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giovedì 21 luglio 2016

Riforme, Carlassare: “Napolitano chiede riflessione su Italicum per fermare M5s”. - Mario Ventriglia




“Il patto del Nazareno? Non è mai morto”. Così la giurista e costituzionalista Lorenza Carlassare, ospite a In Onda Open su La7, risponde al conduttore David Parenzo, dopo che il Senato ha negato l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni delle Olgettine contro Silvio Berlusconi. “Questi legami non sono mai morti, perché ancora oggi vengono riprodotte quelle proposte che erano berlusconiane. C’è una bella continuità. Inoltre – aggiunge la costituzionalista – c’è una cosa che mi lascia molto perplessa: se l’immunità serve a tutelare la funzione e non la persona, Berlusconi da cosa dovrebbe essere tutelato se non è più membro del Parlamento? Poi la professoressa Carlassare interviene sul combinato disposto tra legge elettorale e riforma costituzionale. “In questa maniera – spiega – viene indirettamente cambiata la forma di governo. La soglia del 40% è una soglia fittizia. C’è stata la furbata del ballottaggio che porta  a vincere anche col 25%. C’è quindi un’elezione diretta del premier cambiando pericolosamente la costituzione“. Lapidaria, poi, sulla domanda di Tommaso Labate che chiede: “Perché Napolitano dice che bisogna riflettere sulla legge elettorale? I maligni dicono perché altrimenti vincono i Cinque Stelle“. “E’ ovvio, non occorrono i crismi della costituzionalista, basta il panettiere”, risponde la Carlassare.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/07/21/riforme-carlassare-napolitano-chiede-riflessione-su-italicum-per-fermare-m5s/545467/

lunedì 4 luglio 2016

Italicum, opportunismo di Stato. - Alessandro Di Marzio

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Con la calendarizzazione di una mozione di Sinistra Italiana per rivedere gli evidenti vizi di costituzionalità dai quali è affetto, l’Italicum ritorna a poter essere discusso dal Parlamento. Un tardivo mea culpa da parte del Governo? No, semplicemente paura di perdere le elezioni davanti al sempre più temibile pericolo grillino.

Poco più di un anno fa, il 4 maggio del 2015, l’Italicum diveniva legge, approvato definitivamente dalla Camera dopo ben tre questioni di fiducia poste su di esso. Firmato da Mattarella pochi giorni dopo, veniva poi regolarmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con la condizione che sarebbe entrato in vigore dopo un anno, cioè nel giugno di quest’anno.
Da subito esso incontrò l’ostilità di opposizioni e costituzionalisti, ravvisandosi al suo interno una sostanziale riproposizione, un po’ incipriata e improfumata, degli stessi vizi d’incostituzionalità sanzionati dalla Consulta nel Porcellum: un premio di maggioranza spropositato e non sottoposto a una soglia minima di accesso, e la presenza di liste bloccate.
Nei mesi seguenti e fino a poche settimane fa però il Governo, con la sua solita propensione al dialogo e al confronto di idee, ha sempre accuratamente evitato ogni discussione inerente l’Italicum, additando come gufi, fascisti, parrucconi, reazionari tutti quelli che abbiano provato a manifestare dubbi di costituzionalità su tale legge. “L’Italicum ormai è legge”, veniva ripetuto come un mantra da Palazzo Chigi, e dietro questa evidenza inconfutabile (o banalità?) veniva censurata qualsiasi proposta di intervento sulla chimera renziana. Nel frattempo è partita in questi mesi anche una raccolta firme per un eventuale referendum abrogativo, nel caso in cui la Corte Costituzionale nella sentenza prevista per il 4 ottobre dovesse inaspettatamente contraddire sé stessa e non sanzionare i medesimi vizi che sanzionò due anni e mezzo fa. Ma dal Governo sempre picche. L’iItalicum è legge e non si discute.
Questa settimana invece, un improvviso cambio di rotta: mercoledì la conferenza Capigruppo della Camera ha infatti calendarizzato per settembre una mozione di Sinistra Italiana, per “intervenire[…] sulla riforma approvata, eliminando quei palesi vizi di incostituzionalità che la rendono […] destinata a provocare una nuova pronuncia della Corte”. Da Governo, silenzio. Strano. 
Forse che Renzi ha scoperto un’app per scaricare sul suo iPhone un compendio di diritto pubblico, e ha così iniziato a studiarsi la Costituzione? 
Forse che la Boschi ha letto la sentenza 1/2014 e ha scoperto che l’Italicum è un’altra porcata alla pari del Porcellum? 
O forse addirittura che Mattarella si è improvvisamente ricordato che anche lui faceva parte della Corte Costituzionale quando fu prodotta la famosa sentenza, e dunque ha realizzato di aver firmato da Presidente della Repubblica una legge affetta dagli stessi vizi che aveva ritenuto incostituzionali come Giudice della Consulta?
No, niente di tutto ciò. Molto più semplicemente ci sono state le elezioni comunali, e Renzi, dopo aver perso contro il Movimento5Stelle ben 19 ballottaggi su 20, ha scoperto che il suo PD è ben lontano dal 40% delle europee, sull’onda delle quali fu approvato l’Italicum, bensì da allora ha perso almeno un quarto, se non un terzo dei voti. E il M5S non è più di poco sopra il 20%, ma è salito oltre il 30%. Dunque l’Italicum per così concepito rischia seriamente, a un eventuale ballottaggio, di far vincere i pentastellati. Ecco quindi che improvvisamente la mozione di Sinistra Italiana, che rimette in discussione la legge elettorale, è la benvenuta. Senza considerare che così facendo si sposterebbe anche la pronuncia della Corte che dal 4 ottobre, alla vigilia del referendum sulla riforma Boschi, slitterebbe molto più in là, attutendo così l’effetto catastrofico che potrebbe avere sul Governo la concomitanza della bocciatura sia dell’Italicum che della riforma costituzionale.
Un improvviso zelo governativo, un’apprezzabile per quanto tardiva preoccupazione per i profili di costituzionalità dell’Italicum? Niente di tutto questo. Il Governo se ne frega altamente della Costituzione (altrimenti non avremmo nemmeno questo governo e saremmo andati già a elezioni tempo fa con il Mattarellum o con il cd Consultellum), sta soltanto approfittando in maniera sfacciatamente opportunista di un’occasione per scongiurare la possibilità sempre più concreta di perdere rovinosamente sia referendum che elezioni, pronto a tutto pur di restare incollato col Bostik alle comode poltrone imbottite di Palazzo Chigi e Montecitorio.

lunedì 27 aprile 2015

Legge elettorale, ecco l'Italicum. - Alessio Sgherza

Legge elettorale, ecco l'Italicum

Dopo il proporzionale puro della prima repubblica, il Mattarellum delle elezioni 1994,1996 e 2001, dopo il Porcellum del 2006, 2008 e 2013, vede la luce il nuovo sistema elettorale italiano: l'Italicum. Ecco come dovrebbe funzionare.

Proporzionale, premi di maggioranza, soglie di sbarramento, circoscrizioni provinciali e doppio turno. Sono questi gli elementi dell'Italicum, il sistema elettorale che dovrebbe sostituire il Porcellum e garantire rappresentatività e governabilità all'Italia. Il ddl è un punto di incontro tra idee diverse.

La base è quella dell'accordo Renzi-Berlusconi, però modificato più volte, prima in un incontro Berlusconi-Renzi del 29 gennaio, poi con un accordo di maggioranza a cui Berlusconi ha dato un sostanziale via libera prima il 12 novembre e poi il 25 novembre. Ecco i punti salienti del nuovo sistema, come si è delineato nella sua ultima versione.

Uno spagnolo modificato. Il nome Italicum arriva direttamente da Renzi, che lo ha definito così durante la sua presentazione. La base è quella del sistema elettorale spagnolo, ma modificato per adattarlo alle richieste dei partiti italiani fino quasi a stravolgerlo.

Il sistema elettorale sarà proporzionale (ovvero il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di voti ricevuti) e il calcolo sarà fatto su base nazionale e non provinciale come quello spagnolo, utilizzando la regola "dei più alti resti". Questo dovrebbe favorire almeno parzialmente i partiti più piccoli, che con un calcolo su base provinciale sarebbero stati molto penalizzati.

Soglie di sbarramento. Come detto, si è andati incontro ai partiti più piccoli prevedendo una distribuzione dei seggi su base nazionale ma al tempo stesso, per limitare il proliferare di gruppi parlamentari, al riparto potranno accedere solo le liste che supereranno la soglia del 3%.

È prevista anche una soglia per le minoranze linguistiche nelle regioni che le prevedono: lo sbarramento è del 20% dei voti validi nella circoscrizione dove si presenta.

Nel caso in cui un partito che facesse parte della coalizione che ottiene il premio di maggioranza non superasse la soglia di sbarramento, i suoi voti concorrerebbero al raggiungimento del premio ma sarebbe comunque escluso dal riparto dei seggi, che sarebbero redistribuiti agli altri partiti della coalizione.

È invece saltato l'accordo per la norma 'salva Lega', la quale prevedeva che i partiti che ottenessero almeno il 9% in almeno tre regioni rientrassero comunque in Parlamento.

Circoscrizioni più piccole e tornano le prefenze. Invece delle 27 circoscrizioni attuali si passa a circoscrizioni di dimensione minore. Saranno 100 collegi (in media di circa 600mila abitanti ciascuno) e in ognuno verranno presentate mini-liste, in media di 6 candidati.

Nella prima stesura le liste erano bloccate, ovvero i candidati venivano eletti nell'ordine con cui erano in lista (se un partito aveva diritto a tre seggi, venivano eletti i primi tre della lista). Il sistema delle liste bloccate è però stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Nell'accordo finale è invece previsto che solo i capilista siano bloccati (e sono i primi ad essere eletti), mentre dal secondo eletto in poi intervengono le preferenze (ogni elettore ne potrà esprimere due).

Questo sistema avrà come conseguenza che i partiti più piccoli, che difficilmente eleggeranno più di un parlamentare in una circoscrizione, vedranno eletti i capilista, mentre i partiti più grandi avranno anche una quota di parlamentari scelti con le preferenze.

L'eccezione in Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta. La legge prevede che la regione Val d'Aosta e le province di Trento e Bolzano siano escluse dal sistema proporzionale. Qui si voterà in nove collegi uninominali (8 per T.A.A. e 1 per la Val d'Aosta), come già avveniva con il precedente sistema elettorale. Se alla regione Trentino-Alto Adige sono assegnati più di 8 seggi, questi verranno assegnati con il sistema proporzionale.

Premio di maggioranza o doppio turno. Sono due i sistemi ideati per garantire la governabilità. Se la lista più votata dovesse ottenere almeno il 40% dei voti (soglia alzata dal 35% al 37% e poi al finale 40%), otterrà un premio di maggioranza. Il premio assegnerà alla lista più votata 340 seggi su 617 (sono esclusi dal calcolo il seggio della Valle d'Aosta e i 12 deputati eletti all'estero): si tratta del 55% dei seggi.

Se invece nessun partito o coalizione arrivasse al 40% scatterebbe un secondo turno elettorale per assegnare il premio di maggioranza. Accederebbero al secondo turno le due liste più votate al primo turno, e il vincente otterrà un premio di maggioranza tale da arrivare al 53% dei seggi (327 deputati).

Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti, a differenza del modello elettorale per i sindaci.

Candidature multiple. I capolista potranno essere inseriti nelle liste in più di un collegio elettorale, come già succedeva nel Porcellum, ma fino a un massimo di 10. Nella prima bozza questa possibilità era esclusa.

Le polemiche sulle quote rosa. Il tema delle quote rosa è stato a lungo dibattuto. Nell'ultima formulazione, nessuno dei due sessi potrà essere rappresentato in misura superiore al 50% (con arrotondamento all'unità inferiore) e nella successione interna alle liste nessun genere potrà essere presente per più di due volte consecutive.

Inoltre ciascuno dei due sessi può essere rappresentato massimo nel 40% dei capilista e se l'elettore esprimerà due preferenze, dovranno essere relative a due candidati di sesso diverso, pena la nullità della seconda preferenza.

Nessuna di queste ipotesi garantisce che a essere elette sarà un numero consistente di donne, tutto dipenderà da come saranno scritte le liste e dalle preferenze che le donne otterranno.

Entrata in vigore. Una volta approvato, l'Italicum entrerà in vigore solo l'1 luglio 2016.

(Pubblicato il 20/1/2014; aggiornato il 27/01/2015)

venerdì 17 aprile 2015

Minoranza Pd rivela: “Direzione de l’Unità in cambio dell’approvazione dell’Italicum”. - Stefano Iannaccone e Antonio Pitoni

Minoranza Pd rivela: “Direzione de l’Unità in cambio dell’approvazione dell’Italicum”

Retroscena dalla trattativa in corso sulla legge elettorale. Rivelato dallo sfogo di alcuni parlamentari antirenziani. "Ci è stato proposto di condividere la scelta del nuovo direttore del giornale in cambio di un ammorbidimento sull’Italicum".

l’Unità” «usata come merce di scambio tra le diverse fazioni del Pd». La denuncia arriva dal comitato di redazione (cdr) dello storico giornale fondato da Antonio Gramsci. Finito, secondo indiscrezioni raccolte da ilfattoquotidiano.it, sul piatto della trattativa in corso all’interno del Partito democratico in vista dell’assemblea del gruppo della Camera di stasera sulla riforma della legge elettorale. «E’ inaccettabile che un’azienda editoriale sia piegata a obiettivi politici – scrive l’organo sindacale dei giornalisti –. E’ inaccettabile minare così l’autonomia di cui la redazione è sempre stata gelosa custode». Il cdr non si spinge oltre. Ma c’è chi, nella minoranza Pd, parla di una vera e propria offerta arrivata da Matteo Renzi.
«Ci è stato proposto di condividere la scelta del nuovo direttore de “l’Unità” in cambio di un ammorbidimento della nostra posizione, notoriamente contraria, sull’Italicum – rivela un autorevole esponente della minoranza dem –. Una proposta che ovviamente abbiamo rifiutato». Un episodio che non sorprende naturalmente chi a quell’incontro non era presente. «Renzi ci ha offerto nell’ordine: posti da ministro, la garanzia del 30% di nominati nelle liste bloccate dell’Italicum e la promessa di modificare la riforma costituzionale – rivela un altro parlamentare della sinistra Pd –. Non mi stupisce che nel pacchetto abbia aggiunto anche il prossimo direttore de “l’Unità”, fermo restando che sarebbe in ogni caso una proposta irricevibile». Anche perché, aggiunge, «è stato Renzi a fare l’operazione, a scegliere il nuovo editore, escludendo altre soluzioni che apparivano più solide e credibili, a questo punto proceda lui anche alla scelta del direttore». Aspettando il redde rationem di stasera sull’Italicum, un altro deputato lontano dalle posizioni di Renzi, di fronte alle indiscrezioni che circolano circa l’offerta legata alla direzione del quotidiano non riesce a nascondere il suo stupore: «E’ sconcertante», afferma.
Dopo la chiusura de L’Unità l’estate scorsa , la prospettiva di riaprire i battenti si era da poco concretizzata. «I giornalisti dell’Unità hanno accettato 35 giorni fa (era il 5 marzo) un accordo doloroso con la società Unità srl del gruppo Veneziani (il nuovo editore, ndr) – ricorda ancora il cdr –. Tutti i passaggi tecnici necessari alla riapertura del quotidiano sono stati superati». Poi un rinvio dopo l’altro. «Doveva essere entro Natale, poi a febbraio, quindi il 25 aprile. Tutto con grandi squilli di tromba. Oggi – conclude il comitato di redazione – non c’è più neanche una data. Quello che resta degli annunci è solo un danno economico notevole per il giornale, che si prepara a ripartire in una fase dell’anno, quella estiva, in cui il mercato è più debole».

sabato 21 giugno 2014

Riforme, Boschi: “Pronti a vedere proposte M5S, ma non si ricomincia da capo”


Il ministro per le riforme in conferenza stampa ribadisce l'intesa con Forza Italia: "Siamo interessati a vedere le proposte dei 5 stelle, ma sulla legge elettorale si parte dall'Italicum e ogni modifica dovrà essere approvata da Fi". L'incontro sarà alla Camera il prossimo 25 giugno. Napolitano: "Valuterà l'esecutivo l'apertura di Grillo". Calderoli: "Berlusconi si sfilerà dal patto"

Per vedersi, M5S e Pd, si vedranno, ma il rischio è che diventi solo una chiacchierata a tavolino. A mettere i paletti del prossimo incontro (che sarà il 25 giugno alla Camera con una delegazione Pd) è il ministro Maria Elena Boschi: il governo non ha intenzione di cambiare partner in corsa nella danza per le riforme e ogni eventuale cambiamento dovrà essere approvato da Forza Italia e dalle altre forze politiche di maggioranza. Insomma, vogliono ascoltarli e qualche proposta si potrebbe azzardare ( ad esempio per le liste bloccate dell’Italicum), ma su Senato e modifica della legge elettorale l’accordo con Silvio Berlusconi non si tocca. ”Non sono stati dati punti precisi da parte dei 5 stelle”, dice Boschi in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, “e quindi penso sia giusto aspettare l’incontro di mercoledìSiamo interessati a vedere le loro proposte e quindi vedremo. Valuteremo, ma non credo che sia pensabile dopo mesi di lavoro ricominciare da capo perché non sarebbe serio sia nei confronti dei parlamentari che nei confronti dei cittadini che hanno scelto un modello e lo hanno confermato con il voto di maggio”. Il patto con Forza Italia resiste, anzi sembra uscire rafforzato dalle ultime consultazioni. Il rischio è che il Movimento 5 stelle sia arrivato tardi in quella che è una lunga trattativa che Renzi i suoi non hanno intenzione di far saltare: “Esiste un accordo“, continua Boschi, “fra le forze di maggioranza e Fi ed eventuali modifiche saranno prese in considerazione solo se ci sarà condivisione con chi ha già contribuito a questo percorso. Non si cambia partner all’ultimo momento in percorso”. Intanto la ministra annuncia le prossime scadenze: il 30 giugno in Consiglio dei ministri discuterà la riforma della giustizia e il provvedimento sul terzo settore.

Per il momento il governo Renzi sembra voler continuare sulla sua strada. L’apertura a Grillo non provoca terremoti, almeno per il momento, e lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano riserva all’esecutivo ogni valutazione in merito: “Vedremo”, commenta, “vedrà e valuterà questa possibilità chi ne ha la responsabilità, cioè il governo, il presidente del Consiglio e i gruppi di maggioranza”.L’incontro tra 5 stelle e Pd nasce zoppo, in ritardo e con troppe condizioni da considerare. “Diamo a Renzi”, commenta Manlio Di Stefano, deputato M5S, “l’opportunità di uscire da quel ricatto di Berlusconi che lui stesso disse esserci quando affermò che non c’era alternativa. Noi gli diamo un’alternativa: chiarisca se preferisce continuare con lui o aprirsi ad un percorso nuovo”. Parole a cui si associa Alessandro Di Battista: “Forza Italia, lo ricordo e non temo alcuna querela, è un partito nato con il beneplacito della mafia in particolare dell’organizzazione più pericolosa, ‘Cosa Nostra’ che, grazie all’intermediazione di Dell’Utri (per questo condannato e detenuto in carcere) ha concluso svariati patti di non belligeranza con Berlusconi”. Più fiducioso invece il capogruppo grillino al Senato Maurizio Buccarella: “Non ci lasciamo scoraggiare, il nostro approccio rimarrà improntato sulla voglia di confronto“. 
La porta in casa Pd resta aperta al dialogo, ma a molte condizioni: “Bisogna capire”, continua Boschi, “nella sostanza se da parte del Movimento 5 Stelle è condiviso il percorso delle riforme, se vuole partecipare al cambiamento del Paese o se rimangono su posizioni di conservazionecome sulle riforme. Il presidente del Consiglio ha risposto alla lettera del M5S perché era stata indirizzata direttamente a lui, ma nel testo c’era un po’ di confusione, non si capiva se il M5S era interessato a confronto con il governo o con il Partito democratico“. La risposta è arrivata dopo qualche ora direttamente sul blog di Beppe Grillo: “La delegazione composta da Luigi Di Maio, Danilo Toninelli e i capigruppo Giuseppe Brescia e Maurizio Buccarella intendono incontrare il Partito democratico in quanto forza parlamentare”.
In particolare Boschi blinda la legge elettorale sulla quale i 5 stelle avevano chiesto una mediazione. “Le proposte di modifica alla legge elettorale saranno prese in considerazione solo se c’è condivisione con le altre forze che hanno approvato le legge alla Camera”. In particolare, Boschi ha parlato della questione delle liste bloccate: “Diversi punti possono essere messi in discussione e eventualmente anche questo. Ma c’è un impegno che il Pd ha preso con maggioranza e Fi, dobbiamo rispettare quell’impegno”. Rispetto invece al testo iniziale del governo sul nuovo Senato, Boschi annuncia che “ci sarà una riduzione della componente dei sindaci e aumenterà la componente dei consiglieri regionali”. Il ministro delle Riforme non anticipa quale sarà il numero dei componenti del nuovo Senato, ma dice: “Sarà ridotto il numero complessivo dei membri del Senato” e anche il numero dei senatori nominati dal presidente della Repubblica.
Ma l’accordo nella maggioranza sembra ormai pronto. “Questa notte”, dice il senatore Roberto Calderoli, “con la presidente Finocchiaro e altri volenterosi riformisti abbiamo percorso l’ultimo miglio. Ci manca solo l’ultimo millimetro e poi si parte per cambiare finalmente questo paese”. Intanto però qualche ora prima profetizzava che sarebbe stata Forza Italia a sfilarsi all’ultimo minuto dal patto. “Le riforme costituzionali”, aveva detto in un’intervista a La Stampa, “partiranno, ma non arriveranno al traguardo con la maggioranza dei due terzi che consente di evitare il referendum. Alla fine, nelle ultime due letture, quando sarà necessaria la maggioranza qualificata, qualcuno si sfilerà”, “la Lega certo di no. La prima cosa che mi viene in mente è Forza Italia”. E’ la convinzione del senatore del Carroccio: “Nella primavera del 2015 – spiega – può succedere di tutto. Ci potranno essere disgregazioni varie. Già assistiamo a quella di Sel. Non escludo che qualcosa del genere possa accadere in Forza Italia. Sarà il periodo in cui si comincerà a ragionare seriamente di legge elettorale e per i partiti scatterà la logica del ‘primum vivere’, delle convenienze. Non credo che Berlusconi voglia veramente regalare le riforme a Renzi”.
Nel pomeriggio sono ricominciate le consultazioni dell’esecutivo. Ncd dice sì all’elezione indiretta del Senato, e giudica “equilibrato e coerente” il testo delle riforme che emergerà dagli emendamenti dei relatori. Il ministro Boschi ha incontrato (di nuovo), Gaetano Quagliariello del Nuovo centrodestra per parlare della formazione del nuovo Senato. Anche in questo caso si è concordato sul fatto che i senatori saranno “100, più una piccola quota nominati dal Presidente della Repubblica, credo cinque”, secondo gli emendamenti dei relatori.  “Dei 13 emendamenti che abbiamo presentato”, dice Quagliariello, “più della meta cadono perché assorbiti dalle modifiche dei relatori. Però vogliamo avere ancora degli approfondimenti”.  Tra i “pochi” emendamenti Ncd che rimarranno in piedi – conclude il capogruppo Ncd al Senato, Maurizio Sacconi – c’è quello del ‘Fallimento politico degli amministratori locali’. “Il che vuol dire – ha spiegato – che se l’ente viene commissariato per ragioni di squilibrio finanziario, gli amministratori saranno ineleggibili in qualsiasi amministrazione pubblica”.

venerdì 31 gennaio 2014

L’Italicum è un Troiaium. Ed ecco perché. - Andrea Scanzi

Questa nuova legge elettorale è così brutta che, se la vedesse Giacomo Acerbo, in confronto si sentirebbe quasi democratico. L’Italicum, anzi Troiaium, sancisce con orgoglio una palese stortura: una forza minoritaria avrà la maggioranza. A questo allegro abominio, che consente alle coalizioni di prendere anche i voti dei piccoli partiti che non hanno superato la soglia, non era arrivato neanche Mussolini con la legge elettorale approvata il 18 novembre 1923.
Perché il Troiaium fa schifo? Potrei rispondere: “Perché ne sono entusiasti Boschi e Faraone“, e già questo basterebbe, ma voglio andare oltre. Purtroppo fa schifo per motivi molto più seri.
1) Perché è stata scritta da Verdini, noto giglio di campo. Siamo passati da Calderoli a Verdini: un po’ come uscire dal morbillo ed esultare perché adesso abbiamo solo la varicella.
2) Perché è stata scritta per fare felice un condannatopregiudicatodecadutoeccetera, e in effetti se Berlusconi se la fosse scritta da solo non gli sarebbe venuta così bene.
3) Perché è stata varata non con l’idea di essere giusta, ma con l’idea di “essere”. E basta. Renzi, pardon Matteo Peppo Pig, ne ha bisogno per poter dire: “Visto? Io sono l’uomo del fare”. Che poi lui faccia bischerate e non riforme, è dato secondario. Per lui e per i media, che – quasi tutti – lo stanno esaltando come se fosse non il nuovo Mister Bean ma il nuovo Blair (e comunque, se lo chiedete oggi a un inglese, anche Blair da quelle parti non è che sia ritenuto ‘sto gran complimento).
4) Perché l’unico obiettivo dichiarato è violentare la natura degli italiani, politicamente frammentati più di un pensiero di Giovanardi, e dunque mai e poi mai riducibili al bipolarismo (o meglio: gli italiani sono spesso bipolari, ma in senso psichiatrico. Non politico). Questo è un paese come minimo a ripartizione tripolare e il Ministro Mauro si è lasciato sfuggire che l’unico obiettivo è uccidere i 5 Stelle. Un obiettivo che non può riuscire, perché una forza ampiamente sopra il 20 percento non puoi distruggerla: ma limitarla sì (A margine. Più la cosiddetta “casta” agisce così, più porta voti al M5S. Questi qua sono tanto miopi quanto arroganti).
5) Perché mantiene tutte, ma proprio tutte, le storture del Porcellumil premio di maggioranza, che scatta al 37% ma pur sempre scatta (e regala un premio abnorme); lo sbarramento, con cifre esose e spietate (ma con eccezioni mirate, e poi ci arrivo); e la mancanza delle preferenze, più volte promesse da Matteo Peppo Pig. In compenso ci sono ancora le liste bloccate, anzi i listini bloccatini: toh, che miglioramento.
6) Perché questa legge uccide tutte le forze che stanno sotto l’8% e non accettano di coalizzarsi. L’unico “merito” del Troiaium è quello di garantire governabilità. Se però garantisci governabilità, hai bisogno come il pane di forze minori di opposizione che fungano da guardia della democrazia. Se le isoli, queste forze diventano extraparlamentari. E l’Italia sa quanto siano pericolosi i tempi in cui la protesta esce dall’alveo istituzionale e diviene pressoché interamente extraparlamentare (mi rendo conto che sia un passaggio troppo difficile per Renzi, che ha impiegato 8 giorni per capire i testi di Jo Squillo. Qualcuno glielo spieghi, forse ci arriva).
7) Perché questa legge costringe le frattaglie destrorse (Fratelli d’Italia, Alfaniani, Storaciani, Salviniani, Pizzettari) a riunirsi col Condannato, che magari si farà rappresentare dalla figlia ma comunque starà sempre lì. E se tutti tornano da lui, lui può rivincere. Cosa che, ovviamente, renderebbe molto felice Renzi, che di fronte al suo Maestro suole abbandonarsi come un’adolescente davanti a Vaporidis.
8 ) Perché questa legge vorrebbe essere spietata con le forze minori, ma non lo è. Infatti esistono già il salva-Lega (si entra in Parlamento se si raggiunge il 9% in almeno tre regioni), il salva-Vendola-Comefosseantani (si viene recuperati in qualità di prima forza sotto lo sbarramento ma alleati con Renzi), il salva-Meloni (idem come sopra). Dunque il bipolarismo continuerà ad essere finto, e poltronisti di centro, destra e sinistra saranno sempre lì. Casini compreso, che uno scranno lo troverà senz’altro, magari tra gli alfaniani.
9) Perché mantiene in vita la porcata più grande di tutte: le multicandidature. Un regalo agli alfaniani, ma più in generale a tutti i gattopardi della politica italiana. Questo aspetto, e purtroppo non è l’unico, rende il Troiaium non solo orripilante ma pure palesemente incostituzionale.
10) Perché i cittadini continueranno a non poter scegliere, ma dovranno – bene che vada – avallare e ingoiare un altro Parlamento di nominati. Concludendo: fa piacere che questo Troiaium piaccia così tanto alle Boschi e ai Faraone, ma in tutta onestà esistono perversioni migliori. Molto migliori.