Visualizzazione post con etichetta Porcellum. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Porcellum. Mostra tutti i post

lunedì 4 luglio 2016

Italicum, opportunismo di Stato. - Alessandro Di Marzio

image

Con la calendarizzazione di una mozione di Sinistra Italiana per rivedere gli evidenti vizi di costituzionalità dai quali è affetto, l’Italicum ritorna a poter essere discusso dal Parlamento. Un tardivo mea culpa da parte del Governo? No, semplicemente paura di perdere le elezioni davanti al sempre più temibile pericolo grillino.

Poco più di un anno fa, il 4 maggio del 2015, l’Italicum diveniva legge, approvato definitivamente dalla Camera dopo ben tre questioni di fiducia poste su di esso. Firmato da Mattarella pochi giorni dopo, veniva poi regolarmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con la condizione che sarebbe entrato in vigore dopo un anno, cioè nel giugno di quest’anno.
Da subito esso incontrò l’ostilità di opposizioni e costituzionalisti, ravvisandosi al suo interno una sostanziale riproposizione, un po’ incipriata e improfumata, degli stessi vizi d’incostituzionalità sanzionati dalla Consulta nel Porcellum: un premio di maggioranza spropositato e non sottoposto a una soglia minima di accesso, e la presenza di liste bloccate.
Nei mesi seguenti e fino a poche settimane fa però il Governo, con la sua solita propensione al dialogo e al confronto di idee, ha sempre accuratamente evitato ogni discussione inerente l’Italicum, additando come gufi, fascisti, parrucconi, reazionari tutti quelli che abbiano provato a manifestare dubbi di costituzionalità su tale legge. “L’Italicum ormai è legge”, veniva ripetuto come un mantra da Palazzo Chigi, e dietro questa evidenza inconfutabile (o banalità?) veniva censurata qualsiasi proposta di intervento sulla chimera renziana. Nel frattempo è partita in questi mesi anche una raccolta firme per un eventuale referendum abrogativo, nel caso in cui la Corte Costituzionale nella sentenza prevista per il 4 ottobre dovesse inaspettatamente contraddire sé stessa e non sanzionare i medesimi vizi che sanzionò due anni e mezzo fa. Ma dal Governo sempre picche. L’iItalicum è legge e non si discute.
Questa settimana invece, un improvviso cambio di rotta: mercoledì la conferenza Capigruppo della Camera ha infatti calendarizzato per settembre una mozione di Sinistra Italiana, per “intervenire[…] sulla riforma approvata, eliminando quei palesi vizi di incostituzionalità che la rendono […] destinata a provocare una nuova pronuncia della Corte”. Da Governo, silenzio. Strano. 
Forse che Renzi ha scoperto un’app per scaricare sul suo iPhone un compendio di diritto pubblico, e ha così iniziato a studiarsi la Costituzione? 
Forse che la Boschi ha letto la sentenza 1/2014 e ha scoperto che l’Italicum è un’altra porcata alla pari del Porcellum? 
O forse addirittura che Mattarella si è improvvisamente ricordato che anche lui faceva parte della Corte Costituzionale quando fu prodotta la famosa sentenza, e dunque ha realizzato di aver firmato da Presidente della Repubblica una legge affetta dagli stessi vizi che aveva ritenuto incostituzionali come Giudice della Consulta?
No, niente di tutto ciò. Molto più semplicemente ci sono state le elezioni comunali, e Renzi, dopo aver perso contro il Movimento5Stelle ben 19 ballottaggi su 20, ha scoperto che il suo PD è ben lontano dal 40% delle europee, sull’onda delle quali fu approvato l’Italicum, bensì da allora ha perso almeno un quarto, se non un terzo dei voti. E il M5S non è più di poco sopra il 20%, ma è salito oltre il 30%. Dunque l’Italicum per così concepito rischia seriamente, a un eventuale ballottaggio, di far vincere i pentastellati. Ecco quindi che improvvisamente la mozione di Sinistra Italiana, che rimette in discussione la legge elettorale, è la benvenuta. Senza considerare che così facendo si sposterebbe anche la pronuncia della Corte che dal 4 ottobre, alla vigilia del referendum sulla riforma Boschi, slitterebbe molto più in là, attutendo così l’effetto catastrofico che potrebbe avere sul Governo la concomitanza della bocciatura sia dell’Italicum che della riforma costituzionale.
Un improvviso zelo governativo, un’apprezzabile per quanto tardiva preoccupazione per i profili di costituzionalità dell’Italicum? Niente di tutto questo. Il Governo se ne frega altamente della Costituzione (altrimenti non avremmo nemmeno questo governo e saremmo andati già a elezioni tempo fa con il Mattarellum o con il cd Consultellum), sta soltanto approfittando in maniera sfacciatamente opportunista di un’occasione per scongiurare la possibilità sempre più concreta di perdere rovinosamente sia referendum che elezioni, pronto a tutto pur di restare incollato col Bostik alle comode poltrone imbottite di Palazzo Chigi e Montecitorio.

giovedì 3 aprile 2014

“Renzi! Matteo! Parlo con te”. Il video monologo in esclusiva per voi. - Dario Fo



Siamo fortunati! Abbiamo il più giovane Presidente del Consiglio al mondo. Bisogna che ne parliamo!
Matteo Renzi…se devo dire la verità, mi pare uno che di professione fa il giocatore di poker d’azzardo,poker col morto, chi è il morto? Letta! Non l’ha fatto fuori lui? Ah no? E’ stato il suo partito?! Ah, ho capito, una congiura di palazzo! W il re! Quale re? Giorgio I! Andiamo avanti…
A proposito di poker… Renzi mi pare uno che si siede al tavolo con un mucchio di fiche davanti allo stomaco. Non sono soldi tutti suoi. Gioca con la garanzia di molti prestanome. Dietro ha anche qualche banca, gli piacciono le banche, tant’è che ogni tanto fa loro dei regali, di qualche miliardo, così tanto per gradire. E’ uno bravo al gioco, specie della politica, di quelli che non perdono mai un colpo, almeno a sentire lui. Bluffa, quello bisogna dirlo, è uno che è bravissimo a bluffare… lo fa appena può, come dire sempre. Gioca pesante e fa delle aperture che tolgono il fiato: “Questa è la mia posta, chi non ci sta vada in un altro banco! 
E’ uno che sa parlare alla gente, il suo leitmotiv preferito è: “Io non sono qui per la poltrona ma per la salvaguardia e la salvezza dell’Italia”. Oh bella!
E tu saresti uno che per caso è anche di sinistra?! E non so quanto per caso… sei di sinistra e giuri che non stai giocando per te, ma per far vincere il popolo, le famiglie, i diseredati, quelli senza pensione… insomma, tutta la base del partito.
Bravo! Ed è lui, questo popolo, che ti ha eletto Presidente del Consiglio… ah no? Ah non è la base che ti ha eletto?! Chi è? La nomenklatura! Non sai cos’è la nomenklatura?
Hai in mente D’Alema? Non l’hai in mente! Oddio, Massimo non c’è più, MASSIMOOOOO, DOVE SEIIIII? E’ tornato in mare con la sua barca, con le sue scarpe di vitello prezioso, vitello tonnato!
E adesso bello come il sole, tu Matteo, mi vieni a dire che personalmente salvi l’Italia mettendoti con uno come Berlusconi?
E con quel poco di buono tu ci fai i contratti di nascosto al Nazareno? Ma alla vostra base glielo avete detto che quel tuo socio è stato condannato definitivamente per concussione, corruzione e gli è proibito presentarsi in politica sotto qualsiasi travestimento, anche quello da suora domenicana, come dire suor Cristina, che canta in controfalsetto spinto il rock? (canta in falsetto)
Dove eravamo? Al progetto? Il progetto per leggi nuove a partire dalla legge elettorale, come dire un nuovo Porcellum… il maialone!
Scusa ma non avevi qualcun’altro da scegliere? Per esempio Alfano, no? Non per fare il maialone, per darti l’appoggio!
E’ inattendibile? E’ una mezza tacca? Va bene. Ma, dico Matteo, sì parlo con te, Renzi! Berlusconi è lui che ti è venuto a cercare o te lo sei andato a cercare tu di persona? Sto parlando sempre del delinquente…
Ma lo sapevi che quello, alla base della tua sinistra, non piace proprio per niente, anzi, ti dirò, gli fa anche un po’ schifo… sto dicendo politicamente s’intende! E tu te lo sei andato proprio a cercare? Ricordati che un socio così si paga sempre. E se non paghi ti fa ricatti, come quest’ultimo di oggi della tutela antigiudici, se non gliela procurate subito lui, ha detto, butta tutto all’aria e vi lascia tutti col sedere per terra, all’umido PLO! PLO! PLO! PLO!
Non fa niente gratis per nessuno, tantomeno per il popolo e la gente che tira la cinghia disperata. Sì sì lo so, in questo gioco tu ci stai mettendo la faccia, lo vai ripetendo di continuo, è una faccia di gomma, una maschera anti smog, tu ci metti la faccia, ti crediamo, ma il popolo cosa ci mette, il culo?!
Ma perché vuoi smantellare il Senato e insisti a presentare questa legge elettorale?
Abbiamo già subìto la sentenza della Consulta a proposito del Porcellum. Delegittimato in tronco.
Dove credete che si vada col Porcellum II, pulito, sgrassato e con il ripieno di spezie profumate?!
E tu ripeti che va tutto bene, che basta aver fiducia perché qui ognuno può dire la sua?
Non ti pare che quei quattro o cinque pellegrini, come li chiami tu, che poi sono un po’ di più… parlo di quei boni homini colti e saggi che hanno tentato di proporre qualche variante alla riduzione totale del Senato… non ti pare che con te non abbiano tanta disponibilità alla parola?
Sai cosa ti dico? Personalmente ho l’impressione che i poteri dei cittadini siano terribilmente svuotati di senso ormai. Il diritto di parola, di opinione, di pensiero, è solo una lusinga suonata sul ritmo dei pernacchi. In LA maggiore. Mi pare un’aria che conosco… ah già, è l’aria della P2. Opera buffa semitragica di Licio Gelli, amico di Verdini. Lo conosci?
Buonanotte. Chi spegne le luci? 

mercoledì 10 luglio 2013

Oggi al Quirinale.


"Al Presidente della Repubblica Italiana,
ho chiesto questo incontro, di cui la ringrazio per la sollecitudine, per esprimerle direttamente le mie preoccupazioni sulla situazione economica, sociale e politica del Paese convinto che misure urgenti e straordinarie, pari a quelle di un’economia di guerra, non possano più aspettare oltre, neppure un giorno.

L’Italia si avvia verso la catastrofe. Chi è oggi al governo del Paese è responsabile dello sfacelo, sono gli stessi che ne hanno distrutto l’economia. Questa classe politica non è in grado di risolvere alcun problema. E’ essa stessa il problema. Il Governo delle Larghe Intese, voluto fortemente da lei, tutela soltanto lo status quo e gli interessi di Berlusconi, che in qualunque altra democrazia occidentale non sarebbe ammesso ad alcuna carica pubblica, e tanto meno in Parlamento. La Nazione è una pentola a pressione che sta per saltare, mentre, ormai da mesi, il Governo Letta si balocca con il rinvio dell’IMU e la cancellazione di un punto dell’IVA senza trovare una soluzione. I numeri dello sfacelo sono sotto gli occhi di chiunque voglia vederli, e sono drammatici. 
Il tasso di disoccupazione più alto dal 1977, il crollo continuo della produzione industriale, che si attesterà a meno tre per cento nel 2013, la continua crescita del debito pubblico che è arrivato a 2.040 miliardi di euro, il fallimento delle imprese che chiudono con il ritmo di una al minuto, una delle tassazioni più alte d’Europa, sia sulle imprese che sulle persone fisiche, gli stipendi tra i più bassi della UE, il crollo dei consumi, persino degli alimentari, l’indebitamento delle famiglie. E’ una Caporetto e sul Piave non c’è nessuno, sono tutti nei Palazzi a rimandare le decisioni e a fare annunci. Il Parlamento è espropriato dalle sue funzioni, la legge elettorale detta Porcellum è incostituzionale e i parlamentari sono stati nominati a tavolino da pochi segretari di partito. Il Governo fa i decreti legge senza che sia dato il tempo minimo per esaminarli e il Parlamento approva a comando. Non siamo più da tempo una repubblica parlamentare, forse neppure una democrazia.

Il debito pubblico ci sta divorando, paghiamo di interessi circa 100 miliardi di euro all’anno, che crescono ogni giorno. Solo quest’anno per non fallire dovremo vendere 400 miliardi di euro di titoli. Le entrate dello Stato sono di circa 800 miliardi all’anno, un euro su otto serve a pagare gli interessi sul debito. Né Berlusconi, né Monti, né Letta hanno bloccato la spirale del debito pubblico, che cresce al ritmo di 110 miliardi all’anno. Gli interessi sul debito e la diminuzione delle entrate fiscali, dovute al fallimento di massa delle imprese, alla disoccupazione e al crollo dei consumi, rappresentano la certezza del prossimo default.
Non c’è scelta. Il debito pubblico va ristrutturato. Gli interessi annui divorano la spesa sociale, gli investimenti, la ricerca. E’ come nella Storia Infinita, dove il Nulla divorava la Realtà: l’interesse sul debito sta divorando lo Stato Sociale. Si può rimanere nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli pubblici collocati all’estero. Non possiamo fallire in nome dell’euro. Questo non può chiederlo, né imporcelo nessuno. A fine 2011 i titoli di Stato italiani presenti in banche o istituzioni estere erano il 50%, le nostre banche grazie al prestito della BCE dello scorso anno, prestito garantito dagli Stati e quindi anche da noi, si sono ricomprati circa 300 miliardi dall’estero, tra titoli in scadenza e rimessi sul mercato, questo invece di dare credito alle imprese. E siamo scesi al 35%. E’il miglior modo per fallire. Quando ci saremo ricomprati tutto il debito estero e non avremo più un tessuto industriale collasseremo e la UE rimarrà a guardare, come è successo in Grecia.Ora disponiamo di un potere contrattuale, ora dobbiamo usarlo.
L’Italia ha l’assoluta necessità di aiutare le imprese con misure come il taglio dell’Irap, una tassazione al livello della media europea, con servizi efficienti e meno costosi, con la protezione del Made in Italy assegnato solo a chi produce in Italia e con l’eventuale applicazione di dazi su alcuni prodotti. Allo stesso tempo è urgente l’introduzione del reddito di cittadinanza, nessuno deve rimanere indietro. Ci preoccupiamo dei problemi del mondo quando non riusciamo ad assistere gli anziani e non diamo possibilità di lavoro ai nostri ragazzi che devono emigrare a centinaia di migliaia.
Reddito di cittadinanza e rilancio delle PMI sono possibili da subito con il taglio ai mille privilegi e alle spese inutili. Ne elenco solo alcuni.
Eliminare le province, portare il tetto massimo delle pensioni a 5.000 euro,tagliare finanziamenti pubblici ai partiti e ai giornali, riportare la gestione delle concessioni pubbliche nelle mani dello Stato, a iniziare dalle autostrade, perché sia l'Erario a maturare profitti e non aziende private come Benetton o, dove questo non sia possibile, ridiscutere le condizioni, eliminare la burocrazia politica dalle partecipate dove prosperano migliaia di dirigenti, nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena, eliminare ogni grande opera inutile come la Tav in Val di Susa e l'Expo di Milano, ridurre drasticamente stipendi e benefit dei parlamentari e di ogni carica pubblica, cancellare la missione in Afghanistan, fermare l'acquisto degli F35. Potrei continuare a lungo. Queste misure non possono essere prese dall’attuale classe politica perché taglierebbe il ramo su cui si regge.
Questo Parlamento non è stato eletto dagli italiani, ma dai partiti e dalle lobby. Non può affrontare una situazione di emergenza nazionale, di economia di guerra, perché deve rispondere ai suoi padrini, non ai cittadini.
Le chiedo perciò di fare abrogare l’attuale legge elettorale in quanto incostituzionale, di sciogliere il Parlamento e di ritornare alle urne. L’autunno è alle porte insieme al probabile collasso economico. I problemi si trasformeranno da politici a sociali, probabilmente incontrollabili. Non c’è più tempo. Lei ha volutamente tenuto sulle sue spalle grandi responsabilità quando avrebbe potuto e forse dovuto declinarle. Lei è ormai diventato lo scudo, il parafulmine di partiti che non hanno saputo né governare, né riformarsi e da ritenersi, nel migliore dei casi, degli incapaci. Non è questo il suo compito, ma quello di rappresentare gli interessi del popolo italiano." Beppe Grillo
La seconda parte della conferenza stampa con le domande dei giornalisti è disponibile qui.

venerdì 17 maggio 2013

Legge elettorale, Cassazione boccia il premio di maggioranza del Porcellum.

Corte Cassazione


La Cassazione boccia il premio di maggioranza del Porcellum. La Suprema Corte ha chiamato in causa la Consulta sulla legittimità costituzionale della legge elettorale Calderoli istituita nel 2005 e ha accolto il ricorso di 27 ricorrenti che hanno sollevato dubbi sulla sua costituzionalità. Le critiche di piazza Cavour riguardano soprattutto il premio di maggioranza al Senato, che pone “dubbi di legittimità costituzionale per la mancanza di una soglia minima di voti e/o seggi” e per “un meccanismo irrazionale che di fatto contraddice lo scopo che vuole perseguire (assicurare la governabilità)”.
Infatti essendo “il premio diverso per ogni Regione, il risultato è una sommatoria casuale dei premi regionali che finiscono per elidersi tra loro e possono addirittura rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni su base nazionale”. Piazza Cavour definisce “rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate in giudizio, tutte incidenti sulle modalità di esercizio della sovranità popolare” garantite dagli art. 1, comma 2, e il 67 della Costituzione, dicendo a chiare lettere che “è dubbio che l’opzione seguita dal legislatore costituisca il risultato di un bilanciamento ragionevole e costituzionalmente accettabile tra i diversi valori in gioco”.
E bacchetta ancora il premio di maggioranza. “Si tratta – scrive piazza Cavour – di un meccanismo premiale che, da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l’esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano”.
“Dall’altro – scrive ancora la Suprema Corte – esso provoca una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l’altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura”. Da qui la sua manifesta “irragionevolezza” in base all’art. 3 della Costituzione nonché la lesione “dei principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza democratica”.

giovedì 3 gennaio 2013

Le Impresentarie. - Marco Travaglio



Le primarie sono un’ottima cosa, l’unico antidoto a una delle porcate del Porcellum: le liste bloccate che consentono ai partiti di nominarsi i parlamentari. Grillo, temendo la piena degli opportunisti last minute, ha inventato le parlamentarie web, ma ha ristretto troppo la platea dei votanti: appena 20mila. Alle primarie di Capodanno del Pd han votato un milione di elettori. Bene anche i volti nuovi o seminuovi, premiati per le loro facce pulite e si spera anche per le loro capacità. Ma in alcune regioni d’Italia, dove il voto è militarmente controllato non solo dalle mafie, ma anche da cricche clientelari che comprano preferenze con favori e lavori, le primarie sono finte se non vengono accompagnate da ferrei sbarramenti per garantire il ricambio.
Se si lascia candidare Mirello Crisafulli nella sua Enna, di cui da una vita è signore e padrone a suon di posti e prebende, oltre a essere amicone del boss Raffaele Bevilacqua (con cui fu filmato e intercettato), è ovvio che faccia il pieno di voti. Non bastavano i suoi 15 anni in Assemblea Regionale, le due legislature in Parlamento e il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio con l’accusa di aver fatto pavimentare a spese della provincia la strada comunale che porta alla sua villa, per mandarlo in pensione?
Idem a Messina, dove spopola un altro ras: Francantonio Genovese, che divenne sindaco sebbene azionista della Caronte, la società dei traghetti nello Stretto controllata da Pietro Franza (perciò ribattezzato ‘Franzantonio’) in pieno conflitto d’interessi. Il resto l’ha raccontato la puntata di Report sugli enti di formazione finanziati dalla Regione. Tipo la Lumen, presieduta da Franco Rinaldi, deputato regionale, cognato di Genovese e soprattutto marito di Elena Schirò che lavora dove? Ma alla Lumen, naturalmente. Rinaldi e Genovese sono pure soci nella Training Service, che sta per ricevere 390mila euro di contributi. Invece la Nt Soft fa capo ai nipoti di Genovese e Rinaldi. L’Esofop ha come presidente la cognata di Rinaldi e come consigliere Chiara Schirò, moglie di Genovese. E una società in cui compare Genovese affitta la sede all’Enaip e all’Aram. A che servono a questo punto le primarie? Chi mai riuscirà a prendere più voti di un Genovese? Il conflitto d’interessi, anziché un handicap, diventa un elisir di lunga vita, anzi di immortalità.
Alle primarie di Trapani trionfa Antonino Papania: nel 2002 ha patteggiato 2 mesi e 20 giorni di reclusione per abuso d’ufficio in un processo per compravendita di posti di lavoro in cambio di soldi. Il suo factotum Filippo Di Maria è stato arrestato tre anni fa per mafia, con l’accusa di essere l’autista, il cassiere e il braccio destro del boss di Alcamo, Nicolò Melodia detto ‘il macellaio’. Per la Mobile, “Di Maria si muoveva incessantemente per procurare posti di lavoro ad amici e conoscenti grazie anche al diretto interessamento di collaboratori e personale di segreteria del senatore”, attivissimo “in occasione di alcune competizioni elettorali”: come “le primarie 2005 per il candidato premier” del centrosinistra. “Lo staff del sen. Papania – scrive il gip – e altri politici contattavano ripetutamente il Di Maria per indurlo a sostenere iniziative politiche… con tutte le persone di sua conoscenza”.
In Calabria invece stravince le primarie l’ottimo Nicodemo Oliverio, imputato da tre anni al Tribunale di Roma con altre 14 persone per bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata, in uno dei processi sullo scandalo del megapatrimonio immobiliare della Dc, ovviamente scomparso. A Crotone, Oliverio ha raccolto 8.257 preferenze su 8.547 (il 97%). Chissà se arriverà prima la sentenza, prevista per febbraio, o la rielezione in Parlamento, prevista per febbraio. E chissà se Piero Grasso lo sa.

venerdì 28 dicembre 2012

Riguardo al porcellum…


NAPOLITANO: MANCATA RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE, UN FALLIMENTO
I giochetti del Pdl che hanno portato allo scioglimento anticipato delle Camere hanno bloccato di fatto la discussione della legge elettorale. Ne è consapevole anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definendo “un fallimento” la mancata volontà da parte del Parlamento di discutere di una modifica che gli stessi cittadini avevano richiesto.
Il fatto imperdonabilmente grave – ha sostenuto il Capo dello Stato – è stato fallire la prova della riforma della legge elettorale del 2005, su cui pure la Corte Costituzionale aveva sollevato seri dubbi di legittimità. Tante voci sono arrivate in tal senso dalla società civile e dal mondo del diritto. Più forte è stato il sopravvivere delle peggiori logiche conflittuali tra le forze politiche. Nessuno – ha tuonato – potrà fare a meno di darne conto ai cittadini- elettori e la politica nel suo insieme rischia di pagare un prezzo pesante per questa sordità”.
COME SI VOTA SE TUTTO RIMANE COM’E’
Quali sono le caratteristiche del Porcellum? Le liste bloccate, il premio di maggioranza, la soglia di sbarramento con deroghe.
Con l’attuale legge l’elettore può scegliere soltanto alcune liste senza la possibilità di indicare i nomi di chi vorrebbe effettivamente portare in Parlamento. L’elezione di deputati e senatori resta così di esclusivo appannaggio dei partiti in base alle graduatorie da loro decise.
Nella maggior parte dei casi quando il partito si aggiudica il seggio è solo il primo della lista ad entrare in parlamento. Se si è fortunati entra il secondo, per il terzo non c’è quasi mai speranza.
Per ottenere seggi ci sono delle regole incontrovertibili che bisogna rispettare:innanzitutto le soglie di sbarramento per ogni partito. Per la Camera il 55% dei seggi viene assegnato allo schieramento che ha ottenuto più voti. Per accaparrarsi i seggi la soglia da superare è del 10% dei voti nazionali. La soglia minima viene ridotta al 4% per le liste non collegate.
Tradotto in numeri tutto questo significa che 340 seggi sono assegnati come premio di maggioranza e i restanti 278 divisi fra le rimanenti liste.
Al Senato la soglia di sbarramento è fissata al 20% per le coalizioni, al 3% per le liste coalizzate e all’8% per quelle che si presentano da sole. Il territorio nazionale è diviso in 27 circoscrizioni plurinominali. Ognuna di esser comprende una o più province.
Un  meccanismo complesso che rischia di frammentare un sistema politico già diviso in tanti micro- partiti che rischiano di rimanere senza rappresentanza parlamentare. La legge fu voluta, lo ricordiamo, da Berlusconi che nel 2005 minacciò una crisi di governo se non fosse stata approvata.
Per modificarla non sono bastati tre referendum abrogativi del 2009 che non riuscirono ad oltrepassare il quorum del 50%.
Proposte di cambiare la legge elettorale ce ne sono state ma nessuna è andata realmente in porto. Per il momento resta tutto com’è nonostante i tentativi di Idv e di altre forze extraparlamentari di parlarne. Il Pd invece per aggirare l’ostacolo pensa alle primarie di Capodanno. Quanto e come cambieranno le sorti delle liste elettorali lo vedremo all’inizio del prossimo anno. Nei partiti di centrodestra resta tutto com’è e l’Italia dei Valori si ricava il suo “spazio primarie” con la pubblicazione on line della cosiddetta “ lista di nozze” che consiste nella pubblicazione on line sul suo sito del curriculum del candidato che si propone. Toccherà ad organi di garanzia fuori dai candidati decidere poi se accettare o meno il nome in base a eventuali segnalazioni.
Chi vivrà vedrà ma lo spettro del porcellum sulle elezioni del 2013 è sempre più reale: un fantasma che prende anima e corpo e non è uno scherzo di carnevale.

domenica 7 ottobre 2012

Gasparri-2 la vendetta. - Marco Travaglio



Siccome Calderoli, che aveva ben meritato col Porcellum, sta scrivendo la nuova legge elettorale, a chi è stata affidata la riforma della diffamazione? A un altro benemerito della libertà di stampa: naturalmente Gasparri. La nuova norma, firmata anche dall’astuto Vannino Chiti del Pd, dovrebbe passare giovedì in sede deliberante alla commissione Giustizia del Senato, senza passare dall’Aula. Tanta fretta viene giustificata con l’esigenza di salvare dal carcere il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi senza la condizionale per omesso controllo su un articolo pieno di balle. Ed è una balla anche la giustificazione, perché Sallusti in carcere non ci andrà, salvo che ne faccia espressa richiesta (rifiutando i servizi sociali e i domiciliari).
Come la pensiamo sul tema l’abbiamo scritto: la legge attuale è incivile perché la pena detentiva dev’essere l’extrema ratio, riservata ai giornalisti che mentono sapendo di mentire e rifiutano di rettificare le inesattezze o le falsità che hanno scritto. Ma questo punto fondamentale la porcata Gasparri-Chiti neppure lo sfiora. Si limita ad abrogare le pene detentive tout court, anche per i diffamatori professionali e incalliti. E a sostituirle con pene pecuniarie che non potranno essere inferiori ai 30 mila euro. Oggi, se un cronista pubblica una lieve inesattezza causando un piccolo danno, può essere condannato anche a una multa e una riparazione pecuniaria di poche decine di euro: in futuro il giudice non potrà affibbiargliene meno di 30 mila (il massimo non è fissato: teoricamente, anche miliardi). E, come se il primo bavaglio non bastasse, eccone un altro: i direttori responsabili di giornali e testate radio o tv risponderanno di omesso controllo anche per tutto quanto esce sulle edizioni online. Due spade di Damocle che convinceranno molti giornali e siti a chiudere e molti giornalisti a smettere di scrivere o a dedicarsi a rubriche di giardinaggio o gastronomia. E questa schifezza liberticida viene spacciata per un capolavoro di civiltà, solo perché nessun giornalista rischierà più il carcere (peraltro all’italiana, cioè finto).
Il risultato è lampante: gli editori miliardari continueranno a scatenare campagne di menzogne contro avversari politici o affaristici tramite i loro killer a mezzo stampa, che saranno disposti a tutto: tanto, se condannati, non rischieranno più una pena detentiva (che, se cumulata più volte, potrebbe anche superare i fatidici tre anni e portarli davvero in cella), ma solo una multa. Che, per quanto salata, non pagheranno di tasca propria, ma accolleranno ai loro mandanti, come incerto del mestiere, anzi come investimento per i loro sporchi interessi. Idem per i giornali che non vendono una copia, ma sono finanziati dai milioni del finanziamento pubblico e ne accantoneranno una parte nel fondo-rischi per campagne di discredito. Invece i giornali piccoli come il nostro, che campano solo grazie ai propri lettori e abbonati, vivranno sotto il perenne ricatto di querele che, ogni volta che finiranno male, sottrarranno al giornalista o alla società da 30 mila euro in su, col rischio di chiudere bottega e senza potersi difendere rettificando eventuali errori commessi in buona fede. Un trionfo per i bugiardi e una disfatta per i giornalisti onesti.
Ps. Due anni fa ho fatto causa a Gasparri per aver mentito sapendo di mentire, dicendo in tv che andavo in vacanza a spese di mafiosi quando già avevo documentato pubblicamente che le ferie in questione me le ero pagate fino all’ultimo euro. Lui, anziché scusarsi e rettificare, si fa scudo dell’insindacabilità parlamentare. Intanto, fra un’udienza e l’altra, riforma la diffamazione. Per competenza specifica.

domenica 16 settembre 2012

Riforma elettorale, niente colpi di mano. - Paolo Hutter



“Stanno facendo una gran manfrina per lasciare su il Porcellum”: non è vero. “Col pretesto di cambiare il Porcellum stanno preparando una gran porcata”: è abbastanza  vero, ma si tenga conto che sono divisi da interessi conflittuali. Occhio:  immagine e sostanza sono piuttosto distinti, anche in questo tema apparantemente astruso.
La facciata della questione della riforma elettorale si basa su sentimenti, istinti, giudizi ormai ben noti. Chi decide chi andrà in Parlamento? “I capipartito o i cittadini-elettori?” Il dito è puntato contro le liste bloccate del Porcellum. Allora nella facciata – e nella nuova vulgata popolare -  la questione viene  vista così: sti capipartito mollano o no ai cittadini il potere di scelta?  Molto meno popolare è una discussione seria su come meglio si può esercitare questo potere di scelta, se  con le preferenze, con i collegi, quali, o con le primarie sulle liste.
Ma la questione che ha mobilitato tanta gente – ovvero quella di come vengono scelte le persone, i rappresentanti in Parlamento – è stata affiancata e superata da un braccio di ferro sul premio di maggioranza, che a questo punto è la principale sostanza del problema, perché determina quale maggioranza esce o può uscire dal voto. Quando i big del Pdl dicono, “ha ragione Napolitano, non si può andare al voto con questa legge, la gente non lo tollererebbe” in realtà non pensano alla cosiddetta “differenza tra Parlamento dei nominati e Parlamento degli eletti” ma alla possibilità di impedire che si formi una coalizione di centrosinistra che conquisti  il Governo, come è avvenuto l’anno scorso in quasi tutte le città in cui si è votato, da Milano a Cagliari. ( O una coalizione “alternativa” come a Napoli e Palermo.) Quello che viene messo in discussione è il premio di maggioranza alla coalizione o il premio di maggioranza tout court, proponendo in alternativa il premio al primo partito o il proporzionale alla tedesca e basta. 
Non sono concetti astrusi o vuote formule. Significa che mentre col premio di maggioranza alla coalizione – che con diverse sfumature vige in Italia da 19 anni per Comuni Province Regioni e Parlamento – possono esistere centrosinistra e centro destra, o anche altre proposte, ma legate alla candidatura di un nome e cognome preciso alla testa di un esecutivo, e dopo le elezioni si sa subito che alleanza ha vinto e chi governa, se aboliscono il premio alla coalizione nasce una Terza Repubblica in cui le alleanze vere sono variabili dopo le elezioni. Adesso abbiamo letto che Pdl  Udc e Lega proporrebbero il proporzionale. Mica per il pluralismo – metterebbero lo  sbarramento per evitare di dare spazio a concorrenti minori – ma perché sanno che non vinceranno le elezioni e quindi vogliono evitare che il Pd e i suoi alleati – o 5 stelle se avesse un’ulteriore crescita – abbiano in Parlamento, col premio di maggioranza, i numeri per governare.  
Altro che nominati del Porcellum o preferenze, sarebbe una improvvisa svolta nel sistema , una svolta che arriverebbe dall’alto  prima ancora che la gente capisca di cosa si tratti. Il premio diciamo di maggioranza al primo partito – e non alla coalizione – è una variante azzardata di questo disegno, non sarebbe comunque sufficiente a creare una maggioranza parlamentare. E’ un sistema in vigore in Grecia, dove ha provocato la ripetizione di due elezioni anticipate in due mesi, e in concreto, in Italia, è un tentativo di corrompere il Pd perché in nome di un vantaggio di partito rinunci al meccanismo della coalizione.
Purtroppo la indignazione contro i nominati si è riversata tutta sulla legge elettorale e su tutta la legge elettorale, ( nessuno si è occupato invece della riforma dei partiti), e ora – mi si scusino i riferimenti animali – l’anti Porcellum rishia di essere il “cavallo di Troia” di ben altro.  A questo punto è meglio votare con la attuale legge, ma le liste bloccate dei candidati devono essere assolutamente formate e verificate con la base degli elettori prima d presentarle.
ps: vi chiedo scusa per la lunghezza, ho lavorato molto per offrire un testo aperto che può essere utilizzato, integrato, linkato  etc in una mobilitazione autogestita on line da chi condivide questo punto di vista, di elettore che non vuole essere fregato da un colpo di  mano di un Parlamento morente.