sabato 21 agosto 2021

Taleballe - Marvo Travaglio

 

Il Cretino Collettivo che discetta di tutto lo scibile umano – dai vaccini al green pass, dalla giustizia al Reddito – con la stessa enciclopedica incompetenza, ha traslocato armi e bagagli a Kabul senza muoversi dal divano o dalla sdraio né accettare alcuni dati di fatto. 

1) La guerra l’hanno vinta i Talebani e l’hanno perduta gli Usa e i loro reggicoda, Italia inclusa. 

2) Gli Usa si sono ritirati non perché Trump era sovranista e Biden è un vecchio rinco, ma perché han perso. 

3) Quando finisce una guerra, comandano i vincitori, non gli sconfitti, quindi a Kabul comandano i Talebani (che fra l’altro sono afghani), non gli occidentali (che fra l’altro non lo sono). 

4) I vincitori di solito non piacciono agli sconfitti, perché sono il nemico. Ma è fra nemici che si tratta, non fra amici. Gli sconfitti non possono scegliersi i vincitori preferiti: devono tenersi quelli che hanno, farsene una ragione e decidere se trattarci o meno. Se non trattano, i vincitori fanno come gli pare; se trattano, può darsi che i vincitori li ascoltino, ma solo se gli conviene (in cambio di aiuti o per paura di ritorsioni). 

5) I talebani si son travestiti da dialoganti (“fanno i democristiani”, diceva il nostro titolo ironico su un fatto decisivo, notato da tutti gli osservatori) per mettersi all’asta nelle trattative. E con loro già trattano i russi e i cinesi (avvantaggiati dal fatto di non averli mai attaccati). Chi, in Europa, piagnucola perché Pechino e/o Mosca si pappano Kabul dovrebbe fare qualcosa di più astuto che tenere il broncio ai talebani: tipo smarcarsi dagli Usa, che ci hanno bellamente scaricati (Biden non cita mai Ue e Nato), e offrire loro qualcosa in cambio di corridoi umanitari e politiche meno efferate di 20 anni fa.

6) Coi talebani gli Usa trattano da sempre: Reagan per foraggiarli contro l’Urss, Clinton per farsi consegnare Bin Laden dopo i primi attentati di al Qaeda, Obama a guerra ormai persa, Trump per siglare l’accordo di Doha sul ritiro Usa, ora militari e diplomatici rimasti per l’esodo dei collaborazionisti (nessuno parte senza l’ok dei talebani). 

7) Chi vuole sperare in corridoi umanitari e in un regime meno feroce e sessista deve parlare coi talebani, almeno fingere di credere alle loro aperture e metterli alla prova. L’han detto Borrell della Ue (“Ue obbligata a dialogare coi talebani”), Grandi dell’Unhcr (“Per ora i talebani mostrano pragmatismo, ma se non trattiamo non potremo mai accertarlo né ottenerlo”) e i ministri del G7. Ma appena lo dice Conte, i giornali di destra gli danno dell’“avvocato dei tagliagole” (Libero) col “fascino del kalashnikov” (Repubblica). In attesa del primo videomessaggio del Mullah Giuseppi dalla caverna con la pochette a tre punte sulla bandiera nera di al Qaeda, qualcuno chiami l’ambulanza.

ILFQ

Tutta cene, voli e bodyguard. E per il Colle spera in Renzi. - Ilaria Proietti

 

Pugno duro - Gli sfoghi in Aula, la moria dei portavoce e la scorta ovunque: “l’operazione simpatia” non è ancora esattamente riuscita.

I bookmakers non la quotano ancora, ma lei ci crede. Maria Elisabetta Alberti Casellati intende giocarsela eccome per il soglio quirinalizio e ha fede: Dio, Patria e soprattutto Famiglia, la sua. E chi se ne importa se accusano i suoi gioielli, Ludovica e Alvise, di essersi fatti aiutare nella vita da mammà, prima donna presidente del Senato? Lei si duole per le critiche ma più che altro non si spiega perché non sia ancora un’icona nazionalpopolare, almeno come la Carrà. Per non sbagliare se la piglia con i portavoce che rottama uno via l’altro anche se, poveretti, loro responsabilità per la cattiva stampa proprio non ne hanno. Se non è amata è piuttosto colpa dei voli di Stato che ha usato come taxi durante l’emergenza Covid per far da spola con Padova, sua città natia. O per la storiaccia del vitalizio che le era stato prima negato per gli anni trascorsi al Csm, salvo vederselo, guarda un po’, assegnare quando invece era ascesa allo scranno più alto a Palazzo Madama. Ma non rinuncia a diventare dama di cuori, anche se finora nisba. La sua apparizione al bar dei dipendenti del Senato qualche mese dopo l’elezione, doveva esser gesto di vicinanza alle maestranze: fu la prima e l’ultima, ché non le sono andate giù le critiche per essersi presentata coi bodyguard al seguito, neppure temesse un attentato a Palazzo.

Non le è servito neppure farsi paladina della causa femminile: “Le donne devono essere protagoniste della rinascita dopo esserlo stato della resistenza alla pandemia” ripete da qualche tempo. Epperò le sue parole non tirano l’applauso, neppure tra le colleghe senatrici che mantengono le distanze: alcune mancano persino visita alle cene periodiche che ha organizzato per fare spogliatoio a Palazzo Giustiniani. Perché? Non si fidano e in molte ancora le rinfacciano la difesa del Cav all’epoca di Ruby-nipote-di-Mubarak.

Il fatto è che risultano indigesti i modi da carabiniera che l’hanno consacrata nell’empireo forzista e che replica pure oggi dai banchi della Presidenza. “Non accetto lezioni da nessuno sulla conduzione dell’Aula”, “decido io”, “non accetto strumentalizzazioni” grida spesso brandendo la campanella d’ordinanza ché le intemperanze – e anche meno – la irritano a morte. Ma è un sentimento ricambiato: certe sue acrobazie sulla gestione del calendario dei lavori come per il ddl Zan hanno fatto venire l’orticaria a chi l’accusa di essere rimasta di parte. Come al tempo in cui, partigiana di Silvio, ci dava sotto con le leggi ad personam o picchettava l’ingresso di Palazzo di giustizia a Milano ritenuto il covo dei magistrati ostili a B.

Che resta la sua stella polare e un solido alleato per il futuro. Appena insediata alla guida del Senato il primo pensiero è stato proprio per lui che ne era stato “esiliato” nel 2013, causa condanna per frode fiscale. Lei invece lo ha invitato a cena a Palazzo accogliendolo come un re: “Questa, caro Silvio, resta casa tua”. Magari poter replicare l’invito anche una volta eletta al Colle se, come pare, Berlusconi non troverà nessuno o quasi a perorarne la causa. Matteo Salvini l’ha mollato dopo averlo illuso, Giorgia Meloni non lo può proprio vedere e invece potrebbe digerire lei: Queen Elisabeth presidente della Repubblica potrebbe allettare il centrodestra, ma anche Matteo Renzi che, si sa, ama sparigliare. Casellati lo stima e soprattutto lo ritiene capace di qualunque mandrakata: adoperandosi per lei conquisterebbe il ruolo di primo Queenmaker della storia. Ma soprattutto si farebbe guida di quella rete dei moderati che Denis Verdini, amico di Renzi e suocero di Salvini, aveva tentato di sublimare già nel 2016 con quel partito della Nazione poi mai nato.

Spera, dunque, Casellati nei buoni uffici del leader di Italia Viva, ma anche nel feeling che quest’ultimo ha con l’altro Matteo. Con il quale lei stessa coltiva eccellenti rapporti: è merito suo se l’affaire Metropol del tandem Salvini-Savoini non è mai sbarcato in aula per il dibattito richiesto a gran voce dal Pd nel 2019 e stroncato sul nascere da Sua Presidenza: “Il Senato non può essere il luogo del dibattito che riguarda pettegolezzi giornalistici”. Ancor di più è stato gradito il suo interventismo sul citato ddl Zan, prima con l’invito al rinvio (“non si dica che in questa Aula rinunciamo al dialogo per la differenza di una settimana”), poi con una riconvocazione rocambolesca della conferenza dei capigruppo quando era già all’ordine del giorno dell’aula: fatto sta che il disegno di legge alla fine è sparito dai radar. Con tante grazie dalla Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia ostili alle norme sull’omotransfobia. Ma pure da Renzi che sulla necessità di mediare con il centrodestra ha mandato in testa coda il segretario del Pd Enrico Letta.

Ovviamente Casellati s’è fatta anche molti nemici. In tante occasioni dai banchi M5S, Pd e LeU si sono levate proteste all’indirizzo di Sua Presidenza e delle sue decisioni inappellabili. Come quando ha stralciato emendamenti tabù per il centrodestra, tipo la regolamentazione della cannabis light o il trattenimento in servizio oltre l’età di pensione dei magistrati: giammai! Lei rivendica di essere super partes e tira dritto: il physique du rôle per il Colle crede di averlo con annessi carabinieri a due e a quattro ruote che le fanno strada ogni volta che esce da Palazzo. Per ora del Senato, domani chissà.

ILFQ

Superbonus 110%, rilancio in 10 mosse. Ecco come superare i nodi burocratici. - Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

 

Dopo un avvio frenato da regole troppo complicate, il superbonus sta accelerando: solo a giugno sono stati comunicati nuovi lavori per 981 milioni, portando il totale a 3,5 miliardi. Il decreto Semplificazioni – convertito dal 31 luglio – scioglie diversi nodi procedurali. Ma il pieno rilancio del 110% dipende anche da altri fattori: dalle proroghe al costo dei materiali.
Ecco i dieci punti chiave, tra questioni risolte e da chiarire.

1. Cila semplificata.

La legge di conversione del Dl semplificazioni ha “creato” un titolo abilitativo specifico per il superbonus: la comunicazione di inizio lavori asseverata semplificata (Cilas). Un titolo che già nella versione iniziale del decreto non richiedeva più al professionista di attestare la conformità edilizia dell’immobile (lo “stato legittimo”). E che ora può essere usato anche per lavori strutturali, modifiche dei prospetti e varianti, senza allegare i progetti. Il modulo unico della Cilas, approvato in Conferenza unificata, è utilizzabile dal 5 agosto.

Così il tecnico evita i tempi lunghi dell’accesso agli atti per recuperare le vecchie licenze edilizie, ma la Cilas non sana eventuali difformità già presenti. Spiega Francesca Zaccagnini, della direzione Edilizia, ambiente e territorio dell’Ance: «Il vero impatto di questa semplificazione è che si slega l’agevolazione fiscale dalle verifiche di conformità edilizia».

«Certo, le eventuali irregolarità preesistenti potranno essere sanzionate, ma senza inficiare la detrazione. Inoltre, va detto che in molti casi si tratta di irregolarità di minima importanza e risalenti nel tempo», aggiunge Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri e coordinatore Rete professioni tecniche.

In alcuni casi, però, gli abusi sono più gravi. «Lo stato legittimo può non essere “attestato” formalmente, ma andrebbe sempre “controllato”, anche per evitare che il committente si autodenunci o abbia problemi in caso di lavori futuri», avverte Andrea Barocci, presidente dell’associazione Ingegneria sismica italiana.

2. Scadenza dell’agevolazione

Il 110% scade il 30 giugno 2022 per i privati o il 31 dicembre 2022 per i condomìni (si vedano i quesiti a destra). Termini quasi impossibili da rispettare, partendo oggi. «Potremmo avere ancora 3-4 mesi di boom delle domande e poi un blocco, perché il timore di non finire in tempo diventa grave», osserva Flavio Monosilio, direttore del centro studi Ance.

«Noi abbiamo già tutti gli ordini per il 2022 e so che molte aziende si sono ritirate dai condomìni per puntare sulle villette – rileva Renato Cremonesi, presidente di Cremonesi consulenze –. Così si rischia di intervenire solo sullo 0,8% degli 1,2 milioni di condomìni da riqualificare: se si vuol avere un impatto reale, la misura va prolungata». Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha però affermato che la proroga del superbonus al 2023 sarà affrontata solo con la legge di Bilancio.

3. Materiali e manodopera.

A complicare il rispetto dei tempi c’è la scarsità di manodopera, unita al rincaro e razionamento dei materiali. Spiega ancora Monosilio: «Oggi capita di versare la caparra per un ponteggio con consegna tra 4-5 mesi». Concorda Cremonesi: «Il costo di un “cappottista” qualificato è passato dai 20-25 euro al metro quadrato a 30-35 e i prezzari Dei, che dettano la congruità delle spese, per molte voci non sono più aggiornati».

4. Abusi e violazioni formali.

Tra tanti ostacoli, la legge cerca di snellire qualche altro passaggio. Innanzitutto, fa salve le violazioni formali «che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo». E che quindi non fanno venir meno il superbonus. «Si tratta di errori in buona fede, come la svista sul costo di un componente o un piccolo errore di calcolo», spiega Zambrano.

Inoltre, quando le infrazioni non sono lievi, viene previsto che si perda il 110% solo per il singolo intervento irregolare e non per tutto il cantiere.

5. Cappotti termici e distanze.

Sempre la legge permette di derogare alle distanze minime tra edifici fissate dal Codice civile per installare i cappotti termici. «Ma ciò che serve sarebbe la possibilità di mitigare i ponti termici senza dover raggiungere gli attuali requisiti, com un risparmio di costi senza peggiorare le prestazioni», osserva Cremonesi.

6. Termini da 18 a 30 mesi.

Vengono inoltre portati a 30 mesi due termini: quello per la vendita delle case ricostruite dalle imprese (sismabonus acquisti) e quello entro cui deve trasferirsi chi acquista la prima casa e fa il 110 per cento.

7. Unità indipendenti.

Restano comunque diversi punti incerti. Uno dei più gravi è se sia obbligatorio o facoltativo (come pare logico) trattare a sé le unità indipendenti comprese in edifici plurifamiliari. Ciò si riflette sui limiti di spesa, sull’Ape e sulle asseverazioni e sta bloccando molti lavori.

8. Termine dei lavori trainati.

Non è chiaro, inoltre, se il termine attuale di fine 2022 valga anche per i lavori effettuati nei singoli appartamenti del condominio (trainati). Alla lettera sembra di no, ma sarebbe una soluzione illogica.

9. Modifica delle finestre.

Una parziale apertura è invece arrivata dalla Entrate sulla possibilità di modificare la forma delle finestre, senza cambiare la superficie complessiva (interpello 524/21).

10. Sismabonus e villette.

Altra apertura – stavolta della Commissione ministeriale di monitoraggio – riguarda la possibilità di fare il 110% antisismico sulle singole villette a schiera senza dover considerare la cosiddetta “unità strutturale”.

Domande & Risposte.

Quando scade il superbonus e quando si deciderà la proroga?
La scadenza “base” è il 30 giugno 2022, ma in alcuni casi c’è più tempo. I condomìni hanno fino al 31 dicembre 2022. Per gli edifici composti da due a quattro unità e posseduti da un unico proprietario (o in comproprietà tra più persone fisiche), si può arrivare al 31 dicembre 2022 se a fine giugno di quell’anno è stato realizzato almeno il 60% dell’intervento. Per le case popolari e assimilate la scadenza è il 30 giugno 2023, che può diventare 31 dicembre 2023 se a fine giugno si è completato il 60% dei lavori.
Eventuali proroghe oltre le date ora prestabilite saranno decise con la prossima manovra.

Dopo il Dl Semplificazioni, quale pratica edilizia è necessaria?
Con la legge di conversione del Dl Semplificazioni (legge 108/2021) è stato “creato” un nuovo titolo abilitativo: la Cila semplificata (Cilas). Mercoledì scorso è stato approvato in Conferenza unificata il nuovo modello, utilizzabile dal 5 agosto. La Cilas – il cui utilizzo è comunque facoltativo – consente di non attestare la conformità edilizia dell’immobile e di non allegare progetti e grafici. Inoltre, in caso di varianti in corso d’opera, si può procedere con una semplice integrazione della Cilas alla fine dei lavori, senza necessità di un nuovo titolo.

Se l’immobile su cui si interviene presenta già degli abusi edilizi realizzati in passato, quali conseguenze si rischiano?
Con la Cilas non occorre attestare che l’edificio è “legittimo”, ma ciò non sana eventuali abusi già presenti, tant’è vero che la norma dice che «resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento». Perciò il Comune potrà sempre fare i propri controlli in materia edilizia. Sotto il profilo fiscale, però, lo stesso Dl Semplificazioni assicura che le vecchie irregolarità edilizie non faranno perdere il 110% sui nuovi lavori.

Cosa accade se vengono commesse violazioni nell’ambito dell’intervento agevolato dal 110?
Si rischia la decadenza dall’agevolazione fiscale. Il Dl Semplificazioni, però, indica i casi tassativi di decadenza e fa salve le violazioni «meramente formali che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo». Ad esempio, un piccolo errore di calcolo o di riporto di una cifra. Inoltre, anche in caso di violazioni «rilevanti», viene previsto che la decadenza scatterà solo per il singolo intervento oggetto di irregolarità.

IlSole24Ore (19.8.2021)