domenica 25 agosto 2024

Storia Teotihuacan, mercurio liquido sotto alla piramide. - Elisabetta Intini

Un grafico mostra il tunnel che scorre sotto alla piramide. Ingrandisci Handout/Reuters

 

Il metallo rinvenuto in una camera sotterranea della piramide del Serpente Piumato potrebbe raffigurare un fiume ultraterreno. E condurre a una tomba regale.


Grandi quantità di mercurio liquido sono state rinvenute all'estremità di un tunnel sotterraneo nel cuore delle rovine precolombiane di Teotihuacan, in Messico.

Il metallo tossico, ritrovato in una camera sepolta a 18 metri di profondità sotto alla Piramide del Serpente Piumato, alla fine di un tunnel lungo 91 metri, potrebbe indicare la vicina presenza di una tomba importante, forse del re della misteriosa civiltà fiorita in Messico tra il 100 e il 700 d.C.


Un lungo lavoro. È quanto annunciato la scorsa settimana dal ricercatore e archeologo messicano Sergio Gómez, che ha lavorato agli scavi del tunnel negli ultimi 6 anni. Il condotto sotterraneo è stato riaperto nel 2003, dopo 1.800 anni dalla sua costruzione.

Gómez e colleghi hanno scoperto la presenza di tre camere sotterranee alla sua estremità più remota, insieme a un tesoro di decine di migliaia di oggetti artigianali come sculture in pietra, gioielli, conchiglie giganti e palle di gomma.


Fiume scintillante. Gli archeologi si sono detti "sorpresi" per la scoperta. Nessuno può sapere di preciso come e per quale motivo il mercurio sia finito lì, ma l'ipotesi è che potesse simboleggiare, con i suoi riflessi argentei e brillanti, un lago o un fiume infernale al pari dello Stige, ed essere considerato una sorta di via di accesso privilegiata per l'Aldilà.

Difficile da estrarre, tossico e costoso, il metallo è già stato trovato in passato in diversi siti Maya più a sud, e potrebbe aver avuto una valenza sacra per le civiltà precolombiane.


In cerca di una guida. La scia di mercurio potrebbe condurre gli archeologi sulle tracce dei resti di un sovrano, e aiutare a fare luce sul misterioso governo di Teotihuacan, una città di 200 mila abitanti di varie etnie, apparentemente priva di palazzi del potere e di raffigurazioni artistiche di figure reali, che non ha lasciato testimonianze scritte e che fu abbandonata ben prima dell'avvento degli Aztechi nel XIV secolo.

https://www.focus.it/cultura/storia/mercurio-liquido-sotto-a-piramide-di-teotihuacan

“Guardare all’Africa permette all’Italia di diventare hub energetico del Mediterraneo”. Parla il prof. Giuliano Frosini (Luiss)

 

La sicurezza energetica nazionale si costruisce attraverso un mix energetico che comprenda fonti tradizionali, rinnovabili e nucleare. Intervista al prof. Giuliano Frosini (Luiss)


La sicurezza energetica nazionale può essere osteggiata da numerosi fattori geopolitici, ambientali ed economici. Il recente conflitto tra Russia e Ucraina ha dimostrato quanto possa essere pericoloso affidare il proprio approvvigionamento energetico a un solo fornitore. Il rischio è quello di dover ricalibrare, in tutta fretta, il proprio mix energetico e di ritrovarsi a pagare un prezzo troppo alto. Delle alternative e delle soluzioni a queste problematiche ne abbiamo parlato, al Meeting di Rimini, con Giuliano Frosini, docente dell’Università Luiss.


La guerra tra Russia e Ucraina ha imposto al nostro paese di rivedere la propria politica di approvvigionamento energetico in generale e di gas in particolare. Quanto è cambiato il quadro dal 2022 a oggi?

Le guerre, così come le tensioni geopolitiche, generano dei problemi nell’approvvigionamento energetico e alla sicurezza energetica. La guerra russo – ucraina e le tensioni mediorientali hanno creato proprio queste difficoltà. In questi casi si corre ai ripari soprattutto per due motivi: tenere la luce accesa nelle case e non caricare troppo la bolletta dei consumatori. Per ottenere questi risultati si usano delle contromisure. Il Governo Draghi nel 2022 inserì un cap al prezzo del gas, che è servito soprattutto come deterrenza per i mercati impazziti. Ricordiamo che, a un certo punto, il prezzo per kilowattora nell’agosto del 2022 era arrivato a 140 euro quando normalmente è meno della metà.

Questo cap non è mai stato utilizzato ma è servito perché i mercati si sono tranquillizzati e siamo tornati a una situazione di normalità. I governi che si sono succeduti, anche quello attuale, hanno pensato di introdurre delle ulteriori contromisure, la più importante delle quali è di natura strategica, cioè trovare delle vie alternative. Oggi possiamo parlare dell’Italia come hub energetico del Mediterraneo perché si guarda molto all’Africa, un grande mercato da cui possiamo acquistare gas ma anche energia elettrica prodotta a costi più bassi sulle coste del Maghreb, della Tunisia e dell’Algeria. Affinché questo avvenga dobbiamo essere noi a realizzare delle grandi infrastrutture cosa che impegna le politiche energetiche dei nostri grandi TSO italiani, Snam e Terna, che fanno un lavoro egregio da tanti anni. Ora, però, sono chiamati a un supplemento di investimento per realizzare queste grandi infrastrutture che possano metterci al sicuro. 

I paesi dell’area del Mediterraneo non sono, però, famosi per la stabilità. La relazione di scambio commerciale con il nostro paese può supportare quelle aree nel raggiungere una maggiore stabilità?

Sì, la realizzazione di grandi investimenti in quelle aree, sulla costa mediterranea ma anche nella fascia a ridosso dell’area sahariana, può aiutare quei paesi a trovare stabilità. Non ho una idea chiara di come sarà realizzato il Piano Mattei ma sono convinto che si possano fare delle sperimentazioni. Per esempio, se parliamo di Terna e di Snam, i costi delle grandi infrastrutture di collegamento possono essere messi a beneficio della tariffa energetica degli italiani. La prospettiva è che l’opera infrastrutturale la pagano i consumatori italiani a patto che, nel tempo, il consumatore paghi meno la risorsa energetica. Questi sono investimenti da centinaia di milioni di euro che possono rappresentare una fonte di sviluppo e di stabilizzazione di alcune aree. Si tratta soprattutto di una stabilità regolatoria.


Le energie rinnovabili permettono di ridurre la dipendenza delle importazioni di fonti fossili. Tuttavia, la diffusione delle rinnovabili è rallentata da diversi problemi, tra questi anche le procedure burocratiche. Crede che siano stati fatti dei passi in avanti?

Penso di sì. Però credo che questa materia sia trasversale rispetto al decisore pubblico espresso dalla rappresentanza politica. Cioè è un dato di fatto che il sistema energetico italiano è un buon sistema, rappresenta un’eccellenza nel panorama europeo e questo grazie anche a un’ottima regolazione. Le questioni burocratiche sono soprattutto le difficoltà autorizzative e le difficoltà nel realizzare i collegamenti. Però, nel corso del tempo abbiamo alloggiato una grande capacità green, il passo in avanti è notevole. Bisogna fare ancora e fare meglio, sburocratizzare ma anche convincere i territori che le strutture che producono energie rinnovabili possono essere relativamente poco impattanti e portare notevoli benefici.

Le energie rinnovabili richiedono tecnologie che necessitano di materie prime critiche e terre rare. Questo è un altro aspetto problematico.

Per realizzare queste strutture intelligenti ci vogliono materie prime critiche e terre rare che non sono nelle nostre immediate disponibilità. Quindi bisogna approvvigionarsi in mercati lontani e costosi. Cosa bisogna fare? Bisogna individuare la prospettiva di approvvigionamento nell’ambito della catena del valore di questi materiali, perché solo i paesi che saranno in grado di agganciare queste novità beneficeranno delle rinnovabili. Viceversa, il rischio è di pagare un costo molto più alto. 

Nel nuovo Pniec trova spazio per la prima volta il nucleare, quale contributo potrà dare alla sicurezza energetica nazionale in futuro? Anche in relazione alle sfide europee di riduzione della CO2.

Gli obiettivi europei sono sfide molto aggressive, se davvero vogliamo pensare di agganciarli al 2030 e al 2050 anche il nucleare può fare la sua parte. La questione è tecnica: abbiamo la possibilità di utilizzare una miscela di fonti tradizionali, come il gas, le rinnovabili e, se il nostro paese deciderà, il nucleare. Quest’ultimo è come un diesel, una volta avviato va per conto suo. Quindi il nucleare può rappresentare una baseline di produzione, le fonti alternative possono rappresentare la riserva. L’esempio arriva dalla Francia che è costretta a venderci energia nucleare a prezzo negativo perché altrimenti non saprebbe cosa farci. Dunque, secondo me può essere una strada. Non siamo più in una situazione in cui possiamo far guidare il nostro agire solo dagli obiettivi di transizione energetico – climatico, che sono importantissimi e vanno perseguiti con forza, dobbiamo però cercare di tenere aperte più strade, in modo che queste, adeguatamente miscelate, possano rappresentare una sicurezza per il nostro sistema di approvvigionamento energetico.


https://energiaoltre.it/guardare-allafrica-permette-allitalia-di-diventare-hub-energetico-del-mediterraneo-parla-il-prof-giuliano-frosini-luiss/