado Passera, autorizza, oltre all’aumento del 70% della tariffa riscossa per ogni passeggero, il raddoppio delle piste dell’aeroporto di Fiumicino con il conseguente esproprio, a prezzi di mercato e relativo sovrapprezzo legato all’esercizio di attività, della quasi totalità dell’area agricola Maccarese, uno dei terreni agricoli più fertili esistenti in Italia e la probabile urbanizzazione della parte restante. Un’opera in gran parte superflua solo con un semplice processo di ottimizzazione delle attuali strutture aeroportuali.

Il particolare intrigante risiede nei Benetton, proprietari dell’azienda agricola, acquistata a suo tempo a prezzi politici dallo Stato e contemporaneamente importanti azionisti di Adr, gestore dell’aeroporto http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/27/aeroporti-di-roma-lultimo-regalo-di-monti-a-benetton/456079/ 

Probabile che l’accavallarsi degli impegni in “Agenda”, porti a qualche incongruenza, qualche distrazione se non allo sdoppiamento della personalità del nostro Primo Ministro “tecnico”. Come vedremo, non si tratta, però, di un episodio isolato. Lo stesso Monti deve, in qualche maniera, essere cosciente della sua eccessiva propensione ad aderire a realtà antitetiche tra loro e temere che qualcosa sfugga al controllo se non alla sua coerenza di immagine; il suo vezzo di prendere appunti e rinviare di qualche tempo le decisioni, tra le altre cose, deve servire a riordinare le scadenze e gli argomenti; qualche particolare può sempre sfuggire.

Una qualsiasi espressione dell’uomo rivela sempre, per quanto mimetizzati, una rappresentazione, un “non detto”, un “mondo vitale”; l’Agenda, a suo modo, ne rivela tante del nostro Professore sino a farlo scendere sempre più dall’Olimpo alle beghe e furberie del conflitto politico quotidiano. 

L’EUROPA di MONTI

Innanzitutto l’Europa, il tema su cui ha costruito la propria immagine, la propria carriera e il consenso generale delle forze politiche, almeno sino a qualche giorno fa. “L’Italia deve battersi per una Europa più comunitaria e meno intergovernativa, più unita e non a più velocità, più democratica e meno distante dai cittadini” “per la costruzione di un’autentica Unione economica e monetaria basata su una più intensa integrazione fiscale, bancaria, economica e politico istituzionale”, con “il prossimo Parlamento europeo munito di mandato costituzionale”. L’obbiettivo è, quindi, l’Unione economica e monetaria con un aggiustamento istituzionale e la partecipazione di tutti. L’eterno apparente primato dell’economia, principio fondante, sin dagli anni ’50, dell’Unione Europea. È la prosecuzione senza sussulti dell’attuale processo eternamente propedeutico all’Unione politica, con l’Europa intesa in realtà come campo di battaglia e di confronto degli stati europei, con un mercato comune fintamente omogeneo che diventa la via di trasmissione di ineguaglianze ed egemonie su base nazionale e che se liberalizzato alle stesse condizioni  non farà che accentuare le gerarchie su quella base; il tutto ancora una volta diretto  e orientato dal giocatore-arbitro d’oltre-atlantico, gli USA  e con un riequilibrio parziale e temporaneo di forze legato ai giochi della superpotenza. Un elemento di chiarezza che ha scatenato le prime critiche dei federalisti duri e puri (BarbaraSpinelli) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/12/27/moderatamente-europeo.html?ref=search, spinto analisti più seri a rivelare sprazzi di verità (Lucio Caracciolo) http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1PKXQS, a far uscire dal guscio e dire senza veli ciò che Monti tenta in realtà di mascherare (Pelanda)http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1PLXZ9 e la ultradecennale retorica europeista ha cercato di nascondere. Rimando sull’argomento ai miei numerosi scritti e a un prossimo libro della redazione. Sulla base di queste premesse l’Italia deve recuperare credibilità confermando “il rispetto delle regole di disciplina delle finanze pubbliche, le priorità strategiche definite in sede europea, le raccomandazioni specifiche che l’Unione Europea rivolge ogni anno come parametri di riferimento per la formulazione della sua politica economica”. L’accettazione di condizioni capestro in cambio di una qualche forma di redistribuzione, di indebitamento europeo sostenuto da una scarsa corrispondente sovranità politica continentale e con politiche industriali attive delegate agli stati nazionali sulla base della loro specifica forza economica e politica, comprese le possibilità di dumping sociale e fiscale consentite dai rispettivi quadri sociali dei paesi. Una credibilità, quindi, frutto della completa accondiscendenza e, tutt’al più, accresciuta dalla capacità di stringere ulteriori rapporti di subordinazione con la potenza dominante. Su questo Monti ha acquisito certamente una sua forza particolare, non dettata dalla potenza del paese che formalmente rappresenta. Tutto quello che sta avvenendo nella gestione della politica estera, nella riorganizzazione della difesa, nella resistenza all’integrazione subordinata delle proprie industrie strategiche a quelle tedesche e nell’accondiscendenza trionfalistica a quelle americane lascia intravedere questa impostazione; come pure l’assordante silenzio su una qualsiasi caratterizzazione dell’Unione Politica europea, una qualsiasi autonomia del continente dalle scelte strategiche degli Stati Uniti, semplicemente perché non esiste una visione geopolitica europea e un progetto politico europeo fondato su basi praticabili. Il manifesto parla, infatti, surrettiziamente di credibilità acquisita dall’Italia confermando la sua vocazione a “sostenere il multilateralismo”, rinsaldando “i legami con gli Stati Uniti promuovendo un più forte legame transatlantico”. Come possa conciliare una vocazione di equilibrio di forze con una cieca sudditanza militare e politica, Monti deve ancora riuscire a spiegarlo; quello che ha in mente è in realtà un mondo tendenzialmente unipolare con aree regionali gestite da potenze periferiche. Una visione che accomuna, purtroppo, tutte le principali forze politiche del paese; chi attraverso una rappresentazione manichea, chi attraverso una visione globalista e sovranazionale e sovrastatale dei rapporti internazionali. Una visione che trova radici in processi ben avviati da tempo, compresi quelli di integrazione industriale e militare, e che cercano una prima istituzionalizzazione nelle trattative attualmente in corso tra Stati Uniti ed Unione Europea sulla creazione di un mercato unico euro-atlantico. Gli ostacoli sono ancora numerosi, ma le intenzioni sono purtroppo serie.

LA CRESCITA DI MONTI 

In questo contesto, Mario Monti traccia la “strada per la crescita” andandola a cercare “dove essa è veramente, nelle innovazioni, nella maggiore produttività, nella eliminazione di sprechi. La crescita si può costruire solo su finanze pubbliche sane.” Cosa intenda il Professore per “finanze pubbliche sane” è presto detto: il rispetto di quanto concordato con l’Unione Europea, la Germania e gli organismi sovranazionali a controllo americano prima ancora che una riorganizzazione della spesa pubblica sui cui principi ispiratori ci sarebbe, comunque, molto da discutere. Un paese privo di fondamentali strumenti sovrani, inserito in una Unione senza forma statuale precisa e autentico colabrodo nella rete internazionale, non ha del resto tante altre valide alternative. Continua, quindi, la rappresentazione del deficit pubblico come male assoluto, piuttosto che un pesante handicap in un contesto scelto più o meno consapevolmente dalle classi dirigenti nazionali sinora susseguitesi. In un contesto, quindi, di pareggio di bilancio e di riduzione annuale, per circa dieci anni, del 5% dello stock di debito il nostro tenta di spiccare il volo prospettando la riduzione e il riequilibrio dei carichi fiscali perseguiti “anche trasferendo il carico corrispondente su grandi patrimoni e consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio”. Sfioriamo la fantafinanza, combinata con il ribaltamento della politica fiscale adottata dallo stesso Monti e condizionata dalla ricerca di “meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitali”. Cosa sia stata l’attuale politica di accertamenti fiscali e la presunta riorganizzazione dell’amministrazione finanziaria lascia poche speranze per il futuro e poggia su una presunzione di liquidità dei patrimoni che in realtà si sta riducendo implacabilmente con l’avanzare della crisihttp://www.conflittiestrategie.it/evasori-e-gabellieri> http://www.conflittiestrategie.it/evasori-e-gabellieri. Uno degli strumenti fondamentali di risparmio e riqualificazione è la spending review. Un principio rivoluzionario per i sistemi di gestione amministrativa dello Stato italiano che presuppone un cambiamento dei criteri di formazione del bilancio, dei progetti di spesa, della quantità e delle modalità dei livelli di controllo  e una uniformità dei criteri di organizzazione delle pubbliche amministrazioni secondo due/tre moduli organizzativi legati alle finalità delle strutture. Un impegno notevole in un contesto, determinato soprattutto dalla istituzione delle regioni, che ha invece consentito la creazione di amministrazioni dai compiti similari ma secondo principi organizzativi divergenti, con scarsa gerarchia di sovranità e conseguenti conflitti di competenze e con il sorgere di un nuovo polo di attrazione, la burocrazia europea, che ha inevitabilmente indebolito ulteriormente il controllo centrale delle amministrazioni periferiche, in particolare regionali. L’eliminazione di alcune agenzie, ad esempio la Cassa per il Mezzogiorno, ha accentuato ulteriormente questo sfilacciamento e la formazione di centri di potere frammentati e relativamente autonomi, collegati direttamente, spesso, con analoghi centri esteri. Sono processi maturati attraverso decenni; le loro mancanze non possono essere, quindi addebitati, ai tredici mesi di Governo Monti, anche se Monti è stato senza dubbio uno degli artefici, non certo tra i più importanti, di queste dinamiche. Quello che va addebitato a tutta la compagine governativa, è la relativa “sorpresa” con cui hanno scoperto l’entità del problema studiosi, accademici e manager impegnati da una vita su queste tematiche e catapultati nel Governo; la stessa “sorpresa” che li ha colti nello scoprire che per avviare una riforma ed una riorganizzazione non è sufficiente la Legge, con questo glissando bellamente su decenni di esperienza e di elaborazioni sociologiche a partire da Weber e da Merton. Un dilemma esistenziale che pare solo sfiorare  i nostri tecnici se è vero che parlano di “armonizzare i bilanci pubblici” e di “monitoraggio e valutazione della legislazione” senza altri riferimenti precisi tesi a ricreare centri di potere sostitutivi; una “sorpresa” legata al passato di questi personaggi, ai loro legami storici e alla loro impostazione elitaristica.

Una impostazione del genere non poteva che portare a delle conferme e proposte fumose , velleitarie le quali, dietro una parvenza di eguaglianza  e di condizioni paritarie di opportunità, pongono le premesse di una precarizzazione e di un degrado ulteriore, questa volta legalizzato, del tessuto sociale, una riduzione del dualismo storicamente presente nel paese attraverso l’abbassamento dei livelli di diritto e un declassamento della sua condizione produttiva e industriale. 

In assenza di un reale mercato comune europeo e di forti soggetti industriali nazionali efficienti, anzi spingendo alla frammentazione dei pochi attualmente presenti, propugna la liberalizzazione unilaterale delle attuali grandi reti di servizio, consegnandoli alla mercé degli investitori stranieri sino a teorizzarne, secondo il candore apparente propugnato dall’Istituto Leoni, l’assoluta neutralità rispetto alle strategie e ai giochi politici dei vari stati nazionali.


COME PENELOPE, PEGGIO DI PENELOPE 

Come Penelope, molto peggio di Penelope, vittima della retorica del fai da te, cerca di incentivare parzialmente la formazione di “start up”, nuove aziende legate alla creatività imprenditoriale individuale specie in settori di avanguardia, di favorire una maggiore dimensione delle aziende distruggendo, liquidando o dismettendo, però, contestualmente le residue grosse piattaforme industriali necessarie a sostenere le sperimentazioni imprenditoriali. Nella recente intervista sull’Olivetti http://www.conflittiestrategie.it/lolivetti-vista-da-un-suo-protagonista-giorgio-panattoni-2> http://www.conflittiestrategie.it/lolivetti-vista-da-un-suo-protagonista-giorgio-panattoni-2, abbiamo evidenziato molto bene, invece, quali siano le principali dinamiche necessarie a creare realtà industriali di avanguardia, compresa quella tanto mitizzata ma disconosciuta, nel concreto evolversi, della Silicon Valley. Analogamente, con la stessa approssimazione e demagogia, Monti, Fornero, Passera & Company sembrano attribuire una funzione salvifica all’attribuzione uniforme di una integrazione di reddito di diciotto mesi ai disoccupati, con contestuali corsi di qualificazione, di per sé sufficiente a garantire la rioccupazione. L’occupazione, in realtà, dipende in piccola parte da quello che ha da offrire la forza lavoro, in gran parte da quello che ha da offrire la realtà industriale e produttiva del paese; tanto è vero che segmenti importanti di personale qualificato e scolarizzato del paese stesso sono costretti a cercare lavoro all’estero o ad accettare condizioni precarie di lavoro o assistenza familiare o pubblica a casa propria.
Così obbiettivi di uniformità di prestazioni assistenziali e di riduzione conclamata di precariato si trasformano in strumenti di pauperismo e disoccupazione, come la recente vicenda dei contratti non rinnovati dei precari, degli esodati e dei cassintegrati sta dimostrando.

La lotta all’evasione fiscale, l’emersione del sommerso diventano una invocazione e un imperativo morale  piuttosto che una politica concreta legata alla crescita qualitativa e quantitativa del tessuto produttivo e sociale. I nuovi Savonarola propendono, quindi,  verso la caccia all’untore e verso il cinismo più bieco.

A volte particolari spesso secondari rivelano la statura dei personaggi che ci governano meglio di tante analisi complesse. Mesi fa Corrado Passera, alla domanda sulle opportunità da cogliere  da parte dei laureati specializzati, indicò prioritariamente la fuga all’estero; detto da un padre di famiglia è comprensibile, da un ministro responsabile della spesa pubblica di formazione per centinaia di migliaia di euro ad unità formata è rivelatore dell’inesistente legame di questi personaggi con l’interesse nazionale; analogamente il Ministro Grilli, alla domanda di come mai gran parte dei ceti medi professionali non vedessero riconosciuti il corrispettivo delle proprie competenze e fossero vittime dell’appiattimento al ribasso dei redditi, attribuì la responsabilità, in realtà il merito alla crisi.

MONTI, IL TRAGHETTATORE

In realtà Monti ha da percorrere una via decisa da altri ma attraverso corridoi molto stretti. Deve tagliare, ridurre e riorganizzare drasticamente la spesa pubblica e l’amministrazione statale ma possiede scarsa competenza tecnica, vista la sistematica distruzione di classe dirigente avvenuta nel paese in questi ultimi quarant’anni ed è vittima dell’incapacità di creare il necessario blocco sociale nazionale riformatore necessario a dare forza e continuità a questi progetti. Una incapacità aggravata dalle scarse prospettive che può offrire. Da una parte è l’Incaricato a impedire la formazione potenziale di questi blocchi, dall’altra è vittima lui stesso della rappresentazione che lo guida. Blatera del potere dei consumatori nel libero mercato, in realtà alimenta la formazione di lobby parassitarie e la liquidazione dei pochi centri decisionali autonomi di questo paese, con la complicità delle stesse agenzie antitrust e di garanzia; invoca la moralità, le riforme e l’efficienza dei servizi e delle reti, in realtà contribuisce ad alimentare le tentazioni parassitarie dei settori della borghesia nazionale, la complementarietà subordinata delle realtà produttive del paese e le scorribande predatorie, senza o con scarse contropartite, dei vari agenti esteri; copre con una patina egualitaria una politica di ridimensionamento dello stato assistenziale, compresa la larga componente parassitaria e di adeguamento della realtà normativa alla precarietà della struttura economica per rendere presentabile la futura alleanza con la cosiddetta sinistra.

La differenza con il PD è che mentre quest’ultimo risolve il problema dell’occupazione, in particolare di giovani e donne, con una tautologia, semplicemente proponendo assunzioni, presupponendo quindi una richiesta inevasa di personale, Monti affida ai meccanismi di mercato la creazione di opportunità di lavoro.

I reali agenti di questi processi, nella loro navigazione impervia ed incerta, hanno bisogno di esecutori comunque convinti ed in parte inconsapevoli della portata di queste scelte.

Monti, nella sua mediocrità, è senza dubbio uno di questi; ha dalla sua la consapevolezza che “abbiamo due alternative. O cercare di conservare il welfare state com’è, rassegnandoci a tagli e riduzioni di servizi per far fronte ad una spesa sempre crescente. O provare a rendere il sistema  più razionale o aperto all’innovazione” Più in generale la consapevolezza di una visione  dinamica rispetto ad una difesa statica dell’esistente. Ha il vantaggio di avere una controparte paralizzata nella difesa statica degli interessi, anche elementari o popolata da mestatori demagoghi pronti a liquidare al miglior offerente i migliori propositi o a finire vittima della propria stessa demagogia.

Le acrobazie del personaggio, prima garante tecnico, poi attore politico diretto in competizione con gli altri nella campagna elettorale, più che per indole per evidenti pressioni esterne, svelano la fluidità della situazione. Nel bailamme generale, ci sono forze che hanno compreso la posta in gioco. Per costrizione e convinzione hanno assunto la bandiera del cambiamento e l’iniziativa per gestirlo in qualche maniera. Tra questi, la forza principale appare la Chiesa Cattolica, o meglio la sua istituzione e parallelamente ad essa la pletora di imprenditori più subordinata ai centri esteri e più legata alle rendite delle reti di servizio, quella delle nicchie espressamente congeniali agli spazi consentiti dal mercato euro-atlantico e tutti quei centri in qualche maniera legati da sessant’anni di fedeltà all’alleanza atlantica.

La prima, dopo sonore batoste sia nel settore finanziario (vedi il caso Fazio/Banca d’Italia) che in quello delle scelte politiche strategiche (legami con la chiesa ortodossa) e della gestione morale (pedofilia, ect), ha pensato bene di rientrare politicamente nell’ovile e di gestire e ricontrattare le condizioni di accesso alla gestione del welfare alle nuove condizioni imposte, attraverso soprattutto il terzo settore e con l’alleanza e la mobilitazione delle forze collaterali. Si tratta però di forze che non sono in grado di esprimere una reale classe dirigente, espressione di ceti residuali e collaterali,  che abbisognano di personalità in grado di catalizzarle in qualche maniera e che non hanno ancora nemmeno raggiunto un livello sufficiente di compattezza. Il divario tra ambizioni e forze in campo mi pare al momento evidente. Le attuali convulsioni in Comunione e Liberazione, nelle ACLI e nella Coldiretti, con le ricorrenti tentazioni di ritorno agli ovili originari del PDL e del PD, sono rivelatrici delle incertezze del momento. Non a caso Monti ha segnalato che lo scontro reale e la destrutturazione definitiva del quadro politico avverrà dopo le elezioni, sempre che non sia lui a cadere vittima dei conflitti.

Oltre che per il completamento dell’Agenda e il suo arricchimento di contenuti, la sua propensione a prendere appunti  e a temporeggiare sulle decisioni dipende quindi dalla necessità di consultare , documento ancora più importante, la propria rubrica. Di quell’elenco nei prossimi mesi conosceremo la gran parte dei nomi delle figure locali e di secondo rango più esposte; degli ispiratori potremo immaginare la provenienza a meno che, nei posti che contano, comincino a volare gli stracci e si renda necessario un rivolgimento delle scelte. Accade raramente, ma accade.


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11275

domenica 30 dicembre 2012

Ilva, disinformazione al veleno contro il gip Todisco. - Alessandra Congedo



TARANTO – Certa stampa non resiste proprio alla tentazione di attaccare le toghe. Spesso lo fa a sproposito. Basta leggere cosa riporta il sito de “Il Foglio”, giornale diretto da Giuliano Ferrara: “Mentre le toghe più scintillanti d’Italia si buttano in politica c’è un  magistrato, a Taranto, che (ancora) non ha deciso di candidarsi. Ma  troverebbe la propria casa ideale tra i Verdi o tra i militanti  vendoliani di Sel. E’ Patrizia Todisco, magistrato della procura di  Taranto, che ha presentato alla Corte costituzionale un ricorso per  conflitto di attribuzione fra poteri dello stato contro il decreto legge  del governo che legifera sui temi ambientali, consentendo all’Ilva di  operare con i suoi altiforni a condizione che rispetti le nuove regole  che esso stabilisce” (http://www.ilfoglio.it/soloqui/16361).
Ai nostri (sempre attenti) lettori non sarà sfuggita la grossa inesattezza contenuta in queste righe: non è stato il gip Todisco a presentare il ricorso, ma il pool di magistrati (tutte toghe verdi, rosse o arancioni?) della Procura di Taranto che indaga sull’inquinamento prodotto dall’Ilva. Lascia senza parole questo attacco alla Todisco che viene tirata in ballo senza alcun senso, solo al fine di screditare lei e ciò che rappresenta: la giustizia. Inutile soffermarsi, poi, su ipotesi degne della più assurda fantapolitica.  Abbiamo già provveduto ad inviare una mail al direttore Ferrara e alla sua redazione per far notare il passo falso compiuto. Attendiamo risposta.

PIU’ A DESTRA DELL'AGENDA MONTI. ECCO L'INTERVISTA CHE PROVA CHE BERSANI CI HA VENDUTO ALLA GERMANIA



La vera campagna elettorale, quella per accreditarsi dove si prendono decisioni, la si fa sul Financial Times. Che ha dedicato molto spazio alle elezioni italiane. Segnaliamo questa intervista del Financial Times a Pierluigi Bersani in versione maresciallo Pètain. Quello dei giorni che precedettero la formazione della repubblica collaborazionista di Vichy.

Cosa dice di grave Bersani ?

La prima è che è favorevole ad un irrigidimento del fiscal compact, il patto sul bilancio che impegna a tagli di spesa pubblica di decine di miliardi l'anno per un ventennio. La seconda è che impegna l'Italia ad ulteriori politiche di austerità. Fin qui siamo a Monti forse con qualche parola più cruda sull'irrigidimento del fiscal compact. 

Ma dove Bersani, nel tentativo di accreditarsi in Europa, riesce a superare a destra Mario Monti è sulla questione del commissario unico europeo. Si tratta di una figura, già oggetto di trattativa nei precedenti round europei, che avrebbe potere di veto sulla stesura dei singoli bilanci nazionali. Per cui se un paese decidesse di finanziare scuola, sanità, servizi sociali, in autonomia nazionale, questa figura avrebbe potere di bloccare una decisione sovrana. Il più convinto artefice di questa proposta, che ha incontrato il favore di Barroso, è il superministro tedesco dell'economia Schauble. Monti, diplomaticamente, nelle settimane scorse aveva fatto scivolar via questa proposta (assieme ad altri paesi). Monti è un uomo di destra, convinto di svendere il paese, ma sa che la cessione di sovranità va sempre saputa trattare con accortezza.

E cosa ti fa Bersani? Per accreditarsi in Europa si dice pronto ad accettare la proposta Schauble. Al Financial Times Bersani si dice pronto ad accettare la cessione di sovranità. Ovviamente si bada bene dal dirlo all'elettorato italiano. Qui è da considerare una cosa. Esistono due tipi di cessione di sovranità: una, quella con contropartite, fa parte di un processo di integrazione continentale. L'altra, senza contropartite, spiace dirlo ma si chiama resa ad una potenza straniera. Nessun dubbio che Bersani voglia incarnare i panni del nuovo Pétain che, a suo tempo, decise che la resa praticamente senza contropartite alla Germania fosse l'unica strada razionalmente praticabile.


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11278

Sanità, approvati i nuovi Lea Stretta contro gli esami inutili.


Il ministero vara la proposta dei Livelli essenziali di assistenza: entrano ludopatia e parto indolore.

Arrivano i nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza, e si registra una stretta sugli esami inutili che costano caro al Servizio sanitario nazionale. Nel documento del ministro della Salute Renato Balduzzi si prevedono controlli su «almeno il 5%» delle ricette, e per facilitarli è chiesto l'obbligo da parte del medico di motivare la prescrizione degli accertamenti.
RIDURRE GLI ONERI - In una nota diffusa dal ministero si spiega che l'obiettivo è puntare «sull'appropriatezza dell'assistenza specialistica ambulatoriale» con conseguente «riduzione degli oneri a carico del Ssn». Le Regioni dovranno attivare «programmi di verifica sistematica» e saranno date anche « "indicazioni prioritarie" per la prescrizione di prestazioni di diagnostica strumentale frequentemente prescritte per indicazioni inappropriate». Senza l'indicazione del «quesito o del sospetto diagnostico» la ricetta sarà «inutilizzabile».
COSA PREVEDONO I LEA - Maggiore diffusione del parto indolore (con l'epidurale), riconoscimento di 110 malattie rare, cinque nuove patologie croniche, ludopatia (dipendenza dal gioco) e la sindrome da Talidomide (un medicinale diffuso negli anni Cinquanta per le donne in gravidanza che poteva avere conseguenze sul nascituro): sono alcune nelle novità contenute nella proposta di aggiornamento dei Lea, che ora dovrà passare il vaglio del ministero dell'Economia, della Conferenza Stato-Regioni e l'esame delle commissioni parlamentari. Il ministero sottolinea che è stata data priorità all'esenzione per le patologie croniche e rare.
ALTRE MALATTIE - Entrano nei Lea anche enfisema polmonare e asma cronica (broncopneumopatie croniche ostruttive, Bpco, al II stadio - moderato, III stadio - grave, e IV stadio - molto grave), le malattie croniche infiammatorie delle ossa (osteomieliti croniche), le patologie renali croniche (con valori di creatinina clearance stabilmente inferiori a 85 ml/min), il rene policistico autosomico dominante e la sarcoidosi al II, III e IV stadio, cioè malattie che interessano più tessuti e organi con formazioni di granulomi e che comportano problemi polmonari, cutanei e oculari.
RISPOSTE CONCRETE - L'approvazione dell'aggiornamento dei livelli essenziali rappresenta «una risposta concreta a molte persone e a molte famiglie che soffrono», sottolinea Balduzzi, che aggiunge: «Anche nelle difficoltà economiche il nostro Servizio Sanitario Nazionale si dimostra capace di dare risposte concrete». (fonte Ansa)

Siria, continuano le violenze: 200 morti di cui 23 bambini.


Siria, continuano le violenze: 200 morti di cui 23 bambini


Lakhdar Brahimi, inviato speciale Onu, ha affermato che la “soluzione” del conflitto siriano “deve avvenire nel 2013, possibilmente prima del secondo anniversario della crisi”. Durante una conferenza stampa al Cairo, Brahimi si è detto certo che “una soluzione è ancora possibile anche se la situazione è molto grave e peggiora di giorno in giorno".

Ancora violenza e altre vittime in Siria. C’è stato un nuovo massacro con un bilancio, quello di ieri tra Aleppo e Damasco, di oltre 200 morti di cui 23 bimbi.  Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo l’esercito è tornato a bombardare due quartieri di Homs, dopo aver ripreso ieri parte della città con un’azione che ha lasciato sul terreno altre 12 vittime. Centinaia di civili sarebbero stati uccisi nell’offensiva delle forze governative siriane che ha portato alla riconquista del quartiere di Deir Baalbeth. I residenti sono stati costretti a uscire dalle loro case e concentrati in un impianto petrolchimico dove sono stati giustiziati sommariamente, afferma il gruppo dei comitati di coordinamento locale. Fra le vittime, numerose donne e bambini. 
Lakhdar Brahimi, inviato speciale Onu per la Siria, ha affermato che la “soluzione” del conflitto siriano “deve avvenire nel 2013, possibilmente prima del secondo anniversario della crisi”. Durante una conferenza stampa al Cairo, Brahimi si è detto certo che “una soluzione è ancora possibile anche se la situazione è molto grave e peggiora di giorno in giorno. La crisi siriana è scoppiata nel marzo 2011 con la repressione delle prime rivolte prima di sfociare nel violento conflitto armato. La comunità internazionale può ritrovarsi sull’accordo raggiunto a Ginevra lo scorso giugno. Dico che una soluzione può trovarsi, quest’anno, nel 2013, e, se Dio vuole, prima del secondo anniversario della crisi”, ha detto il diplomatico algerino, durante una conferenza stampa nella sede della Lega Araba, ricordando l’inizio della rivolta, nel marzo 2011. “Una soluzione e’ ancora possibile ma diventa ogni giorno più complicata”. Secondo Brahimi, l’accordo di Ginevra, che prevede la creazione di un governo transitorio, può essere concretizzato dalla comunità internazionale: “Ho discusso questo piano con la Russia e la Siria”, ha detto l’inviato, reduce da una settimana di contatti proprio a Damasco e Mosca. Proprio al termine dei colloqui con la diplomazia russa, sabato, Brahimi ha detto che a Damasco la scelta è tra “l’inferno e la soluzione politica”.

Usa, tutte le promesse non mantenute di Obama per limitare l’uso delle armi. - Marco Quarantelli


Barack Obama


Nei primi quattro anni del suo governo il settore ha conosciuto un boom senza precedenti. A fine 2012 il giro d'affari toccherà quota 11,7 miliardi di dollari. Dopo la strage di Tucson nel 2011 il Dipartimento di Giustizia mise a punto una lista di provvedimenti ma le elezioni erano troppo vicine e le proposte finiscono in archivio.

Mercoledì 19 dicembre nella briefing room della Casa Bianca l’aria era irrespirabile. Dopo l’eccidio dei  20 bambini di NewtownBarack Obama sa che sul controllo delle armi non potrà limitarsi alle solite promesse. “Il vicepresidente Biden metterà a punto un piano da approvare entro gennaio per impedire che tragedie simili si ripetano”, ha scandito il presidente. Quando un giornalista gli ha fatto notare che finora non ha fatto nulla per evitare che pistole e fucili invadessero le case degli americani, Obama “è apparso irritato – scrive il New York Times - ha tirato in ballo la crisi, il collasso dell’auto e due guerre che hanno richiesto tutta la sua attenzione”. Un nervosismo dettato dalla consapevolezza: nei primi quattro anni del suo governo il settore ha conosciuto un boom senza precedenti. A fine 2012 il giro d’affari toccherà quota 11,7 miliardi di dollari. “Obama è la miglior cosa che sia mai accaduta all’industria delle armi”, ha spiegato a theblaze.com Jim Barrett, analista di C.L. King & Associates Inc., società di analisi di New York.
Nella prima campagna elettorale, Obama aveva seminato promesse a piene mani. “Aveva giurato che avrebbe lottato contro le lobby  - ricorda il Brady Center To Prevent Gun Violence, la più attiva e potente tra le organizzazioni che si battono per il gun control - e che avrebbe fatto leggi in grado di frenare la diffusione delle armi“. Nella convention democratica dell’agosto 2008, il futuro presidente promette per la prima volta di reintrodurre il bando contro le armi automatiche in vigore tra il 1994 e il 2004: “Terremo gli AK-47 lontano dalle mani dei criminali”, annuncia nel discorso di investitura. Ma pochi giorni fa, dopo la strage di Newtown, è stato costretto a rinverdire l’impegno mai mantenuto.
Ogni mossa di Obama in materia è da sempre ponderata al millesimo. Il 26 giugno 2008 la Corte Suprema stabilisce il diritto degli americani ad essere armati, annullando una legge che da 32 anni a Washington proibiva di tenere in casa una pistola per difesa personale. La decisione è storica, l’argomento è delicato, le urne sono vicine: schierarsi contro il verdetto sarebbe un suicidio elettorale. Così Barack si limita ad un commento indolore: “Possiamo proteggere il diritto della gente a possedere una pistola e al contempo la sicurezza dei nostri bambini”. Undici mesi dopo, il 12 maggio 2009, il suo Senato dava l’ok a una legge voluta da George W. Bush per consentire di introdurre armi semi-automatiche nei parchi nazionali.  
L’ultima promessa, prima di Newtown, risale ai fatti di Tucson, in Arizona: l’8 gennaio 2011 un 22enne apre il fuoco durante un comizio della deputata Gabrielle Gifford e uccide 6 persone. Il Dipartimento di Giustizia mette a punto una lista di provvedimenti per migliorare il sistema di controllo sul background degli acquirenti: l’idea – scrive il New York Times - è quella di incrociare i dati della Social Security Administration e dell’Fbi su chi ha fatto richiesta della licenza, per evitare che l’arma finisca nelle mani di criminali o psicopatici. Il presidente ne parla due mesi dopo in un editoriale scritto per l’Arizona Daily Star, ma tutto si ferma lì: le elezioni del 2012 sono troppo vicine e le proposte finiscono in archivio.
Ora che è stato rieletto e l’ondata emotiva per la strage di Newtown è fortissima, Obama ha un’occasione storica: infrangere il tabù del diritto garantito dal Secondo Emendamento di possedere armi. Al Congresso i democratici hanno il controllo del Senato, ma la Camera è rimasta in mano ai repubblicani e la partita si giocherà tutta lì. Il Grand Old Party promette battaglia: “I criminali troverebbero comunque il modo di entrare in possesso di armi – ha detto al New York Times Jim Jordan, deputato repubblicano dell’Ohio – quindi eventuali restrizioni sarebbero inutili”. Howard Coble, North Carolina, fa appello alle statistiche: “Tradizionalmente gli Stati che hanno regole più rigide non vedono diminuire il loro tasso di criminalità”.
Domenica 16 settembre la senatrice democratica Dianne Feinstein ha chiesto di riportare in vita il bando contro le armi d’assalto in vigore fino al 2004 e Obama si è detto d’accordo. Ma potrebbe non bastare. Quella legge, scrive il Washington Post, aveva una lunga serie di falle propiziate a suon di milioni dall’azione di lobbying della National Rifle Association e utilizzate dai costruttori per continuare a produrre indisturbati: fosse stata in vigore oggi, il fucile da guerra Colt AR-15 sarebbe stato fuorilegge e James Holmes non avrebbe potuto utilizzarlo il 20 luglio per fare strage nel cinema di Aurora, ma se l’assassino avesse deciso di usare il gemello Colt Match Target Rifle, differente dal primo solo per una manciata di particolari, avrebbe potuto comperarlo indisturbato. Magari anche sceglierlo su internet, sul catalogo dedicato ai fucili d’assalto dalla catena di supermercati Walmart. 

La natura.



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Horroris causa. - Marco Travaglio



Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso dichiara testualmente a La zanzara: “Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia. Ha introdotto leggi che ci han consentito in tre anni di sequestrare 40 miliardi di beni ai mafiosi”. Era dai tempi della candidatura di B. al Nobel per la Pace, iniziativa di alcuni zelanti parlamentari del Pdl, che non si rideva tanto. Dopo il premio Guido Carli “alla carriera” (niente male l’idea di consacrare un piduista a erede universale di un uomo che combatté la P2), il Cainano incassa e si appunta, honoris causa, la medaglietta “una vita contro la mafia”.

Sulla data d'inizio del suo impegno antimafia si fronteggiano varie scuole di pensiero. C'è chi sostiene che B. abbia cominciato a combattere Cosa Nostra nel 1974, quando (come ha appena confermato la Cassazione nella sentenza Dell'Utri) ricevette a Milano la visita dei boss Bontate, Teresi, Di Carlo e Cinà, portati in dote dall'amico Marcello per suggellare la promozione del mafioso Vittorio Mangano a fattore di Arcore. C'è chi invece data il suo furore antimafioso al 1975, quando la mafia gli fece saltare la villa in via Rovani a Milano e lui non denunciò nulla ai carabinieri perché, confessò anni dopo, sapeva che l’attentato era opera dell'amico Mangano. Altri lo fanno coincidere con l'attentato nella stessa villa del 1986, quando al telefono con Dell'Utri parlò di “bomba gentile e affettuosa” e concluse: “Se Mangano me li chiedeva, io 10 milioni glieli davo”. Altri infine fanno scattare la sua limpida coscienza antimafiosa da quando – scrive ancora la Cassazione – “pagò cospicue somme a Cosa Nostra” nell'ambito di “un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell'Utri”, il tutto almeno fino al 1992, l'anno delle stragi.

Poi c'è il B. premier, ventennale spina nel fianco di Cosa Nostra. Nel 1994 tuonò contro Caselli e i pentiti di mafia, in tandem con Riina (“ha ragione il presidente Belluscone”) e intimò alla Rai di piantarla con La Piovra che rovinava l'immagine dell'Italia e soprattutto della mafia nel mondo. Poi portò in Parlamento Dell'Utri e Cosentino. Promosse ministro Lunardi che voleva “convivere con la mafia ”. Depenalizzò il falso in bilancio e varò tre scudi fiscali, regalando ai mafiosi l'anonimato e il rientro dei capitali sporchi in cambio ora del 2,5% ora del 5% di tasse invece del 45%: un riciclaggio di Stato in concorrenza sleale con gli onesti spalloni. Consentì la vendita dei beni sequestrati, così i boss possono ricomprarseli tramite prestanomi. Disse: “Strozzerei con le mie mani gli scrittori che parlano di mafia” (tipo Saviano e altri). Modificò l'art. 2 della normativa antimafia: se prima si potevano confiscare in base a “sufficienti indizi”, ora invece ci vuole la prova certa (difficilissima da trovare) che “risultino” provenienti da attività illegali. Infine, per salvarsi la coscienza, il ministro Alfano varò un brodino pomposamente chiamato “testo unico antimafia”, giudicato dagli operatori seri fumo negli occhi, che nulla aggiunge di sostanziale alla lotta alla mafia (né ai sequestri dei beni, che si facevano tali e quali anche prima).

Forse Grasso si riferisce a quella cosa inutile quando propone addirittura il “premio speciale” antimafia per B. Nelle procure antimafia si ride di gusto. Ma le battute del super-procuratore non sono finite: “Ingroia fa politica utilizzando la sua funzione”, “ha sbagliato a parlare a un congresso di partito” e ora “deve scegliere”. E altre ne seguiranno, annuncia Gasparri, che lancia “la prossima campagna elettorale” di Grasso. Naturalmente Ingroia è uno dei pm che indagano sulle trattative Stato-mafia, che quando Grasso era procuratore a Palermo erano tabù, e che coinvolsero anchela Banda B. Quindi la regola è questa: indagare su mafia e politica e parlarne a un congresso di partito è “fare politica”, fare un soffietto a B. e Alfano invece è fare giustizia. E poi dicono che la satira è morta.


http://unmesedallafine.blogspot.it/2012/05/travaglio-e-grasso-la-mafia-e.html

Roma: morta Rita Levi Montalcini, senatrice a vita e premio Nobel.


Roma: morta Rita Levi Montalcini, senatrice a vita e premio Nobel


E’ deceduta all'età di 103 anni nella sua casa via di Villa Massimo nella Capitale. Nel 2001 entra a Palazzo Madama su nomina di Carlo Azeglio Ciampi "per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale". Durante il governo Prodi, tra il 2006 e il 2008, essendo il suo un voto decisivo per la tenuta dell'esecutivo di centrosinistra viene aspramente contestata dagli esponenti della minoranza. Storace, sul suo blog, nel 2007 proclamava: "Regaliamole un bel paio di stampelle". Oggi dice: "Un onore averla conosciuta".

E’ morta Rita Levi Montalcini. Aveva 103 anni. La senatrice a vita è deceduta intorno alle 14 nella sua casa in via di Villa Massimo, in una zona residenziale di Roma a due passi da Villa Torlonia. La scienziata era con alcune persone care che, accortesi del peggioramento delle sue condizioni di salute, in un primo momento – come è stato riferito da loro stessi – hanno chiamato un’ambulanza per portarla alla vicina clinica Villa Margherita. Ma il quadro clinico è andato rapidamente peggiorando e il premio Nobel si è spenta nella sua abitazione.
Le sue ricerche in campo scientifico la portarono alla scoperta e all’identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa o Ngf (Nerve growth factor, ndr). Ricerche grazie alle quali, nel 1986, riceve il premio Nobel per la medicina. Socia nazionale dell’Accademia dei Lincei per la classe delle scienze fisiche, tra i soci fondatori della Fondazione Idis-Città della Scienza, è la prima donna ammessa alla Pontificia accademia delle Scienze. E’ stata sempre molto attiva in campagne di interesse sociale, per esempio contro le mine anti-uomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società. Nel 1992 ha istituito, insieme alla sorella gemella Paola (morta nel 2000), la Fondazione Levi Montalcini, in memoria del padre – Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico - rivolta alla formazione e all’educazione dei giovani, nonché al conferimento di borse di studio a giovani studentesse africane a livello universitario, con l’obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese. Sempre a favore dei giovani scienziati, nel marzo 2012 rivolge un appello al governo Monti insieme al senatore Ignazio Marino (Pd), “affinché non cancelli il futuro di tanti giovani ricercatori, che coltivano la speranza di poter fare ricerca in Italia. Il decreto legge su semplificazioni cancella i principi di trasparenza e merito alla base delle norme che dal 2006 hanno consentito di finanziare i progetti di ricerca dei giovani scienziati under 40 attraverso il meccanismo della peer review, la valutazione tra pari”.
Il 1° agosto 2001 viene nominata senatrice a vita da Carlo Azeglio Ciampi ”per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”. Per questo suo ruolo, sempre svolto con grande serietà e rigore, nel periodo del governo Prodi, tra il 2006 e il 2008, fu aspramente contestata dagli esponenti del centrodestra che, facendo leva sulla sua età avanzata, la insultarono arrivando a usare epiteti come “vecchia pannolona”. 
Nata a Torino il 22 aprile del 1909 da una famiglia ebrea sefardita, quando, nel 1938, Benito Mussolini pubblica il “Manifesto per la difesa della razza” – cui fa seguito la promulgazione delle leggi razziali e il blocco delle carriere accademiche e professionali a cittadini italiani non ariani – Rita è costretta a emigrare in Belgio con Giuseppe Levi (l’istologo che l’aveva accolta nella sua scuola medica quando la donna ha solo 20 anni). Poco prima  dell’invasione tedesca del Belgio (primavera del 1940), torna a Torino, dove, durante l’inverno del 1940, allestisce un laboratorio domestico situato nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche.
Tutti i rappresentanti politici esprimono cordoglio per la scomparsa della scienziata. Ma sono in molti a dimenticare le accuse che le rivolgevano tra il 2006 e il 2008 durante il governo Prodi. In primis Silvio Berlusconi che oggi parla di “donna di grande valore che ha onorato l’Italia”, ma nel 2006 la definiva “vergognosa” per il suo appoggio all’esecutivo dell’Unione. “La scomparsa di Rita Levi Montalcini è un gravissimo lutto non solo per la città di Roma e per l’Italia, ma per tutta l’umanità”, commenta per primo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Gli fa eco l’ex primo cittadino della Capitale Walter Veltroni: “Se ne va una personalità straordinaria”. Esprime “cordoglio a suo nome e a nome dell’Assemblea di Palazzo Madama” il presidente Renato Schifani. “Cordoglio” anche da parte dei leghisti: dal governatore del Piemonte Roberto Cota – “orgoglio per la città di Torino” – al presidente della Regione Veneto Luca Zaia: “Perdita immensa”. Parla anche il leader della Destra Francesco Storace che nel 2007 aveva proposto dal suo blog di regalare un paio di stampelle alla Montalcini, ma oggi dice: “Un onore averla conosciuta”

venerdì 28 dicembre 2012

I tempi cambiano...in peggio!



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Ex imprenditore clochard multato a Natale.



Vendeva piccoli oggetti per tirare avanti, adottato dai tassisti milanesi.


Lo hanno multato il 20 dicembre, il giorno dopo il suo 53/o compleanno, allo scalo di Linate per ''aver svolto attivita' di commercio su area pubblica senza autorizzazione''. Dovra' pagare circa tremila euro che non ha, Renato, ex imprenditore che da un anno e mezzo e' un senza fissa dimora adottato dai tassisti milanesi.
''Per cercare di tirare avanti vendo loro piccoli oggetti - racconta - come tagliaunghie, piccole lenti di ingrandimento, torce''. I tassisti hanno preso a cuore la sua situazione: ''E' una brava persona - dice Marco Marani, vicepresidente Unica Filt-Cgil - non fa nulla di male, non ruba. Sta semplicemente cercando di avere una seconda possibilita'''. Prima di finire in mezzo ad una strada Renato era un imprenditore tessile: in quattro anni ha perso tutto ed e' morta anche sua moglie.
Oggi cerca di fare quello che gli riesce meglio, ovvero il commerciante, anche se su piccola scala: ''Guai a chi mi tocca i tassisti - dice oggi - sono la mia famiglia, altro che lobby. A casa di uno di loro ho passato anche la vigilia di Natale''. 

Riguardo al porcellum…


NAPOLITANO: MANCATA RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE, UN FALLIMENTO
I giochetti del Pdl che hanno portato allo scioglimento anticipato delle Camere hanno bloccato di fatto la discussione della legge elettorale. Ne è consapevole anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definendo “un fallimento” la mancata volontà da parte del Parlamento di discutere di una modifica che gli stessi cittadini avevano richiesto.
Il fatto imperdonabilmente grave – ha sostenuto il Capo dello Stato – è stato fallire la prova della riforma della legge elettorale del 2005, su cui pure la Corte Costituzionale aveva sollevato seri dubbi di legittimità. Tante voci sono arrivate in tal senso dalla società civile e dal mondo del diritto. Più forte è stato il sopravvivere delle peggiori logiche conflittuali tra le forze politiche. Nessuno – ha tuonato – potrà fare a meno di darne conto ai cittadini- elettori e la politica nel suo insieme rischia di pagare un prezzo pesante per questa sordità”.
COME SI VOTA SE TUTTO RIMANE COM’E’
Quali sono le caratteristiche del Porcellum? Le liste bloccate, il premio di maggioranza, la soglia di sbarramento con deroghe.
Con l’attuale legge l’elettore può scegliere soltanto alcune liste senza la possibilità di indicare i nomi di chi vorrebbe effettivamente portare in Parlamento. L’elezione di deputati e senatori resta così di esclusivo appannaggio dei partiti in base alle graduatorie da loro decise.
Nella maggior parte dei casi quando il partito si aggiudica il seggio è solo il primo della lista ad entrare in parlamento. Se si è fortunati entra il secondo, per il terzo non c’è quasi mai speranza.
Per ottenere seggi ci sono delle regole incontrovertibili che bisogna rispettare:innanzitutto le soglie di sbarramento per ogni partito. Per la Camera il 55% dei seggi viene assegnato allo schieramento che ha ottenuto più voti. Per accaparrarsi i seggi la soglia da superare è del 10% dei voti nazionali. La soglia minima viene ridotta al 4% per le liste non collegate.
Tradotto in numeri tutto questo significa che 340 seggi sono assegnati come premio di maggioranza e i restanti 278 divisi fra le rimanenti liste.
Al Senato la soglia di sbarramento è fissata al 20% per le coalizioni, al 3% per le liste coalizzate e all’8% per quelle che si presentano da sole. Il territorio nazionale è diviso in 27 circoscrizioni plurinominali. Ognuna di esser comprende una o più province.
Un  meccanismo complesso che rischia di frammentare un sistema politico già diviso in tanti micro- partiti che rischiano di rimanere senza rappresentanza parlamentare. La legge fu voluta, lo ricordiamo, da Berlusconi che nel 2005 minacciò una crisi di governo se non fosse stata approvata.
Per modificarla non sono bastati tre referendum abrogativi del 2009 che non riuscirono ad oltrepassare il quorum del 50%.
Proposte di cambiare la legge elettorale ce ne sono state ma nessuna è andata realmente in porto. Per il momento resta tutto com’è nonostante i tentativi di Idv e di altre forze extraparlamentari di parlarne. Il Pd invece per aggirare l’ostacolo pensa alle primarie di Capodanno. Quanto e come cambieranno le sorti delle liste elettorali lo vedremo all’inizio del prossimo anno. Nei partiti di centrodestra resta tutto com’è e l’Italia dei Valori si ricava il suo “spazio primarie” con la pubblicazione on line della cosiddetta “ lista di nozze” che consiste nella pubblicazione on line sul suo sito del curriculum del candidato che si propone. Toccherà ad organi di garanzia fuori dai candidati decidere poi se accettare o meno il nome in base a eventuali segnalazioni.
Chi vivrà vedrà ma lo spettro del porcellum sulle elezioni del 2013 è sempre più reale: un fantasma che prende anima e corpo e non è uno scherzo di carnevale.

Caterina Romeo condannata per 'Consumatori per Fassino' alle Comunali 2011.

Caterina Romeo, ex coordinatrice provinciale del Pd

Caterina Romeo condannata per 'Consumatori per Fassino' alle Comunali 2011
La ex coordinatrice provinciale del Pd è stata condannata per irregolarità elettorali. La vicenda è legata a una lista che partecipò alle amministrative del 2011, 'Consumatori per Fassino'.

Caterina Romeo condannata per 'Consumatori per Fassino' alle Comunali 2011
Un anno e quattro mesi di carcere è la condanna inflitta oggi in tribunale, a Torino, a Caterina Romeo, ex coordinatrice provinciale del Pd, per irregolarità elettorali.

La vicenda è legata a una lista che partecipò alle amministrative del 2011, 'Consumatori per Fassino', e, in particolare, alla raccolta delle firme; Romeo si era occupata dell'autenticazione. La pena è quella proposta dal pubblico ministero Patrizia Caputo.


http://www.torinotoday.it/politica/condannata-caterina-romeo-consumatori-fassino.html

L'agenda dell'usuraio partorita dal listone osceno...Petrus-Unicum 146



Nel fottere all'infinito
con strategie di succhiatori di sangue autorizzati
nel 2013 mascherata da patriottismo
l'ennesima stangata di 1500 euro a famiglia
sara' una sprangata che colpira' tutti noi
per arricchire le casse delle multinazionali straniere e banche
nella ripresa per il culo con propagande lubriche
solo al sud negli ultimi 4 anni si sono persi 330.000 posti di lavoro
con la perdita di 24miliardi di euro di PIL
INTANTO l'agenda dell'usuraio partorita dal listone osceno
la democrazia infagata della non raccolta firme del listone Monti
con le austere leggi imposte dal vaticano Monti seguito dai suoi sordi sodali parcheggera' la FERRARI nel parcheggio di un supermercato mostrando le scarpette di PRADA gli anelli di mezzo chilo quelli che spesso usano il PAPPA vescovi ed affini con i medaglioni pendenti dai catenoni d'oro osceni mettera' in atto tutto il programma dettato dalle bestie del vaticano
niente preservativo:
niente preservativo?
padre fate attenzione non voglio abortire per la quarta volta
per la sua irresponsabilita' mentre fate sesso con me...
REGGIO CALABRIA - «A noi preti ci dovrebbero autorizzare almeno una volta nella vita a mettere incinta una donna “per vedere l’effetto che fa”, senza sposarla, qualche prete e qualche vescovo lo ha fatto». Quando il capitano dei carabinieri Valerio Palmieri, ha letto in aula l’intercettazione di don Nuccio Cannizzaro, è calato il gelo...
le donne ammazzate e' colpa loro dice Don Piero Corsi
che accusa le donne di essere provocanti. “Vanno in giro con abiti succinti e servono cibi freddi” 
''Le donne facciano autocritica: vanno in giro con abiti succinti, servono cibi freddi, abbandonano i bimbi e esasperano le tensioni. Gli uomini non sono impazziti, sono le donne che provocano''. Questo in sintesi il testo del volantino affisso da don Piero Corsi nella chiesa di S.Terenzo a Lerici (La Spezia) il giorno della vigilia di Natale, che effettua ''l'analisi di ciò che i soliti tromboni chiamano femminicidio''
mentre nel tremendo mistero
l'omofobia della chiesa e' il marchio
piu' osceno dell'esaltazione disumana
l’ultima sortita di Joseph Ratzinger sui matrimoni egualitari... Non mi stupisce
1. la chiesa è omofoba, per cui quell’affermazione per cui il matrimonio tra due uomini e tra due donne è contro la pacifica convivenza degli esseri umani rientra in una coerenza interna di chi, prima, aveva bisogno di odiare ebrei, di schiavizzare neri, di stringere alleanze con le dittature, ecc, e adesso non può rinunciare all’ultimo nemico interno, rappresentato dai gay...le famiglie come in politica devono essere sane volare alto avere l'integrita' di una nobilta' superiore come la lista MONTI che sta nascendo I VALORI DELLA FAMIGLIA DEVONO ESSERE AL DI SOPRA di ogni sospetto il family day deve essere un vangelo rappresentato da persone integgerime...persone integgerime?? TRE DEI MASSIMI ESPONENTI DELLA LISTA MONTI SONO DIVORZIATI CRONICI CASINI FINI E MONTEZEMOLO chissa' quanti altri esponenti sono divorziati?
il listone dell'inciucio coatto e' solo
un'ammucchiata senza precedenti di marchettari
che vogliono prostituirsi bene alle banche e multinazionali straniere
prendendo le autostrade di BENETTON e vendendole a metro...AMEN
LORO STANNO METTENDO IN ATTO IL PROGETTO OSCURO DI MENTI DIABOLICHE COME QUESTI 25 PUNTI DETTATI 
Nel 1773 Mayer Amschel Rothschild si riunì con 12,un numero non casuale,miliardari e presentò un piano di 25 punti per ottenere il controllo del pianeta...

1. Usare la violenza e il terrorismo, piuttosto che le discussioni accademiche.
2. Predicare il "Liberalismo" per usurpare il potere politico.
3. Avviare la lotta di classe.
4. I politici devono essere astuti e ingannevoli - qualsiasi codice morale lascia un politico vulnerabile.
5. Smantellare "le esistenti forze dell'ordine e i regolamenti. Ricostruzione di tutte le istituzioni esistenti."
6. Rimanere invisibili fino al momento in cui si è acquisita una forza tale che nessun'altra forza o astuzia può più minarla.
7. Usare la Psicologia di massa per controllare le folle. "Senza il dispotismo assoluto non si può governare in modo efficiente."
8. Sostenere l'uso di liquori, droga, corruzione morale e ogni forma di vizio, utilizzati sistematicamente da "agenti" per corrompere la gioventù.
9. Impadronirsi delle proprietà con ogni mezzo per assicurarsi sottomissione e sovranità.
10. Fomentare le guerre e controllare le conferenze di pace in modo che nessuno dei combattenti guadagni territorio, mettendo loro in uno stato di debito ulteriore e quindi in nostro potere.
11. Scegliere i candidati alle cariche pubbliche tra chi sarà "servile e obbediente ai nostri comandi, in modo da poter essere facilmente utilizzabile come pedina nel nostro gioco".
12. Utilizzare la stampa per la propaganda al fine di controllare tutti i punti di uscita di informazioni al pubblico, pur rimanendo nell'ombra, liberi da colpa.
13. Far si che le masse credano di essere state preda di criminali. Quindi ripristinare l'ordine e apparire come salvatori.
14. Creare panico finanziario. La fame viene usata per controllare e soggiogare le masse.
15. Infiltrare la massoneria per sfruttare le logge del Grande Oriente come mantello alla vera natura del loro lavoro nella filantropia. Diffondere la loro ideologia ateo-materialista tra i "goyim" (gentili).
16. Quando batte l'ora dell'incoronamento per il nostro signore sovrano del Mondo intero, la loro influenza bandirà tutto ciò che potrebbe ostacolare la sua strada.
17. Uso sistematico di inganno, frasi altisonanti e slogan popolari. "Il contrario di quanto è stato promesso si può fare sempre dopo...Questo è senza conseguenze".
18. Un Regno del Terrore è il modo più economico per portare rapidamente sottomissione.
19. Mascherarsi da politici, consulenti finanziari ed economici per svolgere il nostro mandato con la diplomazia e senza timore di esporre "il potere segreto dietro gli affari nazionali e internazionali."
20. L'obiettivo è il supremo governo mondiale. Sarà necessario stabilire grandi monopoli, quindi, anche la più grande fortuna dei Goyim dipenderà da noi a tal punto che essi andranno a fondo insieme al credito dei dei loro governi il giorno dopo la grande bancarotta politica.
21. Usa la guerra economica. Deruba i "Goyim" delle loro proprietà terriere e delle industrie con una combinazione di alte tasse e concorrenza sleale.
22. Fai si che il "Goyim" distrugga ognuno degli altri; così nel mondo sarà lasciato solo il proletariato, con pochi milionari devoti alla nostra causa e polizia e soldati sufficienti per proteggere i loro interessi.
23. Chiamatelo il Nuovo Ordine. Nominate un Dittatore.
24. Istupidire, confondere e corrompere i membri più giovani della società, insegnando loro teorie e principi che sappiamo essere falsi.
25. Piegare le leggi nazionali e internazionali all'interno di una contraddizione che innanzi tutto maschera la legge e dopo la nasconde del tutto. Sostituire l'arbitrato alla legge.
vi lascio con una poesia

Imparatemi a capire
una cascata di accuse
lava il frutto marcio
della corruzione
condannatemi pure alla lapidazione
padre chi dara´ragione
a quello che scrivo
quando nudo
senza uno straccio
di bandiera
attraversero´la linea proibita
riconciliamento risarcimento
invece vi urlo in faccia
pieno di disprezzo
pedofili siete dei pedofili
i vescovi della california
chiedono perdono
pagando 45 milioni di dollari
per corrompere
gli amministratori di Dio
per comprare i loro
abusi sui minori
siete arrivati
a questo tipo d’oscenita´
comprare la dignita´
per coprire
le vostre assurde nequizie
uccidendo un’altra volta
i corpi cadaveri
che avete infamato
aspettate i saldi
Dio non vende
riparazioni per peccati
al mercatino dell’inferno

padre chi dara´ragione
a quello che scrivo
litigando con la mia anima
dimenticando che le verita’
sono pazze
non hanno mai ragione
teatrante senza copione
e´inutile che urli tanto
nessuno si permette
di dare torto
mettendosi contro alle religioni…
Atlantic city 4 dicembre 2006