mercoledì 14 aprile 2021

CCF, un’idea geniale per eludere le regole europee e riprenderci la politica fiscale. - Megas Alexandros

 

Lettera aperta al gruppo della proposta “Campagna di Salvezza Economica dell’Italia”.

di Megas Alexandros

Studio economia, in maniera seria, da oltre dieci anni, fin da quando mi capito’ per le mani il libro di Warren Mosler, “The 7 Deadly Innocent Frauds of Economic Policy“.

Certo, di economia ero forzato ad occuparmene anche in giovane eta’, quando ero costretto a leggere testi incomprensibili e noiosi per superare gli esami universitari.

Due temi stuzzicavano la mia fantasia: il debito pubblico e l’inflazione; pur non approfondendoli, i miei sensi non avvertivano tutta quella paura che gli economisti autori dei testi cercavano di incutermi.

L’uomo per natura non prevede e preferisce non occuparsi del futuro quando il presente e’ radioso, per questo le paure mi scivolavano addosso, fino a quando un giorno, molti anni dopo, riflettei sul fatto che la mia generazione, pur lavorando duramente non riusciva neanche lontanemente a fare tutte quelle cose che avevano fatto i nostri padri.

Lessi il libro di quello che oggi e’ diventato il mio maestro e capii che avevo ragione a non temere queste due entita’ mitologiche (il debito pubblico e l’inflazione), ma quello che avrei dovuto temere era: “l’ignoranza degli uomini che credono di sapere“.

Alcuni mesi fa mi viene chiesto, dal mio ex-editor, di far parte di un gruppo di economisti ed esperti in materia, per sviluppare una proposta da sottoporre al governo italiano con al centro lo strumento dei “tax-credit” (Certificati di Compensazione Fiscale – CCF).

Leggo due proposte gia’ esistenti, entrambe frutto dell’ottimo lavoro dell’economista Marco Cattaneo, le giudico positive come base di partenza ma principalmente, da esperto in moneta moderna fiat, credo nello strumento, perche’ e’ bene essere chiari fin da subito: la moneta moderna fiat per definizione e’ un tax-credit.

Quindi i certificati di compensazione fiscale sono soldi, soldi veri ma sopratutto sono creati dal nulla e non presi in prestito dai mercati finanziari, come è costretto il nostro paese a dover fare dalla sua entrata nell’euro.

In fin dei conti, cosa sono i cinquanta euro che avete in tasca? Sono soldi che lo Stato vi ha fatto arrivare tramite la spesa pubblica, in attesa che un giorno lo Stato stesso ve li ritiri indietro, tutti od in parte, a fronte di un pagamento di tasse.

Compreso, che emettere un credito fiscale equivale a fare spesa pubblica e quindi a creare spazio fiscale.

Se riuscissimo a dotare il nostro governo di tale strumento, avremmo di colpo risolto una delle principali lacune che i nostri governanti devono affrontare da quando abbiamo deciso di privarci di una moneta che emettiamo e controlliamo, ossia la possibilita’ di fare politica fiscale.

Ma, direte voi, se emettere un credito fiscale equivale a stampare moneta, in Europa ci fermeranno all’istante, appellandosi a tutti i trattati possibili. Ed avete ragione, basti pensare alle parole immediate di Mario Draghi (allora capo della BCE), che seguirono la proposta di Claudio Borghi di emettere “minibot” (ovvero, certificati di credito fiscale), per pagare tutti i debiti che la pubblica amministrazione aveva con il settore privato: «O sono una moneta illegale oppure fanno aumentare il debito pubblico (1)»

Aveva ragione il nostro attuale Presidente del Consiglio, che dimostrando una perfetta conoscenza della Modern Monetary Theory, equiparava l’emissione dei CCF all’emissione monetaria, cosa, naturalmente super-vietata all’interno dei trattati firmati dai paesi membri.

Ma, aver ragione nel far rispettare i trattati non vuol dire nella maniera piu’ assoluta che stiamo facendo la cosa giusta a livello di verita’ economica. Tant’e’ vero che solo pochi anni dopo, sia le dichiarazioni dello stesso Draghi, che le linee di azione della BCE stanno andando nella direzione opposta, fregandosene dei trattati.

Oggi, vuoi per le forze dell’economia che non hanno padroni, vuoi per l’avvento della pandemia, la BCE sta facendo tutto quello che per anni ci ha detto era sbagliato fare: dal finanziamento diretto agli Stati, alla chiusura degli spread fino a consentire livelli di deficit ben oltre il famoso ed ingiustificato limite del 3% sul PIL.

Anche se molti di voi non ve ne siete accorti, lo strumento dei crediti fiscali e’ gia’ presente nel nostro Paese, mi rifierisco al famoso bonus del 110% sulle ristrutturazioni edilizie. Oggi, e’ consentito ristrutturare completamente le nostre abitazioni ed i nostri condomini tramite crediti fiscali che lo Stato ritirera’ sulle tasse da pagare nei prossimi cinque anni; ed utilizzando un meccanismo di cessione di tali crediti al settore bancario, possiamo facilmente affermare che, in pratica, ti ritrovi con la tua casa completamente nuova senza tirare fuori neppure un euro dalle tue tasche.

Pare anche, come logica economica vuole –  ed in base ai recenti dati del Ministero – , che lo strumento stia dando buoni risultati sia dal punto di vista della crescita economica che per quanto riguarda un ritorno positivo per le casse dello Stato.

Partendo dai disegni di legge depositati in Parlamento e con la collaborazione di Marco Cattaneo, che come sopra citato, ha contribuito alla loro stesura, ci siamo posti l’obiettivo di implementare tale proposta ed imporla ai nostri governi a “furor di popolo”.

A dire il vero, l’implementazione non richiedeva migliorie tecniche dello strumento, che gia’ di per se e nella sua semplicita’ e’ ben definito; e vale la pena ancora ripeterlo: trattasi di soldi creati dal nulla da immettere nel settore privato tramite la spesa pubblica.

Dovevamo semplicemente concentrarci, sulla quantita’ e la qualita’ della spesa pubblica, idonea e necessaria ad una ripresa economica vera propria per il nostro paese, per un ritorno ad una qualita’ di vita ed un benessere sinonimi di una “buona economia”, ormai da tempo, sconosciute alle famiglie ed alle imprese italiane.

Tutto questo, tenendo ben presente i due elementi fondamentali da considerare quando un Stato decide di spendere in deficit: l’obiettivo della piena occupazione ed il limite dell’inflazione.

Certo, dopo 30 anni di surplus governativi, una deflazione perenne ed una disoccupazione ai livelli di guerra, con risorse reali altamente inutilizzate; il compito di rispettare gli elementi sopra citati, potrete benissimo convenire con me, che non appare impossibile da realizzare.

Ma ecco, che come spesso accade negli ambienti di lavoro, nei gruppi e nelle squadre, si manifesta improvvisa la figura del “fuoriclasse”, che decide di portare palla pensando di poter vincere la partita da solo.

Pur parlando al singolare (“la figura”), il concetto di questo termine non e’ riferito ad una sola persona, ma ad un insieme di persone e situazioni, che, vuoi per ambizione professionale, vuoi per mancanza di conoscenza sulla materia trattata, vuoi perche’ si arrogano il ruolo di “novello Galileo Galilei”, fanno in modo di far prevalere il loro interesse personale sulla bonta’ del progetto. E spesso, come e’ accaduto nel nostro caso, contribuiscono a trasformare completamente quelli che erano i buoni intenti iniziali.

Intendiamoci, con questo non dico che in un gruppo non debba esserci un confronto, anzi il confronto porta sempre al miglioramento. Ma il confronto presuppone la conoscenza e la professionalita’, anche nel modo di confrontarsi; e naturalmente di fronte alla realta’ delle verita’ economiche, presuppone la “marcia indietro”… e non il “tirare dritto” per la propria strada, con il pilota automatico, verso il muro che si avvicina. Perche’ portando palla, spesso succede che te la prendono e ti infilano un contropiede devastante.

Quando parliamo al mondo delle associazioni ed all’uomo della strada, e’ facile fare presa proprio perche’ e’ difficile per loro cogliere i dettagli; ma in economia i dettagli fanno la differenza e posizionarsi e’ importante, in una materia dove a seconda da quale parte del tavolo ti trovi, puoi essere creditore o debitore.

Ma entriamo nel merito della questione, ed andiamo subito al dunque; quello che incontrovertibilmente ha bisogno l’economia italiana, dopo 30 anni di surplus governativi, e’ fare deficit.

Come ogni cura vuole, se vuoi guarire, devi fare il contrario di quello che hai fatto e, che ti ha portato al disastro. Tanto per ricordarlo, in economia il surplus di un soggetto corrisponde sempre al deficit di un altro soggetto, e nel nostro caso, il surplus del settore governativo corrisponde al deficit del settore privato. In poche parole e per maggiore chiarezza, quando lo Stato fa surplus, significa una sola cosa: che preleva piu’ soldi con le tasse, dalle tasche dei cittadini, di quelli che mette, sempre nelle loro tasche, con la spesa pubblica.

Quindi, e’ palese che 30 anni consecutivi della situazione sopra descritta, abbiano portato il settore privato e la nostra economia ad una tremenda crisi di liquidita’, la quale ha fortemente compresso i consumi, causando a sua volta fallimenti ed alto tasso di disoccupazione.

In una situazione del genere, non puoi parlare di prestiti al settore privato da parte del mondo bancario, proprio perche’ il mondo bancario, appartenente anch’esso al medesimo settore, opera in modo ciclico rispetto al ciclo dell’economia e risente delle stesse dinamiche negative, quali il forte calo dei consumi e quindi dei fatturati delle aziende che ha finanziato. Fino a subire danni patrimoniali consistenti, derivanti dalle insolvenze conseguenti.

Le banche, lo sanno tutti, non prestano se hanno il sentore che tali prestiti non le verranno restituiti. Ed anche, pur forzate da decisioni dei governi, se tali forzature non fossero accompagnate da politiche fiscali importanti da parte dei governi stessi, si trasformerebbero in inevitabili insolvenze.

Del resto, ed in poche parole, chi finanzierebbe i fatturati di una azienda!

Ma questo e’ quello che e’ avvenuto durante la pandemia, dove le aziende che si sono trovate improvvisamente senza fatturato, sono state indirizzate, per scelte politiche, presso le loro banche a prendere dei prestiti; che seppur garantiti dallo Stato, restano sempre e comunque prestiti che un giorno dovranno essere restituiti.

Fatte queste premesse, potrete ben capire, che l’arrivo nel gruppo di soggetti che apparentemente si dichiarano contrari ad altro debito ma che formalmente vanno diritti per la loro strada, proponendo a fronte, di un supposto intervento nell’economia di 1.000 miliardi, ben 800 miliardi di debiti e solo 200 miliardi di spesa pubblica non a debito…. beehh, lascio a voi immaginare cosa tutto questo ha provocato al gruppo ed all’intento su cui si basava il nostro lavoro iniziale, ossia “Campagna di Salvezza Economica dell’Italia”.

Proporre come ricetta, una banca pubblica che presta a tassi agevolati insieme a dei Conti Correnti di Risparmio utilizzabili per finanziare lo Stato e, mi spiego meglio, proporre per risolvere la crisi dei prestiti a tassi agevolati al settore privato e contemporaneamente far finanziare lo Stato dal settore privato stesso, non e’ affatto una ricetta risolutiva e salvifica, anzi, a dirla tutta, non e’ neanche una ricetta nuova.

Ciò ricorda infatti una esperienza vissuta recentemente: una esperienza, come ben sappiamo finita in tragedia. Sto parlando dei primi anni dell’introduzione dell’euro; chi di voi non ricorda, la corsa nelle banche a prendere prestiti ai tassi bassissimi che l’avvento dell’euro ci proponeva!! Per non parlare degli Stati membri, che si sono ritrovati nella malagurata situazione di farsi finanziare dal settore privato per poter spendere. Con tutte le tragiche conseguenze del caso: i ricatti dello spread, i tagli alla sanita’, alla scuola, i ponti che cadono, la poverta’ crescente, ecc.

Tra le varie discussione all’interno del gruppo, una delle piu’ accese ha riguardato l’introduzione dei Conti Correnti di Risparmio, cioe’ una nuova forma di investimento dei risparmi privati.

Premesso che per fare investire il proprio risparmio al settore privato, presupposto essenziale vuole che questo risparmio ci sia, altrimenti cosa investo! Non possiamo esimerci da fare una considerazione su chi, oggi detiene il risparmio privato.

Basta dare un occhiata a chi deteneva i titoli del debito pubblico nel 1988 e chi li detiene oggi. Il dato piu’ importante, che balza subito agli occhi, e’ quello che: se nel 1988, era detenuto dal 65% degli italiani (intesi come famiglie ed imprese), oggi soltanto il 5% di questi soggetti detiene i titoli del debito pubblico. Tutto questo a vantaggio in parte del settore estero, ma in buona parte del settore finanziario (banche, assicurazioni, fondi).

Una considerazione viene subito alla mente, ed e’ quella che un eventuale trasformazione del debito pubblico da BTP a CCR, a livello macro coinvolgerebbe in gran parte questi settori o tutt’al più‘ i piu’ ricchi, perche’ e’ impensabile che tra quel 5% possa esserci il cassa-integrato.

Certo, direte voi, il reddito da interessi si trasforma poi in consumi, ma vi chiedo quanto puo’ consumare una banca, una assicurazione, un fondo oppure la famiglia Agnelli!!

E non dimenticate, che il nostro paese aderendo all’euro non emette piu’ la sua moneta e quindi e’ costretto a finanziare la propria spesa per interessi tramite la tassazione del settore privato.

Altra situazione, completamente diversa era quella degli anni 80′-90′, dove, come mostrato sopra, il famoso “reddito da divano” derivante dagli interessi sui titoli del debito pubblico, era diffuso ed appannaggio del 65% delle famiglie italiane, le quali con gli interessi sui BOT e sui BTP, facevano le vacanze, compravano il motorino ai loro figli, i mobili nuovi per la casa, ecc. Ma non solo, tale reddito che per lo Stato era una forma di spesa pubblica, non necessitava di essere finanziato attraverso l’imposizione fiscale, ma poteva essere finanziato semplicemente con emissione di moneta dal nulla, stante l’essere, lo Stato italiano, il monopolista della Lira.

Altro tema proposto dai “fuoriclasse” a sostegno dei CCR, e’ quello di una “fantomatica” protezione dal ricatto dei mercati sul debito pubblico. Anche su questo argomento, devo evidenziare un mix-mentale di non comprensione, basato appunto, sulla cattiva comprensione del funzionamento dei sistemi monetari moderni all’interno di una mente ormai intrisa dalle teorie neo-liberal, oggi risultate completamente errate.

I tassi, non li decidono i mercati!

Le politiche monetarie sono esclusive delle banche centrali e se oggi il nostro spread si e’ ridotto notevolemente, come la nostra spesa per interessi, questo e’ dovuto esclusivamente all’operato della Banca Centrale Europea, la quale si e’ messa, finalmente a fare la banca centrale, svolgendo a pieno il suo ruolo di prestatore di ultima istanza, garantendo illimitatamente i debiti pubblici degli stati membri.

Questa realta’ la possiamo facilmente verificare sul campo, dove un rapporto depito/PIL al 130% nel 2011 fece schizzare lo spread oltre 500 punti, quandunque oggi un rapporto debito/PIL al 160% permette allo Stato italiano di finanziarsi a zero.

Dove sono finiti i mercati? Semplice, di fronte ad una banca centrale si sono sciolti come neve al sole!

Allora, cari amici miei partecipanti al gruppo della proposta “Campagna di Salvezza Economica dell’Italia”, mi rivolgo a voi: cosa potete fare voi con i pochi risparmi rimasti agli italiani di fronte al “click” infinito della BCE! NIENTE ASSOLUTAMENTE NIENTE… questa e’ la risposta. Finche’ saremo utilizzatori e non emettitori della moneta euro questa e’, e sara’ la nuda e cruda verita’. E prima la accetterete nelle vostre menti, prima eviterete di sbattere la vostra faccia contro il muro.

Del resto, ve l’ho detto ed avvertito piu’ volte, anche recuperando la possibilita’ di fare politica fiscale tramite i CCF, che  – ripeto – e’ un passo fondamentale, non siamo liberi dal ricatto: per questo, e’ sempre ed opportuno seguire il consiglio del mio maestro e tenersi ben stretto in tasca il suo piano A e B.

ComeDonChisciotte

Oristano, “vaccini Pfizer ai familiari che non ne avevano diritto”: indagati in 15 tra medici e infermieri.

 

Carabinieri del Nas di Cagliari hanno notificato gli avvisi di garanzia ai "furbetti del vaccino" questa mattina all'alba.

Quindici persone, tra medici e infermieri, sono indagate dalla Procura di Oristano per abuso d’ufficio e peculato, con l’accusa di aver somministrato il vaccino Pfizer a propri familiari che non rientravano tra le previste categorie aventi diritto, abusando così della propria posizione. I Carabinieri del Nas di Cagliari hanno notificato gli avvisi di garanzia ai “furbetti del vaccino” questa mattina all’alba: si tratta di medici e infermieri indagati per abuso d’ufficio e peculato, per aver somministrato il vaccino Pfizer a propri familiari che non rientravano tra le categorie che ne avevano diritto, abusando così della propria posizione.

La Sardegna si classifica al quinto posto per numero di dosi di vaccino somministrate giornalmente ogni 100mila abitanti. L’infografica curata da Public Fluorish Studio tiene conto del valore medio degli ultimi sette giorni (prime + seconde dosi). L’Isola è quinta dietro Umbria, Liguria, Marche e Molise. La regione è stata la prima e l’unica in Italia a sperimentare il passaggio in zona bianca ma da lunedì 12 aprile è diventata rossa. Gli ultimi dati (di martedì 13 aprile, ndr) riferiscono di 327 nuovi contagi su 4.125 test effettuati. Si registrano anche otto nuovi decessi (1.285 in tutto). Sono 340, invece, i pazienti attualmente ricoverati in ospedale in reparti non intensivi (-1), mentre sono 56 (+1) quelli in terapia intensiva.

IlFattoQuotidiano

Cesti di Natale e stage, a Milano arrestati quattro primari e un dirigente. - Raffaella Calandra

 

A volte, era un cesto di Natale particolarmente pesate. Altre, la promessa di uno stage alla figlia. Nella maggior parte dei casi erano borse lussuose, il pagamento di spese per congressi e soprattutto soldi, tanti soldi, per finte consulenze. Al punto che da una società produttrice di dispositivi medici il primario aveva ricevuto in cinque anni più della metà di quanto guadagnava nel suo lavoro in ospedale. Si nascondevano sotto diverse forme le mazzette che, secondo la Procura di Milano, quattro primari di due eccellenze della sanità lombarda avrebbero ricevuto da gruppi riconducibili ad uno stesso imprenditore. Che nel tempo aveva maturato una convinzione: «Il Pini è l'ospedale più facile del mondo, perché non ci sono gare. Se sei amico di un chirurgo - registrano le intercettazioni - usi i prodotti che vuole, cioè è tutto libero».

Sono queste alcune delle conversazione agli atti dell'indagine che, per il giudice delle indagini preliminari di Milano Teresa De Pascale contribuiscono a fare luce «sulle trame occulte dei rapporti tra imprenditori e medici fidelizzati». Tutti ora raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare. Tommaso Brenicci, titolare della società Eon medica di Monza, è finito in carcere per corruzione. Vanno invece ai domiciliari, due primari dell'Ospedale Cto Gaetano Pini - Carmine Cucciniello e Giorgio Maria Calori - la direttrice sanitaria, Paola Navone; insieme a due primari di un'altra struttura, fiore all'occhiello all'ombra del Duomo, il Galeazzi: il chirurgo Carlo Romanò e Lorenzo Drago, responsabile del laboratorio di analisi. Da un lato, medici dei principali ospedali milanesi, dall'altro soci di fatto, per l'accusa, della società che aveva il brevetto di una sorta di medical detector da loro utilizzato.

«Non è un mio amico che conosco da trent'anni. Prende le stecche su quello che fa un altro», dice Brenicci a proposito di Calori e così sintetizza il suo forte legame col primario, che era «abituale percettore di compensi da parte di imprese del settore», scrive il gip che calcola come dal 2011 al 2016 abbia ricevuto dal gruppo di Brenicci «più della metà degli emolumenti percepiti come dipendente pubblico». Emolumenti che potevano contemplare anche borse di lusso. «La Vuitton non ti piace? Stefi è possibile che me la regalino e allora non rompere i c...! », rimproverava alla moglie, negli stessi giorni in cui era in Turchia con lo stesso Brenicci. Nelle 283 pagine dell'ordinanza, il gip si sofferma più volte sulla «cupidigia» e sull’ «approccio interventista» del medico. Che sarebbe arrivato, stando all'accusa, a prospettare ad un facoltoso paziente anche un’infezione che non c’era. Nelle sue comunicazioni, al contrario, se non curata «avrebbe portato all'amputazione di un piede, per manifestare la necessità di procedere ad un'operazione in una clinica di Milano doveva operava privatamente». «Un delinquente vero», dice di lui l'altro collega dello stesso ospedale, raggiunto pure dall'ordinanza di custodia cautelare.

Si tratta della seconda parte di un' inchiesta, divenuta un nuovo terremoto per la sanità lombarda, dopo l'arresto di Norberto Confalonieri, ex primario del Pini, già rinviato a giudizio. Ancora una volta, il nodo è il rapporto tra i camici bianchi e le società produttrici di dispositivi medici: allora erano protesi, stavolta si tratta di vari “materiali ortopedici, commercializzati dal gruppo di Brenicci”. Per convincere ad esempio l'Ospedale Pini ad adottare un particolare dispositivo per la diagnosi di infezioni articolari, l'imprenditore avrebbe invece mandato al direttore sanitario, Navone, un cesto natalizio da mille euro, avrebbe poi pagato le spese per un congresso a Parigi e in Alto Adige, per poi promettere uno stage per la figlia in una delle sue società. Si tratta della stessa manager che dopo il primo scandalo nello stesso ospedale, l'arresto del primario Norberto Confalonieri rinviato a giudizio, raccontava in tv il “piano triennale per la prevenzione della corruzione”.

Poi per dimostrare, ad esempio, la “superiorità” del dispositivo brevettato da Brenicci per la diagnosi di infezioni osteoarticolare, “Micro DTTect” - “brevettato con i primari Drago e Romanò e poi venduto dalla Kubik Medical srl a loro tre riconducibile; si legge nell'ordinanza - “il direttore sanitario, con Calori avrebbero stipulato una convenzione per una ricerca scientifica sulle infezioni osteoarticolari” e proprio, in particolare, con Drago, primario del Galeazzi e brevettatore, ma anche docente di microbiologia”. Sta in questo continuo conflitto d'interessi, per la Procura e per il giudice, il cuore delle accuse
“Presenteremo presto un progetto di legge, per razionalizzare il sistema dei controlli, perché credo che episodi di questo genere - annuncia il Governatore della Lombardia, Attilio Fontana - non possano e non debbano ripetersi”.

IlSole24Ore


CHE PAESE MERAVIGLIOSO! - Rino Ingarozza

 

Che Paese meraviglioso, l'Italia!
Sto pensando seriamente di formare una banda. Una banda di persone perbene che cominciano a delinquere. Una banda che comincia a corrompere, ad imbrogliare, ad evadere le tasse. Una banda che voti i malfattori, i condannati, i mafiosi, i ladri, i concussi e i corrotti. Una banda che assicuri i voti a persone che poi ricambia sotto forma di favori. Appalti, leggi particolari, mazzette, regali.
Sto preparando lo statuto. Banda tuttofare, sede all'estero (ovviamente) tanto lo fanno tutti, anzi tutte (le bande). Tasse zero, anche se qualcosa è prevista da pagare, anche se hai la sede all'estero, tipo la spazzatura, l'ICI e altro. Tanto, prima o poi, ci sarà un condono e tu ne esci illibato. Evasore, contento e riverito.
E si dia un finaziamento ai giornali. Non a tutti, solo a quelli che glorifichino le nostre leggi, le nostre richieste.
Uno statuto che preveda anche che quando vai in pensione (e questa deve essere una legge fatta dagli amici parlamentari), obblighi lo Stato a darti un vitalizio. Ma non un vitalizio da miseria. Uno congruo al tuo tenore di vita. Se prima spendevi diecimila euro al mese, ti dovranno dare diecimila euro al mese. Le pensioni di cinquecento euro le lascino pure agli straccioni. Basterà un giorno in una banda, per averne diritto. Anche se sei stato condannato, per esempio, per aver rubato una decina di milioni allo Stato. Anzi, se lo hai fatto vuol dire che sei furbo e quindi lo Stato ti premia. Tanto domani toccherà a chi la legge la vota. Vuoi che non lo faccia?
Nello statuto ci sarà scritto anche che dovrà essere vietato protestare (anche questo sarà legge). Il popolo dovrà accettare in silenzio. Pena la reclusione. Dieci mesi di carcere. Pena raddoppiata se si scende in piazza.
Cosa vogliono protestare questi plebei. Lo Stato sono io e lo gestisco io. Chi ha ferro, faccia chiodi. Chi ha sterco, faccia .....
Ci è bastata l'unica protesta di un certo livello, avvenuta in Italia. Non si potrebbe tollerare un nuovo 68.
Da allora non si è più protestato.
Ci sono state le stragi di Piazza Fontana a Milano, dell'Italicus, dell'areo Itavia al largo della Sicilia, di Piazza della Loggia a Brescia, della stazione di Bologna. Stragi che ancora oggi non hanno un colpevole.
E nessuno che si sia mai incazzato.
Ci sono stati decine di scandali, tangentopoli, scoperte di raccomandazioni, nepotismo, baronaggio nelle università, la certificazione della trattativa Stato/mafia (come se lo Stato fosse una cosa astratta. Vediamo se qualcuno, qualche persona fisica, pagherà) eppure nessuno che abbia protestato, nessuno che abbia detto "'ora basta". Non mi tocca direttamente, mica hanno rubato a casa mia .....
Vuoi che protestino per qualche euro a componenti di una banda ....pardon di un partito.
Non è bello il nostro Paese?
Come si è visto che quattro scappati di casa stavano rompendo il giocattolo, si sono precipitati a farli fuori. Cosa diavolo si erano messi in testa questi dilettanti. Abbiamo costruito il nostro mondo, il nostro castello, una carta dopo l'altra e adesso volevano buttarlo giù. Giu' le mani. Non permettetevi.
Questa è l'Italia che abbiamo costruito. Guai a chi la tocca.
Fb Rino Ingarozza (14/04/2021)

La “pace terrificante” dei partiti, da Salvini al “poro” Calenda. - Andrea Scanzi

 

È difficile immaginare un periodo storico più spaventosamente spento e, al tempo stesso, pericolosamente violento, come questo. Da una parte un crescendo di violenza, fisica e verbale, dettata da ignoranza, invidia e frustrazione. Dall’altra, una calma piatta insopportabile e non poco ipocrita, piombata su questo Paese come una mannaia anestetica con l’avvento (del nostro scontento) del governo Draghi. Una tale stasi generale si ripercuote su tutto, anche sul dibattito politico. Ne sono prova i social, dove la politica tira meno di un post di Renzi, e pure i talk-show, dove per creare una polemica occorre sganciare una bomba in studio. Anche questa rubrica ne risente: chi merita, oggi, un identikit? Draghi? Abbiamo già dato. Figliuolo? Nel dubbio tra averne paura (Murgia) o esserne divertito (Travaglio), scelgo una garbata incredulità nel vederlo addirittura sopra quello scranno. Ne consegue che, oggi, l’identikit non riguarderà una persona, ma i partiti sulla scena politica. Ecco una rapida ricognizione al tempo della peste. E della “pace terrificante”, come la chiamava De André.

Lega. È ancora in testa ai sondaggi, ma in un anno Salvini ha perso dieci punti. Un disastro acuito da questa sua fase politicamente surreale in cui è al governo, ma finge di non esserci. Baristi e ristoratori sono incazzati neri, e non solo loro, perché aveva promesso la Luna e alla fine non ha dato loro neanche un Sallusti. La fronda giorgettiana è insidiosa. E Zaia vale trecento volte Salvini. Oltre a ciò, la Meloni lo sta sabotando. La crisi che pervade Salvini è dimostrata pure dal fatto che, sui social, ogni tanto è costretto a rilanciare qualche frase di De Angelis o Briatore per raccattare tre like in croce. Poveretto.

Pd. Boh. Letta ci sta provando. Pare aver scelto Conte e non Renzi, e ci mancherebbe altro: il primo ha molti più voti (ci vuol poco) e il secondo è Renzi. Letta ha però ancora molto da fare per derenzizzare il partito, e questa sua guerra santa alla Raggi – benché lecita – fa un po’ ridere.

FdI. È in crescita, dunque ha ragione Meloni. La quale, se non altro, è stata coerente nel non entrare nel carrozzone ora al governo. Ovviamente la sua opposizione è ora assai meno urlata di prima, perché se sbraita troppo Salvini e Berlusconi le tirano le orecchie. I problemi di Donna Giorgia sono i soliti: una classe dirigente non di rado inquietante, i legami col fascismo tutt’altro che tranciati, una comunicazione populisto-becero-sovranista e alleati così gradevoli che in confronto viene quasi voglia di rivalutare Luis Miguel.

M5S. Boh (bis). È in perdurante fase di stallo, è entrato nel governo da maggiorente ma non sta toccando palla, non va più in tivù (e fa bene) ma nel frattempo sta scomparendo pure dai social (a giudicare dalle interazioni). Conte dovrà rivoltare il movimento (anzi “partito”) come un calzino.

Forza Italia. Gli zombie sono più vivi.

Italia Viva. Chi?

Mdp/SI. Ovvero Speranza, Bersani e Fratoianni, per citare le figure più emblematiche. I primi due appoggiano il governo (anzi uno c’è proprio dentro), il terzo no. I sondaggi piagnucolano, ma qualche segnale di vita pare arrivare. Di sicuro un’alleanza organica tra M5S e Pd non potrà prescindere da loro.

Bonino. Non scherziamo, dài.

Calenda. Lo adoro, perché è uno dei pochi che ha più ego di me, Severgnini, Carofiglio, Travaglio, Cazzullo e Friedman messi insieme. Quindi stima. Anche se continua ad avere meno voti del Poro Asciugamano.

Quindi, riassumendo: siamo nella merda. Però fingiamo di non saperlo. Daje!

IlFattoQuotidiano

Miracolo Celeste: riecco il vitalizio da 7mila euro. - Ilaria Proietti

 

Il Senato ha ridato il vitalizio da 7.000 euro al mese a Roberto Formigoni: tutto intero, arretrati compresi. Perché la commissione contenziosa di Palazzo Madama ha letteralmente fatto carta straccia della delibera del 2015 con cui l’allora presidente Piero Grasso aveva imposto la sospensione dell’assegno agli ex senatori condannati per reati gravi fino all’eventuale riabilitazione. E così, grazie alla decisione presa ieri dalla commissione presieduta da Giacomo Caliendo di Forza Italia, dovrà essere restituito il vitalizio non solo al Celeste, condannato in via definitiva per aver asservito la sua funzione agli interessi economici della Fondazione Maugeri e del San Raffaele. Ma pure agli altri ex rimasti a secco causa fedina penale, per usare un eufemismo, non immacolata. Una decisione che innanzitutto potrà essere applicata anche a Ottaviano Del Turco, condannato per aver preso mazzette nell’ambito della sanitopoli abruzzese, il cui vitalizio è ormai divenuto una telenovela: prima l’annuncio della revoca dell’assegno poi l’immediata sospensione della revoca stessa: domani, grazie alla “fortuna” che ha baciato Formigoni il caso sarà chiuso.

Non si conoscono ancora le motivazioni della sentenza firmata da Caliendo&C. ma il dispositivo è piuttosto eloquente: “Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, accoglie il ricorso e annulla delibera n. 57/2015 del Consiglio di Presidenza (quella che ha imposto la regola dello stop ai vitalizi per i condannati, ndr) e la successiva delibera n. 28/2019 del Consiglio di Presidenza (la decisione con cui erano stati chiusi i rubinetti al Celeste, ndr)”. Inutile dire che Formigoni non sta più nella pelle: “La commissione Contenziosa rimedia a un errore clamoroso. Ho ottenuto una misura di giustizia non solo per me ma per tanti altri cittadini” ha detto l’ex presidente della Lombardia assistito dall’avvocato Domenico Menorello che al Fatto dice: “Al Senato qualcuno ha riconosciuto che lo stato di diritto è ancora un valore: non è contemplato che qualcuno debba morire di stenti come misura punitiva”.

E sì perché Formigoni ha sostenuto di essere alla frutta, ai domiciliari per via della condanna e senza il becco di un quattrino. “Avendo, infatti, dedicato l’intera esistenza alle istituzioni, le uniche fonti reddituali a disposizione della sua ‘terza età’ potevano consistere negli assegni vitalizi della Regione Lombardia e del Parlamento italiano” aveva scritto nel suo ricorso lamentandosi della spietatezza della Corte dei Conti che sorda a ogni suo richiamo gli ha pignorato l’assegno erogato dalla Regione negando che si tratti di una pensione. Ora Palazzo Madama gli ha riaperto invece i rubinetti ridandogli tutto intero il vitalizio di ex senatore che gli era comunque in parte stato già restituito due anni fa in via cautelare. Quando sempre Caliendo&C. gli avevano accordato un assegno di mantenimento riconoscendogli le tutele dell’articolo 38 della Costituzione in base al quale “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

E allora a chi altri potrebbe essere restituito il vitalizio riottenuto dopo tanto lottare dal condannato Formigoni? Al Senato, per via delle condanne è stato tolto ad alcuni pezzi da novanta come Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri o Vittorio Cecchi Gori (nella lista dei revocati ci sono anche Ferdinando Di Orio, Vincenzo Inzerillo, Giorgio Moschetti, Franco Righetti. Per chi è morto, come Giuseppe Ciarrapico, a questo punto potrebbero vantare delle pretese gli eredi). E alla Camera? Attendono “giustizia” l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, l’indimenticato Giancarlo Cito e un altro paio di ex deputati, Luigi Sidoti e Raffaele Mastrantuono: che da anni reclamano il malloppo e pure gli arretrati. Anche loro da ieri sperano. E forse hanno già messo in fresco lo champagne.

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Fate piano. - Marco travaglio

 

Proseguono le polemiche sulle uniformi del Comm. Str. Gen. C. A. F. P. Figliuolo, quella di serie e quella mimetica, peraltro utilissima per travestirsi da cespuglio casomai le cose andassero male, o peggio di così. E dimostrano che in Italia siamo maestri ad accapigliarci sui dettagli per non andare mai al cuore dei problemi. Come quando Conte veniva contestato per la pochette a quattro punte o perché parlava all’ora di cena e talvolta, sciaguratamente, anche dopo. A parte le divise, le mostrine, i nastrini, le medaglie, le greche e i galloni, che comunque devono essere un bel peso, il cuore del problema sono i piani di Figliuolo, di cui in appena un mese e mezzo s’è già perso il conto, perché li cambia come fossero calzini. È ormai assodato che i tre quarti della sua giornata li impiega ad aggiornare il piano del giorno prima. Tutto, temiamo, nasce da un equivoco: che per far funzionare un piano di vaccinazioni basti annunciare quanti vaccini avremo fatto fra un mese, due mesi, tre mesi e così via. Le cose sarebbero senz’altro così se tutto dipendesse da lui. Invece da lui dipende pochissimo.

Molto dipende dalle Regioni che, per quante balle si raccontino su mirabolanti “accentramenti”, erano e restano responsabili della campagna vaccinale. Molto dipende da quante dosi ci mandano le case farmaceutiche, che non mandano mai quelle pattuite. E molto dipende dagli enti regolatori (Aifa in Italia, Ema in Europa, Fda in America), che un giorno alzano il pollice e l’indomani l’abbassano: ieri, per esempio, la Fda ha bloccato J&J per casi sospetti di trombosi. Quindi affannarsi a prevedere ogni giorno quanti vaccini faremo in futuro e poi accorgersi che non è vero niente e ritoccare le cifre al ribasso, o calcolarle per dècade o per mese così il calo si nota di meno, non ha senso. Si finisce nel ridicolo. Se dici, come han fatto Draghi e Figliuolo, che a metà aprile vaccineremo 500 mila persone al giorno e poi il conta-dosi è sempre sotto le 300 mila, hanno un bel titolare i giornaloni “Anziani al sicuro, il governo accelera: 3 milioni di vaccini in 10 giorni” (Rep) o “Il governo ora accelera. Figliuolo: ‘Sei milioni di vaccini agli anziani in un mese’” (Stampa): 3 milioni in 10 giorni fa sempre 300 mila al giorno e 6 milioni in 30 giorni fa addirittura 200 mila al giorno. Che non è accelerare: è frenare. Anziché dare i numeri a casaccio per poi rimangiarseli con supercazzole assortite, il Generalissimo dovrebbe fare l’unica cosa che compete a lui, ma non risulta stia facendo abbastanza: creare nuovi centri di vaccinazione (non primule, per carità, ma almeno mughetti) e fornire alle Regioni più medici e infermieri vaccinatori. A meno che, si capisce, il piano Figliuolo non sia proprio questo: fare piani.

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