CARRELLI DI PLASTICA, LA NOSTRA CAMPAGNA CON GREENPEACE - L'adozione maldestra della direttiva Ue per l’Italia è l’ennesima occasione mancata, dopo la lunga serie di rinvii della plastic tax e, in generale, l’adozione di norme sbilanciate verso la sostituzione degli articoli monouso con articoli (sempre monouso) fatti di materiali alternativi. Per non parlare del tema del riuso. Ecco una panoramica su ciò che fanno gli altri Paesi Ue e su ciò che non ha fatto Roma.
Come si sta preparando il nostro Paese agli effetti sul fronte energetico della guerra in Ucraina? Nessuno ha ancora pensato a una cosa semplice: eliminare gli sprechi. Questa campagna de Ilfattoquotidiano.it e Greenpeace punta a dimostrare l’inutilità dell’enorme consumo quotidiano di plastica in Italia. E quindi dei suoi (sempre più alti) costi di produzione. Oltre a quelli ambientali.
Da gennaio 2022 in Francia è vietato l’utilizzo di involucri di plastica per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura. Una norma dall’effetto tangibile sul carrello della spesa, sulla pattumiera a casa e sulle montagne di imballaggi che non è detto arrivino mai alla differenziata e al riciclo. In Spagna si va nella stessa direzione e il Senato ha appena approvato il progetto di legge sui rifiuti e i suoli contaminati, che recepisce nell’ordinamento nazionale la Direttiva sul monouso. Lo fa in ritardo, ma pone particolare attenzione alla riduzione degli imballaggi, oltre che al riutilizzo dei contenitori per alimenti e bevande e alla promozione dell’uso dell’acqua potabile. Anche Austria e Germania continuano a scommettere sul riutilizzo, con la prima che è diventata il primo paese europeo ad attuare obiettivi vincolanti. Alcuni Stati mettono in campo azioni incisive focalizzando meglio di altri il problema legato alla plastica, ossia la sua produzione fuori controllo. C’è chi lo fa approfittando del recepimento della direttiva sulla plastica monouso (la SUP, Single Use Plastic), c’è chi prova a superarla e c’è chi non riesce neppure a seguire la strada tracciata dalla norma europea che, comunque, presenta già i suoi limiti. Perché la SUP vieta alcuni prodotti monouso, ma non interviene in modo efficace su imballaggi e altre tipologie di plastiche usa e getta. In assenza di un quadro normativo globale di riferimento, quindi, ogni Paese fa da sé. L’Italia non riesce a stare al passo e arranca un po’ su tutto: dal recepimento della SUP alla mancanza di norme che puntino al riutilizzo tanto raccomandato dall’Unione europea, ma a cui si preferisce la sostituzione di articoli in plastica con alternative sempre monouso.
Lo scivolone sulla direttiva Sup, che alcuni Paesi superano – Nonostante ci siano ancora cinque Paesi europei che non hanno ancora recepito la direttiva del 2019 (Lussemburgo, Slovenia, Cipro, Polonia ed Estonia), questo resta un terreno scivoloso per l’Italia. Roma rischia la procedura d’infrazione dopo l’entrata in vigore (il 14 gennaio 2022, con oltre sei mesi di ritardo) del decreto legislativo che recepisce la SUP. In modo non corretto a sentire la Commissione Ue, che ha bocciato le deroghe al divieto di vendere, tra le altre cose, posate, piatti, cannucce, bastoncini cotonati e agitatori per bevande. La norma italiana, infatti, esclude dal divieto i prodotti dotati di rivestimento in plastica con un peso inferiore al 10% dell’intero prodotto e, per quelli destinati a entrare in contatto con gli alimenti, consente di ricorrere ad alternative in plastica biodegradabile e compostabile. In direzione opposta l’Irlanda, che nella sua strategia nazionale si impegna a estendere il divieto di vendita degli articoli indicati nella direttiva anche ad altri prodotti, come salviette umidificate, articoli da bagno in plastica monouso per hotel e utilizzati per il confezionamento di zucchero e condimenti. La Germania, che si era già mossa nel 2019 con la legge sugli imballaggi (VerpackG) modificata nel 2021, ha introdotto nel proprio ordinamento i divieti imposti dalla SUP e ha lavorato a ulteriori misure per ridurre il consumo di imballaggi in plastica monouso.
Le altre occasioni mancate in Italia – Per l’Italia è l’ennesima occasione mancata, dopo la lunga serie di rinvii della plastic tax e, in generale, l’adozione di norme sbilanciate verso la sostituzione degli articoli monouso in plastica tradizionale con articoli (sempre monouso) fatti di materiali alternativi, come la plastica compostabile. Sul fronte del riuso, asse portante dell’imminente revisione della direttiva comunitaria sul packaging, nel 2019 è stata introdotta la possibilità, per i consumatori, di utilizzare i propri contenitori riutilizzabili per l’acquisto di prodotti alimentari. Una pratica tuttora poco diffusa, anche per effetto della pandemia che avrebbe richiesto, invece, la predisposizione di prassi igienico-sanitarie nei settori coinvolti. Solo a settembre 2021, inoltre, è stato disposto il decreto attuativo del ‘bonus antiplastica’, il contributo a fondo perduto di 5mila euro che dovrebbe aiutare ad aprire nuovi negozi per la vendita esclusiva di prodotti sfusi o ad attrezzare spazi ad hoc anche all’interno dei supermercati, dedicati alla vendita di prodotti alimentari e detergenti sfusi o alla spina. Erano stati stanziati 40 milioni di euro (per il 2020 e il 2021), in attesa del decreto del Ministero della Transizione Ecologica, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico che avrebbe dovuto definire, entro il 15 dicembre 2019, le modalità per l’ottenimento del contributo. Mentre l’attesa bloccava l’accesso ai fondi, si è continuato però a spendere risorse per i compattatori, gli impianti ‘mangiaplastica’ che tra qualche anno, secondo le indicazioni del Parlamento (e dell’Ue), non dovrebbero servire più. Altri Paesi, invece, hanno utilizzato proprio il recepimento della direttiva SUP per andare oltre, come raccontato già ad aprile 2021 da uno studio redatto per conto di Greenpeace Italia dall’ingegnere Paolo Azzurro, consulente tecnico in materia di rifiuti ed economia circolare, che ha esaminato le azioni intraprese dall’Italia e dagli altri Paesi.
In Francia niente plastica per frutta e verdura – Va oltre certamente Parigi. Il 30 gennaio 2020 il Parlamento francese ha approvato il testo del progetto di legge sui rifiuti e l’economia circolare, la Legge Antispreco, a cui ha fatto seguito un decreto ad hoc su riduzione, riutilizzo e riciclaggio. E se finora il 37% dei prodotti ortofrutticoli è stato venduto con l’imballaggio, il governo Macron stima di risparmiare circa un miliardo di imballaggi all’anno con il divieto, scattato a gennaio 2022, di utilizzare involucri di plastica per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura (su confezioni che pesano meno di un chilo e mezzo). Nella lista, mele, pere, arance, clementine, kiwi, mandarini, limoni, pompelmi, prugne, meloni, ananas, mango, frutto della passione, cachi, ma anche porri, zucchine, melanzane, peperoni, cetrioli, patate e carote, pomodori tondi, cipolle e rape, cavoli, cavolfiori, zucca, pastinaca, ravanello, topinambur, ortaggi a radice. Sono previste esenzioni per la frutta tagliata e trasformata e soglie di tolleranza fino al 2026 per i prodotti più delicati.
Le tre ‘R’ di Parigi – Ma Parigi ha anche fissato un target nazionale per l’eliminazione degli imballaggi in plastica monouso entro il 2040, stanziando 40 milioni di euro per investimenti sul riutilizzo per il 2021-2022 come parte del suo fondo per l’economia circolare. Il governo si è posto obiettivi di riduzione, riutilizzo e riciclo per periodi consecutivi di 5 anni. Per il riutilizzo di tutte le tipologie di imballaggi immessi sul mercato il target è del 5% entro il 2023 e del 10% entro il 2027. Sul fronte riduzione si punta al -20% già per il 2025. E se dal 2020 tutti gli esercizi dove si somministrano alimenti e bevande non possono mettere a disposizione tazze, bicchieri e piatti usa e getta in plastica per il consumo sul posto, dal 2023 questo divieto sarà esteso a tutte le opzioni monouso (non solo a quelle in plastica), con l’obbligo di impiegare quelle riutilizzabili. Misure specifiche, invece, per le bottiglie in PET (polietilene tereftalato) per liquidi alimentari: per arrivare a dimezzare entro il 2030 il numero di bottiglie in plastica monouso per bevande immesse sul mercato (con target di riciclo del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2029) da gennaio 2022 gli edifici pubblici devono avere almeno una fonte di acqua potabile collegata alla rete accessibile al pubblico e anche le attività di ristorazione e i locali di somministrazione di bevande devono dare ai consumatori la possibilità di richiedere acqua potabile gratuita.
La Spagna segue l’esempio – In Spagna ha fatto molto discutere anche la misura contenuta nella bozza del Regio Decreto spagnolo sugli imballaggi e sui rifiuti con la previsione che, dal 2023, nelle attività commerciali al dettaglio (indipendentemente dalla loro dimensione) frutta e verdura confezionate in lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo non siano più vendute in imballaggi di plastica. Il compito di stilare la lista di prodotti a rischio deterioramento (esclusi, quindi, dal divieto) all’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione. Il progetto di legge appena approvato dal Senato prevede che, entro il 1° gennaio 2023, i rivenditori di generi alimentari la cui superficie sia pari o superiore a 400 metri quadrati destineranno almeno il 20% della propria superficie di vendita all’offerta di prodotti presentati senza imballaggio primario, compresa la vendita sfusa o attraverso imballaggi riutilizzabili. Tutti gli esercizi alimentari che vendono prodotti freschi e bevande, nonché cibi cotti, dovranno accettare l’uso di contenitori riutilizzabili, che potranno essere rifiutati dal commerciante se sono sporchi o non idonei. Viene, inoltre, introdotta una tassa speciale sui contenitori di plastica non riutilizzabili (con aliquota a 0,45 euro al chilogrammo).
Dall’Austria alla Germania: gli altri Paesi che scommettono sul riuso – In Portogallo, a partire dal 2030, il 30% del packaging dovrà essere riutilizzabile. A novembre 2021, però, è stata l’Austria il primo paese europeo ad attuare obiettivi di riutilizzo vincolanti e applicabili, imponendo nella legge sulla gestione dei rifiuti una quota di riutilizzo delle bevande del 25% entro il 2025. I supermercati sono obbligati a fornire almeno il 15% di birra e acqua (il 10% per bevande analcoliche, succhi e latte) in imballaggi riutilizzabili. In Germania, invece, un recente emendamento alla legge sugli imballaggi prevede, dal 2023, l’obbligo per ristoranti, bistrot e caffè (con alcune esenzioni) di mettere a disposizione dei consumatori alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili, sia per il consumo sul posto che da asporto. Questi contenitori verranno consegnati ai clienti a fronte di un deposito cauzionale (DRS, Deposit Return Systems), che li spinga alla restituzione. Da quest’anno, inoltre, il sistema di deposito su cauzione tedesco sarà esteso progressivamente a tutte le bottiglie per bevande in plastica monouso, a prescindere dal tipo di bevanda contenuta.
Il vuoto a rendere – D’altronde per gli esperti il cosiddetto ‘vuoto a rendere’ è l’unico strumento che potrà consentire ai Paesi europei di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei imposti dal pacchetto Economia circolare e, in particolare, proprio dalla direttiva SUP, che impone un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica per bevande entro il 2029 (con un obiettivo di raccolta intermedio del 77% entro il 2025) e un minimo del 25% di plastica riciclata nelle bottiglie in PET dal 2025 (30% dal 2030 in tutte le bottiglie in plastica per bevande). In Italia il deposito su cauzione per imballaggi di bevande di plastica, vetro e alluminio, è stato introdotto con il decreto Semplificazioni, ma non è mai entrato in funzione. A novembre 2021, l’associazione Comuni Virtuosi, insieme ad altre 15 ong, tra cui anche Greenpeace, ha lanciato un appello – e nelle scorse settimane una campagna di sensibilizzazione – ricordando che in Europa sono attualmente attivi dieci sistemi, tra cui quello tedesco che conta 83 milioni di consumatori. I vari sistemi sono stati introdotti prima in Svezia, Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Estonia, Croazia, Lituania. Altri tredici paesi ne hanno annunciato l’introduzione nei prossimi quattro anni: Malta, Lettonia, Portogallo, Romania, Irlanda, Slovacchia, Scozia e Turchia nel 2022, Grecia e Ungheria nel 2023, Regno Unito nel 2024, Austria e Cipro nel 2025. Anche in Spagna c’è un’importante novità. Sempre il decreto appena approvato in Senato stabilisce degli obiettivi di raccolta differenziata per le bottiglie monouso in plastica per bevande (con capacità fino a tre litri): il primo step è il 70% di quelle introdotte sul mercato entro il 2023, per arrivare gradualmente all’85% nel 2027 e al 90% entro il 2029. Ma nel caso in cui gli obiettivi fissati nel 2023 o nel 2027 non siano raggiunti a livello nazionale, entro due anni sarà attuato su tutto il territorio un sistema di deposito su cauzione obbligatorio per garantire il rispetto degli obiettivi al 2025 e 2029 introdotti proprio dalla Direttiva SUP. Cosa manca in Italia? Si attende un decreto attuativo che sembra presentare alcune “complessità tecniche e organizzative”. Stando alla risposta a un’interrogazione parlamentare del M5S, servirebbe una “modifica normativa” da emanare entro giugno 2022.
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