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martedì 16 giugno 2020

Roma, blitz contro il clan Casamonica: arresti e sequestri per 20 milioni di euro. - Maria Elena Vincenzi

Roma, blitz contro il clan Casamonica: arresti e sequestri per 20 milioni di euro

Scattata all'alba l'operazione denominata "Noi proteggiamo Roma" come diceva uno di loro intercettato. Decisivo il ruolo di due ex mogli di componenti del clan.

Nuovo colpo ai Casamonica. La Polizia di Stato, su richiesta della Dda di Roma, ha eseguito ieri 20 ordinanze (15 in carcere e 5 ai domiciliari) e un sequestro di prevenzione da 20 milioni di euro ai danni del clan Casamonica. Le accuse sono per tutti di mafia. Una settantina di capi di imputazione, tra cui una trentina di episodi di usura ed estorsione e cinquanta di esercizio abusivo dell’autorità finanziaria. Reati che ai Casamonica garantivano un controllo assoluto del territorio, la Romanina, definito il loro “quartier generale”.

Roma, blitz contro Casamonica: arrestati esponenti del clan e sequestrati beni per 20 milioni di euro.

Dei 4 collaboratori che hanno aiutato un’indagine che ricostruisce 20 anni di storia della famiglia, due sono ex mogli di componenti del clan. Un clan che, come hanno spiegato gli inquirenti è autoctono, tanto da autoproclamarsi difensore di Roma (“Noi proteggiamo Roma”, dice in un’intercettazione Guido Casamonica) dalle mafie straniere, e ha una struttura orizzontale: non esiste un capo dei capi, ma singole famiglie, imparentate e legate da un comune senso di appartenenza.

Due, in particolare, le famiglie finite in questo filone di inchiesta, quelle di Ferruccio Casamonica e di Giuseppe Casamonica, cognati. “È un branco, si aiutano sempre”, ha detto una delle collaboratrici. Il tribunale ha disposto anche un contestuale sequestro da 20 milioni di euro, per i magistrati, il loro patrimonio era alla base del loro potere sul territorio.

Le intercettazioni: "Noi proteggemo Roma".

"Je da fastidio perchè noi proteggemo Roma". A dirlo è Guido Casamonica, figlio del boss Ferruccio, che si lamenta dei provvedimenti giudiziari emessi nei confronti di altri membri del clan della Romanina, periferia della Capitale. Secondo lui - spiegano gli investigatori - l'annientamento del sodalizio è finalizzato a consentire alle organizzazioni forti di mettere le mani sulla città. "Devono far entrare... Devono far entrare... Organizzazioni forti a Roma ecco perchè ce vonno distrugge a noi!! La Camorra e la Ndrangheta". Subito dopo sottoline che la presenza dei Casamonica sul territorio consente di proteggere Roma, sottraendo conseguentemente la città al controllo dei clan camorristici e delle cosche calabresi. "Perchè i Casamonica proteggono Roma ..invece hanno stufato...
i napoletani vonne entrà...la camorra vò entrà a Roma e i calabresi vonno entrà a Roma". E ancora: " "Senti... mo scenno lo sai dove te butto io a te?? mo te darei na bastonata in testa.. te spaccherei la testa!!... le mascelle te romperebbi io!!". A dirlo Ferruccio Casamonica ad una delle sue vittime di usura.

Sequestrate case, ville e società del valore di 20 milioni e 140 conti su vari istituti di credito.

Il Tribunale di Roma ha disposto il sequestro di  7 unità immobiliari site in Roma, tra cui le ville di Via Flavia Demetria 90 e Via Roccabernarda 8, il villino di Via Lunano 25 ed altri siti a Monterosi (VT) e San Cesareo (RM); quote di 5 società di capitali; quote di 1 società di persone; 1 ditta individuale; interi complessi aziendali di cui una stazione di servizio, sita in San Cesareo, e un bar tabacchi, ubicato a Montecompatri (RM); 1 contratto di concessione del godimento di un complesso immobiliare, con diritto di acquisto ai sensi del D.L. 12/9/2014 n. 133 (rent to buy); 140 rapporti finanziari con vari Istituti di credito.
 
Tra i beni immobili sequestratati anche  la villa di via Roccabernarda 8, unico immobile nella roccaforte storica della famiglia Casamonica ancora in possesso del clan, situato nella adiacenze delle due ville di via Roccabernarda n. 15 e n.14/16, già confiscate nel 2009 a Giuseppe Casamonica e destinate dalla Regione Lazio a parco pubblico denominato “Il parco della legalità” e a centro polivalente dell’Associazione nazionale Genitori Soggetti Autistici.


https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/06/16/news/roma_mafia_casamonica-259325872/

sabato 7 dicembre 2019

A chi giova Casamonica star in Tv. - Gaetano Pedullà

Per ogni passo avanti ne facciamo subito due indietro. Ecco come un Paese civile e fantasioso come il nostro è finito nelle retrovie di tutte le classifiche del benessere, dalla cultura (solo il 5% dei giovani studenti capisce quello che legge!) all’economia, alla legalità. Proprio qui siamo fenomeni. Non contenti dei danni che ha fatto e fa la mafia, continuiamo a lisciare il pelo ai criminali, mitizzandoli al cinema e in televisione o invitando gli originali e dintorni nel talk show, con la scusa di fare informazione ma in realtà pensando solo all’audience.
Così a Roma abbiamo appena registrato la condanna in Cassazione per il capofamiglia dei Fasciani, clan di Ostia riconosciuto come mafioso, e ieri Rete4 ha ospitato in un suo programma Luciano Casamonica, cioè uno dei volti più noti della famiglia implicata in ogni genere di attività illecite, proprietario di una delle ville abusive demolite dopo decenni di indulgenza (o connivenza?) della politica comunale.
L’intervistato, va precisato, non è il capo della cosca riconosciuta pure questa mafiosa, di cui è però omonimo e tutt’altro che disposto a prendere le distanze. Non c’è niente di male – si dirà – nell’ascoltare le ragioni di tutti, anche di chi accampa diritti e persino la pretesa dei danni per le ville abusive abbattute, simbolo di un potere che se ne fotte dello Stato. Ma le cose non stanno affatto così. Chi volesse documentarsi sulle malefatte dei Casamonica può accedere a un’infinità di notizie andando semplicemente su Internet.
Pertanto qui il diritto all’informazione non c’entra niente, e offrire una vetrina a questo come ad altri appartenenti a famiglie malavitose serve solo a legittimarli, in cambio di qualche briciola di share. Per quanto possano essere incalzanti i giornalisti (nel caso del figlio di Totò Riina a Porta a Porta Bruno Vespa non lo fu affatto) queste ospitate rafforzano il senso di impunità e di scalata al successo di chi porta cognomi che bastano da soli a mettere paura, mentre isolano chi combatte quei sistemi mafiosi, siano questi magistrati o forze dell’ordine o amministratori pubblici che non scendono a patti col crimine. E la mafia non uccide solo con le pallottole, ma anche con l’isolamento dei suoi nemici.

lunedì 15 aprile 2019

Casamonica, a Roma arrestati 23 membri del clan. Pm: “Continua sfida allo Stato” Vittima: “Non è possibile uscirne vivi”. - Vincenzo Bisbiglia

Casamonica, a Roma arrestati 23 membri del clan. Pm: “Continua sfida allo Stato” Vittima: “Non è possibile uscirne vivi”

Blitz all'alba dei carabinieri del comando provinciale di Roma: tra destinatari delle misure 7 donne e membri delle famiglie Spada e Di Silvio. Sono accusati a vario titolo di diversi reati, in buona parte commessi con l’aggravante del metodo mafioso.

“Una continua sfida allo Stato”, secondo il capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Michele Prestipino. “Impossibile uscirne vivi”, dice Christian, una delle vittime delle estorsioni del clan. Ci sono 18 appartenenti alla famiglia Casamonica, due Spada, un Di Silvio e uno Spinelli fra le 23 persone arrestate  nella nuova operazione, denominata Gramigna bis, che ha portato questa mattina i carabinieri del comando provinciale di Roma a portare un nuovo colpo al noto clan sinti della Capitale. Nel complesso l’inchiesta del procuratore aggiunto Michele Prestipino e del pm Giovanni Musarò vede indagate 32 persone, fra cui un notaio di Roma.

GLI ARRESTATI – La custodia cautelare in carcere è stata disposta per Celeste Casamonica, Consiglio Casamonica, Cosimo Casamonica, Christian Casamonica, Giuseppe Casamonica detto Bitalo, Giuseppe Casamonica detto Monca, Lauretta Casamonica, Liliana Casamonica detta Stefania, Luciano Casamonica (noto alle cronache romane per essersi fatto fotografare nel 2010 con Gianni Alemanno durante di una cena al Baobab alla quale era presente anche Salvatore Buzzi), Massimiliano Casamonica detto Ciufalo, Pasquale Casamonica detto Rocky, Rocco Casamonica, Rosaria Casamonica, Salvatore Casamonica, Gelsomina Di Silvio, Emanuele Proietto, Alizzio Spada e Ottavio Spada detto ‘Cicciollo’, Vincenzo Spinelli. Nel corso delle perquisizioni odierne, inoltre, sono stati rinvenuti e sequestrati denaro contante, gioielli e 14 orologi di lusso per un valore stimato di oltre 150.000 euro.

IL BLITZ ALL’ALBA – Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, spaccio di stupefacenti. Reati in buona parte commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Come detto, le indagini che hanno portato al blitz di questa mattina sono la prosecuzione dell’operazione ‘Gramigna’ che la scorsa estate fece scattare misure nei confronti di altri 37 appartenenti al clan. Le ulteriori 23 misure cautelari sono state emesse dal gip di Roma su richiesta della procura di Roma: il blitz è scattato all’alba e ha coinvolto circa 150 carabinieri con unità cinofile e del personale dell’ottavo reggimento Lazio. Perquisizioni e arresti sono stati effettuati nella Capitale, ma anche in provincia e in altre regioni italiane.
LA “SFIDA ALLO STATO” – “E’ sufficiente leggere gli accertamenti patrimoniali e reddituali” per “rendersi conto che praticamente tutti gli indagati, ad eccezione di Emanuele Proietto, risultano sostanzialmente privi di redditi”. Nell’atto viene menzionata una nota dei carabinieri del 2 gennaio scorso, in cui viene ricostruita la vicenda che ha come responsabile “Asia Sara Casamonica (per la quale il gip ha disposto l’obbligo di dimora a Grottaferrata per violazione della normativa antimafia, ndr) convivente dell’indagato Emanuele Casamonica”. Il giudice specifica che l’abitazione era “da anni oggetto di confisca definitiva e che era stata sgomberata solo il 17 settembre 2018″ e che “un tempo era di proprietà del boss Giuseppe Casamonica e che Asia Sara Casamonica ha occupato, allacciando anche le utenze telefoniche e forzando la serratura, nuovamente al chiaro fine di consentire al nucleo familiare del boss di riappropriarsene, dando anche un segnale all’istituzioni” come “una sfida allo Stato”.

I FATTI DI PIAZZALE CLODIO – E non è tutto. Due esponenti della famiglia Casamonica cercarono di intimidire in Tribunale una parte offesa coinvolta nel processo a carico di Pasquale Casamonica. In particolare, una nota del 23 giugno 2017 del commissariato Viminale comunicava di quanto accaduto una settimana prima quando, in occasione in un incidente probatorio nel processo a carico di Pasquale Casamonica, una parte offesa era stata “avvicinata dagli indagati Consiglio Casamonica, detto Simone, e Liliana Casamonica detta Stefania, rispettivamente cugino e sorella di Pasquale, i quali gli dicevano che avrebbe dovuto ‘far uscire Pasquale’, o meglio, da intendersi tale ordine di ritrattare le dichiarazioni accusatorie precedentemente rese”. Il gip aggiunge che “sappiamo come l’udienza con le forme dell’incidente probatorio non sia pubblica. Appare, quindi, evidente come la presenza dei due Casamonica, nei locali del Tribunale di piazzale Clodio, si spieghi esclusivamente con la finalità di avvicinare e intimidire la persona offesa al fine di indurla a ritrattare le precedenti accuse”. Per giudice questa condotta è “in sostanza una conferma del metodo mafioso”.
IL RACCONTO DI CHRISTIAN: “NON E’ POSSIBILE USCIRNE VIVI” –  “Dei Casamonica e dei loro illeciti comportamenti in forma associata o singola, ma contando sulla forza di intimidazione del gruppo, le persone hanno paura”. Buona parte dell’ordinanza cautelare del gip Gaspare Sturzo nell’ambito della operazione ‘Gramigna bis’ si fonda sui racconti fatti agli inquirenti, e per certi aspetti anche drammatici, da un commerciale di una importante attività a Roma, finito nelle mani del clan. “I Casamonica oggi – ha fatto mettere a verbale la vittima – non fanno più usura con le minacce perché sanno di poter essere intercettati o di essere denunciati. Sono tutti collegati fra loro. Fanno bene i giornali a definirlo un clan. E vi ripeto non sono uno sprovveduto, faccio il commerciante da una vita e di furbetti ne ho trattati tanti ma vi ripeto loro sono degli abili soggiogatori. Vi dico anche cosa fanno per farti avere timore: ti fanno assistere a delle scene di scazzottate tra loro, anche con l’uso di armi, per farti capire che possono essere anche violenti. Una di queste scene l’ho vissuta personalmente ed ho già riferito nel corso delle indagini che vi ho accennato in premessa e mi hanno visto vittima di usura ed estorsione. Questa è la tecnica, credetemi. Non è possibile uscirne vivi. Ultimamente sono arrivato al punto di fare cattivi pensieri relativamente alla mia vita”

VIRGINIA RAGGI: “RIPRISTINO LEGALITA’” – Un’operazione “di ripristino della legalità” per la quale un “ringraziamento sentito va agli uomini del comando provinciale dei carabinieri e ai magistrati della Procura di Roma per il loro lavoro importantissimo”. Così la sindaca di Roma Virginia Raggi commenta su Facebook, ribadendo il “grazie a nome di tutta la città” e sottolineando che “la reazione dello Stato c’è“. “Un duro colpo ad uno dei clan mafiosi più pervasivi e più sottovalutati che esistono nella capitale d’Italia. Troppe volte si è sottovalutato il gruppo dei Casamonica, derubricandoli a piccolo fenomeno criminale. Usura, spaccio, intestazione di beni fittizi e violenza sono mafia e va ribadito. Roma sta reagendo e ribadendo che la città vuole essere libera e vivere nella legalità”, sottolinea Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia.

lunedì 31 luglio 2017

Ater, cronaca di una crisi annunciata. Tra case in cambio di voti e affari dei clan, il 51% degli affitti non viene pagato. - Vincenzo Bisbiglia

Ater, cronaca di una crisi annunciata. Tra case in cambio di voti e affari dei clan, il 51% degli affitti non viene pagato

L’azienda regionale che gestisce le case popolari nella Capitale rischia il fallimento. Che potrebbe sfociare in un'ondata di sfratti. Colpa del maxi debito accumulato negli anni causa incassi mancati, canoni fermi a pochi euro al mese e tentativi di vendita delle abitazioni falliti. Per non parlare degli interessi criminali (nei quartieri di sud-est il cognome di oltre 40 assegnatari è Casamonica) e degli inquilini facoltosi che sfuggono ai controlli.

“Il problema di Ater? Pensa ancora di essere Iacp”. Tradotto: una società di diritto privato – seppure a capitale totalmente pubblico – che si comporta ancora come un istituto assistenziale del secolo scorso. E’ probabile che questa spiegazione, ricorrente fra i sindacati degli inquilini, possa riassumere in un colpo solo i mali endemici che hanno colpito l’Ater di Roma, l’azienda regionale che gestisce le case popolari nella Capitale, fino a spingerla in queste ore sull’orlo di un drammatico fallimento, non ancora scongiurato dall’intervento straordinario di garanzia operato dal suo socio unico, la Regione Lazio. Per i suoi 48.426 alloggi la società – commissariata dal dicembre 2015 – incassa esattamente la metà degli affitti dovuti (48,91% l’ultimo dato aggiornato), non riesce a vendere gli immobili che mette all’asta (sebbene i prezzi siano anche 5 volte più bassi di quelli di mercato) e conta una percentuale di inquilini “senza titolo” o “abusivi” pari a circa il 60% del totale, fenomeno in cui negli anni si sono insinuate le classiche clientele politiche e gli affari di clan criminali come i Casamonica e gli Spada.
MOROSITA’ E CORTE DEI CONTI.Il dato che salta maggiormente all’occhio è quello della morosità. I numeri ufficiali relativi al bilancio 2015 – quelli del 2016 non sono ancora disponibili – parlano di canoni non incassati per il 51,08%. Tradotto in denaro, a fronte di bollette emesse per 78,9 milioni di euro, gli inquilini corrispondono regolarmente appena 38,6 milioni, ben 40,3 milioni di differenza: in 10 anni sarebbero oltre 400 milioni persi per strada. 
I più indisciplinati sono i cosiddetti “occupanti senza titolo”, cioè chi non avrebbe diritto ad abitare quegli alloggi per motivi reddituali o per mancato rispetto delle graduatorie: ogni anno non versano nelle casse Ater ben 28,4 milioni contro i 34,8 milioni emessi in bolletta (84%). Più sostenibile, si fa per dire, la morosità degli utenti regolari (6,1 milioni, il 20,76%) mentre anche coloro che sono “in attesa di regolarizzazione” non pagano canoni per 4,9 milioni l’anno (41,21%). “Tra l’altro l’azienda – spiega Guido Lanciano, segretario dell’Unione Inquilini – ha la pessima abitudine di inserire in bolletta canone e utenze condominiali, per cui i morosi abituali finiscono per non pagare ne’ l’uno ne’ le altre”. Non solo. Sempre nel 2015, il tentativo di “aggredire le morosità” pregresse è miseramente fallito: su un importo di 25,3 milioni ne sono stati recuperati appena 2,3 milioni, più 4 milioni rateizzati. Uno “scandalo” che ha spinto il procuratore regionale della Corte dei ContiGuido Patti, a portare sotto processo contabile ben 20 fra i dirigenti che si sono alternati ai posti di comando dell’ente fra il 2011 e il 2015, contestando loro un presunto danno erariale di ben 24,6 milioni di euro (sarebbero state spedite soltanto 844 diffide contro le 5.486 posizioni critiche): soldi che i manager in caso di condanna potrebbero essere costretti a pagare di tasca loro
DIATRIBA SUI CANONI.Altro tema è quello dell’importo dei canoni. E’ opinione comune che la quota degli affitti fissati dalla Regione Lazio sia troppo bassa. Gli assegnatari più indigenti, infatti, corrispondono l’importo minimo di 7,75 euro, la traduzione delle vecchie 15.000 lire previste da una legge regionale risalente al 1987. Da allora i canoni non sono stati più aggiornati. Un alloggio medio fra quelli presenti nel patrimonio Ater misura circa 75 metri quadri, mentre il canone mensile medio è di 128 euro, valori validi anche per quartieri romani oggi di pregio come Monti (zona Colosseo), San Saba e Trastevere. Da un confronto fra i ricavi da canoni Erp e i valori di mercato (dati dell’Osservatorio immobiliare) si evince sulla città di Roma una “perdita/utilità sociale” di circa 280 milioni di euro. “Da tempo proponiamo di elevare il canone del 20-25% – sottolinea ancora Lanciano – fattore che consentirebbe all’azienda di respirare. Per i più indigenti non cambierebbe molto spendere 7,75 o 10 euro al mese”.
VENDITE FALLITE.
In una concezione moderna, l’obiettivo finale di un’azienda che gestisce l’edilizia residenziale pubblica dovrebbe essere la vendita: costruisco (o rigenero) e assegno con l’obiettivo di portare la famiglia in graduatoria all’acquisto dell’alloggio. Un meccanismo virtuoso che in Ater Roma non è mai iniziato. “Qui siamo fermi a Petroselli – ricorda Nicola Galloro, consigliere capitolino di centrosinistra ai tempi di Walter Veltroni – quando si toglievano i poveracci dalle baracche e si dava loro un tetto. Una grande stagione, fondamentale per la città, ma ora i tempi sono cambiati: le famiglie vanno aiutate ad emanciparsi”. Dunque, a un certo punto, l’Ater dovrebbe vendere, per monetizzare e tornare a investire. Eppure non ci riesce, nonostante i prezzi fissati siano a dir poco concorrenziali: in media appena 61.000 euro, quanto un privato chiede per un box auto in periferia. Basti pensare che nel 2015 l’azienda è riuscita ad “alienare” solo 283 alloggi, per un incasso di appena 17,2 milioni di euro e anche l’ultima maxi-vendita voluta dalla gestione commissariale è terminata con la cessione di 8 locali e 2 aree di proprietà. Si legge candidamente sulla relazione allegata al bilancio: “I quartieri in lavorazione presentano problematiche di tipo tecnico-catastale”, mentre “i reiterati tentativi di completare le vendite nei condomini costituiti non hanno dato i risultati sperati, trattandosi per lo più di utenza che non ha mostrato interesse all’acquisto’.
CAOS ICI E DEBITI
Il caos generato da anni di “gestioni allegre” e problematiche sociali non semplici da affrontare ha portato all’attuale, drammatica, situazione contabile. Ater Roma ad oggi conta debiti per 1 miliardo e 448 milioni di euro. Il cappio al collo è rappresentato dai 543 milioni di euro dovuti a Equitalia, che grazie alla rottamazionedel debito potrebbero scendere a quota 280 milioni. Ma Ater deve versare entro la mezzanotte del 31 luglio la prima rata da 65 milioni. In pratica, l’azienda non ha mai pagato (dal 2000 a oggi) Ici e Imu, sperando che il governo approvasse una legge che la esentasse, provvedimento che non e’ mai arrivato. “E’ un po’ iniquo – afferma ancora Lanciano – che si debba pagare la tassa sulla casa popolare e il costruttore che ha un alloggio sfitto non debba versare un euro”. Ma non è l’unica voce passiva a preoccupare chi gestisce i conti. Ci sono anche 734 milioni relativi alla “gestione speciale per opere in corso di realizzazione”: in pratica sono soldi prestati dal Comitato Edilizia Pubblica che sarebbero dovuti servire per costruire nuovi alloggi popolari e “opere di urbanizzazione socialmente rilevanti” ma che nel corso degli anni sono stati utilizzati nella spesa corrente come liquidità.
FATTORE CLAN E CRIMINALITA’
Naturalmente, per analizzare a dovere la questione Ater, non si può far riferimento solo alla lettura dei bilanci e alle analisi economiche. L’edilizia residenziale a Roma, infatti, è da decenni preda delle organizzazioni criminali della capitale, le quali – al netto delle singole illegalità – hanno dato vita a un vero e proprio mercato nero degli alloggi. Basti pensare all’operazione “Sub Urbe”, grazie alla quale la Dda di Roma sgominò una parte degli affari del clan Spada a Ostia, protagonista di sfratti “coatti”, usura e traffico di alloggi. Situazione simile a quella che si vive nei quartieri a sud-est di Roma, dove il cognome di oltre 40 assegnatari è Casamonica e il prezzo è quasi sempre quello base di 7,75 euro. Secondo i rapporti della Polizia Locale – che negli anni ha indagato e provare ad arginare i fenomeni di illegalità – gli interessi degli “zingari” (Casamonica, ma anche Spada e Di Silvio) si incrociano con i “napoletani”, varie famiglie camorristiche fuggite dalle faide anni ’80 e ’90 all’ombra del Vesuvio e stabilitesi nella periferia romana. “Non mi stupirei se trovassi qualcuno dei Casamonica in case da sessanta metri quadrati e con la Ferrari in garage”, affermava beffardo qualche anno fa l’attuale deputato Pd Stefano Esposito. Secondo la Guardia di Finanza, il “traffico di alloggi” nella Capitale si aggira sui 1.500 appartamenti.
LA POLITICA E GLI INQUILINI “FACOLTOSI”Ma non è solo questione di criminalità. Anche (o soprattutto) la politica, negli ultimi decenni e con tutti i colori politici, ha sguazzato nel far west delle case popolari a Roma. D’altronde il tetto – insieme al lavoro – è da sempre merce di scambio elettorale, specie fra le classi meno abbienti. “Sindacati e politica – denuncia a IlFatto.it Annamaria Addante, voce storica dell’Associazione Inquilini e Proprietari Ater – si sono spartiti da sempre la torta. Per anni ho denunciato i funzionari che hanno portato avanti il business delle occupazioni: davano le dritte per sfondare, poi prendevano mazzette e voti”. E nelle case ci finivano anche vip e personaggi “facoltosi”. Celebre il caso del quartiere San Saba, una delle zone più affascinanti del centro capitolino, dove un tempo furono costruiti alloggi destinati alle famiglie dei ferrovieri. Oggi, in quelle case popolari – è la stessa Ater a dirlo – ci vivono decine di avvocatimedicidiplomatici, professionisti e familiari di politici, i quali puntualmente, all’arrivo dei controlli, non si fanno trovare in casa. Celebre il caso dell’ex marito di Renata PolveriniMassimo Cavicchioli, venuto alla luce poco le elezioni regionali del 2010: l’uomo, esperto informatico ed ex sindacalista, venne sfrattato nel 2014 dalla casa in cui era nato e che aveva “ereditato” dalla madre scomparsa, ma che aveva anche più volte subaffittato.
COSA ACCADE SE FALLISCEIl quadro, dunque, è questo. Ma cosa accade se Ater fallisce (oggi o fra qualche mese)? La prima conseguenza è quella comune a tutte le aziende in default: si blocca il pagamento degli stipendi (circa 460 persone) e delle fatture ai fornitori, creando un primo serio problema all’amministrazione regionale. C’è però dell’altro. Se il socio unico (la Regione Lazio) non ripianasse i debiti e, in pratica, internalizzasse la struttura, ai creditori potrebbe essere consentito di aggredirne il patrimonio, prendendo in custodia i quasi 50.000 immobili e, attraverso il curatore fallimentare, procedere alla vendita. A quel punto, non ci sarebbe alcuno spazio per la trattativa politica: indigenti o no, regolari o no, agli inquilini potrebbe essere concessa una prelazione (a prezzi di mercato), la cui alternativa sarebbe solo la vendita all’esterno e, quindi, lo sfratto. Con conseguente disastro sociale.

martedì 25 agosto 2015

Ai Casamonica 40 case del Comune. Campidoglio: "Verifiche a tappeto, dobbiamo reagire"- Gabriele Isman

Una delle case popolari nel quartiere romano di Spianceto dove abitano famiglie Casamonica
Una delle case popolari nel quartiere romano di Spianceto dove abitano famiglie Casamonica

Esposito promette: "Entro 15 giorni controlli sugli affitti dati a tutti gli appartenenti alla famiglia".

"I Casamonica hanno in affitto una quarantina di appartamenti del Comune". Stefano Esposito, assessore di Roma Capitale alla Mobilità, per ora parla di informazioni, ma vuole vederci chiaro. "Appena ho saputo queste notizie, ho chiamato subito il vicesindaco Causi e l'assessore Sabella: siamo tutti d'accordo. Da lunedì cominceremo le verifiche: sarà la guerra totale del Campidoglio ai Casamonica". Esposito non rivela la fonte di queste notizie: "Posso dire che alcuni appartamenti sarebbero al Pigneto. I Casamonica non sono soltanto quelli che hanno precedenti penali: sono migliaia di persone. Dobbiamo scoprire di tutti dove vivono, cosa fanno, a partire dalla loro sala scommesse a 4 piani. Finché tratteremo i Casamonica, ma anche gli Spada e i Fasciani, come semplici delinquenti di strada, sbaglieremo. Sono veri e propri clan criminali collegati alle famiglie mafiose di più alto lignaggio. La disattenzione è la loro fortuna".

La delega alla Casa è dell'assessore Danese "e per questo - dice ancora Esposito - è finita sotto scorta. Sta facendo un lavoro egregio in una materia sterminata come il patrimonio di Roma Capitale. Ma di fronte a quanto avvenuto e di fronte alle speculazioni della destra e dei grillini che attaccano Marino, bisogna reagire celermente. Questa giunta sta pagando un prezzo altissimo per aver messo le mani negli ingranaggi consolidati di questa città". Esposito fissa anche i tempi degli accertamenti: "Entro i prossimi 15 giorni dobbiamo sapere tutto di tutti i Casamonica e dei loro rapporti con il Campidoglio, dei Casamonica ricchi e di quelli finti poveri".

E non manca un pizzico di autocritica: "La giunta Marino fa un sacco di lavoro, ma per la complessità dell'impegno arriva un minuto dopo le polemiche. Arriviamo prima per una volta. È una giunta di secchioni da 110 e lode: occorre qualcuno pronto a dare schiaffi, se necessario. E dobbiamo essere più reattivi". Arriva il momento dell'orgoglio: "Noi siamo una giunta di legalità. Diamo una risposta ai grillini, a questa destra che nei cinque anni di Alemanno ha reso la città il luogo delle opportunità delle bande criminalità".

Un richiamo alla responsabilità, eppure il sindaco è in vacanza da una settimana, e la sua assenza diventa un'altra arma per chi lo attacca: "Mi ha detto che aveva bisogno di riposare 10 giorni, noncredo sia un reato, e Causi è un ottimo vicesindaco".

Rossella Matarazzo, come delegata alla Sicurezza, lunedì alle 15.30 parteciperà al Comitato per l'Ordine e la sicurezza convocato dal prefetto Gabrielli sul tema Casamonica. "Ma la vicenda dei funerali - dice ancora Esposito - non riguarda il Comune. Il Campidoglio non ha responsabilità di pubblica sicurezza e anche questa storia dei vigili che hanno scortato il corteo è l'ennesimo tentativo squallido di attaccare Marino a cui bisogna reagire. La polizia locale ha fatto il proprio dovere: evitare che il traffico impazzisse".

Esposito promette che il Campidoglio andrà in fondo alla guerra totale ai Casamonica: "Scopriamo anche chi gli ha dato le case e chi negli anni non gliele ha tolte. Se ci sono nostre responsabilità, ce le assumeremo".


http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/08/23/news/_ai_casamonica_40_case_del_comune_dobbiamo_reagire_-121439765/?ref=fbpr


I Casamonica che pagano 7,75 euro per un appartamento «popolare». - Ilaria Sacchettoni

Il caso di Angelina: oltre 32 mila euro di debiti in affitti arretrati. Sulla soglia la capofamiglia Celeste sorride: «Il funerale? Io non ci sono andata...»

Un Casamonica di ultima generazione, pannolone e ciuccio in bocca, apre la porta e ci scruta. Subito ne arriva un altro, poco più spettinato e almeno altrettanto perplesso. 
Roma Sud, quartiere Spinaceto. Quello di Caro Diario («Spinaceto? Credevo peggio..»). Nanni Moretti, si vede, non era venuto in via Salvatore Lorizzo, svuotati nei servizi e nel decoro. Pulsantiere degli ascensori sfondate, cassette della posta dalle lamiere piegate. Un’enclave pubblica (sono case dell’Agenzia territoriale del Lazio) dei Di Silvio, Sulejmanovic e Ciaglia, imparentati a «Re» Vittorio. 
È qui che vivono Liliana e Marilena Di Silvio, assieme a nonna Celeste, ristretta ad un’autorevole invalidità sulla nuova sedia a rotelle: «Non c’entriamo co’ Vittorio - precisa subito lei -. Lui era un altro ramo della famiglia. Il funerale? Non sono andata». Icone di Padre Pio, barbuto e benevolo, spiccano alle pareti. 
In origine questo appartamento era stato assegnato ad Angelina Casamonica, cugina di Vittorio, pare, ma la prova non c’è. Angelina, comunque, dichiarava reddito zero. Nel suo caso l’Ater aveva applicato il canone sociale. Sette euro e settantacinque centesimi al mese. Morta anni fa, la donna si è portata debiti e penalità relative nella tomba. Le sue eredi, Marilena e Liliana Di Silvio, devono all’Ater del Lazio 32. 272,07 euro d’affitto con tanto di penali arretrate. 
Domandiamo, allora, se lo sanno e se, a loro volta, sono altrettanto «saltuarie» nei pagamenti: «Vivo qui da vent’anni... - dice la più giovane, Liliana, alta e formosa - Dipende. L’ultima volta mi sono arrivati 700 euro! Quelli non li ho pagati» Marilena tace. I debiti si accumulano una generazione sull’altra. 
Non solo Porsche e villette dai fregi dorati: ci sono Casamonica negli alloggi pubblici regionali e nelle case popolari del Campidoglio. Paradosso: in una città che vanta circa ventimila occupazioni abusive, i Casamonica sono quasi sempre in regola. A loro l’appartamento è stato assegnato decenni fa e qui, nella periferia sud di Roma, c’erano già negli anni Ottanta. 
Qui il canone d’affitto si calcola in base al reddito dichiarato, anche quando (spesso) le dichiarazioni sbagliano per difetto. Anche i canoni degli affiliati ai clan sembrano destinati a una rivalutazione. Ma sarà applicata? Si dirà che l’Ater fatica a riscuotere sempre, figurarsi con i clan. Per anni nessuno ha messo a confronto le dichiarazioni degli inquilini con altri indicatori, finché, un paio di anni fa, il sommerso affiorò in tutto il suo iperbolico oltraggio e si scoprì un inquilino Ater, a reddito sociale, proprietario di un cabinato a motore, ormeggiato a Fiumicino. 
Ed ecco perché ora, dopo le esequie-scandalo, il Campidoglio che ha l’ultima parola sulle assegnazioni, ha reso noto che, da mesi, sono in corso verifiche sul reddito degli assegnatari. 
Ma intanto: Antonio Casamonica, inquilino di un appartamento ad altra scala di via Lorizzo, dichiara 5.726 euro l’anno e dunque paga un canone sociale di 7,65 euro che versa «puntualmente» assicurano all’Ater. Giuseppe Casamonica, invece, ne dichiara 21 mila l’anno e perciò paga cento euro mensili di affitto. Giulia Spinelli, capofamiglia, mamma di Dante e Giovinella Casamonica, si è aggiudicata un appartamento in via Giova Battista Scozza, nei pressi di Centocelle. Anche qui canone minimo a fronte del reddito minimo dichiarato. 
Le occupazioni abusive dei Casamonica sono davvero episodiche. Se il clan impiega la forza nelle attività di riscossione dei debiti, almeno non sfonda le serrature. All’Ater risultano solo un paio di abusivi del clan. In futuro, forse, sanando il dovuto, potranno mettersi in regola. Non è il caso di fare gli schizzinosi: le casse comunali piangono, perché rifiutare il dovuto da un presunto boss? 
Tornando a Spinaceto, sui citofoni, c’è un pezzo di genealogia dei clan romani. Casamonica. Spinelli. Di Silvio. Uno Spada, apparentemente fuori dal suo raggio d’azione (il litorale: gli Spada sono i primi alleati dei Fasciani a Ostia). 
I Di Silvio invece appartengono al ramo Casamonica più preso di mira dall’Antimafia. Molti di loro furono condannati per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio nel maxiprocesso del 2013 ma la sentenza fu smantellata un anno fa dalla Corte d’appello che ne prosciolse 11 e restituì i beni confiscati. Ora, nell’enclave dell’Ater, non hanno nulla da temere, fuorché i guasti agli ascensori che, di quando in quando, li lasciano a piedi.