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martedì 4 luglio 2023

Le priorità dell'Unione Europea. - Giuseppe Salamone

 

La Von der Leyen ha elencato le priorità dell'Unione Europea: continuare sostenere l'Ucraina, rafforzare le sanzioni contro la Russia e consegnare più armi in un tempo più breve all'Ucraina.

Poi ci troviamo l'UE in deindustrializzazione e l'inflazione alle stelle. Nello stesso momento gli Ucraini manifestano per avere più posti nei cimiteri perché ci sono più morti che posti per seppellire. 

Se questa storia fosse un libro, sicuramente verrebbe esposto nella sezione fantascienza. Ma siccome è realtà, ci rendiamo conto che anche l'imbecillità non ha limiti né confini. 

T.me/GiuseppeSalamone

mercoledì 26 aprile 2023

Piattaforme digitali sorvegliate, Commissione UE

"Sorvegliati speciali. La Commissione Ue ha inserito Google, Apple, Facebook, Amazon, Twitter e TikTok nella lista delle 19 grandi piattaforme digitali sotto sorveglianza a partire dal 25 agosto. Lo ha annunciato ilcommissario per il Mercato interno, Thierry Breton, avvertendo che le major «dovranno cambiare i loro comportamenti se vorranno continuare a operare in Europa». (IlSole24Ore)

Io credo che il potere che hanno queste piattaforme, in termini di associazionismo, faccia paura a chi, tendenzialmente, voglia soggiogare le masse per poterle "governare" meglio.
Chi ama il potere, difficilmente approva il libero pensiero, perché difficile da "domare".
cetta

sabato 2 aprile 2022

Via gli imballaggi in plastica per la frutta, tasse su confezioni monouso, vuoto a rendere: così si muovono i paesi Ue. E l’Italia resta a guardare. - Luisa Gaita

 

CARRELLI DI PLASTICA, LA NOSTRA CAMPAGNA CON GREENPEACE - L'adozione maldestra della direttiva Ue per l’Italia è l’ennesima occasione mancata, dopo la lunga serie di rinvii della plastic tax e, in generale, l’adozione di norme sbilanciate verso la sostituzione degli articoli monouso con articoli (sempre monouso) fatti di materiali alternativi. Per non parlare del tema del riuso. Ecco una panoramica su ciò che fanno gli altri Paesi Ue e su ciò che non ha fatto Roma.

Come si sta preparando il nostro Paese agli effetti sul fronte energetico della guerra in Ucraina? Nessuno ha ancora pensato a una cosa semplice: eliminare gli sprechi. Questa campagna de Ilfattoquotidiano.it e Greenpeace punta a dimostrare l’inutilità dell’enorme consumo quotidiano di plastica in Italia. E quindi dei suoi (sempre più alti) costi di produzione. Oltre a quelli ambientali.

Da gennaio 2022 in Francia è vietato l’utilizzo di involucri di plastica per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura. Una norma dall’effetto tangibile sul carrello della spesa, sulla pattumiera a casa e sulle montagne di imballaggi che non è detto arrivino mai alla differenziata e al riciclo. In Spagna si va nella stessa direzione e il Senato ha appena approvato il progetto di legge sui rifiuti e i suoli contaminati, che recepisce nell’ordinamento nazionale la Direttiva sul monouso. Lo fa in ritardo, ma pone particolare attenzione alla riduzione degli imballaggi, oltre che al riutilizzo dei contenitori per alimenti e bevande e alla promozione dell’uso dell’acqua potabile. Anche Austria e Germania continuano a scommettere sul riutilizzo, con la prima che è diventata il primo paese europeo ad attuare obiettivi vincolanti. Alcuni Stati mettono in campo azioni incisive focalizzando meglio di altri il problema legato alla plastica, ossia la sua produzione fuori controllo. C’è chi lo fa approfittando del recepimento della direttiva sulla plastica monouso (la SUP, Single Use Plastic), c’è chi prova a superarla e c’è chi non riesce neppure a seguire la strada tracciata dalla norma europea che, comunque, presenta già i suoi limiti. Perché la SUP vieta alcuni prodotti monouso, ma non interviene in modo efficace su imballaggi e altre tipologie di plastiche usa e getta. In assenza di un quadro normativo globale di riferimento, quindi, ogni Paese fa da sé. L’Italia non riesce a stare al passo e arranca un po’ su tutto: dal recepimento della SUP alla mancanza di norme che puntino al riutilizzo tanto raccomandato dall’Unione europea, ma a cui si preferisce la sostituzione di articoli in plastica con alternative sempre monouso.

Lo scivolone sulla direttiva Sup, che alcuni Paesi superano – Nonostante ci siano ancora cinque Paesi europei che non hanno ancora recepito la direttiva del 2019 (Lussemburgo, Slovenia, Cipro, Polonia ed Estonia), questo resta un terreno scivoloso per l’Italia. Roma rischia la procedura d’infrazione dopo l’entrata in vigore (il 14 gennaio 2022, con oltre sei mesi di ritardo) del decreto legislativo che recepisce la SUP. In modo non corretto a sentire la Commissione Ue, che ha bocciato le deroghe al divieto di vendere, tra le altre cose, posate, piatti, cannucce, bastoncini cotonati e agitatori per bevande. La norma italiana, infatti, esclude dal divieto i prodotti dotati di rivestimento in plastica con un peso inferiore al 10% dell’intero prodotto e, per quelli destinati a entrare in contatto con gli alimenti, consente di ricorrere ad alternative in plastica biodegradabile e compostabile. In direzione opposta l’Irlanda, che nella sua strategia nazionale si impegna a estendere il divieto di vendita degli articoli indicati nella direttiva anche ad altri prodotti, come salviette umidificate, articoli da bagno in plastica monouso per hotel e utilizzati per il confezionamento di zucchero e condimenti. La Germania, che si era già mossa nel 2019 con la legge sugli imballaggi (VerpackG) modificata nel 2021, ha introdotto nel proprio ordinamento i divieti imposti dalla SUP e ha lavorato a ulteriori misure per ridurre il consumo di imballaggi in plastica monouso.

Le altre occasioni mancate in Italia – Per l’Italia è l’ennesima occasione mancata, dopo la lunga serie di rinvii della plastic tax e, in generale, l’adozione di norme sbilanciate verso la sostituzione degli articoli monouso in plastica tradizionale con articoli (sempre monouso) fatti di materiali alternativi, come la plastica compostabile. Sul fronte del riuso, asse portante dell’imminente revisione della direttiva comunitaria sul packaging, nel 2019 è stata introdotta la possibilità, per i consumatori, di utilizzare i propri contenitori riutilizzabili per l’acquisto di prodotti alimentari. Una pratica tuttora poco diffusa, anche per effetto della pandemia che avrebbe richiesto, invece, la predisposizione di prassi igienico-sanitarie nei settori coinvolti. Solo a settembre 2021, inoltre, è stato disposto il decreto attuativo del ‘bonus antiplastica’, il contributo a fondo perduto di 5mila euro che dovrebbe aiutare ad aprire nuovi negozi per la vendita esclusiva di prodotti sfusi o ad attrezzare spazi ad hoc anche all’interno dei supermercati, dedicati alla vendita di prodotti alimentari e detergenti sfusi o alla spina. Erano stati stanziati 40 milioni di euro (per il 2020 e il 2021), in attesa del decreto del Ministero della Transizione Ecologica, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico che avrebbe dovuto definire, entro il 15 dicembre 2019, le modalità per l’ottenimento del contributo. Mentre l’attesa bloccava l’accesso ai fondi, si è continuato però a spendere risorse per i compattatori, gli impianti ‘mangiaplastica’ che tra qualche anno, secondo le indicazioni del Parlamento (e dell’Ue), non dovrebbero servire più. Altri Paesi, invece, hanno utilizzato proprio il recepimento della direttiva SUP per andare oltre, come raccontato già ad aprile 2021 da uno studio redatto per conto di Greenpeace Italia dall’ingegnere Paolo Azzurro, consulente tecnico in materia di rifiuti ed economia circolare, che ha esaminato le azioni intraprese dall’Italia e dagli altri Paesi.

In Francia niente plastica per frutta e verdura  Va oltre certamente Parigi. Il 30 gennaio 2020 il Parlamento francese ha approvato il testo del progetto di legge sui rifiuti e l’economia circolare, la Legge Antispreco, a cui ha fatto seguito un decreto ad hoc su riduzione, riutilizzo e riciclaggio. E se finora il 37% dei prodotti ortofrutticoli è stato venduto con l’imballaggio, il governo Macron stima di risparmiare circa un miliardo di imballaggi all’anno con il divieto, scattato a gennaio 2022, di utilizzare involucri di plastica per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura (su confezioni che pesano meno di un chilo e mezzo). Nella lista, mele, pere, arance, clementine, kiwi, mandarini, limoni, pompelmi, prugne, meloni, ananas, mango, frutto della passione, cachi, ma anche porri, zucchine, melanzane, peperoni, cetrioli, patate e carote, pomodori tondi, cipolle e rape, cavoli, cavolfiori, zucca, pastinaca, ravanello, topinambur, ortaggi a radice. Sono previste esenzioni per la frutta tagliata e trasformata e soglie di tolleranza fino al 2026 per i prodotti più delicati.

Le tre ‘R’ di Parigi – Ma Parigi ha anche fissato un target nazionale per l’eliminazione degli imballaggi in plastica monouso entro il 2040, stanziando 40 milioni di euro per investimenti sul riutilizzo per il 2021-2022 come parte del suo fondo per l’economia circolare. Il governo si è posto obiettivi di riduzione, riutilizzo e riciclo per periodi consecutivi di 5 anni. Per il riutilizzo di tutte le tipologie di imballaggi immessi sul mercato il target è del 5% entro il 2023 e del 10% entro il 2027. Sul fronte riduzione si punta al -20% già per il 2025. E se dal 2020 tutti gli esercizi dove si somministrano alimenti e bevande non possono mettere a disposizione tazze, bicchieri e piatti usa e getta in plastica per il consumo sul posto, dal 2023 questo divieto sarà esteso a tutte le opzioni monouso (non solo a quelle in plastica), con l’obbligo di impiegare quelle riutilizzabili. Misure specifiche, invece, per le bottiglie in PET (polietilene tereftalato) per liquidi alimentari: per arrivare a dimezzare entro il 2030 il numero di bottiglie in plastica monouso per bevande immesse sul mercato (con target di riciclo del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2029) da gennaio 2022 gli edifici pubblici devono avere almeno una fonte di acqua potabile collegata alla rete accessibile al pubblico e anche le attività di ristorazione e i locali di somministrazione di bevande devono dare ai consumatori la possibilità di richiedere acqua potabile gratuita.

La Spagna segue l’esempio – In Spagna ha fatto molto discutere anche la misura contenuta nella bozza del Regio Decreto spagnolo sugli imballaggi e sui rifiuti con la previsione che, dal 2023, nelle attività commerciali al dettaglio (indipendentemente dalla loro dimensione) frutta e verdura confezionate in lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo non siano più vendute in imballaggi di plastica. Il compito di stilare la lista di prodotti a rischio deterioramento (esclusi, quindi, dal divieto) all’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione. Il progetto di legge appena approvato dal Senato prevede che, entro il 1° gennaio 2023, i rivenditori di generi alimentari la cui superficie sia pari o superiore a 400 metri quadrati destineranno almeno il 20% della propria superficie di vendita all’offerta di prodotti presentati senza imballaggio primario, compresa la vendita sfusa o attraverso imballaggi riutilizzabili. Tutti gli esercizi alimentari che vendono prodotti freschi e bevande, nonché cibi cotti, dovranno accettare l’uso di contenitori riutilizzabili, che potranno essere rifiutati dal commerciante se sono sporchi o non idonei. Viene, inoltre, introdotta una tassa speciale sui contenitori di plastica non riutilizzabili (con aliquota a 0,45 euro al chilogrammo).

Dall’Austria alla Germania: gli altri Paesi che scommettono sul riuso – In Portogallo, a partire dal 2030, il 30% del packaging dovrà essere riutilizzabile. A novembre 2021, però, è stata l’Austria il primo paese europeo ad attuare obiettivi di riutilizzo vincolanti e applicabili, imponendo nella legge sulla gestione dei rifiuti una quota di riutilizzo delle bevande del 25% entro il 2025. I supermercati sono obbligati a fornire almeno il 15% di birra e acqua (il 10% per bevande analcoliche, succhi e latte) in imballaggi riutilizzabili. In Germania, invece, un recente emendamento alla legge sugli imballaggi prevede, dal 2023, l’obbligo per ristoranti, bistrot e caffè (con alcune esenzioni) di mettere a disposizione dei consumatori alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili, sia per il consumo sul posto che da asporto. Questi contenitori verranno consegnati ai clienti a fronte di un deposito cauzionale (DRS, Deposit Return Systems), che li spinga alla restituzione. Da quest’anno, inoltre, il sistema di deposito su cauzione tedesco sarà esteso progressivamente a tutte le bottiglie per bevande in plastica monouso, a prescindere dal tipo di bevanda contenuta.

Il vuoto a rendere – D’altronde per gli esperti il cosiddetto ‘vuoto a rendere’ è l’unico strumento che potrà consentire ai Paesi europei di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei imposti dal pacchetto Economia circolare e, in particolare, proprio dalla direttiva SUP, che impone un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica per bevande entro il 2029 (con un obiettivo di raccolta intermedio del 77% entro il 2025) e un minimo del 25% di plastica riciclata nelle bottiglie in PET dal 2025 (30% dal 2030 in tutte le bottiglie in plastica per bevande). In Italia il deposito su cauzione per imballaggi di bevande di plastica, vetro e alluminio, è stato introdotto con il decreto Semplificazioni, ma non è mai entrato in funzione. A novembre 2021, l’associazione Comuni Virtuosi, insieme ad altre 15 ong, tra cui anche Greenpeace, ha lanciato un appello – e nelle scorse settimane una campagna di sensibilizzazione – ricordando che in Europa sono attualmente attivi dieci sistemi, tra cui quello tedesco che conta 83 milioni di consumatori. I vari sistemi sono stati introdotti prima in Svezia, Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Estonia, Croazia, Lituania. Altri tredici paesi ne hanno annunciato l’introduzione nei prossimi quattro anni: Malta, Lettonia, Portogallo, Romania, Irlanda, Slovacchia, Scozia e Turchia nel 2022, Grecia e Ungheria nel 2023, Regno Unito nel 2024, Austria e Cipro nel 2025. Anche in Spagna c’è un’importante novità. Sempre il decreto appena approvato in Senato stabilisce degli obiettivi di raccolta differenziata per le bottiglie monouso in plastica per bevande (con capacità fino a tre litri): il primo step è il 70% di quelle introdotte sul mercato entro il 2023, per arrivare gradualmente all’85% nel 2027 e al 90% entro il 2029. Ma nel caso in cui gli obiettivi fissati nel 2023 o nel 2027 non siano raggiunti a livello nazionale, entro due anni sarà attuato su tutto il territorio un sistema di deposito su cauzione obbligatorio per garantire il rispetto degli obiettivi al 2025 e 2029 introdotti proprio dalla Direttiva SUP. Cosa manca in Italia? Si attende un decreto attuativo che sembra presentare alcune “complessità tecniche e organizzative”. Stando alla risposta a un’interrogazione parlamentare del M5S, servirebbe una “modifica normativa” da emanare entro giugno 2022.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/04/02/via-gli-imballaggi-in-plastica-per-la-frutta-tasse-su-confezioni-monouso-vuoto-a-rendere-cosi-si-muovono-i-paesi-ue-e-litalia-resta-a-guardare/6503260/

venerdì 14 gennaio 2022

Gas e nucleare tra le fonti «green»: perché la Ue ha rinviato la decisione. - Giuseppe Chiellino

 

Slitta dal 12 al 21 gennaio la chiusura della fase di consultazione degli stati membri sull’atto delegato della Commissione europea che deve decidere se e fino a che punto il gas e nucleare possono essere considerate fonti energetiche “verdi” e dunque possono rientrare nella tassonomia, la classificazione che Bruxelles sta mettendo a punto per mobilitare gli investimenti privati sulle fonti più sostenibili per l’ambiente e dunque necessarie per raggiungere la neutralità climatica al 2050.


Le motivazioni del rinvio.

Il rinvio - di cui si parlava da qualche giorno - è stato motivato con l’esigenza di dare più tempo ai governi per valutare la proposta di tassonomia presentata alle capitali il 31 dicembre, poche ore prima dello scoccare della mezzanotte in modo da rispettare anche formalmente l’impegno che Ursula von der Leyen aveva preso con gli Stati membri.

Il rinvio della deadline riguarda solo la consultazione con la Piattaforma sulla finanza sostenibile e con i 27, mentre resta invariata - per ora - la scadenza di fine mese per l’adozione dell’atto che per sua natura non è modificabile: Consiglio e Parlamento hanno quattro mesi di tempo (che molto probabilmente diventeranno sei) per approvarlo così com’è o bocciarlo con una maggioranza qualificata.

Secondo il calendario dei lavori del collegio, la data per l’adozione del controverso provvedimento dovrebbe essere il 26 gennaio, ma è plausibile che venga posticipata anche questa.L’intervento della Commissione dal punto di vista degli equilibri politici tra gli Stati membri è di una delicatezza estrema, come dimostrano le fibrillazioni crescenti delle ultime settimane.

Gas e nucleare secondo Bruxelles.

Bruxelles da tempo ritiene che il gas naturale e il nucleare hanno un ruolo come fonti per la transizione verso un futuro basato prevalentemente sulle rinnovabili. La loro classificazione nella bozza del provvedimento perciò è subordinata a condizioni molto rigorose che stanno facendo molto discutere, e ha creato diversi fronti.

Il primo, guidato dalla Francia, è a favore del nucleare. Per il presidente Macron si tratta di una questione esistenziale: con 58 centrali (molte di vecchia generazione) il Paese è il primo produttore di energia nucleare della Ue (37%) e con essa copre il 75% del proprio fabbisogno energetico.

Il fronte a guida francese.

«Un compromesso è un compromesso. Per noi l’essenziale è che il nucleare figuri nella tassonomia Ue» ha detto il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, dopo aver incontrato il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis.

«Se vogliamo ridurre le emissioni di CO2, servono le rinnovabili, ma anche il nucleare». Posizione identica a quella del commissario al Mercato unico, il francese Thierry Breton: «Non c’è modo per l’Europa di raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette nel 2050 senza l’energia nucleare» che richiede investimenti per «500 miliardi di euro per le centrali di nuova generazione».

L’opposizione di Berlino.

La Germania, che dopo il disastro di Fukushima ha deciso si smantellare il nucleare entro quest’anno e che riceve il gas russo con i due gasdotti NordStream, conferma la contrarietà all’energia dall’atomo ma Bruxelles spera che non arrivi ad aprire uno scontro con la Francia che ha la presidenza di turno della Ue e con la quale deve discutere altri delicati dossier, a cominciare dalla riforma del Patto di stabilità.

Il governo di Berlino, con dentro i Verdi, dovrebbe dunque astenersi e non seguire il fronte antinuclearista duro e puro guidato dall’Austria che per opporsi al provvedimento si è detta disposta ad impugnarlo davanti alla Corte di giustizia.

Contrario al nucleare è anche il Lussemburgo ma non basta a cambiare gli equilibri in Consiglio dove Spagna e Portogallo sono contrari sia al gas che al nucleare e spingono per una scelta più netta sulle rinnovabili.

C’è poi il fronte a Est, dove è ancora forte la dipendenza dal carbone e non ci sono preclusioni al nucleare. Da quelle parti i paletti in termini di riduzione delle emissioni previste dalla bozza di Capodanno non piacciono, vorrebbero quanto meno allentarle se non proprio un “liberi tutti”. E l’Italia?

La posizione italiana.

Il nostro governo non si è ancora espresso apertamente. Il sistema energetico nazionale ha bandito da decenni il nucleare ed è basato sul gas, il che spinge a pensare che il governo possa assumere una posizione molto vicina a quella tedesca che permetterebbe di non mettersi contro la Francia e nello stesso tempo - come ha spesso ricordato il ministro della Transizione ecologica, Cingolani - lascia aperta la porta per la ricerca sui reattori di IV generazione.

Le prossime settimane saranno segnate ancora da incontri, colloqui e trattative, alla ricerca dell’inevitabile «compromesso politico» richiamato da Dombrovskis dopo l’incontro con Le Maire.

https://24plus.ilsole24ore.com/art/gas-e-nucleare-le-fonti-green-perche-ue-ha-rinviato-decisione-AEjWrB7

sabato 31 luglio 2021

Sorveglianza di massa su mail e messaggi, cosa prevede il nuovo Regolamento Ue contro la pedopornografia online. Scorza (Privacy): “Avvertire gli utenti. Se qualcosa va storto conseguenze drammatiche”. - Francesco Sanna

 

ChatControl il 6 luglio scorso ha già raccolto nel Parlamento Europeo un’ampia maggioranza, 537 voti, e si accinge a superare a breve l’ultimo scoglio legislativo, con la ratifica finale del Consiglio dell’Unione Europea.

La sorveglianza di massa delle comunicazioni digitali diventa legale in Europa allo scopo di contrastare gli abusi sui minori online, il loro adescamento e la diffusione della pedopornografia. Questa la novità storica del nuovo Regolamento Ue ribattezzato “ChatControl” che il 6 luglio scorso ha già raccolto nel Parlamento Europeo un’ampia maggioranza (537 voti, 133 contrati e 24 astenuti) e si accinge a superare a breve l’ultimo scoglio legislativo, con la ratifica finale del Consiglio dell’Unione Europea. A quel punto il Regolamento sarà in vigore e di conseguenza, per tre anni, ogni cittadino europeo perderà il diritto alla riservatezza delle proprie comunicazioni digitali personali, sancito quasi vent’anni fa dalla Direttiva ePrivacy 2002/58/CE. “È un’attività significativa sul versante della protezione dei dati personali perché è molto invasiva, ma si tratta della migliore posizione di equilibrio sin qui identificata e, soprattutto, almeno per il momento, di una deroga“, commenta parlando con ilfattoquotidiano.it Guido Scorza, avvocato e componente del collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Che pure avverte: “Se qualcosa va storto, penso al rischio di falsi positivi, le conseguenze per le persone potrebbero essere drammatiche quanto lo è ritrovarsi bollato, in un qualche database pubblico o privato, come pedofilo mentre non lo si è”.

Se fino ad oggi nessuno poteva sorvegliare o intercettare i messaggi e le comunicazioni personali di qualsiasi cittadino europeo senza il suo consenso o un’autorizzazione specifica dell’autorità giudiziaria, con l’entrata in vigore del Regolamento “ChatControl” i gestori dei servizi di comunicazione digitale – da Facebook a Google passando per le applicazioni di instant messaging come Whatsapp o Telegram – potranno accedere in automatico a tutte le nostre comunicazioni online e, se tra queste troveranno dei video, delle immagini o dei testi comparabili ad altri già identificati come pedopornografici o legati a forme di adescamento o abuso di minori, potranno prelevarli, segnalarli alle forze di polizia e cancellarli dalle loro piattaformeAl momento restano comunque escluse dal Regolamento le comunicazioni crittografate, quindi i sistemi di intelligenza artificiale usati dalle app di instant messaging come Whatsapp o Telegram potranno intercettare i contenuti sospetti solo prima del loro invio e della loro ricezione, protette appunto con crittografia. Una condizione di riservatezza, questa che però potrebbe essere superata dal regolamento di follow up di ChatControl che alcuni analisti danno come imminente.

“Nessuno leggerà, o almeno dovrebbe leggere, in chiaro il contenuto delle nostre comunicazioni – chiarisce Scorza – I gestori scandaglieranno le nostre comunicazioni elettroniche in maniera automatica, attraverso filtri intelligenti che si limitano a cercare corrispondenza tra i contenuti multimediali che trasmettiamo e riceviamo e alcuni database che contengono contenuti di natura pedopornografica. È un’attività significativa sul versante della protezione dei dati personali perché è molto invasiva – aggiunge Scorza – ma si tratta della migliore posizione di equilibrio sin qui identificata e, soprattutto, almeno per il momento, di una deroga destinata a durare al massimo tre anni in vista dell’identificazione di una soluzione migliore”.

In Europa il filtraggio automatico e la segnalazione dei contenuti pedopornografici erano già attivi da tempo per i servizi web – ad esempio i social network Facebook o Instagram -, ma restavano esclusi per email e messaggistica, protetti dalla Direttiva e Privacy. Il Regolamento “ChatControl” nasce proprio dal tentativo di superare uno stop a queste pratiche di sorveglianza imposto da una normativa europea che dal 21 dicembre 2020 aveva equiparato posta elettronica e chat ad ogni altra comunicazione elettronica, estendendo quindi la tutela alla riservatezza a tutti questi servizi.

Per i prossimi tre anni quindi, in attesa di una nuova Direttiva quadro sul tema, tutti i servizi di comunicazione elettronica usati dagli europei sospenderanno una parte importante dei diritti alla privacy e alla protezione dei dati personali dei propri utenti per consentire una lotta più efficace al fenomeno degli abusi sui minori perpetuati online, fenomeno che solo in Italia, durante l’emergenza Covid-19, ha visto crescere i reati a danno dei minori del 70% l’anno e aumentare del 213% in cinque anni i denunciati, come segnalato recentemente dal vertice della Polizia PostaleNunzia Ciardi. Tra questi, proprio ragazzi sempre più giovani, accusati di reati sempre più gravi come il far circolare scatti sessuali di ex-partner, file pornografici e immagini di abusi sessuali su minorenni.

I partiti europei contrari al provvedimento, Partito Pirata e Verdi, hanno puntato il dito sul presunto carattere “totalitario” del regolamento e sulla possibilità di errore dei sistemi di intelligenza artificiale utilizzati per questa sorveglianza di massa. “Nonostante tassi di errore fino all’86% secondo le statistiche della polizia, i fornitori possono segnalare automaticamente “materiale noto” alla polizia senza verifica umana – ha segnalato il portavoce del Partito Pirata Patrick Breyer -. Innumerevoli cittadini innocenti verranno sospettati di aver commesso un crimine, i minorenni vedranno nudi autogenerati (sexting) cadere in mani sbagliate, le vittime di abusi perderanno canali sicuri per la consulenza”. Proprio quest’ultimo punto, la possibilità che “ChatControl” finisca per intercettare e segnalare erroneamente le comunicazioni tra pazienti minorenni, loro genitori e i terapeuti o legali che li assistono nel percorso successivo all’abuso subito, è al momento tra i più controversi.

“L’Europa è la culla del Gdpr, la disciplina europea sulla protezione dei dati personali, diventata un modello di riferimento globale – sottolinea Scorza a ilfattoquotidiano.it -. C’è a Bruxelles un Supervisor europeo per la protezione dei dati personali e a Bruxelles si riunisce il board dei rappresentanti delle nostre Autorità nazionali di protezione dei dati personali. Non credo che lasceranno sacrificare la privacy sull’altare di flebili speranze non scientificamente provate di rendere più sicuro l’ecosistema digitale. Si troverà una ragionevole soluzione di equilibrio“.

Al momento la sfida più complessa del Regolamento ChatControl sembra comunque essere la corretta informazione a tutti gli utenti europei dei servizi digitali circa le novità introdotte. “È una delle grandi scommesse che ci attendono – continua Scorza -. Le nuove regole impongono a tutti i fornitori di servizi di comunicazione elettronica che decidano di avvalersi della deroga in questione di informare i loro utenti preventivamente in modo chiaro, accessibile e facilmente comprensibile e, soprattutto, di riconoscere loro il diritto di chiedere la revisione di ogni decisione algoritmica che li riguardi. Sappiamo tutti, d’altra parte – conclude il componente del collegio del Garante per la protezione dei dati personali – che nella dimensione digitale difficilmente ci si ferma a leggere per davvero policy privacy, condizioni di contratto e avvertenze legali. Dovremo impegnarci tutti quanti per fare in modo che si sviluppi una reale consapevolezza dell’esistenza di questi sistemi di monitoraggio perché è fuor di dubbio che se qualcosa va storto, penso al rischio di falsi positivi, le conseguenze per le persone potrebbero essere drammatiche quanto lo è ritrovarsi bollato, in un qualche database pubblico o privato, come pedofilo mentre non lo si è”.

ILFQ

giovedì 10 giugno 2021

La Commissione avvia una procedura contro l'Italia sul mercato dei mutui.

 

Una seconda procedura contro l'Italia per i ritardi nei pagamenti.


BRUXELLES -  La Commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia perché non applica pienamente la direttiva Ue sul credito ipotecario, in particolare le disposizioni su libertà di stabilimento, libera circolazione e vigilanza dei servizi degli intermediari del credito. L'obiettivo della direttiva, ricorda Bruxelles, è aumentare la protezione dei consumatori nel settore dei mutui e promuovere la concorrenza, tra l'altro, aprendo i mercati nazionali agli intermediari. "Una maggiore concorrenza dovrebbe andare a vantaggio dei consumatori, consentendo una scelta più ampia e a costi inferiori", precisa Bruxelles.

La Commissione ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia per non essersi conformata alla direttiva sui ritardi di pagamento con "effetti negativi sulle aziende in quanto ne riducono la liquidità, ne impediscono la crescita e ostacolano la loro resilienza e la loro capacità di diventare più ecologiche e più digitali". La direttiva sui ritardi di pagamento impone alle autorità pubbliche di saldare le fatture entro 30 giorni (60 giorni nel caso degli ospedali pubblici). La Commissione ha inviato una lettera di messa in mora all'Italia, in quanto la normativa nazionale sulle spese di giustizia esclude dall'ambito di applicazione della direttiva il noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche nelle indagini penali. Per la Commissione "l'esclusione di tali transazioni" impedisce alle società di noleggio "di esercitare i diritti previsti dalla direttiva stessa". L'Italia ha 2 mesi per rispondere alla lettera e per adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato.

ANSA

mercoledì 16 dicembre 2020

La Vispa Teresa. - Marco Travaglio

 

Lo spettacolo d’arte varia chiamato prima “rimpasto”, poi “verifica” e domani forse “crisi di governo” si arricchisce di un nuovo numero d’alta scuola: l’incontro fra Conte e il nulla cosmico detto ossimoricamente Italia Viva è rinviato a data da destinarsi perché la cosiddetta ministra Bellanova ha scoperto con sua grande sorpresa di essere a Bruxelles, per la gioia delle restanti capitali europee. Un impegno talmente inderogabile, per le sue braccia rubate all’agricoltura, da far slittare sine die l’incontro a Palazzo Chigi dell’intera delegazione di Iv, dove com’è noto decide tutto la Bellanova. L’Ansa parla di un imprescindibile vertice Ue su “un tema strategico per i prodotti alimentari italiani: la questione dei semafori” e delle etichettature. La versione 2.0 dei “legittimi impedimenti” di B. per scappare dai tribunali. Infatti il 4 dicembre la stessa Bellanova annunciava che “l’Italia non proseguirà nel negoziato europeo per un testo sulle etichettature alimentari” perché “le trattative a Bruxelles non sono state ispirate a un approccio neutrale e hanno confermato l’impossibilità di un’intesa”.

Insomma, un’inutile passerella. Infatti la Vispa Teresa ha parlato 5 minuti e ora dovrà tornare a piedi per giustificare il rinvio di due giorni della verifica. Utilissimo per non dover spiegare che diavolo vogliono quelli di Iv, ora che persino il Pd ha capito di non potersi fidare di loro, Salvini (che incredibilmente si fidava) è stato stoppato dalla Meloni e tutte le scuse inventate per le minacce di crisi si sono rivelate false. Falso che il governo non sia mai stato consultato sul Recovery Plan: 16 incontri al ministero su governance e ripartizione dei fondi. Falso che la task force sia nata nottetempo in uno stanzino dalle menti malate di Conte e Casalino per aggirare governo e Parlamento: l’ha chiesta l’Ue e ne avrà una ogni Paese (l’ha confermato Sassoli), non progetterà né attuerà le opere ma ne monitorerà l’esecuzione (affidata a ministeri, regioni e comuni, su progetti del governo approvati dal Parlamento). Ora l’Innominabile vuole un “salto di qualità del governo” e, siccome nessuno sa cosa sia, annuncia “un documento scritto” per la sua “battaglia per le idee, non per le poltrone”, tant’è che le ministre Bellanova e Bonetti “sono pronte a dimettersi”. Ogni sua minaccia è una speranza. Come quando provò a spaventarci col ritiro suo e della Boschi in caso di No al referendum. Anziché sprofondare nello sconforto, gli italiani corsero in massa a votare No sperando che fosse di parola. Ora gli inconsolabili per la dipartita di Bellanova&Bonetti si contano sulle dita di quattro mani: quelle della Bellanova e della Bonetti. Tutti gli altri sanno bene che la minaccia è troppo bella per essere vera.

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