venerdì 10 agosto 2012

Carinerie...satiriche



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Indagine del Fisco sui notai Bufera su una deputata Pd. - Andrea Rossi



Tra i «furbetti della parcella» anche la parlamentare Cilluffo.
Chissà se adesso il presidente della Commissione di garanzia del Pd Luigi Berlinguer dovrà rientrare in tutta fretta dalle vacanze. Il caso, non c’è dubbio, è spinoso, perché proprio nei giorni in cui i vertici dei democratici - dal segretario Bersani al responsabile economico Fassina - rilanciano le ricette per uscire dalla crisi, e ai primi posti piazzano la lotta senza quartiere all’evasione fiscale, una parlamentare torinese è finita nelle grinfie dell’Agenzia delle Entrate.  

L’accusa  
Francesca Cilluffo, approdata alla Camera un anno fa al posto di Piero Fassino, dimessosi dopo essere stato eletto sindaco di Torino, è uno dei notai torinesi etichettati dagli 007 del fisco come «furbetti della parcella». L’operazione è di qualche giorno fa: secondo l’Agenzia, tramite un trucco lessicale, i compensi dei professionisti si trasformavano in rimborsi spese (non soggetti a tassazione). In totale erano emersi 2,9 milioni di euro di imponibili non dichiarati. «Prove inoppugnabili», le definiva il Fisco, tanto che tutti i notai coinvolti hanno aderito integralmente alle conclusioni del verbale. 

La difesa  
Tra loro anche Cilluffo. Il suo nome è circolato ieri - insieme con quello di suo marito, Angelo Chianale, anch’egli notaio, anch’egli di area Pd, presidente della Fondazione che organizza MiTo ed ex presidente di Fsu, la società dei comuni di Torino e Genova che detiene il 33% di Iren -, lo stesso giorno in cui un altro parlamentare del Pd, Stefano Esposito, ha depositato un’interrogazione al ministro dell’Economia Grilli chiedendo che vengano resi noti i nomi di tutti i notai pizzicati. Cilluffo conferma i fatti: «Con assoluta trasparenza confermo che recentemente sono stata fatta oggetto di una verifica fiscale in cui mi sono state contestate alcune irregolarità formali, come può capitare quando si ha a che fare con procedure complesse come quelle che regolano la professione notarile». Poi spiega: «Anziché aprire un lungo contenzioso dagli esiti incerti in cui far valere le mie ragioni, ho preferito aderire alle conclusioni del verbale di constatazione pagando una sanzione. Non c’è nulla che abbia danneggiato i miei clienti o mi abbia fatto derogare ai principi deontologici».  

Scontro nel partito  
Un’irregolarità formale, dice la deputata. Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate, secondo cui gli studi notarili esaminati occultavano buona parte dei compensi, tra il 15 ed il 25 per cento dei ricavi reali. Quanto a Esposito, a chi gli chiede se si senta in imbarazzo nel sapere che tra i professionisti finiti nella rete c’è una sua collega di partito, replica secco: «Nessun imbarazzo. Non lo sapevo, ne prendo atto con dispiacere, ma non cambio posizione. Serve trasparenza, e credo sarebbe necessario prendere provvedimenti, inclusa la radiazione: i notai ricoprono un ruolo delicato, di garanzia, nei confronti dello Stato e dei cittadini». La bufera politica, invece, sembra solo all’inizio. 

Imprenditori delusi "I partiti? Meglio Grillo" Si salva Napolitano. - Nuccio Natoli


Se si andasse a votare oggi, tra gli elettori del ceto produttivo vincerebbe la coalizione di centrosinistra. Pdl e Lega ai minimi storici. Le prime preoccupazioni: debito pubblico e risanamento finanziario.


ROMA, 10 agosto 2012 - L’ITALIA è in attesa. E gli italiani sono in apnea, trattengono il fiato in un mare di preoccupazioni per il debito pubblico, per l’occupazione, per le tasse che asfissiano, per un futuro che non promettono nulla di buono. La Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna) si è rivolta al centro di ricerche Ipsos per tastare il polso dei ceti produttivi (imprenditori, artigiani, dirigenti, professionisti) e scoprire quali effetti potrà avere sulle future elezioni politiche e, soprattutto, se vi siano differenze sostanziali rispetto all’insieme dei cittadini.
A fronte di un senso di scoramento generalizzato le differenze sono risultate lievi. È la conferma che stavolta un po’ tutti gli italiani si sentono sulla stessa barca, e tutti temono le falle che ci sono. La crisi economica ha generato una forte disistima per la politica. Se si votasse oggi, i ceti produttivi manifesterebbero (un po’ più della generalità dei cittadini) una forte preoccupazione per il risanamento finanziario e il debito pubblico. La differenza tra ceto produttivo e cittadini diventa netta, invece, rispetto alla situazione politica. Artigiani, dirigenti, professionisti eccetera sono compatti nel pollice verso nei confronti di tutte le più importanti istituzioni. Si salvano solo la Presidenza della Repubblica e, solo in parte, i governi locali. La politica nazionale è caduta nel baratro più profondo e solo il 7% degli intervistati continua a esprimere fiducia nei partiti politici.
UN CROLLO verticale che non risparmia nessuna delle grandi coalizioni (centrodestra e centrosinistra) che hanno dominato la scena dai primi anni novanta. Sia il centrosinistra, sia il Pdl che il Pd sono visti a un livello di pura sopravvivenza (circa 20%), mentre il centro non tocca le due cifre (8%). L’unica lista politica che appare in crescita e riscuote credito dai ceti produttivi è il Movimento di Grillo. Lo studio dell’Ipsos gli assegna addirittura il 19%, ben sei punti in più dei cittadini italiani presi nel loro insieme. Se ne deduce che per molti imprenditori, artigiani, dirigenti, professionisti, il Movimento 5 Stelle è visto come risposta a una politica tradizionale investita dal discredito.

LA SOMMA delle preferenze accordate alle coalizioni politiche fa emergere che al primo posto spicca il ‘partito della sfiducia’: il 32% degli intervistati non sceglie nessuna coalizione. Questa fotografia da Paese in attesa nasce dalla nettissima contrazione della fiducia riposta nel centrodestra che nel 2008 aveva credito dal 54% dei ceti produttivi e ora annaspa al 20%. Il crollo è cominciato nel 2010 (l’uscita di Fini dal Pdl) e si è acuito con le tensioni tra Berlusconi e Tremonti e il relativo stallo del governo del ‘fare’ accompagnato dalla galoppata dello spreed. Se il Pdl piange, il Pd non ride visto che non ha approfittato dei guai dei dirimpettai politici scendendo negli ultimi tempi agli stessi livelli: 21%.
A questo punto, se si votasse oggi, secondo Ipsos, l’insieme dei partiti del centrosinistra (compreso l’Idv di Di Pietro) conquisterebbe il podio (40,2%) superando di quasi 15 punti il centrodestra con la Lega (25,3%) che toccherebbe il punto più basso della sua storia, mentre il centro si assesterebbe al 10,8%. Poi, però, ci sarebbe da fare i conti con Grillo seduto sul suo bel 21,7% circa di consensi e il campione dell’antipolitica potrebbe gloriarsi di un risultato di poco superiore al Pdl e sostanzialmente identico al Pd.

I volti dell’usurpazione.



Non dovrebbe esser difficile capire chi sono gli individui della religione neoliberista. Bassanini è senza dubbio uno dei personaggi che ha cambiato l’Italia, uno dei tanti si intende. E’ facile citare Tremonti, Amato, Ciampi etc. Avevo già accennato al ruolo dei pensatoi cioè i luoghi dove le idee si condividono e dove i burattini eletti dal popolo prendono appunti per scrivere leggi a favore dell’élite, cioè le SpA amiche.
Patrimonio, piano choc di Bassanini. L’obiettivo è costringere gli enti locali a privatizzare rapidamenteUn progetto «che ho già espresso a chi di dovere». Perché se si intende procedere all’abbattimento del debito pubblico, con passaggi graduali ma incisivi, bisogna convincere gli enti locali a cedere il loro patrimonio. E per farlo, secondo il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, è necessario che i debiti commerciali verso le imprese «siano conteggiati nel debito pubblico, perché di fatto sono debito pubblico.
Ma, insomma, un possibile percorso di rientro del debito c’è o no?Ministro Grilli: «Io non credo alle virtù di prestiti forzosi, la mia cultura liberale fa sì che certe soluzioni non mi convincano». E allora? «Non potremo vivere all’infinito con un fardello così pesante sulla testa degli italiani? «La strada praticabile è quella di garantire, con un programma pluriennale, vendite di beni pubblici per 15-20 miliardi l’anno, pari all’1 per cento del Pil». Un po’ poco, ministro. «No, tutt’altro, se lei pensa che già abbiamo un avanzo primario, cioè prima del pagamento degli interessi sul debito, del 5 per cento e calcoli una crescita nominale del 3 per cento, cioè tolta l’inflazione all’1, vorrebbe dire ridurlo del 20 per cento in 5 anni».
Tre think tank, serbatoi di pensiero, italiani adepti alla religione neoliberista chiedono pubblicamente di cedere altri pezzi importanti della sovranità popolare così come imposto dai gruppi élitari (CFR, club Bilderberg, Commissione Trilaterale). Linda Lanzillotta (Glocus), Alberto Mingardi (Istituto Bruno Leoni), Francesco Valli (Fondazione Magna Carta), Usiamo gli immobili per ridurre il debito in Corriere della Sera 15 luglio 2011.
Lista dei beni in vendita, Corriere Sera 16 lug 2012
Oggi viviamo nel peggiore medioevo, la società è regredita al periodo dei feudi dal punto di vista della struttura, mentre gli individui sono psico-programmati tramite scuola, università ed i media per farli regredire allo stato adolescenziale o infantile.
E’ sempre più evidente che i Governi eseguono ordini presi altrove. Alle prossime elezioni non si sceglierà fra gli schieramenti obsoleti destra e sinistra perché è chiaro che sono due facce della stessa medaglia. Alle prossime elezioni si sceglierà fra feudalesimo e libertà, fra dittatura e democrazia, fra SpA e Stato sociale, fra neoliberismo ed economia reale.
leggi anche:

Greenpeace - U mari nun si spirtusa.


Ciao cettina ,

nei giorni scorsi si è concluso il nostro tour "U Mari Nun Si Spirtusa"lungo la costa che si affaccia sul Canale di Sicilia. In meno di un mese abbiamo visitato con la barca a vela "Luna" alcune delle più belle e importanti città siciliane, da Palermo a Catania. Con un solo obiettivo:fermare le trivelle in mare!

Abbiamo portato il nostro messaggio "Meglio l'oro blu dell'oro nero" sulle spiagge e nelle piazze. Abbiamo convinto 43 sindaci siciliani e il governo della Regione Sicilia a firmare il nostro Appello per bloccare le trivellazioni petrolifere nel Canale, insieme ad associazioni di pescatori, comitati locali e oltre 30.000 cyberattivisti come te che hanno firmato la petizione on line.

Ora che il tour è finito ti auguriamo buone vacanze e ti diamo appuntamento a settembre per continuare insieme la nostra campagna. A settembre - insieme alle autorità locali siciliane - consegneremo l'Appello al ministro dell'Ambiente. Sei ancora in tempo per aggiungere il tuo nome e chiedere anche ai tuoi amici di firmare. Buone vacanze! 




http://www.greenpeace.it/mailing/2012/agosto/buonevacanze.htm

Carinerie....



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L'Italia vende i suoi gioielli Palazzi per 1,5 miliardi. - Alessandro Farruggia


Palazzo Diedo a Venezia

Lo Stato pensa di vendere quote dei fondi immobiliari, ma la lista alla quale sta lavorando il Tesoro è ben più ampia e comprende circa 800 immobili.

ROMA, 9 agosto 2012 - «VENDESI palazzi e castelli in Italia» titola il Wall Street Journal, che parla di un elenco di 350 immobili pubblici del valore complessivo di 1.5 miliardi di euro tratti in parte dalll’elenco dei 13mila immobili che, in base al decreto sul federalismo demaniale del 2010, sarebbero dovuti passare dallo Stato agli enti locali. Tra i beni inseriti ci sono le caserme Sani, Masini e Mameli a Bologna; il Forte Boccea, la caserma di via Guido Reni e i magazzini di via del Porto Fluviale e via Papareschi a Roma. Poi l’ex palazzo dell’Intendenza di Finanza ad Alessandria, l’ex forte Pezzino Alto a Portovenere, la miniera di Vigneria/Rio Marina all’Elba. E ancora il castello Orsini a Soriano, palazzo Diedo a Venezia e palazzo Bolis Guardo a Milano. Di tutto, di più. E tutto di vendibilità non facilissima visto che uno dei problemi principali è il cambio di destinazione d’uso, che richiede un intervento a livello di Piano regolatore, senza il quale il bene è invendibile di fatto.
Ma in realtà, spiegano dal Demanio, l’elenco è già superato in vista di una lista ben più ampia, dato che il ministro Grilli ha proposto di vendere immobili e asset per un punto di Pil all’anno (quindi per circa 15-20 miliardi). E adesso al ministero dell’Economia si parla di un elenco di oltre 800 immobili per poterne vendere in tempi medio-brevi almeno la metà.
IL PUNTO è come cederli. Una cosa è certa: non si utilizzerà il sistema delle aste ma quello del conferimento a fondi immobiliari, che poi sceglieranno se cederli subito, ristrutturarli e poi cederli o magari affittarli o valorizzarli su esempio da quanto sta facendo Difesa Servizi spa, che gestisce 53 caserme e 10 sedimi con risultati interessanti. Ad esempio affitta 27 aree per installare pannelli fotovoltaici ha avuto da privati 12 milioni di euro all’anno per 20 anni: 240 milioni senza vendere nulla. E che valorizzare non deve portare a svendere è ben chiaro al ministero dell’Economia. «Il decreto legge 86 — spiega il sottosegretario Gianfranco Polillo — ha incrementato le modalità operative previste da Tremonti» e promuove la costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare a cui trasferire immobili di proprietà dello Stato».

PER PORTARE il debito dal 123,4% al 100% del Pil serve mobilitare qualcosa come 400 miliardi. Visto l’esito deludente di operazioni come Scip 2 (dal 2009 al 2011 venduto solo il 10% degli immobili cartolarizzati, con un incasso di appena 93 milioni di euro) il governo vuole evitare il rischio di una operazione che vada a solo beneficio degli acquirenti.

«DA QUELLA
 esperienza — osserva Polillo — siamo rimasti un po’ scottati. E quindi vogliamo andare spediti, ma con i piedi di piombo. Dobbiamo creare il fondo e poi vendere le quote del fondo. Ma farlo in un momento nel quale in Italia c’è pochissima liquidità diventa complicato: una delle soluzioni ipotizzate è vendere le quote a banche che poi le scontano presso la Bce, un’altra ipotesi è cederne una parte sul mercato internazionale». Al ministero lavoreranno da settembre per presentare una proposta entro dicembre.

Giallo sul tesoro del Trivulzio nessuno sa che fine ha fatto. - Franco Vanni


Giallo sul tesoro del Trivulzio nessuno sa che fine ha fatto
(l'armadio cassaforte del Trivulzio)

Collane di perle, pietre preziose, fedi nuziali e bracciali antichi. Sono donazioni rimaste nell'antica cassaforte per anni. Il sindacato denuncia e chiede un inventario dei gioielli.

Collane di perle, anelli con zaffiri, fedi nuziali e bracciali antichi. Orecchini, monili e ciondoli d’oro, tramandati di generazione in generazione e donati nei secoli alla casa di riposo. Il tesoro del Pio Albergo Trivulzio, o quel che ne resta, è sepolto in un armadio-cassaforte polveroso. Un armadio che ufficialmente non esiste, la cui collocazione fino a pochi giorni fa era ignota persino agli stessi vertici del Pat. E come succede in tutte le storie di pirati, il tesoro è avvolto nel mistero: gli amministratori che si sono succeduti nei decenni alla guida della residenza per anziani, spesso spodestati da scandali e inchieste giudiziarie, non si sono mai premurati di stilare un elenco rigoroso degli oggetti donati all’ente. E nemmeno hanno preso nota della fine che abbiano fatto nei decenni.

«Che ci risulti non è mai stato fatto un inventario dei gioielli, eppure da qualche parte devono esserci i certificati originali delle donazioni, ora vogliamo vederci chiaro», dice Piero Lagrassa, presidente della rsu dei lavoratori della casa di riposo. Due giorni fa ha chiesto al presidente e al direttore generale del Pat di rendere pubblici tutti i dati sul valore attuale e sulla storia della collezione di gioielli e pietre della Baggina. Lagrassa ha anche posto un ultimatum: se entro il 30 di agosto non sarà fornita «una relazione chiara ed esauriente» si rivolgerà alla Procura. 

Collane di perle, anelli con zaffiri, fedi nuziali e bracciali antichi. Orecchini, monili e ciondoli d’oro, tramandati di generazione in generazione e donati nei secoli alla casa di riposo. Il tesoro del Pio Albergo Trivulzio, o quel che ne resta, è sepolto in un armadio-cassaforte polveroso. Un armadio che ufficialmente non esiste, la cui collocazione fino a pochi giorni fa era ignota persino agli stessi vertici del Pat. E come succede in tutte le storie di pirati, il tesoro è avvolto nel mistero: gli amministratori che si sono succeduti nei decenni alla guida della residenza per anziani, spesso spodestati da scandali e inchieste giudiziarie, non si sono mai premurati di stilare un elenco rigoroso degli oggetti donati all’ente. E nemmeno hanno preso nota della fine che abbiano fatto nei decenni.

«Che ci risulti non è mai stato fatto un inventario dei gioielli, eppure da qualche parte devono esserci i certificati originali delle donazioni, ora vogliamo vederci chiaro», dice Piero Lagrassa, presidente della rsu dei lavoratori della casa di riposo. Due giorni fa ha chiesto al presidente e al direttore generale del Pat di rendere pubblici tutti i dati sul valore attuale e sulla storia della collezione di gioielli e pietre della Baggina. Lagrassa ha anche posto un ultimatum: se entro il 30 di agosto non sarà fornita «una relazione chiara ed esauriente» si rivolgerà alla Procura. 

"Il sospetto, che poi è una certezza, è che nella distrazione generale buona parte del patrimonio sia stato sottratto o venduto sottobanco nei decenni passati - dice Lagrassa - il Trivulzio ha 1.400 appartamenti, realisticamente donati assieme all’argenteria. Dov’è finita?». Ed è difficile immaginare che le centinaia di lasciti testamentari che affidavano al Pat case e terreni non comprendessero anche i preziosi. Di sicuro nel patrimonio del Pat c’erano, e in parte ci sono ancora, mobili antichi e quadri, alcuni di valore, come il dipinto Passatempo 1871 di Filippo Carcano. 

Quello intrapreso ora dai vertici del Trivulzio è un lavoro di scavo non facile, dal momento che viene fatto per la prima volta, e vista l’esiguità della documentazione esistente. «Abbiamo affidato il mandato alla direzione del museo - dice Giovanni Soro, direttore generale fresco di nomina - contiamo di riuscire a ricostruire ogni cosa sulle donazioni di gioielli e opere d’arte». Circa l’attuale valore della collezione, la cui stima è in corso, dice: «Non saprei fornire una cifra, ma abbiamo visto quello che c’è nell’armadio e purtroppo non contiamo di sanare i bilanci del Pat vendendo anelli e bracciali». I sindacati esigono che i preziosi, qualunque sia il valore, siano comunque messi in vendita. Per Lagrassa, «non è accettabile che un ente che taglia servizi e posti di lavoro per sanare i conti si dimentichi in cassaforte oro e pietre preziose». 

Laura Iris Ferro, presidente del Pat, assicura che «l’inventario sarà fatto nel modo più scrupoloso possibile, in un’ottica di totale trasparenza. Nel caso dovesse emergere il ragionevole dubbio che qualcosa in passato sia sparito, ci rivolgeremo immediatamente alla Procura della Repubblica». Sempre che, alla scadenza del 30 di agosto, alla porta del magistrato non bussino i sindacati. Il sospetto dei lavoratori è che gli oggetti di maggiore pregio «siano finiti nei decenni nelle case di parenti e amici di chi si è succeduto alla guida dell’istituzione o dei politici che li hanno nominati». Un’ipotesi realistica, se si considerano gli scandali che hanno interessato la gestione del patrimonio del Pat: da Affittopoli, con le case date a basso prezzo a potenti e amici, alle ristrutturazioni affidate senza gara di appalto, su cui indagano i pubblici ministeri.

L’antico armadio-cassaforte, a memoria dei dipendenti, dai tempi della gestione del socialista Mario Chiesa è stato aperto ufficialmente due volte. La prima sei anni fa, quando presidente del Pat era il berlusconiano Emilio Trabucchi, dimessosi nel febbraio 2011 sulla scia di Affittopoli. «Fu indetta un’asta interna di gioielli - ricorda una dipendente - ma i prezzi erano troppo alti per le nostre tasche». La seconda volta è stata aperta l’altro ieri, dopo la richiesta dei sindacati. La procedura è complessa: «Ogni volta che viene aperta la cassaforte bisogna compilare un verbale, alla presenza del legale dell’ente - spiega Soro - e lo stesso riguarda le cessioni: se un gioiello viene venduto, l’operazione va registrata». Quei verbali, come le bolle che documentano le donazioni, potrebbero aiutare a ricostruire la storia del tesoro. Sempre che la carta non sia sparita insieme all’oro.

E’ FINITA LA CUCCAGNA? - Claudio Del Frate per il "Corriere della Sera"


evasori fiscoEvasori fiscali.

Un incontro a Berna, un secondo a Roma. Tutti contraddistinti dalla massima riservatezza, tutti con un obiettivo preciso: arrivare a novembre, al più tardi nei primi mesi del 2013, a concludere l'accordo di collaborazione fiscale tra Italia e Svizzera che consentirà di tassare i risparmi depositati sui conti di Lugano e Zurigo e fino a oggi sfuggiti al fisco di casa nostra.

La trattativa, a cui ha imposto un cambio di passo il vertice avvenuto la scorsa primavera tra Mario Monti e la presidente elvetica Eveline Wiedmer - Schlumpf nelle ultime settimane ha conosciuto una nuova accelerazione testimoniata non solo dagli incontri informali tra gli «sherpa» di entrambi i paesi ma anche da un dato oggettivo: il 27 e 28 agosto prossimi la commissione esteri del parlamento di Berna discuterà quale mandato consegnare al governo per la trattativa. In pratica fissati i «paletti» negoziabili con l'Italia verrà stilato l'elenco delle richieste da presentare alla controparte in cambio della sospirata tassazione.
SvizzeraSVIZZERA
Entrambi gli Stati vedono in gioco interessi molto concreti: il fisco italiano riuscirebbe per la prima volta a mettere le mani sul «tesoretto» esportato in Svizzera (la stima prudenziale è di 160 miliardi di euro, la Finanza di Como ne ha intercettati alla dogana di Chiasso altri 40 milioni dall'inizio dell'anno, a testimonianza di un flusso che non conosce cali); dal canto suo la Svizzera, pressata dalla comunità internazionale che ha dichiarato guerra ai paradisi fiscali, è disposta a tassare i risparmi dei cittadini esteri in cambio del mantenimento dell'anonimato sui titolari dei conti, essenza stessa del segreto bancario elvetico.
Il criterio ha già fatto da bussola nel negoziato che Berna ha condotto in porto con Gran Bretagna, Germania e Austria. Queste bozze prevedono prima di tutto un prelievo di almeno il 25% sul capitale a mo' di condono per il passato; in più viene applicata un'aliquota sugli interessi maturati ogni anno in base a due criteri: l'ammontare del conto e la sua «anzianità».
SvizzeraSVIZZERA
Più oneroso per gli svizzeri è stato invece l'accordo siglato con gli Stati Uniti: l'amministrazione Obama che fa della lotta all'evasione fiscale uno dei cavalli di battaglia della prossima campagna per la Casa Bianca, minacciava di sanzionare l'attività delle banche elvetiche negli Usa se non ci fosse stata collaborazione nello scambio di informazioni sui conti off shore.
Tornando al dialogo con l'Italia, l'argomento è stato al centro di diversi incontri tra rappresentanze dei due paesi che si stanno susseguendo in questi mesi. Fonti informali del ministero dell'Economia fanno sapere da Roma che il confronto deve ancora affrontare nodi cruciali, che l'ipotesi più realistica è la sigla di un patto tra i governi (poi destinato a un passaggio parlamentare) all'inizio del 2013, e che infine l'Italia incasserebbe i primi soldi sui capitali esteri tassati, nel 2014. «Stringere i tempi è fondamentale - fa sapere dal canto suo l'europarlamentare italiana del Pdl Lara Comi - perché occorre impedire che i capitali esportati si spostino dalla Svizzera verso altri lidi».
«Da parte nostra c'è la massima disponibilità - fa eco Ignazio Cassis, parlamentare elvetico che con la Comi aveva riaperto la strada del dialogo italo-svizzero poco più di un anno fa - e di ostacoli particolari non ne vedo: il modello giuridico a cui fare riferimento è quello già stabilito con Germania e Gran Bretagna. Tocca all'Italia, in pratica, dirci cosa vuole fare».
SEDE UBSSEDE UBS
Per la verità anche la Svizzera mantiene qualche riserva: innanzitutto l'accordo con Berlino rischia di dover essere sottoposto a un referendum popolare (la raccolta di firme è già cominciata) e poi ci sono alcuni punti che riguardano nello specifico i rapporti con l'Italia che al di là del confine ritengono essenziali.
«In cambio della tassazione sui conti degli italiani - mette in chiaro Pierre Rusconi, rappresentante dell'Udc elvetico, partito conservatore molto intransigente in materia di dialogo con Roma - chiediamo che la Svizzera venga depennata da ogni black list italiana: le aziende e le banche elvetiche sono ancora oggi sottoposte ad assurde discriminazioni se vogliono lavorare in Italia, non si può sospettare dietro ogni attività lecita un tentativo di riciclaggio».
Conti in Svizzera l'Italia lavora per recuperare fino a 70 miliardiCONTI IN SVIZZERA L'ITALIA LAVORA PER RECUPERARE FINO A 70 MILIARDI
L'impressione è insomma che la Confederazione voglia includere nel «pacchetto» della trattativa tutti gli argomenti che fino al 2011 avevano a dir poco raffreddato e reso difficili i rapporti tra i due stati confinanti: ecco dunque far capolino l'invasione di lavoratori italiani in Canton Ticino, che rappresentano ormai il 25% della forza lavoro della regione, ecco messa sul tavolo la quota di gettito fiscale prelevata dalle buste paga di questi ultimi (38%) che Berna è costretta a girare a Roma in base a un accordo del 1974.
Ma Rusconi pone anche un'altra questione, più squisitamente politica: «Oggi trattiamo con il governo Monti ma che garanzie abbiamo sul domani? Chi ne raccoglierà l'eredità e soprattutto cosa accadrebbe se dall'altra parte del tavolo dovessimo trovarci Beppe Grillo?». Una ragione in più, almeno da parte elvetica, per accelerare i tempi dell'accordo.
Magari fosse vero! Ma non ci crederei troppo...quelli che hanno i loro capitali inguattati nelle banche svizzere prenderanno i loro soliti accorgimenti, sono specializzati in furti e illegalità varie, hanno intere associazioni di "pseudo-consulenti finanziari" esperti nel settore che cercheranno in un fiat altri lidi disposti a nascondere i capitali ottenuti illegalmente dai loro clienti mafiosi, 'ndranghetisti, camorristi, politici, pseudo-imprenditori....etc., etc..
Sempre che, chi occupa "abusivamente" le poltrone in parlamento, accetti che l'accordo si faccia...
Voglio inoltre ricordare che un Comune-Mortale-Piccolo-Evasore nel nostro paese viene severamente punito con la confisca dei beni, tra i quali anche il sequestro dell'unica casa di proprietà, un Grande evasore "sconosciuto" che evade usufruendo dei paradisi fiscali, non solo non è soggetto ad alcuna confisca, ma ha anche il diritto di mantenere l'anonimato! C'è qualcosa che non va...cui prodest?
Cetta. 

Josefa, targata pdmenoelle. - Giovanni Favia



"Tutti i giornali on line di oggi riprendono la notizia, dandogli molta enfasi, di Josefa Idem (plurimedagliata canoista italiana) che definisce Beppe Grillo una "patacca" perchè ha chiamato le olimpiadi il "trionfo del nazionalismo". Gli articoli però non dicono due cose: primo che Josefa è un'esponente del PD dell'Emilia Romagna (Dal 2001 al 2007 assessore allo sport del comune di Ravenna. Dall'ottobre 2009 è responsabile sport del PD). Secondo che l'analisi di Beppe Grillo è più approfondita: non insulta minimamente gli atleti e la loro passione, ma anzi evidenzia come la politica nazionale usi le olimpiadi ed il loro amore per lo sport per affermare la propria supremazia e potenza, auspicando ironicamente le olimpiadi senza bandiere. Ecco qui il post chiunque può farsi la propria idea. Trovo invece scoretto che la Idem, esponente Pd, usi la sua vetrina ed immagine di atleta azzurra per attaccare un antagonista politico. Il sistema dell'informazione non aspetta altro che questi succulenti bocconi. Punti di vista." 

http://www.beppegrillo.it/2012/08/josefa_targata_pdmenoelle/index.html