sabato 7 dicembre 2019

Amenità.





A chi giova Casamonica star in Tv. - Gaetano Pedullà

Per ogni passo avanti ne facciamo subito due indietro. Ecco come un Paese civile e fantasioso come il nostro è finito nelle retrovie di tutte le classifiche del benessere, dalla cultura (solo il 5% dei giovani studenti capisce quello che legge!) all’economia, alla legalità. Proprio qui siamo fenomeni. Non contenti dei danni che ha fatto e fa la mafia, continuiamo a lisciare il pelo ai criminali, mitizzandoli al cinema e in televisione o invitando gli originali e dintorni nel talk show, con la scusa di fare informazione ma in realtà pensando solo all’audience.
Così a Roma abbiamo appena registrato la condanna in Cassazione per il capofamiglia dei Fasciani, clan di Ostia riconosciuto come mafioso, e ieri Rete4 ha ospitato in un suo programma Luciano Casamonica, cioè uno dei volti più noti della famiglia implicata in ogni genere di attività illecite, proprietario di una delle ville abusive demolite dopo decenni di indulgenza (o connivenza?) della politica comunale.
L’intervistato, va precisato, non è il capo della cosca riconosciuta pure questa mafiosa, di cui è però omonimo e tutt’altro che disposto a prendere le distanze. Non c’è niente di male – si dirà – nell’ascoltare le ragioni di tutti, anche di chi accampa diritti e persino la pretesa dei danni per le ville abusive abbattute, simbolo di un potere che se ne fotte dello Stato. Ma le cose non stanno affatto così. Chi volesse documentarsi sulle malefatte dei Casamonica può accedere a un’infinità di notizie andando semplicemente su Internet.
Pertanto qui il diritto all’informazione non c’entra niente, e offrire una vetrina a questo come ad altri appartenenti a famiglie malavitose serve solo a legittimarli, in cambio di qualche briciola di share. Per quanto possano essere incalzanti i giornalisti (nel caso del figlio di Totò Riina a Porta a Porta Bruno Vespa non lo fu affatto) queste ospitate rafforzano il senso di impunità e di scalata al successo di chi porta cognomi che bastano da soli a mettere paura, mentre isolano chi combatte quei sistemi mafiosi, siano questi magistrati o forze dell’ordine o amministratori pubblici che non scendono a patti col crimine. E la mafia non uccide solo con le pallottole, ma anche con l’isolamento dei suoi nemici.

Prescrivi tua sorella. - Marco Travaglio

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Da giorni due postulanti si aggirano per gli studi tv a spacciare la bufala “Travaglio ha chiesto la prescrizione in un processo, dunque è incoerente nel sostenere la blocca-prescrizione”. Uno è tal Piero Sansonetti che, dopo aver fondato e affondato mezza dozzina di giornali, è riuscito a farsene aprire un altro coi soldi di Alfredo Romeo (tipico caso di circonvenzione di capace): il Riformista, detto anche Riformatorio. L’altro è tal Matteo Renzi che, dopo aver affondato il Pd, ha fondato un nuovo partito che naviga fra il 3 e il 4% e si candida all’eredità del Psdi di Nicolazzi. Purtroppo in Italia, complice il web, le bugie hanno le gambe lunghe e tocca perder tempo a rispondere anche a questi derelitti. Nel 2002, da freelance, scrivo un articolo per l’Espresso su Cesare Previti, che si ritiene diffamato perché una parte di un verbale che lo riguarda, e che nel mio articolo era riportata, non compare più per un taglio redazionale. E querela me e la direttrice Daniela Hamaui. Visto che nei giornali è buon uso “manlevare” i giornalisti, vengo difeso da un avvocato del Gruppo, il compianto Carlo Federico Grosso. In primo grado mi becco lo sproposito di 8 mesi di carcere e Daniela 5, più 20 mila euro di risarcimento. Grosso ricorre in appello, dove la pena viene pressoché azzerata: 1.000 euro di multa a me e 800 alla Hamaui. L’avvocato ricorre in Cassazione e, siccome il reato è prescritto, fa quello che fanno in questi casi tutti i difensori d’Italia, utilizzando tutti i mezzi previsti dalla legge per portare in salvo i clienti: chiede l’annullamento della condanna e, in subordine, la prescrizione. Richiesta che ha presentato in automatico, senza concordarla con me. Tant’è che, quando gli chiedo il perché, risponde serafico: “Perché è mio dovere professionale evitare al gruppo Espresso di pagare le multe tue e della direttrice”. La Cassazione ritiene il ricorso infondato e conferma le due multe.

Gli house organ berlusconiani cominciano a scrivere che ho ottenuto la prescrizione e sono incoerente perché critico il pluriprescritto B.. Tre balle in una. 1) Non ho ottenuto la prescrizione. 2) Io sono un privato cittadino e posso fare ciò che voglio, mentre B. è un pubblico ufficiale col dovere costituzionale di esercitare le funzioni “con disciplina e onore”, cioè di rinunciare alla prescrizione quando è imputato di reati infamanti per farsi assolvere nel merito e, se invece viene condannato, dimettersi e ritirarsi. 3) La diffamazione per i giornalisti è come il tamponamento per i tassisti: un incidente sul lavoro, tantopiù se – come nel caso specifico – dipende da tagli fatti da altri.


E non è infamante, salvo che per i giornalisti che mentono sapendo di mentire. Invece il falso in bilancio, la frode fiscale, la corruzione di giudici, testimoni e senatori, cioè alcuni dei reati per cui B. ha ottenuto 9 prescrizioni, sono infamanti per i privati cittadini, figurarsi per i politici. In ogni caso, quando è nato il Fatto e ho potuto incidere sulle strategie difensive, ho subito levato l’alibi a questi manigoldi. Avevo un processo contro Fabrizio Del Noce che mi aveva querelato per un vecchio articolo sull’Unità, nel frattempo fallita. In primo grado ero stato condannato a versargli 13 mila euro che, se la sentenza fosse stata confermata, avrei dovuto pagare di tasca mia; in appello è scattata la prescrizione, ma ho pregato l’avvocato di rinunciare. Lui mi ha preso per matto, la Corte mi ha giudicato oltre i termini e mi ha assolto. Così gli house organ di B. hanno smesso con la frottola “Travaglio prescritto”. Ma ecco la premiata ditta Sansonetti-Renzi con la nuova panzana “Travaglio incoerente perché ha chiesto la prescrizione”. E, se spiego che l’ha chiesta “di default” il legale dell’Espresso, come fanno tutti gli avvocati d’Italia con moduli prestampati (li pagano apposta), ironizzano sulla “prescrizione all’insaputa”: come se fosse strano che, avendo 300 fra querele per diffamazione e cause per danni, io non passassi le giornate a studiare le strategie difensive con un avvocato che fra l’altro non era il mio, ma del giornale, e difendeva anche la direttrice con interessi diversi dai miei.
L’altroieri a Piazzapulita c’era un tizio con la pappagorgia e in stato confusionale che pare risponda al nome di Renzi. Anziché spiegare i 6 milioni e rotti versati alla sua fondazione da decine di imprenditori, molti dei quali beneficiati dai due governi dell’èra renziana, e i 700 mila euro gentilmente prestati per la sua villa dalla madre di un suo finanziatore da lui nominato a Cdp, s’è messo a parlare di me. Come se le perquisizioni e gli avvisi di garanzia ai suoi amici e foraggiatori le avessi disposte io, non i magistrati di Firenze. E come se le cause civili che ci spedisce a mazzi annullassero i mega-conflitti d’interessi che affiorano dalle sue casse. “Con le cause a Travaglio mi pago 3-4 rate della casa. La chiamiamo Villa Travaglio, anzi no, porta un po’ sfiga”. Parola di uno che nel 2014 aveva il 40,8% e ora agonizza sotto il 4, insidiato persino da Calenda. “Travaglio mi attacca sulla prescrizione, ma una sentenza dice che ha chiesto la prescrizione! Sono incredibili questi! Doppia morale!”. E qui, a parte la panzana di cui sopra, sfugge la logica del ragionamento, specie da un politico che nel 2015 promise di farla finita con la prescrizione e ora vuole riesumarla. Se puntassi alla prescrizione, dovrei battermi con lui, B., il Pd e la buonanima di Andreotti per ripristinarla, non per abolirla. Invece mi batto per abolirla anche perché so che gli avvocati, pur armati delle migliori intenzioni, devono allungare i processi per salvare i loro clienti, anche se li sanno colpevoli di reati gravi. Ma questi poveracci sono così in malafede da pensare che siano tutti come loro. Omnia munda mundis, omnia Renza Renzi.


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San Benetton, la prescrizione e i poveri cristi. - Tommaso Merlo



I Benetton sono a casa a tifare Pd, Lega e renzuscones oggi più che mai. Dopo la tragedia del Morandi per loro si mette davvero male. Le inchieste stanno facendo emergere un quadro agghiacciante ed hanno disperato bisogno che salti la riforma della prescrizione. Se così sarà, ci saranno ottime possibilità che la facciano tranquillamente franca. Come da tradizione nostrana. Gli basterà mettere mano al portafoglio, ingaggiare qualche branco feroce di avvocati senza scrupoli che tempesti i tribunali di cavilli ed attendere serenamente il fatidico giorno del giudizio. Quando usciranno dal tribunale con un bel gesto dell’ombrello rivolto ai giudici e alle vittime con tanto di pernacchia finale. Al resto ci penseranno i giornalai venduti che gli garantiranno una bella ripulita spacciando la prescrizione come assoluzione perché tanto il popolo bue certe sottigliezze non le capisce. Al resto ci penseranno i politicanti venduti che andranno in qualche latrina televisiva ad osannare San Benetton che tanto di buono ha fatto per questo paese e a scagliarsi contro quei maledetti forcaioli che volavano crocifiggerlo come un barabba qualsiasi invece di inginocchiarsi umilmente ai suoi piedi. In Italia ha sempre funzionato così. I delinquenti ricchi e potenti non hanno mai davvero pagato i loro debiti con la giustizia. Come se fossero al di sopra della legge. E questo grazie a codici limati su misura e a connivenze altolocate. Berlusconi è solo il caso più eclatante, ma la lista dei malviventi in doppiopetto che ha devastato il nostro paese senza vedere le patrie galere nemmeno col binocolo, è impressionante. Cricche che per decenni non solo non hanno pagato i loro debiti nei tribunali, ma nemmeno fuori riuscendo a riciclarsi senza vergogna. Tutto grazie ad un vero e proprio regime in cui affaristi, politici e giornalai hanno stretto un patto che tra gli altri privilegi ha sempre preteso anche quello dell’impunità. La prescrizione è una di quelle porcherie che non ha colore politico, è sempre piaciuta alle cricche di destra come di sinistra. Come conferma la cronaca di queste ore. La solita ammucchiata di zombie del Pd, Lega e renzuscones stanno tentando un estremo tentativo di bloccare una riforma di civiltà che permetterebbe ai poveri cristi di ottenere giustizia e ai farabutti altolocati di rispettare le leggi. Per riuscire nel loro intento, stanno usando il solito metodo. Dire che bisognerebbe fare prima questo o quello e solo dopo fare questo e quello. Insulse scuse al solo scopo di salvare una delle perversioni giuridiche più schifose del nostro paese e allo stesso tempo salvare la propria faccia di tolla. San Benetton segue gli sviluppi con trepidazione e tifa strenuamente affinché non cambi nulla. Se sarà così, nel giro di pochi anni San Benetton potrà festeggiare con tanto di gesto dell’ombrello e pernacchia fuori dal tribunale. Perché sarà andata a finire come al solito. Con interminabili ed estenuanti processi finiti nel nulla e con l’opinione pubblica drogata dai giornalai che si sarà dimenticata del ponte Morandi. Rimarrà giusto il solito gruppetto di famigliari delle vittime con uno striscione in mano a reclamare giustizia fuori da qualche tribunale. Ma quelli sono dettagli. Sono i poveri cristi.

https://infosannio.wordpress.com/2019/12/06/san-benetton-la-prescrizione-e-i-poveri-cristi/?fbclid=IwAR2o1hACj5HtMxBqgXSSxLXOX9irL7JRwnrcH-0mQhxyHYWgb-ujfIzzCU4