martedì 14 maggio 2019

Konrad Krajewski.

Risultati immagini per Konrad Krajewski in motore senza casco

il cardinale Konrad Krajewski, va via guidando il vespino, anche se senza casco.

Quest'uomo non ama rispettare le leggi.

Chiesa e Stato? Dare a Cesare è l’unica garanzia di legalità. - Carlo Nordio




Quando, alcuni mesi fa, scrivemmo su queste pagine che l’iniziativa di alcuni sindaci di violare le leggi in materia di immigrazione costituiva un pericoloso precedente per la certezza del diritto e per la stessa credibilità dello Stato, mai avremmo immaginato di ricevere una così stupefacente e dolorosa conferma in termini assai più gravi e con conseguenze ben più laceranti. Perché il gesto del Cardinale Krajewski è così nuovo e inatteso da lasciare quasi senza parole.
Tuttavia, superati i primi attimi di sgomento, possiamo provare a delinearne le caratteristiche e immaginarne gli effetti. Naturalmente spetterà alla magistratura ricostruire la vicenda, definendo l’eventuale reato e la connessa procedibilità. Ma, indipendentemente dall’aspetto penale, il comportamento del porporato costituisce una flagrante violazione di legge. E fin qui potremmo inserirlo in quel pericoloso indirizzo, di anteporre alle norme vigenti i propri convincimenti morali, che ha ispirato il sindaco di Riace e i suoi – per fortuna pochi – colleghi.
Ma Krajewski non è un sindaco, e nemmeno un parroco di campagna. In quanto cardinale residente a Roma, nonché elemosiniere del Papa, è a tutti gli effetti cittadino dello Stato Vaticano.
Uno Stato eretto con il Trattato tra la Santa Sede e Mussolini nel 1929, a seguito del quale è stato riconosciuta a questo nuovo soggetto non solo la sovranità, ma una serie di privilegi di cui non godono le altre Nazioni. E’ noto che, a fronte del plauso rivolto dalla Chiesa all’“uomo della Provvidenza” ( ma non si era detto che il Duce non aveva mai fatto niente di buono?) molti laici, a cominciare da Benedetto Croce, si opposero a questa sorta di compromesso confessionale che, tra polemiche anche più accese, fu confermato dagli articoli 7 e 8 della nostra Costituzione. Ma quale che sia il giudizio su questa scelta adottata per garantire – come si disse – la pace religiosa, è certo che il Vaticano continua a godere di prerogative del tutto originali cui corrisponde, o dovrebbe corrispondere, una particolare sensibilità verso le nostre istituzioni. Sensibilità che ora è stata grossolanamente smentita.
Non vi è, ovviamente, alcuna scusante etica per questa deplorevole violazione. Pare infatti che l’agile elemosiniere si sia addirittura calato nella buca per togliere i sigilli. Ora, se avesse voluto soccorrere gli occupanti abusivi che avevano accumulato trecentomila euro di bollette, avrebbe avuto varie opzioni non solo più corrette, ma anche più durature e meno pericolose per la sua incolumità: da quella più ovvia di offrirsi personalmente di saldare il conto, a quella ancora più encomiabile di fornire evangelico riparo nei vari immobili di cui il Vaticano dispone. Questa banale osservazione non ha nulla di anticlericale. Al contrario, esprime l’amara preoccupazione che possa riemergere quel conflitto, che periodicamente spinge i laici più intransigenti ad “allargare il Tevere” sino a renderlo un invalicabile oceano.
Ed è questo il punto più grave della questione. Se il Vaticano smentirà senza riserve l’operato del suo funambolico cittadino, la questione potrà dirsi politicamente chiusa, anche se resterà il disastroso precedente, ben più serio di quello dei nostri soccorrevoli sindaci. 
Se invece dovesse solo sorgere sospetto che il gesto del presule non è stato un ispirato momento di esaltazione coribantica, ma un ‘iniziativa concordata o approvata altrove, il nostro Stato dovrà prenderne atto, perché una sua inerzia supina suonerebbe come un’ intollerabile ammissione di codarda subalternità. E allora quegli argini di legalità che erano stati già minati dal buonismo dei sindaci crollerebbero del tutto, facendo dilagare le più bizzarre e funeste iniziative giustificate, si fa per dire, dalle più singolari e opinabili invocazioni solidaristiche. E il principio evangelico del “Date a Cesare quel che è di Cesare ”, finora felicemente coniugato con quello altrettanto saggio della “Libera Chiesa in libero Stato” sarebbero travolti da un logorante conflitto di cui proprio non si sente il bisogno.

Conflitto di interessi, salta il divieto per i ricchi. - Luca De Carolis



INCOMINCIA IL SUO ITER LA NORMA VOLUTA DAI 5 STELLE. DI MAIO, ALLA FINE, TOGLIE IL TETTO DEI 10 MILIONI DI PATRIMONIO PER CHI GOVERNA.


Quella tagliola per chi possiede patrimoni mobiliari o immobiliari sopra ai dieci milioni di euro era certamente incostituzionale, gli hanno spiegato. Ma soprattutto avrebbe irritato tanti imprenditori e in generale l’alta borghesia, attirando sul Movimento l’accusa di essere pauperisti e fomentatori dell’odio sociale. Un problema, soprattutto al Nord, dove già il M5S non vanta percentuali da primato, e dove il reddito di cittadinanza conta diversi avversari. Così ieri Luigi Di Maio ha abiurato. E ha fatto togliere dalla proposta di legge sul conflitto d’interessi, che oggi verrà calendarizzata in commissione Affari costituzionali alla Camera, il riferimento ai più ricchi, quelli con patrimoni da dieci milioni in su.
E in serata lo ha annunciato lui stesso a Quarta Repubblica: “La norma sui 10 milioni di euro non c’è, è un’indiscrezione che non troverete nella legge”. E chissà che ne pensa Silvio Berlusconi, a tutt’oggi la prima, possibile vittima del provvedimento, che proprio ieri sera aveva battuto un colpo in tv a Povera Patria: “Non sono preoccupato della legge sul conflitto di interessi perché se non ci pensa la Lega, ci penserà la Corte costituzionale a fermarla. Non sono affatto preoccupato”. E sono sillabe che testimoniano il contrario, ossia l’irritazione del capo di Forza Italia, che ascolta minacce di norme apposite da quando discese in politica nel 1994: e ogni volta si sono dimostrate chiacchiere. Oltre 25 anni dopo, il M5S giura di voler fare sul serio con la proposta di legge che ha come prima firmataria la deputata Anna Macina. E la norma cardine è l’articolo 5, quello che stabilisce come qualsiasi titolare di cariche di governo nazionali o locali, compresi i presidenti delle Authority, “si trovi in una condizione di conflitto d’interessi qualora sia proprietario, possessore o abbia la disponibilità di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale” di società o imprese che “svolgono la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle Regioni o dagli enti locali” o che operino “nei settori della radiotelevisione e dell’editoria o della diffusione tramite Internet”. E il conflitto scatta anche se le società elencate sono riferibili al coniuge o a parenti o affini entro “il 2° grado”, nonchè a persone “conviventi stabilmente”. Questa in pillole la proposta del Movimento, depositata in commissione insieme a una sulle incompatibilità parlamentari a prima firma di Fabiana Dadone. Sul conflitto d’interessi c’è anche una proposta del Pd. Però la domanda resta sempre quella, cosa ne pensi la Lega, tenuto conto anche che una nuova normativa sul conflitto d’interessi è prevista anche dal contratto di governo tra Carroccio e 5Stelle. E Matteo Salvini continua a mostrarsi quanto mai gelido: “L’unica vera emergenza è il lavoro: di tutto il resto si può parlare, ma prima bisogna aiutare chi assume”.
Però è quanto mai improbabile che oggi la Lega faccia storie in commissione. Piuttosto qualche problema il Movimento ce l’ha in casa propria, visto che il conflitto d’interessi fa riemergere i dissidenti, pochi ma combattivi alla Camera. Al punto da minacciare un emendamento alla legge che tira in ballo nientemeno che la Casaleggio Associati, ossia l’azienda di Davide Casaleggio, patron della piattaforma web del M5S Rousseau. Così ecco Gloria Vizzini: “Bisogna vedere se il conflitto di interessi coinvolga Casaleggio, un privato che influenza le decisioni di un gruppo parlamentare e gestisce una piattaforma web che determina le scelte dei parlamentari”. E a Radio Cusano Campus morde anche la senatrice Elena Fattori: “Abbiamo una piattaforma che decide le sorti del Parlamento, detenuta da una srl privata”. Prosit.
Alla Vizzini ed alla Fattori io rispondo così:
Davide Casaleggio, intanto, non è in politica, e questo è un fatto. 
Inoltre, in Italia, chiunque possieda una piattaforma virtuale può liberamente metterla a disposizione di chi ne vuole usufruire. Siamo in  democrazia, non dimentichiamolo, e non confondiamo il conflitto di interessi con la commercializzazione di un qualsiasi prodotto che sia virtuale o concreto. Mi pare che si stia facendo troppa confusione in materia. 
C.

LA FINANZA AL POSTO DELLO STATO NAZIONE ?? - Rosanna Spadini

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Come certificato da un’ampia indagine di Ipsos in quattordici Paesi, sembra che come al solito siamo primi nella «distorsione percettiva» o «più banalmente nell’indice di ignoranza», forse perché i media padronali si preoccupano di distorcere la cruda realtà agli occhi dei poveri teledipendenti, al fine di difendere gli interessi dei loro padroni: potentati d'interesse, banKsters, finanza internazionale. L'intento è proprio quello di superare gli Stati Nazione e inglobarli in quell'organismo sovranazionale antidemocratico che si chiama UE. L’idea è quella che la grande finanza, che già controlla l’industria attraverso le banche, debba prendere il posto delle nazioni. Nella nuova fase del capitalismo finanziario, il neoliberismo intende distruggere lo Stato nazionale, distruggere il concetto di patria e di nazione. Coloro che difendono il concetto di nazione sono definiti fascisti, nazionalisti, guerrafondai, e additati come perversi nostalgici... 

Il progetto neoliberista esige questa internazionalizzazione della storia, pretende di cancellare Ia storia nazionale e farla diventare internazionale, pretende di cancellare Ie frontiere culturali, e mischiarle nel calderone del melting pot contemporaneo. Tutto chiaramente logico, dato che il capitale finanziario possiede solo dei numeri, dei conti bancari, dei tassi d'interesse, crediti, addebiti, etc... quindi di patria, stato, nazione, cultura che se ne fa ?? 


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La lente capace di aumentare la vista di tre volte.



Per zoomare basta fare l’occhiolino una volta. Assurdo? Con le lenti a contatto telescopiche sarà possibile farlo.

Queste lenti consentono a chi le indossa di passare dalla visione normale a quella ingrandita, aumentando la vista di 3 volte. L’ultimo prototipo, presentato all’AAAS Annual Meeting a San Josè, in California, potrebbe un giorno aiutare le persone con disabilità visive a recuperare pienamente la vista.

Le lenti potrebbero essere particolarmente utili per le persone con degenerazione maculare, problema che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Una condizione debilitante in cui le persone perdono gradualmente la visione centrale.

Sviluppato da un team guidato da Eric Tremblay, presso l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna, la lente a contatto rigida copre la sclera, o il bianco degli occhi, rendendola più grande. Al suo interno ci sono piccoli specchi di alluminio, disposti in un anello attorno al centro. Quando la luce fluisce attraverso, gli specchi fanno apparire gli oggetti 2,8 volte più grandi di quanto non siano realmente.

Per passare dalla visualizzazione ingrandita a quella normale, gli obiettivi, per ora, devono essere indossati con un paio di occhiali elettronici. Un occhiolino con un occhio fa passare gli occhiali alla modalità ingrandita. Strizzando l’occhio con l’altro occhio, l’impostazione torna normale.

Il prototipo per ora fa passare poca aria, e l’occhio rischia di rimanere senza ossigeno. Per questo oggi ci sono dei piccoli canali per ossigenare la retina, facendo passare l’aria necessaria. Ma già si sta lavorando ad una lente più piccola e magari un giorno indossabile come una lente a contatto.

Finora i ricercatori hanno testato la tecnologia con un modello meccanico a grandezza naturale dell’occhio che trasmette quello che vede sullo schermo di un computer. Con un migliore flusso d’aria, i ricercatori sperano di iniziare le prove sull’uomo molto presto.

http://www.beppegrillo.it/la-prima-lente-al-mondo-capace-di-aumentare-la-vista-di-tre-volte/?fbclid=IwAR3Ou7MgtR3Z1S13t3lutXw9qDXSrUME3CUNY4ggy82HbvXXjNPyEYvzXJI

Blitz dei Ros: certificati falsi agli stranieri per farli votare PD.



Blitz dei carabinieri del Ros, nella provincia di Salerno: eseguita un’ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta della locale Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 9 indagati per associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e riduzione in schiavitù, nonchè ricettazione, corruzione, estorsione ed altro.
Nel mirino della Procura che aveva avviato le indagini dal 2013, un’organizzazione transnazionale multietnica dedita alla tratta di cittadine romene da sfruttare in aziende agricole della piana del Sele. Sono stati documentati anche i rapporti del sodalizio con un funzionario del comune di Eboli che facilitava il rilascio dei documenti per la regolarizzazione delle vittime. Si tratta di G. M., ex dipendente comunale in pensione. Nei guai anche E. V., titolare del camping Miceli di Eboli. L’indagine, a quanto si è appreso, è partita  dalla Romania e sarebbe stata realizzata con l’aiuto dell’Interpol. L’ex dipendente comunale, come riporta Il Corrierecon il romeno L. B.  avrebbe portato voti alle primarie Pd regionali e nazionali in cambio di certificati di residenza falsi per far lavorare le donne romene nei campi. In altre parole, tali certificati di residenza per stranieri sarebbero stati finalizzati a farli votare alle primarie del Pd.

Le indagini:

L’attività partita dalle denunce di alcune operaie riuscite a tornare in Patria, ha consentito di ricostruire tutte le fasi della tratta. E’ emerso come, prospettando alle vittime la possibilità di un impiego in Italia, le malcapitate si trasferissero nel nostro Paese, ma una volta giunte nella nostra provincia, venivano consegnate a L.B. e L.M.R., coppia che le faceva alloggiare presso il camping Miceli gestito dall’italiano E.V, La struttura era in stato di abbandono e usata per accogliere le straniere in stanze fatiscenti: qui le vittime si rendevano conto della truffa. Non venivano impiegate come promesso nelle aziende conserviere, bensì avviate al lavoro nei campi. All’organizzazione era affiliata anche la romena E.D., giunta inizialmente come lavorante e poi divenuta amante dell’italiano E.V.: attraverso il passaparola e i social network, nonchè affissioni pubblicitarie si era resa utile per il reclutamento delle lavoratrici. Le vittime, una volta nelle mani degli sfruttatori, subivano violenze e minacce: venivano loro sottratti i documenti di identità, per non farle fuggire. Inoltre erano costrette a versare canoni per l’alloggio ed il trasporto sul luogo di lavoro e venivano loro estorte somme di denaro per ottenere i documenti italiani. Ancora, sui compensi destinati alle lavoratrici da parte degli indagati veniva anche trattenuta una quota. Nel corso delle indagini, nel 2014, il camping Miceli è stato tra l’altro sottoposto a sequestro: E.V. fu anche tratto in arresto per furto di energia elettrica. Intanto l’ex capo dell’area del settore demografico del Comune di Eboli, in cambio di favori, facilitava i tempi burocratici di rilascio dei documenti d’identità, dei codici fiscali e delle tessere sanitarie delle lavoratrici. E’ emerso che lo stesso ex dipendente considerasse i lavoratori in questione quale serbatoio elettorale per una sua eventuale futura candidatura. Infine, a margine dell’operazione, è stata accertata la responsabilità di alcuni lavoratori circa la ricettazione di carburante di illecita provenienza, sempre con la collaborazione di E.V. che, insieme ai nord africani, nascondeva il prodotto nei capannoni del camping e lo rivendeva sul posto agli acquirenti.

Il commento:

Non possiamo che essere soddisfatti dell’indagine portata a termine che, secondo noi, andrebbe estesa a tutto il comparto agricolo, in quanto questa attività criminale non interessa soltanto i lavoratori di nazionalità rumena, ma anche le altre impiegate nel settore primario (marocchina, ucraina, indiana). Assicurare alla giustizia i caporali e ripristinare la legalità nel comparto agricolo deve essere l’obiettivo di tutta la comunità per liberare i lavoratori migranti dalla schiavitù e garantire i loro diritti di cittadinanza”. Lo ha scritto in una nota Anselmo Botte, segretario della Cgil Salerno che ha sottolineato anche come dietro gli ingressi di braccianti c’è l’attività criminosa dei caporali etnici che ormai non si limitano più esclusivamente alla intermediazione di manodopera e allo sfruttamento lavorativo, ma gestiscono in prima persona gli ingressi di nuovi migranti dietro lauti compensi (6/7mila euro) e la riduzione in schiavitù attraverso il sequestro.

Alluvione in Emilia Romagna.

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Buche.... milanesi...non ne parlate in giro, però, che resti fra noi.

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Ponte Morandi, le mani della Camorra nella demolizione: interdittiva antimafia a un’azienda coinvolta nei sub-appalti. - Giovanna Trinchella e Andrea Tundo

Ponte Morandi, le mani della Camorra nella demolizione: interdittiva antimafia a un’azienda coinvolta nei sub-appalti

Si tratta della Tecnodem, che ha ottenuto lavori per 100mila euro dalla Fratelli Omini, tra le società scelte per la demolizione del viadotto: il prefetto di Genova ha emesso un'interdittiva antimafia, notificata dalla Dia di Genova. L'amministratrice della ditta è consuocera di Ferdinando Varlese, pluripregiudicato napoletano "legato" al clan D'Amico che figura anche tra i dipendenti insieme a due figli e a una nipote. La struttura commissariale chiede la risoluzione del contratto.

C’è l’ombra della camorra tra le ditte che stanno lavorando alla  demolizione del ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 seppellendo 43 persone. Si tratta della Tecnodem S.r.l., ditta napoletana che  si occupa di demolizione di materiale ferroso e ha ottenuto 100mila euro di commesse in sub-appalto dalla Fratelli Omini, una delle società partecipanti all’Associazione temporanea di imprese scelta dalla struttura commissariale per abbattere i tronconi del viadotto sopravvissuti al collasso.
Le condanne di Varlese – La Dia di Genova ha notificato in mattinata alla Tecnodem un’interdittiva antimafia emessa dal prefetto Fiamma Spena perché l’azienda è ritenuta “permeabile di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso”. L’amministratrice e unica socia della società è Consiglia Marigliano, consuocera di Ferdinando Varlese, pluripregiudicato napoletano domiciliato a Rapallo, che risulta anche tra i dipendenti della stessa ditta insieme ad alcuni suoi famigliari. Varlese è stato condannato nel 1986 dalla Corte d’Appello di Napoli per associazione a delinquere in un processo che vedeva tra gli imputati anche soggetti affiliati al clan Misso-Mazzarella-Sarno guidato da Michele Zaza e Ciro Mazzarella.
I legami con il clan D’Amico – E tredici anni fa ha ricevuto un’altra condanna in secondo grado per estorsione tentata in concorso con l’aggravante mafiosa: un’episodio dal quale – sostiene la Direzione investigativa antimafia genovese – “si evincono in maniera circostanziata i legami di Varlese con il sodalizio camorristico D’Amico”, al quale il consuocero dell’amministratrice di Tecnodem “risulta legato da rapporti di parentela”. Sulla base di questi accertamenti, la Dia di Genova ha ritenuto che la società sia in una “condizione di potenziale asservimento” o “condizionamento” dei clan camorristici. 
La storia della Tecnodem – Lo scorso novembre, la società ha acquisito il ramo d’azienda principale della Eurodemolizione s.r.l., ditta della nipote di Varlese. A sua volta, la Eurodemolizione, nell’ottobre 2014, aveva acquistato lo  stesso ramo d’azienda dalla Varlese s.r.l. che era di proprietà dei figli del pluripregiudicato ora tra i dipendenti della Tecnodem di Consiglia Marigliano, la cui figlia ha sposato uno dei figli Varlese. Per gli investigatori, tra l’altro, l’amministratrice di Tecnodem non ha mai lavorato né ha esperienza specifica nel settore delle demolizioni. I passaggi societari, in sostanza, sono stati valutati dalla Prefettura di Genova come il tentativo di aggirare le verifiche antimafia nei confronti di Varlese, poiché la sua condanna è ritenuta ostativa dalle normative. 
Il “curriculum” di Varlese – La storia “criminale” di Varlese comprende anche diverse sentenze per lesionicontrabbando e furto. E parentele “pericolose”: tre suoi nipoti (tutti figli della sorella) sono ritenuti dalla Dia elementi di spicco del clan D’Amico, egemone nel quartiere San Giovanni a Teduccio, dove la Tecnodem ha la sua sede. Ed è proprio con uno dei suoi nipoti che nel 2004 Ferdinando Varlese è stato condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi per tentata estorsione, poiché – secondo i giudici – avrebbero provato a costringere il titolare di un’impresa a cedergli le quote. La Dia, tra l’altro, ha ricostruito come nella catena di acquisizioni dalla Varlese s.r.l. fino alla Tecnodem, le tre imprese hanno avuto tra i soci o gli amministratori persone legate al pregiudicato che oltretutto pur non essendo registrato tra gli operai che operano nel cantiere del Morandi sarebbe entrato più volte presentandosi ai varchi come visitatore. Non potrà più farlo: in virtù dell’accordo stipulato da Fratelli Omini e Tecnodem, il contratto verrà sciolto.
Chiesta risoluzione contratto – La conferma è arrivata dallo stesso sito della struttura commissariale guidata dal sindaco Marco Bucci: “Dato il provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura nei confronti dell’impresa Tecnodem srl, la struttura commissariale ha provveduto a chiedere l’immediata risoluzione del contratto in essere all’Ati di demolizione, di cui la stessa azienda era un subappalto con incarico di “demolizione e bonifica di impianti tecnologici”, si legge sul portale, dove si sottolinea che “al provvedimento si è arrivati grazie all’efficienza dei controlli svolti puntualmente eseguiti nei confronti delle aziende che orbitano attorno al cantiere”. Una velocità riconosciuta anche dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che ringraziando la Dia spiega che è “la dimostrazione che ci controlli funzionano anche con procedure estremamente e semplificate”, grazie anche al protocollo d’intesa firmato dalla prefettura e dal commissario Bucci il 17 gennaio 2019 che ha esteso il regime delle informazioni antimafia a tutti i contratti nel cantiere indipendentemente da importi e durata.

Un'estate invernale...

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