lunedì 19 settembre 2016

Tangenti in Marina, così truccavano le gare a Taranto: "Non fate la copia o finiamo in galera". - Giuliano Foschini

Tangenti in Marina, così truccavano le gare a Taranto: "Non fate la copia o finiamo in galera"
Il tenente Francesca Mola

Le intercettazioni del tenente Francesca Mola, prima militare donna arrestata, e del capitano Giovanni Di Guardo. "La sintassi, almeno la sintassi", diceva lei agli imprenditori. Lui aveva una condanna per truffa.

TARANTO - "La sintassi, che diavolo non dico tanto, ma almeno la sintassi. (...) Quelli avevano anche l'aroma terapia (...) e voi nemmeno un livello ba-si-co!. (...) E mi raccomando non faccia proprio la copia, altrimenti finiamo tutti in galera". Se si è in cerca di un manuale su come si trucca un appalto, senza troppo pelo sullo stomaco, è il caso di ricordarsi bene queste parole della tenente di Vascello, Francesca Mola, prima militare donna italiana arrestata per mazzette e la storia della gara bandita dalla Marina militare per il servizio di pulizia e sanificazioni per i prossimi tre anni a Taranto e Napoli.

Affidamento che, se non fossero arrivati i militari della Guardia di Finanza, sarebbe andato a finire alla Teoma, ditta dell'imprenditore Vincenzo Pastore. Grazie alle mazzette pagate o promesse al capitano Giovanni Di Guardo, capo della Maricommi della Marina e alla sua assistente, la tenente Molo. Le 30 pagine di intercettazioni telefoniche, registrate grazie a un virus inviato sull'Iphone di Di Guardo che si è dunque trasformato in un registratore telefoniche, offrono uno spettacolo desolante sulla situazione degli uffici militari di Taranto.

E dimostrano come la corruzione sia in Italia ferma ancora ai tempi di Tangentopoli. Ma la storia ha aspetti davvero paradossali. Di Guardo arriva a Taranto per 'moralizzare' lo scorso anno dopo lo scandalo tangenti: la Procura scopre che un giro di ufficiali della Marina applica la 'legge del 10 per cento' su ogni appalto. Cioè, incassano una mazzetta di un decimo del valore dell'affidamento. Vengono arrestati in otto, in un undici (compresi due civili) stanno per affrontare il processo.

La Marina sceglie Di Guardo per la sostituzione, chiedendogli di ripristinare 'chiarezza e trasparenza', sorvolando su un particolare del suo curriculum: una vecchia condanna per truffa. E così il capitano ci ricasca. Giovedì scorso viene arrestato dal pm Maurizio Carbone con in mano una tangente da 2.500 euro, acconto secondo gli inquirenti di una da 200mila, pagata da Pastore.

Di Guardo si è difeso dicendo prima che era il prezzo per la vendita di un'auto e poi di non sapere addirittura cosa ci fosse in quella busta (la mazzetta a sua insaputa). Ma a leggere gli atti ci sono pochi dubbi su quello che è successo. Pastore partecipa alla gara. Ma la sua proposta è molto peggiore di quella delle concorrenti. Arriva così al capitano e cerca di capire cosa si può fare. "Non abbiamo ancora cominciato ed è venuto con questi!" diceva il capitano orgoglioso alla compagna rumena, sventolando la busta, dopo aver incontrato l'imprenditore. "Chiamo mia madre così impazzisce" rispondeva, entusiasta la donna. E così tutti e tre si sono messi a contare le  banconote, tutto a favore di microfono della finanza.

Secondo gli inquirenti l'accordo corruttivo prevedeva una tangente complessiva da 200mila euro. Oltre a un suv dell'Audi. Ma Di Guardo non poteva fare da solo: la commissione giudicatrice della gare era già insediata. Per questo "serve la piccininna", la ragazza. Chi? Francesca Mola, la tenente che Di Guardo aveva portato con sé da Roma per moralizzare. E per questo destinata al delicatissimo ufficio appalti. "Sono tutti convinti che sia la mia amante!" rideva con la fidanzata. "Ma io 'l'ho presa e l'ho messa là' perché ho capito che a questa qua i soldi gli piacciono!". "Lei che ci guadagna?". "Quaranta, cinquantamila euro (...) Su quello che guadagna quello (ndr, l'imprenditore) poi dopo facciamo le parti (...) magari le costruiscono una parte di casa invece di dargli i soldi: che so il soggiorno, la cucina, il tinello". Di Guardo aveva invece grande esperienza su come fare circolare il denaro. Come lui stesso spiega a Pastore: "Ho una fiduciaria a Malta: da lì posso spostare i soldi sul conto corrente della piccina (ndr, la fidanzata) che c'ha in Romania, quindi faccio un'operazione estero su estero. Poi dal suo conto rumeno passa i soldi a se stessa su un conto italiano".

La Mola è parte attiva del piano. Tanto che incontra in un appartamento a Taranto Pastore. E spiega, alla presenza di Di Guardo, che la situazione è difficilissima, perché la proposta concorrente è molto migliore. Trova però la soluzione: consegna all'imprenditore amico il progetto migliore per copiarlo, apportando alcune modifiche. Sarà poi il tenente Mola, "che detiene tutte le offerte tecniche presentate dalle imprese partecipanti alla gara - scrive il gip nell'ordinanza - a provvedere materialmente alla sostituzione, apponendo, la nuova offerta tecnica, in allegato al primo foglio di quella già depositata, in quanto recante la firma apposta da tutti i componenti della commissione il 4 agosto 2016, data di insediamento del seggio". "Voi me ne date uno così" spiega nella riunione operativa il tenente ai due, indicando il progetto dell'imprenditore avversario che Pastore stava fotografando. "Che poi io poi vi do questa, la prima pagina, e la mettete sopra".

Ora i tre sono in galera. Ma l'indagine è tutt'altro che finita. "Gli arresti - scrivono - costituiscono soltanto un 'momento' nell'ambito di una più complessa indagine, dalla quale sono già emersi elementi di prova circa la partecipazione degli indagati ad una vera e propria struttura associativa in grado di 'pilotare' numerosi appalti".


http://bari.repubblica.it/cronaca/2016/09/19/news/tangenti_in_marina_cosi_la_tenente_arrestata_a_taranto_truccava_l_appalto-148062624/?ref=fbpr

Ferrari e case con i soldi di Etruria, due arresti per la bancarotta della Privilege Yard. - Fabio Tonacci

 Ferrari e case con i soldi di Etruria, due arresti per la bancarotta della Privilege Yard
Il cantiere nel porto di Civitavecchia per la costruzione del maxi yacht mai finito.

Civitavecchia, sviluppi nell'inchiesta sulla società che doveva costruire il maxi yacht. Al cardinale Bertone 700mila euro per beneficenze, consulenza da 500mila euro per l'ex senatore Baldassarri.

ROMA - Se mai qualcuno avrà il coraggio di varare quella carcassa di yacht arrugginito, adagiato nel cantiere abbandonato della Privilege Yard al porto di Civitavecchia, un azzeccato nome di battesimo potrebbe essere "Mangiatoia". Quel progetto, infatti, nato col preciso obiettivo di succhiare denaro a un pool di banche (Etruria, Banca Marche, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm e Mps) ha sfamato l'appetito di tanti: dell'ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, degli ex parlamentari Mario Baldassarri e Vincenzo Scotti, del presidente dell'Autorità portuale Pasqualino Monti. E naturalmente quelli dell'imprenditore 76enne Mario La Via. L'uomo che diceva di voler costruire uno yacht, e invece regalava soldi non suoi.

Mario La Via, amministratore delegato della Privilege Yard fallita nel 2015, e Antonio Battista, componente del cda e unico delegato a operare sui conti bancari della società, sono finiti agli arresti domiciliari su ordine della procura di Civitavecchia, per i reati ipotizzati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati tributari e violazione della normativa antimafia. Con il denaro prestato dagli istituti bancari, per dire, avevano acquistato una Maserati e una Ferrari Coupé da 320mila euro. L'indagine del Nucleo tributario della finanza ricostruisce tutte le distrazioni patrimoniali attorno allo yacht mai varato. Rendendolo un corpo di reato lungo 127 metri.

Il maxi finanziamento concesso alla Privilege dal consorzio di banche (Etruria era la capofila) ammonta a 190 milioni di euro, di cui circa 125 milioni effettivamente erogati. Un progetto che non stava in piedi fin dall'inizio ma che ebbe sponsor di alto livello e coperture. Risulta agli atti una lettera di garanzia da parte della Barclays, ottenuta "ricorrendo a pressioni di organi amministrativi e politici". Non solo.

L'ex ministro Vincenzo Scotti della Privilege era presidente onorario. Lui e l'ex parlamentare Fli Mario Baldassarri andarono di persona a una riunione con esponenti di Banca Etruria per perorare la causa di La Via. Lo ha raccontato ai finanzieri Carlo Maggiore, il responsabile della Direzione Corporate Finance di Etruria. E che c'entra Baldassarri? È il rappresentante legale della Economia Reale srl, società che ottiene da Privilege un paio di consulenze, "per attività svolta presso Unicredit e Intesa al fine di concretizzare la loro partecipazione al pool bancario". Il compenso era di 500mila euro.

Quando i finanzieri vanno a perquisire la mega villa di Mario La Via a Roma in zona Quarto Annunziata - una sobria dimora di 4 piani con sala cinema, discoteca, palestra, 3 saloni di rappresentanza, parco, campo da tennis, piscina e spogliatoi, ristrutturata con 4 milioni di euro stornati dalle casse della Privilege e fatta passare come la foresteria della società - scoprono un dettaglio minimo, ma che racconta molto. "Sono stati rinvenuti segnaposti per cene eleganti con personaggi di prestigio e la corrispondenza con il cardinale Bertone". Ecco che viene fuori quanto ricostruito da Repubblica e Libero nelle settimane scorse: 700mila euro di bonifici erogati a favore di associazioni italiane ed estere "su richiesta, indicazione e sollecitazione di Tarcisio Bertone, tra il febbraio 2008 e il novembre 2012". Privilege Yard pagava anche l'affitto della casa di Pasqualino Monti, il presidente dell'autorità portuale di Civitavecchia che ha concesso l'area del cantiere, per una somma complessiva di 43.200 euro, "a circa il triplo dei valori medi di mercato per gli anni 2011 e 2012". Ma per Mario La Via i soldi non erano un problema.

La replica. Pasqualino Monti precisa quanto segue: "Il sottoscritto è stato nominato Presidente dell'Autorità Portuale di Civitavecchia solamente a giugno 2011, quindi non ero in carica ai tempi dei fatti riportati. Inoltre l'appartamento di cui si parla è stato affittato a tecnici della Privilege come foresteria a prezzi di mercato".

MARIO LA VIA  ANTONIO BATTISTA
           Mario la Via                                                     Antonio Battista

mario baldassarri    Tarcisio Bertone
           Mario Baldassarri                                  Tarcisio Bertone

Gli Stati Uniti chiedono 14 miliardi di dollari a Deutsche Bank per la crisi dei subprime.

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Gli Stati Uniti hanno chiesto alla Deutsche Bank di pagare una multa di 14 miliardi di dollari nell’ambito di una disputa legale legata alla crisi dei subprime, che fu elemento scatenante della crisi economica nel 2008. 

«La Deutsche Bank non ha alcuna intenzione di saldare questo risarcimento civile per un ammontare così alto», ha fatto sapere la prima banca tedesca. Il Dipartimento di Giustizia Usa ha invitato la banca a formulare «una controfferta». Per una questione analoga la Goldman Sachs ha chiuso un accordo ad aprile per un ammontare di 5,06 miliardi di dollari. 

Deutsche Bank registra un avvio in pesante calo per alla Borsa di Francoforte. Il titolo ha aperto le contrattazioni in ribasso del 7% nonostante la banca abbia già dichiarato che non intende chiudere il contenzioso pagando la cifra richiesta. 

Tragedia a Serravalle: senza lavoro, padre di 4 figli si impicca.

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Senza lavoro, con la cassa integrazione terminata, ha scelto di mettere fini alla sua vita legandosi un cappio al collo e lasciandosi andare. La tragedia, l’ennesima della disperazione causata da una crisi che non ne vuol sapere di terminare, si è consumata questa mattina a Serravalle di Chienti.
Fabrizio Cerreti, di circa 55 anni, padre di quattro figli, si è impiccato intorno alle 11 nella sua abitazione in pieno centro, a due passi dall’ufficio postale. Una situazione di grande disagio (putroppo ormai comune a tanti italiani) , culminata nel peggiore dei modi, nella scelta di farla finita per sempre.

Riscaldamento globale, la Groenlandia e quei relitti (inquinanti) della guerra fredda. - Renzo Rosso.

Riscaldamento globale, la Groenlandia e quei relitti (inquinanti) della guerra fredda

Un recente editoriale di Lauren Lipuma su Earth & Space Science News la più diffusa rivista di geofisica pone un problema di politica ambientale abbastanza complicato. Al culmine della guerra fredda, nel 1959 gli Stati Uniti costruirono in Groenlandia Camp Century, una base militare completamente racchiusa all’interno della calotta glaciale.
Lo scopo ufficiale della base era quello di testare nuove tecniche di costruzione adatte alla regione artica e di condurre ricerche scientifiche dedicate all’ambiente artico. Poi il progetto si allargò un po’ e quasi subito Camp Century si trasformò in un sito top secret dove sperimentare la fattibilità di uno schieramento missilistico per colpire meglio l’Unione Sovietica in caso di guerra nucleare.
La Groenlandia è territorio danese. Anche se gli Stati Uniti avevano l’approvazione della Danimarca per costruire Camp Century, il programma missilistico, noto come Project Iceworm, pare fosse stato tenuto segreto. Dopo alcuni anni di operatività, il Progetto Iceworm fu accantonato dal Pentagono, la base fu dismessa nel 1967 e il corpo degli ingegneri dell’esercito rimosse il reattore nucleare che alimentava il campo. Ma furono lasciate lì tutte le infrastrutture e i rifiuti prodotti nel frattempo, pensando che tutto sarebbe stato congelato e sepolto per sempre dalle nevi perenni.
Da alcuni decenni, il cambiamento climatico sta scaldando l’Artico più di ogni altra regione della Terra. Un inventario aggiornato dei rifiuti abbandonati nel sito ha stimato la presenza di 200mila litri di gasolio, quanto basta a un auto per fare 80 volte il giro del mondo. E non è il solo residuo, perché ci sono anche 240mila litri di acque di scarico, comprese le acque reflue, assieme a un volume sconosciuto di refrigerante a bassa radioattività usato dal generatore nucleare, oltre a un’imprecisata quantità di policlorobifenili (Pcb), un inquinante tossico.
Le simulazioni climatiche indicano che, già nel 2090, la calotta di ghiaccio che copre Camp Century potrebbe passare da un regime di accumulo a un regime di scioglimento nivale. La fusione del ghiaccio comporterebbe la sicura mobilitazione dei residui e dei rifiuti con un pericolo ambientale non trascurabile. In tal caso, gli inquinanti sarebbero trasportati verso l’oceano con gravi rischi per gli ecosistemi marini. Per contro, bonificare oggi il sito sarebbe un’opera molto difficile, poiché i rifiuti sono sepolti sotto decine di metri di ghiaccio; e l’operazione sarebbe non solo costosa, ma anche tecnicamente assai impegnativa se non quasi impossibile.
Chi sarà però responsabile della bonifica quando i rifiuti emergeranno? Sebbene Camp Century fosse una base statunitense, è in terra danese. La Groenlandia è sì un territorio danese, ma è ora in regime di auto-governo. Nessuno ha mai preso in considerazione le implicazioni del cambiamento climatico sui rifiuti abbandonati in siti politicamente ambigui. E forse ci sono altre situazioni simili in giro per il mondo, per fortuna non tutte in ambienti così estremi.