Tra i «furbetti della parcella» anche la parlamentare Cilluffo.
Chissà se adesso il presidente della Commissione di garanzia del Pd Luigi Berlinguer dovrà rientrare in tutta fretta dalle vacanze. Il caso, non c’è dubbio, è spinoso, perché proprio nei giorni in cui i vertici dei democratici - dal segretario Bersani al responsabile economico Fassina - rilanciano le ricette per uscire dalla crisi, e ai primi posti piazzano la lotta senza quartiere all’evasione fiscale, una parlamentare torinese è finita nelle grinfie dell’Agenzia delle Entrate.
L’accusa
Francesca Cilluffo, approdata alla Camera un anno fa al posto di Piero Fassino, dimessosi dopo essere stato eletto sindaco di Torino, è uno dei notai torinesi etichettati dagli 007 del fisco come «furbetti della parcella». L’operazione è di qualche giorno fa: secondo l’Agenzia, tramite un trucco lessicale, i compensi dei professionisti si trasformavano in rimborsi spese (non soggetti a tassazione). In totale erano emersi 2,9 milioni di euro di imponibili non dichiarati. «Prove inoppugnabili», le definiva il Fisco, tanto che tutti i notai coinvolti hanno aderito integralmente alle conclusioni del verbale.
La difesa
Tra loro anche Cilluffo. Il suo nome è circolato ieri - insieme con quello di suo marito, Angelo Chianale, anch’egli notaio, anch’egli di area Pd, presidente della Fondazione che organizza MiTo ed ex presidente di Fsu, la società dei comuni di Torino e Genova che detiene il 33% di Iren -, lo stesso giorno in cui un altro parlamentare del Pd, Stefano Esposito, ha depositato un’interrogazione al ministro dell’Economia Grilli chiedendo che vengano resi noti i nomi di tutti i notai pizzicati. Cilluffo conferma i fatti: «Con assoluta trasparenza confermo che recentemente sono stata fatta oggetto di una verifica fiscale in cui mi sono state contestate alcune irregolarità formali, come può capitare quando si ha a che fare con procedure complesse come quelle che regolano la professione notarile». Poi spiega: «Anziché aprire un lungo contenzioso dagli esiti incerti in cui far valere le mie ragioni, ho preferito aderire alle conclusioni del verbale di constatazione pagando una sanzione. Non c’è nulla che abbia danneggiato i miei clienti o mi abbia fatto derogare ai principi deontologici».
Scontro nel partito
Un’irregolarità formale, dice la deputata. Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate, secondo cui gli studi notarili esaminati occultavano buona parte dei compensi, tra il 15 ed il 25 per cento dei ricavi reali. Quanto a Esposito, a chi gli chiede se si senta in imbarazzo nel sapere che tra i professionisti finiti nella rete c’è una sua collega di partito, replica secco: «Nessun imbarazzo. Non lo sapevo, ne prendo atto con dispiacere, ma non cambio posizione. Serve trasparenza, e credo sarebbe necessario prendere provvedimenti, inclusa la radiazione: i notai ricoprono un ruolo delicato, di garanzia, nei confronti dello Stato e dei cittadini». La bufera politica, invece, sembra solo all’inizio.
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